Santa Margherita Maria Alacoque e Santa Bernardette

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Santa Margherita Maria Alacoque e Santa Bernardette
SANTA MARGHERITA MARIA ALACOQUE E SANTA BERNADETTE
Il secolo XVII è considerato l’età d’oro della cultura francese, ma lo è stato anche
per la Chiesa di Francia che conobbe una fioritura di santi. Tra loro c’è santa Margherita
Maria Alacoque, chiamata dalla Provvidenza a diffondere la devozione nei confronti del
Sacro Cuore che ha conosciuto una diffusione enorme.
Quel secolo è famoso anche per lo sviluppo ipertrofico del razionalismo filosofico e
dello scientismo nei cui confronti la devozione al Sacro Cuore, apparentemente emotiva
e sentimentale, appariva quasi un correttivo. Ma in quel secolo si diffuse in Francia
anche il Giansenismo, un’insidiosa eresia durata un secolo e mezzo, fino a gettare
qualche propaggine anche nella formazione giovanile del Curato d’Ars. Egli la vinse
solamente mediante l’esercizio eroico del ministero della Confessione che gli permise di
comprendere l’estrema debolezza dei peccatori e la necessità della grazia di Dio, senza
attendere che il peccatore appaia in qualche modo degno di ricevere l’Eucaristia. Si
tratta di un modo eretico di ragionare, proprio del Giansenismo, consistente in un
esercizio rigido del ministero della Confessione che ritardava l’assoluzione del
penitente, impedendogli perciò di accedere all’Eucaristia, fino a che avesse dimostrato
di essere tanto distaccato dal peccato, e quindi tanto perfezionato nelle virtù, da poterlo
considerare emendato. La prassi contraria era giudicata lassismo. Perfino monache dalla
vita quanto mai ritirata e fervorosa erano tenute lontane dalla Comunione perché non si
giudicavano convertite a sufficienza. Un visitatore papale del celebre monastero di
Saint-Royal commentò in modo rimasto esemplare quella comunità, quando riferì che le
monache erano “pure come angeli e superbe come demoni”.
Port-Royal e il Giansenismo formano il livello più alto di mancata comprensione
dell’essenza dell’Eucaristia come necessario alimento di un organismo spirituale fragile:
se dovessimo attendere d’essere degni d’essere ammessi alla Comunione forse la nostra
attesa dovrebbe durare tutta la vita.
Margherita Maria Alacoque
Nel 1647, in un
paese della diocesi di Autun, a poca distanza dal
monastero della Visitazione di Parey-le-Monial,
nacque Margherita Maria Alacoque. Il padre era il
notaio del villaggio, ma morì quand’era ancora
molto giovane, lasciando una vedova con molti figli
piccoli, tanto che fu costretta a collocarne qualcuno
in convento per farli educare. Questo fu il caso di
Margherita Maria che entrò nel collegio delle
Clarisse di Charolles all’età di otto anni, trovandovi
un ambiente pieno di fervore e in armonia con le sue
aspirazioni, dal momento che fin dall’età di quattro
anni aveva dato segni di vocazione religiosa.
Tuttavia si ammalò gravemente e dovette
ritornare dalla madre per circa quattro anni. Dopo la
guarigione ci furono altre difficoltà, fino a quando
giunse all’età di ventiquattro anni, ossia fino al 1671
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quando poté fare il suo ingresso tra le monache di Paray-le-Monial. I biografi
raccontano che mentre si trovava in quel parlatorio essa abbia avvertito una locuzione
interiore che diceva: “È qui che ti voglio”. Dopo un anno di noviziato fece la sua
professione monastica, divenendo ben presto il punto di riferimento del monastero. Nel
1684 divenne assistente della superiora della casa e l’anno seguente maestra delle
novizie. Margherita Maria morì ancor giovane nel 1690.
Si tratta di una vita che all’apparenza esterna non presenta nulla di eccezionale,
eppure quella monaca fu scelta come messaggera di una delle rivelazioni più
straordinarie, quella di un Dio che ama gli uomini fino a produrre una fiamma che
brucia il suo cuore, fino a manifestare dolore perché “Dio ha voluto, ma gli uomini non
hanno voluto”.
Le visioni di Margherita Maria iniziarono il 27 dicembre 1673, festa di san Giovanni
evangelista, quando Gesù le apparve e le fece assumere la posizione tenuta da san
Giovanni nel corso dell’Ultima cena, ossia vicino al suo cuore: “Il mio divin Cuore è
così appassionato d’amore per gli uomini…che non potendo più racchiudere in sé le
fiamme della sua ardente carità, bisogna che le espanda”.
Dopo altre apparizioni, importante quella degli inizi del 1674, quando il Cuore di
Gesù le apparve su un trono di fiamme, circondato da una corona di spine e sormontato
da una croce, per mostrare alla veggente che il Cuore di Gesù, appena formato, fu
colmato di ogni amarezza.
Importante anche la visione ricevuta da Margherita Maria il venerdì successivo alla
festa del Corpus Domini del 1675, quando Gesù le apparve tutto sfolgorante di luce
gloriosa con le cinque piaghe “scintillanti come cinque soli”, con fiamme che uscivano
specialmente dal petto somigliante a una fornace al cui centro c’era il Cuore di Gesù che
lamentava l’ingratitudine umana: “Essi hanno soltanto freddezza e incuranza per tutti i
miei sforzi di far loro del bene”. Fu in quell’occasione che Gesù le chiese di fare la
Comunione il Primo venerdì di ogni mese e di praticare un’ora di orazione tra le undici
e la mezzanotte tra il giovedì e il venerdì.
Sempre in quell’ottava delCorpus Domini del 1675, Gesù si rivelò in modo ancor
più impressionante dicendosi ferito dalle irriverenze dei fedeli e dai sacrilegi degli empi,
aggiungendo: “Ciò che mi è ancor più sensibile è che sono i cuori a me consacrati che
fanno questo”. Chiese che il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini fosse dedicato a
una festa particolare per onorare il suo Cuore con Comunioni e riparazioni alle
indegnità ricevute mentre è esposto sugli altari”. Il p. de la Colombière fu indicato da
Gesù come responsabile dei tramiti necessari per far istituire la festa del Sacro Cuore.
Da parte sua la veggente fece tutto il possibile per diffondere l’adorazione del Sacro
Cuore, facendo comprendere che Egli ama con un Cuore divino e umano sconfinato e
che occorre ricambiarlo con tutta l’intensità umanamente possibile. Essa pensava e
operava ricorrendo alle categorie mentali proprie del suo secolo, per esempio quando
scrisse al re Luigi XIV invitandolo a consacrare il regno di Francia al Sacro Cuore, sulla
scia di una tradizione medievale per cui sarebbe possibile ordinare a tutto un popolo di
seguire il re dopo la sua conversione. Forse non è inutile ricordare che la Francia, uscita
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malconcia dalla sconfitta militare inflitta dai Prussiani nel 1870 e dalla guerra civile che
insanguinò Parigi nel 1871, decise l’erezione del santuario nazionale del Sacro Cuore a
Montmartre, dove doveva realizzarsi l’adorazione perpetua dell’Eucaristia anche per
stornare dalla Francia catastrofi come quelle accennate.
Più modesta, ma forse più efficace fu la decisione presa nel 1685 di rendere un culto
pubblico al Sacro Cuore nel noviziato della Visitazione di Paray-le-Monial, e poi l’anno
seguente quando tutto il monastero celebrò solennemente la nuova festa.
A partire da allora la spinta per estendere in tutta la Chiesa la festa del Sacro Cuore
non si fermò più. Nel 1765 il papa Clemente XIII accordò alla Polonia la facoltà di
celebrare quella festa, esistita da sempre in modo implicito, ma che nella nuova forma
doveva acquistare un carattere di riparazione e di perfezionamento della vita interiore
dei fedeli, ciascuno dei quali doveva sforzarsi di imitare l’esempio del Maestro Divino,
perché l’amore rende simili tra loro le anime che amano. Perciò occorreva anche la
devozione partita da Paray-le-Monial per comprendere fino in fondo che “Dio è amore”
e che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito per salvarlo”.
Dopo la morte di Margherita Maria, l’abate Languet, vicario generale di Autun,
iniziò il processo canonico per esaminare la fama di santità della veggente e ne scrisse
la Vita, ma i Giansenisti fecero fallire il tentativo. Nel 1824 il papa Leone XII firmò il
decreto che introduceva la causa di beatificazione. Pio IX nel 1864 approvò i tre
miracoli allora richiesti per accogliere Margherita Maria nel catalogo dei beati. In
seguito, Pio X e Benedetto XV proseguirono la causa di canonizzazione che si concluse
il 13 maggio 1920. Forse a questa canonizzazione si deve il fatto che l’Università
cattolica di Milano sia stata posta sotto il patrocinio del Sacro Cuore. In seguito il papa
Pio XI assegnò alla festa del Sacro Cuore il massimo rilievo liturgico, estendendo la
memoria di santa Margherita Maria Alacoque a tutta la Chiesa universale di rito
romano.
Santa Bernadette Soubirous Nel gennaio 1844
nel mulino Boly nacque la primogenita del mugnaio
Francesco Soubirous cui fu imposto il nome di
Maria Bernarda, anche se fu sempre chiamata
Bernadette.Gli affari del mugnaio non andavano
bene e un poco alla volta discese gli scalini della sua
modesta carriera fino a diventare un manovale
giornaliero con salario precario mentre la famiglia
cresceva. Poco dopo la nascita la bambina fu
affidata a una balia per circa un anno. Per i dieci
anni successivi Bernadette abitò a Lourdes, ma in
abitazioni sempre più modeste e malsane: l’ultima
aveva il nome sinistro di “gattabuia”, perché era un
antico carcere. Bernadette, come sorella maggiore,
doveva accudire i fratelli e le sorelle e perciò non
poté frequentare alcun tipo di scuola, neppure le
lezioni di catechismo. Inoltre parlava solamente il
suo dialetto pirenaico. Per un breve periodo il padre
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fu messo in carcere sospettato, ingiustamente, di aver rubato un poco di legna. Nel
1856, Bernadette tornò a casa della balia per poter frequentare le lezioni di catechismo,
ma anche per accudire ai suoi bambini e pascolare il suo gregge di pecore. Alla fine del
1857 Bernadette rientra a Lourdes perché desidera ardentemente fare la prima
Comunione. Viene preparata dalle suore di Nevers e da don Pomian curato di Lourdes,
ma deve anche provvedere alla raccolta di legna. L’11 febbraio 1858 la coglie mentre si
trova nei pressi della celebre grotta delle apparizioni intenta a quel lavoro.
Le apparizioni durarono dall’11 febbraio al 16 luglio e furono in tutto diciotto. Dai
racconti successivamente stesi con ordine appare chiaro che la Madonna educa un poco
alla volta la veggente per la quale prova il massimo rispetto: “Vuoi farmi la grazia di
venire qui per quindici giorni?”, facendone la sua confidente, la sua collaboratrice, la
messaggera della sua materna tenerezza e della sua misericordia, della sua volontà di
convertire il mondo chiamando a soccorso la potenza del suo divin Figlio: “Io non ti
prometto che sarai felice in questo mondo, ma nell’altro”. Man mano che passavano i
giorni la folla che si riuniva davanti alla grotta di Massabielle diveniva sempre più
numerosa. Le autorità cominciavano a temere disordini, e perciò minacciarono e
interrogarono ripetutamente la povera ragazza, divenuta oggetto di curiosità indiscreta
da parte di alcuni, di diffidenza da parte di altri che temevano complotti clericali. In
mezzo al trambusto prodotto dalle apparizioni Bernadette fece la sua prima Comunione:
è lecito pensare che la Madonna sia voluta intervenire nella formazione spirituale della
veggente, rendendola estremamente cauta nei confronti della folla, delle autorità di
polizia, perfino degli ecclesiastici che condussero con grande prudenza il processo
informativo circa l’attendibilità delle rivelazioni di Bernadette. L’importanza
dell’Eucaristia nella vita di santa Bernadette si può desumere da questo appunto scritto
più tardi: “Io ero nulla, e di questo nulla Gesù ha fatto una cosa grande. Sì, perché io
sono, in un certo modo, Dio attraverso la santa Comunione. Gesù mi dona il suo cuore,
io sono dunque cuore a cuore con Gesù, amica di Gesù, cioè un altro Gesù. Debbo
dunque vivere di Gesù e, come fine, quella dello stesso Gesù. Quanto la nostra fine è
sublime!”
Cessate le apparizioni, nell’autunno del 1858 Bernadette fu accolta nell’associazione
delle Figlie di Maria e poi iniziò il suo corso di studi elementari come esterna del
collegio delle suore posto accanto alla parrocchia di Lourdes. Nel febbraio 1860
Bernadette ricevette la cresima. In seguito alle conclusioni della commissione
episcopale che riconobbe l’autenticità delle apparizioni, il parroco don Peyramale
comunicò alla veggente il desiderio del vescovo che Bernadette entrasse in una
Congregazione religiosa, anche per evitare possibili sviluppi sgradevoli, come era
accaduto ai due veggenti di la Salette ai quali la celebrità delle apparizioni fece male.
Bernadette rifletté a lungo perché il convento non era probabilmente la sua aspirazione
più profonda, dato il tenero attaccamento alla famiglia e la reale autorità che godeva
presso i genitori. Verso la metà del 1866 decise di chiedere l’ammissione tra le suore di
Nevers, dopo aver assistito alla consacrazione di alcuni altari della basilica inferiore del
nuovo santuario in mezzo a una folle enorme: era il momento di sottrarsi a una curiosità
che diventava sempre più molesta. Giunta a Nevers affermò: “Sono venuta qui per
nascondermi”. Il giorno seguente fece il racconto completo delle visioni e poi non se ne
fece mai più accenno.
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La vita da religiosa fu caratterizzata da continue malattie tanto che passò la maggior
parte del noviziato in infermeria. La superiora, rattristata dal fatto di non esser riuscita a
far acquisire alla novizia una qualche specializzazione, la presentò al vescovo con la
nota frase: “Non è buona a niente”. Il vescovo ebbe la prontezza di dire alla novizia:
“Figlia mia, io vi do il compito di pregare”. In seguito essa acquistò tanta consuetudine
con le malattie da diventare abile e competente infermiera. Nel 1873 ebbe una grave
crisi d’asma e ricevette per la terza volta l’Unzione degli infermi, ma si riprese. Dopo il
1875 la malattia divenne cronica, quasi una preparazione alla morte che giunse il 16
aprile 1879.
La vita da monaca fu caratterizzata dal silenzio che a volte sconcertava anche chi le
stava accanto, quasi che essa volesse imitare il silenzio di Gesù davanti ai torturatori.
Nel 1908 iniziò il processo diocesano di beatificazione. Nel 1925 Pio XI proclamò beata
la figlia del povero mugnaio dei Pirenei. L’8 dicembre 1933 Maria Bernarda Soubirous
fu proclamata santa. Nel frattempo Lourdes si era trasformata nel più imponente centro
di pellegrinaggi del mondo intero. Anche per santa Bernadette c’è la stupenda biografia
scritta da Francesco Trochu e quella monumentale di René Laurentin in cinque volumi.
Nel 1940, lo scrittore ebreo tedesco Franz Werfel si trovava in Francia quando quel
paese fu invaso dalle armate di Hitler. Fuggì in direzione sud per passare i Pirenei e
rifugiarsi negli Stati Uniti. Giunto a Lourdes fece il voto di raccontare la storia di
quell’umile pastorella se si fosse salvato. Fu l’ultimo dei suoi libri perché morì in
California nel 1945.
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