08 MAGGIO 2016 ASCENSIONE DEL SIGNORE (C) padre Gina

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08 MAGGIO 2016 ASCENSIONE DEL SIGNORE (C) padre Gina
08 MAGGIO 2016 ASCENSIONE DEL SIGNORE (C)
padre Gina Franco SCARPITTA
Presente come Vivente
Nel suo Vangelo Luca parla della
dipartita terrena di Gesù (Ascensione)
collegandola quasi immediatamente alla
risurrezione e alle apparizioni, poiché tutto il
capitolo 24 è abbastanza vivace nel presentare
i fatti in successione, anche se con una certa
armonia fra di loro. Nel secondo testo di cui è
autore, gli Atti degli Apostoli, ribadendo
quanto detto al termine del suo primo scritto,
Luca si sofferma invece nei particolari della
salita al cielo, delineando elementi
propriamente caratteristici del divino, quali il
monte e la nube. Essi ricordano infatti episodi
dell'Antico Testamento e dei Vangeli nei quali
Dio si manifesta interamente nella gloria.
Quello che si racconta ovviamente non ha
nulla a che fare con le sparizioni spettacolari a
livello di fantascienza o di rocambolesca
partita a razzo da una stazione spaziale. Tutto il linguaggio di Luca è "teofanico" e
allusivo e vuole sottolineare soltanto che davanti agli occhi attoniti degli apostoli "che
si era prescelti" (Cioè dei Dodici escluso Giuda), Gesù abbandona le categorie spazio
temporali, lascia la dimensione sensoriale sia attivamente che passivamente; entra
nella pura sfera del divino e dell'ineffabile. Gli apostoli capiscono che non sarà più
possibile riscontrarne la presenza per mezzo delle facoltà sensoriali e che neppure lui
comunicherà con loro facendo uso di tatto,
vista e udito. La sua presenza, secondo
quanto lui aveva promesso, sarà certa e
inequivocabile e avvalorata anche dal
dono dello Spirito Santo che su di loro
discenderà; ciò nonostante sarà una
presenza misterica, che. solo nella fede ci
darà garanzia dell'esserci e dell'agire di
Gesù in tutto il tempo che ci separa
dall'Ascensione fino al suo ritorno alla fine
dei tempi.
Una piccola differenza intercorre fra il racconto lucano del Vangelo e
quello degli Atti degli Apostoli: nel primo si racconta che, appena sparito Gesù dalla
loro vista, gli apostoli tornano a Gerusalemme "pieni di gioia"; nel secondo scritto si
specifica invece che essi
continuano a
guardare
attoniti
verso
l'alto
scrutando la volta celeste,
probabilmente sconcertati e
avvinti dalla volontà di
protrarre la compagnia
visibile del loro maestro, al
punto che una visione
straordinaria di uomini
(angeli) deve intervenire a
consolarli. E' probabile che
la gioia di cui parla il
Vangelo fa seguito alla consolazione dei due angeli e da essa scaturisce. Ciò non
toglie che gli apostoli avranno dovuto affrontare un periodo iniziale di smarrimento
e di indecisione poiché decidere e operare senza ascoltare i moniti del Maestro non
doveva essere più così semplice come lo era stato in sua presenza. Lo Spirito Santo
che discenderà su di loro il giorno di Pentecoste dissiperà da loro ogni dubbio e ogni
perplessità e li incentiverà nella missione di annuncio. Sia quel che sia la gioia è
senz'altro legittimata dalla consapevolezza che Gesù, sebbene non più riscontrabile
nello spazio e nel tempo fisico, continuerà ad essere vivo, anzi sarà il Vivente che
risuscitato non muore più, per cui possiamo considerarci anche noi "morti al peccato,
ma viventi per Dio"(Rm 3, 9. 11). Come scrive Tarrech Gesù è sempre stato
consapevole di una resurrezione finale per tutti e anche ai Sadducei che non vi
credevano aveva dato spiegazione definita del fatto che il Padre è Dio dei vivi e non
dei morti; in Gesù vi è sempre stata la concezione della risurrezione dei morti e della
vita per come il Giudaismo l'aveva sempre interpretata. Adesso però dopo la sua
stessa resurrezione si va molto oltre poiché in Lui risorto tutti sono destinati a vivere
per sempre e di conseguenza Egli è vivo e noi per sempre siamo chiamati a vivere in
lui. Quindi la sua presenza nel tempo della Chiesa, cioè dopo l'Ascensione non è
soltanto certa e indiscutibile, ma anche presenza del Vivente che non conosce più la
morte e la sconfitta. Cristo insomma vive per sempre e la sua ascesa al cielo non
soltanto non smentisce la sua presenza ma la qualifica ulteriormente perché è garanzia
di vita per tutti coloro che credono in lui. L'Ascensione invita ad aprirci alla Verità
senza darla vinta al dubbio e alla superficialità che lo alimenta e sotto certi aspetti è
anche necessaria. Se infatti la presenza di Gesù fosse ancora nella forma tangibile e
incontrovertibile, se avessimo soddisfatte le pretese umane di immediatezza, di
verificabilità sensoriale in ciò che in realtà concerne la fede, se volessimo trovare
consolazioni facili e immediate senza che ciò comporti il necessario sforzo, come
potremmo esercitare adeguatamente la virtù conseguendo il premio che il suo eroismo
comporta? Come potremmo meritare la giusta ricompensa proporzionata alle prove e
alle sfide del quotidiano, qualora la presenza di Cristo fosse resa palese e concreta
secondo le nostre pretese di verificabilità? Se Dio in Cristo ci ha dato ogni cosa,
facendoci partecipi del suo mistero e della sua ineffabilità e rendendo concepibile ciò
che di per sé è inverosimile per noi, è indispensabile che a lui si aderisca
semplicemente con la spontaneità di un atto di fede, con l'abbandono fiducioso del sì
alle ragioni del cuore. Solo la fede, sollecitata dal dono singolare dello Spirito Santo
può darci la certezza che il Cristo vive per sempre e che possiamo fare esperienza di
lui alla stessa maniera in cui i discepoli lo esperivano nell'antica Galilea e in Giudea
e questa fede è la sola via per la quale possiamo sempre mantenere perennemente
aperta la porta che conduce, suo tramite, al Padre che è la verità tutta intera.
Certamente, la fede non impedisce, anzi ha nel computo, che si dia
ragione della nostra speranza (Pietro) e che la ragione venga in aiuto alla retta
comprensione di quanto crediamo e a tal proposito scopriamo che non è contrario a
razionalità che Cristo sia un reale personaggio storico e non un mito, come pure
abbiamo elementi per descrivere la valenza e la portata del suo messaggio; ma la
condizione per non precluderci alla sua presenza indubbia anche se misteriosa di
Risorto che vive per sempre risiede in quelle che sono le ragioni del cuore che la
ragione stessa non comprende (Pascal)