FORUM AMBROSETTI: The future of energy Towards a

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FORUM AMBROSETTI: The future of energy Towards a
FORUM AMBROSETTI: The future of energy
Towards a Sustainable Development
20 September 2016
TRASCRIZIONE DELL’INTERVENTO di Claudio Descalzi
Abbiamo due grosse sfide per il futuro.
La prima è quella di riuscire a dare accesso all'energia a prezzi sostenibili.
Perché faccio questa affermazione? Perché in passato non siamo riusciti a dare accesso all'energia
a molte persone quando, con prezzi del petrolio più alti, c’erano molti più investimenti. Oggi ci
sono ancora 1,3 miliardi di persone che non hanno accesso all'elettricità, e 2,7 che utilizzano
biomassa, una fonte energetica altamente inquinante che provoca la morte di migliaia di persone.
Soltanto nel 2013 in Africa ci sono state più di 450.000 morti premature, soprattutto donne e
bambini, legate all’utilizzo domestico delle biomassa, per il riscaldamento e per cucinare.
Adesso ci troviamo di fronte un problema ancora maggiore, perché i prezzi si stanno abbassando,
gli investimenti si stanno contraendo, non sono più 700 miliardi di dollari, ma 450 investiti in
esplorazione e altre attività relative alla produzione.
Siamo quindi in grado adesso di dare una risposta a questa sfida?
Ma abbiamo anche una seconda sfida che è garantire la sostenibilità ambientale delle nostre
attività, riducendo le emissioni per cercare di mantenere l'aumento della temperatura al di sotto
dei 2° C.
Nei prossimi 25 anni, oltretutto, avremo circa 2 miliardi di persone in più, rispetto alla situazione
attuale, che abiteranno il nostro pianeta, il 50% in Africa e il 50% in Asia. Questo genererà un
fabbisogno energetico superiore del 30% rispetto ad oggi, che è pari a 14 miliardi di tonnellate
equivalenti di petrolio.
Quindi è chiaro che il mondo ha bisogno di più energia, ed è altrettanto chiaro che noi dobbiamo
investire per garantire a tutti l'accesso all'energia che significa garantire sviluppo e crescita.
Queste sono sfide comuni, ma non sono le stesse per tutti.
Infatti dobbiamo tener conto di situazioni geografiche ed economiche diverse che dividono il
mondo in un Nord ed un Sud, Paesi OCSE e Paesi non OCSE.
Nel mondo ci sono 7,3 miliardi di persone di cui l’80% vive nei Paesi non OCSE che nonostante
detengano solo il l’85/90% delle risorse mondiali hanno un evidente problema di accesso
all'energia, come vi accennavo, e di mix energetico, legato all’utilizzo della bio-massa.
D’altra parte ci sono i Paesi OCSE dove vive meno del 20% della popolazione con un PIL medio procapite pari a più di 7 volte il PIL dei Paesi non OCSE e solo il 10/15% delle risorse mondiali.
Negli anni '70 - '80, questi Paesi rappresentavano il 55% dei consumi di energia: adesso questo
consumo si è stabilizzato, e c'è stata, a partire dal 2005, un’inversione di tendenza con un
aumento dei consumi da parte dei Paesi non OCSE.
Come possiamo trovare una soluzione comune alle nostre sfide, che tenga conto di queste
diversità?
Nei Paesi OCSE, 35 Paesi, fra cui Europa, USA, Australia le sfide principali riguardano l’efficienza
energetica e la riduzione delle emissioni di CO2, definendo un corretto mix energetico e, per alcuni
Paesi come l’Europa, la sicurezza energetica.
Per quanto riguarda i Paesi non OCSE, le priorità sono diverse, in primis l'accesso all'energia e,
come seconda priorità, l’energy mix.
Occorre definire un sistema energetico che punti ad uno sviluppo di lungo termine e che tenga
conto delle priorità, fattibilità ed impatto ambientale.
Ed è qui che il settore privato può fare molto, e anche il livello politico.
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Basti citare l'esempio dell'Europa e dell'Africa: se noi osserviamo quello che è successo, per secoli
sono state strette relazioni commerciali tra i due continenti.
Ed a cosa ha portato questo rapporto? Ad un'Africa molto povera e ad un'Europa più debole.
Non è stato sicuramente un modello vincente perché non ha aiutato l'Africa a sviluppare il proprio
enorme patrimonio energetico né a migliorare le condizioni di vita degli africani.
Il nostro modello occidentale, che si basa soprattutto sulla massimizzazione del profitto nel breve
termine, e meno sulla costruzione di valore nel lungo termine, mostra adesso le sue debolezze.
E noi ne siamo i testimoni: i forti flussi migratori ad esempio sono proprio dovuti a quest'assenza
di crescita, di sviluppo, e l'assenza di sviluppo a sua volta è riconducibile a un mancato accesso
all'energia.
Quando ci troviamo in situazioni estreme, dobbiamo prendere atto del problema e cercare delle
soluzioni che siano pragmatiche e concrete: apprendere dal passato quali sbagli possono essere
evitati.
Il settore pubblico, le politiche pubbliche devono riflettere in questa direzione, riconoscendo
anche la complementarità tra Africa e Europa.
In Europa non abbiamo energia, importiamo il 70% del nostro fabbisogno energetico, e tra qualche
anno arriveremo ad una quota dell’80-85%, fino ad importare la totalità dell'energia in
prospettiva. Siamo quindi molto poveri di energia in Europa. E quando non si ha energia, è un po'
come per un'azienda non avere cassa, non avere liquidità, è come per una famiglia non avere soldi
in banca.
L'Africa ha il problema opposto al nostro: ha le risorse naturali ma non ha accesso all'energia. Se
utilizzassimo il gas africano per l'Africa potremmo coprire il fabbisogno energetico dell'Africa per i
prossimi 3 secoli, eliminando completamente il ricorso alla bio-massa.
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Quindi questa complementarietà tra Africa ed Europa ci offre un'opportunità di modificare il
nostro modello per investire invece nella costruzione di valore nel lungo periodo.
Ci sono infatti persone che vivono nel deserto, non hanno acqua, non hanno energia, non hanno
condizioni sanitarie e di sicurezza adeguate, non hanno sviluppo, non hanno futuro.
Come possiamo ipotizzare di innalzare dei muri, delle barriere?
Dobbiamo modificare il nostro modello e investire lì, dove loro possono avere una prospettiva di
crescita. Questo consentirà un futuro per loro, ma anche futuro per noi.
Anche l’Africa deve riflettere sulla necessità interne e decidere di investire proprio per lo sviluppo
domestico: minori esportazioni di materie prime, più investimenti. Questa deve essere una priorità
per i leaders africani.
Dopo aver parlato del modello e della necessità di modificare il nostro approccio che non deve più
essere orientato ad una ricerca esasperata del profitto, affrontiamo ora il tema dell'ambiente, che
è una necessità, una priorità per Paesi OCSE e non OCSE.
Lo possiamo affrontare in modo diverso, però dobbiamo agire, e tempestivamente.
Consideriamo le diversi componenti che contribuiscono all'inquinamento della Terra, fra cui vanno
considerati i combustibili fossili.
Sicuramente le energie rinnovabili stanno crescendo ma rappresentano ancora una quota esigua.
Ad oggi eolico e solare rappresentano l’1% dell’energy mix mondiale e la proiezione è che si arrivi
al 4%.
E questo nonostante si siano spesi negli ultimi 10 anni oltre 2000 miliardi di dollari in rinnovabili e
Paesi abbiano destinato ingenti somme in sussidi.
Solo in Europa nel 2014 abbiamo infatti elargito sussidi per più di 70 miliardi di euro in rinnovabili.
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Ma parallelamente il carbone è cresciuto di circa il 10% nel termoelettrico negli ultimi 5 anni.
Queste sono delle vere contraddizioni perché va considerato che l’1% di carbone distrugge il 10%
del beneficio generato dalle rinnovabili.
Dobbiamo quindi rivedere il nostro modello, soprattutto in Europa, perché in ultima battuta è
come se stessimo sussidiando il carbone.
Se esaminiamo la situazione in tutto il mondo, nel settore elettrico il carbone rappresenta circa il
30% della produzione elettrica, e contribuisce alle emissioni del power per il 70%. Lo stesso trend
si registra anche in Europa.
La soluzione va quindi trovata lì: sappiamo che il nostro carbon budget è limitato, abbiamo ancora
1.000 Gton di CO2 a nostra disposizione. Il carbone produce, circa 14 miliardi di tonnellate di CO2
l'anno. Globalmente produciamo 32 miliardi di tonnellate di CO2 nel settore energetico, quindi
sostituendo il carbone con il gas, elimineremmo una grossa componente delle emissioni.
Questo è l'intervento più urgente da fare nel breve termine e, allo stesso tempo, dobbiamo anche
lavorare sulla tecnologia, investendo in progressi tecnologici, soprattutto sullo stoccaggio di
energia, per risolvere i problemi di intermittenza delle rinnovabili e sulla Carbon Capture
Utilization and Sequestration.
Concludendo, per risolvere la nostra equazione sulle sfide future dobbiamo essere pragmatici,
concreti, parlare di priorità.
Puntare ad uno sviluppo duraturo nel lungo termine che coinvolga tutti, soprattutto i Paesi in via
di sviluppo, dando loro accesso all’energia rispettando al contempo l’ambiente.
Non ci siamo riusciti in passato, ci viene offerta adesso un'opportunità di poterci riuscire oggi.
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