Lettere per gli atleti - Parrocchia Santi Lorenzo e Giovanni Battista

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Lettere per gli atleti - Parrocchia Santi Lorenzo e Giovanni Battista
Sai cosa vuol dire indossare questa maglia, vincere in nome di questi colori?
Voglio raccontarti la storia di questo numero…
Il numero uno è stato sempre assegnato al portiere, anche perchè difficilmente il portiere ha subito variazioni tattiche. A volte però è successo che il numero 1 si trovasse sulle spalle di un giocatore di movimento.
Ciò è successo per richiesta esplicita di tale giocatore, e si tratta di episodi isolati.
Il portiere è il giocatore il cui compito è difendere la porta della propria squadra; è l'unico giocatore di una
squadra a cui è consentito, nella sola area di rigore, toccare la palla con le mani o con le braccia, ad eccezione del caso di un retropassaggio volontario (effettuato con i piedi) da parte di un proprio compagno di
squadra.
Il portiere guida la difesa: con le sue urla avverte i difensori di un eventuale avversario smarcato, chiama i
movimenti dei compagni e suggerisce i passaggi. Se il portiere non è sicuro, tutta la squadra non si sentirà
sicura: deve essere un tipo attento, consapevole che da lui dipende il destino della difesa…
Il portiere è chiamato ad uscite volanti o ad uscite per terra: è coraggioso, non ha paura mentre vola, è consapevole che uscendo sui piedi dell’attaccante potrà farsi male, ma sa anche che il bene della squadra è più
importante…
Il portiere non può sbagliare: una papera, una presa mancata possono significare la sconfitta della squadra.
Quindi deve essere sempre concentrato, pronto a subire le critiche in caso di sbaglio e a reagire da campione dimostrando quanto vale sul campo…
Il numero è stato indossato ed è indossato da grandissimi campioni: Zoff (portiere della nazionale italiana
campione del mondo nel 1982), Casillas (portiere della Spagna, titolare del Real Madrid già a 16 anni),
Neuer (portiere della Germania e del Bayern Monaco), senza dimenticare naturalmente Buffon, eletto miglior portiere della storia del calcio nel 2010.
Una curiosità: sai chi è stato l’unico portiere a vincere il Pallone d’Oro? Yascin, portiere della Russia, soprannominato “Ragno Nero”, nel lontano 1963...
Sai cosa vuol dire indossare questa maglia, vincere in nome di questi colori?
Voglio raccontarti la storia di questo numero…
Il numero due apparteneva al terzino destro, che da essere praticamente un difensore centrale nel metodo e
nella piramide di cambridge è stato spostato sulla fascia dal sistema, diventando quasi un terzino di concezione moderna, cioè un laterale di difesa a quattro.
Il terzino destro ha il compito di contrastare e pressare il portatore di palla avversario che si trova appunto
nella sua zona di campo; inoltre viene spesso chiamato in causa per sovrapporsi ed effettuare un'eventuale
azione offensiva lungo la fascia di campo laterale.
Il ruolo del terzino è importante quando la difesa effettua la diagonale: il terzino opposto e i centrali stringono verso il lato in cui si subisce l'attacco mentre il terzino stringe al centro dell'area per coprire l'attaccante o il centrocampista avversario che si inseriscono per andare al tiro.
Il terzino può affrontare differenti tipi di avversari: da attaccanti potenti e fisici ad altri più tecnici e rapidi. Pertanto, il terzino dev'essere pronto a contrastare ogni tipo d'avversario, ed essere preparato sia dal
punto di vista tecnico che da quello fisico (corsa, resistenza e forza).[1] Tra le caratteristiche principali dei
terzini vi sono, in fase difensiva, il senso dell'anticipo e l'abilità nel sottrarre il pallone all'avversario; per
la fase offensiva, invece, sono curati particolarmente i cross e i tiri dalla distanza.[3]
Il terzino è un giocatore che deve saper difendere: deve impedire agli avversari di crossare e quindi li deve
inseguire fino alla linea di fondo. Non risparmia il fiato, molto spesso rimane senza…
Il terzino è un giocatore che viene guidato dai difensori centrali: se questi chiamano un movimento, lui lo
esegue senza esitazioni. Si fida degli altri e quindi si lascia guidare: non fa di testa sua perché rischia di far
fallire la tattica del fuorigioco. Non è arrogante: sa ascoltare e dona tutto se stesso…
Il terzino deve saper attaccare: è da lui che partono i cross più pericolosi grazie al movimento della sovrapposizione sulla fascia. Deve essere quindi preciso: in una frazione di secondo osserva il movimento degli
attaccanti e deve far arrivare il pallone sulla loro testa o sul loro piede con la massima precisione… Non ha
molto tempo per pensare: già deve sapere cosa fare!
Sai cosa vuol dire indossare questa maglia, vincere in nome di questi colori?
Voglio raccontarti la storia di questo numero…
: il numero tre apparteneva al terzino sinistro, che come il terzino sinistro è stato spostato da un ruolo simile a quello del libero sulla fascia, diventando spesso un fluidificante. In numero tre può anche appartenere a dei difensori centrali, anche se più raramente del 2. Sono in genere ex terzini, oppure centrali che possono fungere da terzino.
Particolare importanza è data alla selezione del terzino sinistro.[2] La pratica del piede destro comporta nel
gioco del calcio una asimmetria di svolgimento lungo l'asse maggiore del campo, con prevalenza di attacchi
proprio nella zona di campo difesa dal terzino sinistro che generalmente pratica il gioco col piede sinistro.
La scarsa pratica col piede sinistro, in contrasto con attaccanti fortissimi di piede destro porta a valutazioni di ingaggio dei migliori terzini sinistri di piede sinistro tra le più alte in assoluto. Benché il ruolo possa
essere coperto, come in effetti avviene in molte formazioni, da un giocatore di piede destro, l'uso del piede
sinistro consente alcuni vantaggi tra cui quello di operare passaggi al centro o i cross dal fondo.
Il terzino è un giocatore che deve saper difendere: deve impedire agli avversari di crossare e quindi li deve
inseguire fino alla linea di fondo. Non risparmia il fiato, molto spesso rimane senza…
Il terzino è un giocatore che viene guidato dai difensori centrali: se questi chiamano un movimento, lui lo
esegue senza esitazioni. Si fida degli altri e quindi si lascia guidare: non fa di testa sua perché rischia di far
fallire la tattica del fuorigioco. Non è arrogante: sa ascoltare e dona tutto se stesso…
Il terzino deve saper attaccare: è da lui che partono i cross più pericolosi grazie al movimento della sovrapposizione sulla fascia. Deve essere quindi preciso: in una frazione di secondo osserva il movimento degli
attaccanti e deve far arrivare il pallone sulla loro testa o sul loro piede con la massima precisione… Non ha
molto tempo per pensare: già deve sapere cosa fare!
Lo sai chi indossava la maglia numero 3? Giocatori indimenticabili come Giacinto Facchetti (Inter) e Paolo
Maldini (Milan). Quando hanno smesso di giocare, le società hanno ritirato la maglia: nessun giocatore
indosserà più il numero 3 perché nessuno potrà mai eguagliarli...
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Il numero quattro apparteneva al mediano destro. Solitamente il mediano destro si è evoluto in centrocampista, così la maggior parte di numeri quattro sono giocatori che agiscono davanti alla difesa, come mediani
oppure a volte anche dei registi arretrati, anche se è piuttosto raro. Più frequente invece che il numero
quattro sia finito in difesa, arretrato al posto del mediano sinistro dietro la linea difensiva a fare il libero,
oppure secondo l'ultra catenaccio ideato da Rappan finito a fare lo stopper insieme al centromediano, con il
6 a fare il libero. E' facile quindi trovare il numero quattro si difensori puri. Non rarissimo inoltre trovarlo
sulla schiena di terzini, poichè talvolta il mediano laterale svolgeva anche il ruolo di fluidificante nel metodo, e a volte è proprio il mediano ad essere diventato terzino, oppure un libero con il numero 4 sulla schiena può esser stato spostato a fare il terzino. In conclusione, il numero quattro lo troviamo solitamente sulla
schiena di mediani oppure di difensori centrali, a volte sui liberi e sui terzini, solitamente sinistri ma anche
destri, raramente sui registi arretrati.
Il difensore centrale ha un ruolo nevralgico: visto che è posizionato al centro, comanda tutta la difesa, dettando i tempi e i movimenti. È lui che decide quando salire, per mettere in fuorigioco gli attaccanti avversari, ed è lui che decide quando arretrare, per evitare un pericoloso contropiede.
In genere è molto forte fisicamente: alto, grosso, in modo da poter far suo ogni pallone alto e da contrastare
qualunque avversario gli capiti. Ciò vuol dire che è lento e va in difficoltà contro avversari piccoli e veloci,
ma in modo furbo fa valere il suo fisico.
Indossano o hanno indossato la maglia numero 4 giocatori del calibro di Cesc Fabregas (Barcellona, Spagna), Javier Zanetti (Inter, Argentina), Sergio Ramos (Real Madrid, Spagna), ma anche Demetrio Albertini (Milan, Italia), Cannavaro (nel mondiale di Francia nel 1998) e De Rossi (nel mondiale di Germania del
2006).
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Il numero 5 apparteneva al centromediano. Nel sistema il centromediano arretrò sulla linea dei terzini, diventando lo stopper, e quasi sempre il numero cinque apparteneva appunto allo stopper. Il ruolo del centromediano però, essendo insieme regista, centrocampista e difensore, si evolse talvolta in modo differente, a
volte per esempio il 5 divenne il libero, il ruolo più simile a quello di centromediano, e a volte centrocampista, solitamente difensivo. Per l'evoluzione del ruolo di libero, di solito diventato centrale ma a volte anche
terzino, il numero cinque lo possiamo talvolta trovare sulle spalle di terzini, e addirittura di esterni di centrocampo (di solito con difesa a tre, ma non sempre).
Dagli anni ’50 fu introdotto il ruolo del terzino libero, nome che fu presto soppiantato da battitore libero o
più semplicemente libero, in quanto, libero da marcature fisse, interveniva in seconda battuta sugli avversari che si erano liberati dal controllo dei diretti marcatori. Il libero deve comandare assolutamente la difesa, quindi far salire e accorciare la squadra. Deve essere l'ultimo uomo a muoversi dietro.
È un giocatore attento a coprire gli errori dei compagni: quando gli altri sbagliano, lui interviene e risolve
situazioni pericolose.
È un giocatore molto esperto che sa leggere le situazioni e sceglie di conseguenza la posizione migliore…
Come dimenticare la maglia numero 5 indossata da Cannavaro durante il mondiale 2006??? A proposito,
sapevi che Cannavaro utilizza parte del suo stipendio per costruire campetti e per finanziare squadre giovanili nei quartieri più poveri di Napoli???
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Voglio raccontarti la storia di questo numero…
Il numero 6 apparteneva al mediano sinistro, cioè quello che fu solitamente arretrato dietro la difesa a fare
il libero. Spessissimo quindi possiamo trovare il numero sei sopra la schiena di un difensore centrale, oppure a volte di un terzino destro, bloccato (ormai raro) oppure talmente fluidificante da diventare centrocampista. Non sempre però il mediano sinistro fu arretrato a libero, a volte rimase a centrocampo, e quindi non
è raro trovare il numero sei addosso a un centrocampista, quasi sempre difensivo.
In genere è la maglia del mediano, cioè del giocatore che ha il compito di fare il lavoro sporco, di rubare i
palloni per poter far ripartire l’azione.
Luciano Ligabue ha scritto una canzone su questo ruolo:
Una vita da mediano, a recuperar palloni
nato senza i piedi buoni, lavorare sui polmoni
una vita da mediano, con dei compiti precisi
a coprire certe zone, a giocare generosi
lì, sempre lì, lì nel mezzo
finchè ce n'hai stai lì
una vita da mediano, da chi segna sempre poco
che il pallone devi darlo a chi finalizza il gioco
una vita da mediano, che natura non ti ha dato
né lo spunto della punta, nè del 10 che peccato
una vita da mediano, da uno che si brucia presto
perché quando hai dato troppo, devi andare e fare posto
una vita da mediano, lavorando come Oriali (mediano dell’Inter degli anni ‘70-’80)
anni di fatica e botte e vinci casomai i mondiali
Un’indimenticabile numero 6 è stato Franco Baresi, giocatore del Milan negli anni ‘80 e ‘90: la sua maglia
è stata ritirata quando ha lasciato il calcio...
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il numero sette è legato praticamente indissolubilmente alla fascia destra, e quasi sempre all'ala, anche se è
possibile trovarlo come terzino, quasi unicamente fluidificante. Talvolta l'ala destra è diventata una seconda punta, o più spesso un attaccante di movimento.
Questo numero è legato a giocatori del calibro di Shevchenko, Ribery, Robben, Cristiano Ronaldo: gente
abituata a stupire tifosi e avversari con giocate impensabili e dribbling ubriacanti. Sono loro che danno
spettacolo in campo: la loro maglia è simbolo del coraggio, dell’altruismo, della fantasia. Nei momenti difficili sono loro che si assumono la responsabilità di battere il rigore decisivo o di preferire un tiro dalla distanza ad un più comodo passaggio
Francesco De Gregori ha scritto una canzone sulla maglia numero 7:
Sole sul tetto dei palazzi in costruzione, sole che batte sul campo di pallone e terra
e polvere che tira vento e poi magari piove.
Nino cammina che sembra un uomo, con le scarpette di gomma dura,
dodici anni e il cuore pieno di paura.
Ma Nino non aver paura a sbagliare un calcio di rigore,
non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore,
un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia.
Nino capì fin dal primo momento, l'allenatore sembrava contento
e allora mise il cuore dentro alle scarpe e corse più veloce del vento.
Prese un pallone che sembrava stregato, accanto al piede rimaneva incollato,
entrò nell'area, tirò senza guardare ed il portiere lo fece passare.
Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore,
non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore,
un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia.
Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette,
questo altro anno giocherà con la maglia numero sette.
Sai cosa vuol dire indossare questa maglia, vincere in nome di questi colori?
Voglio raccontarti la storia di questo numero…
Il numero otto è uno di quelli che hanno subito le variazioni maggiori. In origine era affidato alla mezzala
destra, ruolo che si è evoluto notevolmente, diventando centrocampista nel metodo e nel sistema, per poi
tornare attaccante puro sulle spalle di Sandor Koksic nella grande Ungheria di Feren Puskas. In seguito
tornò a fare quasi sempre il centrocampista, con compiti assolutamente diversi l'uno dall'altro: da essere
una specie di seconda punta nella Grande Inter, possiamo trovarlo a fare il centrocampista di spola o di
regia, il mediano di rottura, il trequartista puro, a volte ancora l'attaccante (molto difficilmente comunque
la prima punta), a volte anche l'ala. L'otto è comunque quasi sempre legato al centrocampista.
Vita dura quella del centrocampista!
La prima difficoltà è saper mantenere la posizione, a metà strada tra la difesa e l’attacco: non bisogna essere
troppo arretrati perché altrimenti la squadra è bassa e si fa schiacciare dagli avversari; non bisogna essere
troppo avanzati perché altrimenti la difesa rimane senza protezione…
Occorre dosare le energie nel difendere e nell’attaccare, ma bisogna correre davvero tanto: non a caso sono i
centrocampisti quelli che a fine partita hanno corso almeno due chilometri in più rispetto agli altri giocatori.
Il centrocampista deve essere sempre presente: quando si difende, davanti all’area, per evitare i tiri da lontano e per cercare di rubare qualche pallone o, almeno, di far allontanare gli avversari dall’area di rigore;
quando si attacca, prova i tiri da lontano o si inserisce nella difesa avversaria appena vede uno spazio…
Anche se il centrocampista è quello che lavora e corre più di tutti, nella maggior parte dei casi la gloria va
agli attaccanti, a chi indossa la maglia numero 10 o la maglia numero 7…
Vita dura quella del centrocampista: vale la pena ricoprire questo ruolo???
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Voglio raccontarti la storia di questo numero…
Il numero nove è quello che ha subito meno variazioni, escludendo il portiere: è sempre appartenuto al centravanti, fatta eccezione per alcuni episodi isolati ma importanti: l'arretramento del centravanti dietro le
mezze ali fu la grande innovazione introdotta dall'Ungheria di Puskas, e seguita dal Real Madrid di Di
Stefano e dello stesso Puskas. Il centravanti partiva da dietro per tessere il gioco, e si portò dietro il nove,
che finì sulle spalle dei due più grandi interpreti del ruolo di centravanti arretrato, cioè Hidegkuti e soprattutto Alfredo Di Stefano, che possiamo considerare dei trequartisti ante litteram. Per il resto, il numero
nove è sempre appartenuto ad attaccanti puri, centravanti di razza, punte eccetera, con rarissime eccezioni, soprattutto nelle nazionali.
Il centravanti ha un solo obiettivo: fare gol. A volte non lo si vede per tutta la partita, tocca due o tre palloni, ma poi, al minimo errore della difesa avversaria è lì in agguato: come dimenticare Filippo Inzaghi?
Molto spesso ha un fisico imponente per lottare di testa contro i forti difensori centrali: in tal caso la squadra si affida a lui per tenere palla e poter uscire dalla propria metà campo. Con il fisico protegge il pallone,
attira su di sé due o più difensori e permette di liberare gli spazi per gli altri compagni di squadra.
Esce stremato dal campo, non tanto perché ha corso (in realtà, nella maggior parte dei casi, corre poco), ma
piuttosto per il lavoro che ha svolto spalle alla porta, resistendo alle spallate e alla pressione degli avversari,
cercando di conquistare metri preziosi per permettere alla squadra di rifiatare e di ripartire.
È a lui che spetta il compito di segnare gol a ripetizione, di trasformare in rete ogni pallo che tocca… può
attraversare periodi in cui ogni tiro è un gol, ma anche periodi in cui il pallone non riesce ad entrare in
nessun modo. In questo secondo caso si comincia a dubitare di lui, del suo valore e viene messo in panchina: spetta solo a lui risollevarsi e ricominciare a segnare come sa fare…
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Il numero dieci è il numero più agognato dai giocatori, il numero del fantasista, del funambolo, di Maradona, di Baggio, di Platinì, di Pelè. In origine il numero dieci apparteneva alla mezzala sinistra, che solitamente si evolse nel trequartista puro, detto anche mezzala di regia, sullo stile Rivera. L'Inter di Herrera
arretrò la mezzala sinistra davanti alla difesa, così non è raro trovare dei numeri dieci fra i giocatori che di
solito agiscono da quelle parti. Il comune denominatore dei numeri dieci è il ruolo, quello di regista, e la
grande tecnica che esso richiede. Il regista può trovarsi davanti (a volte anche dietro, vedere Agostino Di
Bartolomei che nella Roma agiva da regista arretrato, spostato poi a libero dietro la difesa continuando a
tenere il 10 sulle spalle) alla difesa, dietro le punte oppure affiancato ad esse, oppure spostarsi dove cavolo
vuole. E' il ruolo del fantasista, libero da qualsiasi vincolo tattico, che si sposta per tutto il fronte offensivo
cercando il punto migliore per fare più male, dribllando e talvolta umiliando gli avversari. E' il caso di Sivori e Maradona. Può essere un trequartista tutto classe e assist, come Platini. Può essere una seconda
punta, come Ronaldinho. Può essere una punta che parte da dietro, che arretra per fare gioco, come Pelè.
Può anche essere una punta pura. Può essere, insomma, quello che gli pare.
Tutti aspirano ad essere il numero dieci della squadra, nessuno aspira ad essere mediano o terzino destro…
ma chi lo merita davvero?
C’è il rischio che il numero dieci creda di esser migliore degli altri e quindi si comporti in modo poco rispettoso nei confronti degli altri: ma non può dimenticare che al suo fianco ci sono compagni di squadra che lo
proteggono mentre tenta il dribbling, che si procurano le punizioni che poi lui trasformerà in un gol sotto
l’incrocio, che gli servono la palla al limite dell’area…
Nessuno può pensare di risolvere le partite da solo...
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Il numero undici apparteneva originariamente all'ala sinistra, ruolo che nel tempo è andato abbastanza
confondendosi. Nel calcio moderno l'ala sinistra come attaccante non esiste quasi più, ormai si parla di
esterni di centrocampo, e loro sono quelli che dovrebbero portare di solito il numero 11. Il numero 11 può
appartenere anche ad un terzino sinistro, molto, molto fluidificante, solitamente un'ala sinistra arretrata
sulla linea difensiva, come Grosso o Zambrotta. C'è stato anche il caso di un centrale con l'11, Sinisa Mihajilovic, che in origine era un tornante sinistro. Il numero undici può appartenere anche talvolta a dei
centrocampisti centrali o trequartisti, ma anche a dei centravanti, in quanto verso gli anni settanta vennero introdotte le due punte, e dunque fu spesso accentrata l'ala sinistra, diventando un centravanti che partiva dalla sinistra, come Riva, Bettega o Pulici. Attualmente, è quasi più facile trovare un centravanti con
l'undici che un'ala.
L’ala ha un compito preciso: correre! Il regista sa che se lancia il pallone lungo la fascia ci sarà l’ala pronta
a prenderlo. I compagni sanno che in caso di lancio in profondità ci sarà qualcuno pronto a spremere i polmoni fino a scoppiare pur di prendere il pallone.
Senza corsa, l’ala non ha senso di esistere: è necessario un duro allenamento per mantenersi in perfetta
condizione fisica lungo l’arco dell’intera stagione. Non a caso questo è il ruolo che vanta il maggior numero di sostituzioni: è facile ritrovarsi senza fiato e poco lucidi davanti alla porta se non si ha un’adeguata
preparazione.
Il vero lavoro viene fatto dall’ala prima dell’inizio del campionato, effettuando scatti su scatti, ripetute su
ripetute. In caso contrario non riuscirà a dare il suo contributo alla squadra...
Sai cosa vuol dire indossare questa maglia, vincere in nome di questi colori?
Voglio raccontarti la storia di questo numero…
Il numero dodici, storicamente, è la maglia del secondo portiere: il giocatore, cioè, che entra solo se il portiere titolare si fa male o viene espulso.
Brutto mestiere quello del secondo portiere: ha senso augurarsi che il titolare si faccia male in modo da poter giocare al suo posto? E se poi non si è all’altezza della situazione? Se, giocando, si scopre che l’allenatore aveva ragione a preferirgli un altro in quel ruolo?
Il secondo portiere è il simbolo delle riserve, perché, rispetto a queste ultime ha meno possibilità di entrare
nel corso di una partita. Il suo obiettivo è farsi trovare pronto! Non è facile avere la massima concentrazione se si gioca raramente, ma lui deve riuscirci; non è facile avere le giuste motivazioni se si guardano le
vittorie dei propri compagni dalla panchina, ma lui deve riuscirci; non è facile sapere che l’allenatore gli
preferisce un altro giocatore, ma questo pensiero non deve nemmeno sfiorarlo.
Il secondo portiere (e la riserva, in generale) non deve pensare a quello che dicono o credono gli altri: deve
essere concentrato sul proprio lavoro, consapevole del fatto che ha dei limiti da superare, delle lacune da
colmare. Se il pensiero di non giocare prende il sopravvento, tutto il lavoro viene vanificato e il giocatore
ne esce impoverito perché davanti alla difficoltà non ha cercato di superarla ma è scappato, perché incapace
di affrontarla.
Il lavoro silenzioso paga perché l’allenatore si accorge della professionalità e delle doti di ciascun giocatore
e sa valorizzarlo nei dovuti modi e nei dovuti tempi.
Occorre solo avere fiducia nell’allenatore e nel proprio lavoro: la riserva sarà valorizzata e ricompensata
adeguatamente...