Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del

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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del
Il clima innovativo nel mondo letterario
veneziano alla fine del Quattrocento nella
Hypnerotomachia Poliphili
Odile Swankhuizen (s1370812)
Scriptie ter afsluiting van de studie
Romaanse Talen en Culturen (Italiaans)
aan de Rijksuniversiteit Groningen (Rug)
beoordeling door: prof.dr. Ph.G. Bossier
tweede lezer: drs. M.E. Dicke
Groningen, 12 februari 2009
Tesi di laurea per il corso degli studi di
Lingue e Culture Romanze (Italiano)
presso l’università di Groninga
Relatore: prof. Ph.G. Bossier
Corelatrice: dott.ssa M.E. Dicke
Groninga, il 12 febbraio 2009
Il clima innovativo nel mondo letterario
veneziano alla fine del Quattrocento nella
Hypnerotomachia Poliphili
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
PROLOGO
1. ALDO MANUZIO
1. La vita di Aldo Manuzio al servizio della stampa
1.1. Il grammatico in via per Venezia
1.2. La nascita dell’officina aldina
2. L’umanista dietro lo stampatore Aldo Manuzio
2.1. Il suo ruolo nella società umanistica
2.2. La ‘neaccademia’ nell’officina aldina
3. Il ruolo significante di Manuzio in cambiamenti del mondo librario
3.1. La creazione dell’editore e della casa editrice
3.2. I caratteri greci da stampare
4. Conclusioni: Manuzio come re di innovazioni
2. LA HYPNEROTOMACHIA POLIPHILI
1. Il manoscritto
1.1. Il titolo come profeta
1.2. L’identità dello scrittore megalomano
1.3. Un’enciclopedia combinata con una storia d’amore
2. La pubblicazione
2.1. Il ricevimento dubioso nell’officina aldina
2.2. La tecnica tipografica che diventerà esemplare
2.3. L’arte che cambiava l’opera scritta in un campionatura
3. La ricezione
3.1. L’influenza che la pubblicazione ha avuto sulle arti europee
3.2. L’interpretazione dell’altro grande mistero: il contenuto
4. Conclusione: le innovazioni nell’opera
3. IL LINGUAGGIO POLIPHILESCO
1. Le lotte per raggiungere la codificazione nel Quattro- e Cinquecento
1.1. La valorizzazione accrescitiva del volgare fino al Quattrocento
1.2. La posizione della lingua volgare nel Quattrocento precoce
1.3. L’assimilazione fra la lingua latina e la lingua volgare
1.4.L’avanzata e lo scavalcare del volgare
2. Le mescolanze linguistiche della fine del Quattrocento
2.1. Soluzioni umanistiche per le lotte linguistiche
2.2. La mescolanza linguistica del Colonna analizzata
2.3. Le idee possibili per la creazione linguistica
4. LA QUESTIONE DELLA PALATALIZZAZIONE
1. La nascita di fonemi neolatini caratteristici per l’italiano
2. L’ortografia della velare sorda nella lingua poliphilesca
2.1. Il trattamento dei casi specifici del corpo
3. Conclusioni riguardo alla ricerca linguistica
CONCLUSIONI
APPENDICE
1. Sinossi della Hypnerotomachia Poliphili
2. Corpo linguistico della Hypnerotomachia Poliphili
BIBLIOGRAFIA
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la Hypnerotomachia Poliphili
PROLOGO
Aldo Manuzio e la Hypnerotomachia Poliphili si sono legati per sempre dal momento
della pubblicazione del manoscritto. Benché si discuta ancora sulla scelta libera
dell’editore per la pubblicazione dell’opera bizzarra, l’editore e lo scrittore hanno più
in comune che si aspetti. Sono ambedue prodotti della fine di un’episteme, in
questo caso dell’atteggiamento neoplatonistico, e di tempi con molti cambiamenti
riguardo alla cultura e alla società.
La caratteristica del mutamento di episteme sembra essere che viene
accompagnata da innovazioni: la combinazione delle idee vecchie e le idee nuove.
Queste innovazioni possono essere accettate o no, come solamente una parte della
Hypnerotomachia Poliphili è stata accettata nel canone; si loda Manuzio ma
vilipendia il Colonna.
Quest’opera è un esempio delle innovazioni letterarie e librarie, sorte a
Venezia nella fine del Quattrocento, e di un’invenzione linguistica che, se fosse stata
accettata, magari sarebbe diventata la lingua italiana di oggi. Per poter
comprendere meglio l’invenzione del Colonna, ho svolto una ricerca linguistica
sull’espressione ortografica della palatalizzazione della [k] latina, una delle
caratteristiche delle lingue romanze. Spero che il svelare dei fattori per l’ortografia
deviante indicherà le intenzioni del creatore di questa lingua specifica.
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
1. ALDO MANUZIO
L’uomo innovativo che faceva nascere il libro più bello del Rinascimento
La fine del Quattrocento era il tempo in cui l’arte della stampa si avanzò e mostrò di
essere più di un processo tecnico solo: la stampa fece possibile pubblicare le grandi
opere della letteratura classica – che al suo turno provocò uno stimulo per il
Rinascimento1 - e per gli stampatori divenne possibile distinguersi, il che significò la
nascita della professione di editore. Accanto a questi sviluppi si aveva anche ormai
la possibilità di pubblicare un libro come la Hypnerotomachia Poliphili.
1. La vita di Aldo Manuzio al servizio della stampa
1.1. Il grammatico in via per Venezia
Lo stampatore Aldo Manuzio può essere visto come la personificazione dello
sviluppo soprannominato. Benché la sua officina si trovasse a Venezia, le sue
origini sono situate a Bassiano, un paese laziale a sud di Roma. Probabilmente ci
nacque nel 1540 in una famiglia ebrea, che aveva ricevuta il suo cognome da un
certo Paolo di Manduzio di Bassiano, egli stesso un discendente da un vescovo
dominicano2.
Dopo una formazione di base in questo paese, Aldo partì per Roma dove
voleva essere istruito nella lingua latina dal maestro Gaspare da Verona. Pensionato
quest’ultimo, Aldo frequentava ancora alcuni anni le lezioni di Domizio Calderini ma
lasciò Roma nel 1478 per andare a Ferrara, dove imparava anche il greco da
Battista Guarini. In queste lezioni Aldo conobbe Giovanni Pico della Mirandola
(1463-1494), il quale raccomandò l’amico a sua sorella, la vedova Caterina Pio di
Carpi, per l’istruzione dei suoi nipoti3. Accanto ai due principi Aldo aveva altri due
“Systematization [degli studi classici] came only after the humanist impulse could be combined with
new features supplied by print culture.” p.125, The printing revolution in early modern Europe, Elizabeth
L. Eisenstein, Cambridge University Press, Cambridge 1983. “Quando poi l’invenzione della stampa
diede la possibilità di una più celere ed efficace trasmissione dei capolavori della humanitas (...)” p.13,
Battaglie editoriali del ‘500 dal Veneto alla Sicilia, Vincenzo Monforte, Ila Palma, Palermo 1992.
2 “(...) incerto essendo l’origine di Aldo, un passo della sua grammatica latina consentiva l’ipotesi che
fosse un ebreo convertito (...) <<hebrai sunt et ego, idest ipsi hebrai sunt et ego sum hebraeus>> (...)
C’era nel Quattrocento a Sermoneta una notevole comunità ebraica (...) una famiglia Manduzi, discesa
da un focoso e prolifico domenicano, vescovo di Venafro nel medio Trecento. Dallo studio della Caciorgna
risulta che nel dicembre del 1449 il più cospicuo degli ebrei di Sermoneta acquistò un terreno da Paolo di
Manduzio di Bassiano.” p.16-18, Aldo Manuzio. Umanista e editore, Carlo Dionisotti, Edizioni Il Polifilo,
Milano 1995.
3 “It was Giovanni Pico who recommended Aldus to his sister when her first son, Alberto, was four years
old and the second, Leonello, still an infant.” p.34, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica
Press, New York 1992.
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allievi da insegnare: Ercole Strozzi, in età avanzata il poeta cortile degli Este, e
Jacopo Berengario, che diventerebbe un medico, avevano anche il privilegio di avere
Aldo come maestro4. Così egli finì a Carpi, dove rimaneva il maestro di Alberto Pio
(1475-1531) per sei anni, il che fu l’inizio di un legame stretto e permanente fra il
maestro e il suo allievo. Durante il suo tempo a Carpi, e particolarmente nel suo
soggiorno a Mirandola, fuggito per la guerra fra Venezia e Ferrara, Aldo formò
attorno a sè un grande gruppo di conoscenti, fra cui colleghi maestri e umanisti5.
Le sue esperienze nell’insegnamento, prima come studente, poi come maestro,
rappresentano la ragione per Aldo di entrare nel mondo della stampa. Nel
Quattrocento, studiando le lingue classiche, gli studenti incontravano un problema
fondamentale: il materiale.
Prima dell’invenzione della stampa tutti i libri vennero manoscritti, ed erano
dunque preziosi e scarsi. Nella seconda metà del Quattrocento sì esistevano dei libri
stampati, ma la quantità di opere classiche rimaneva bassa perché i libri furono
ancora stampati su foglie grandi, nello stesso formato dei manoscritti6. Un altro
fattore peggiore era che il contenuto dei libri si cambiava; non tutti i manoscritti
erano trasmessi con la stessa precisione e contenevano quasi sempre degli errori7.
Per insegnare le lingue, i maestri costruivano il suo proprio materiale e così anche
Aldo: da lettere scritte a Caterina Pio appare che egli stava scrivendo una
grammatica, appunto per l’istruzione dei bambini8 e si crede adesso che si tratti del
libro Rudimenta grammatices latinae linguae, il quale Aldo pubblicò dopo nella sua
officina9.
Soprattutto l’offerta dei testi nel greco classico non rispondeva alla domanda:
già nel periodo del Consiglio di Firenze e Ferrara, il che tentava di riunire la Chiesa
romana con la sua parte greca, c’era un grande numero dei greci in Italia, ma non
tanti quanti emigrarono dopo la caduta di Constantinopoli nel 1453. Con tutti
4 “(...) and it may be at this time that Aldus had as his pupil the future poet Ercole Strozzi, of the noble
Florentine family, whose work would later be published in an Aldine edition.” p.33 e “One of Alberto
Pio’s companions in study was Jacopo Berengario (...) was to become a noted medical doctor and
anatomist.” p.37, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
5 Oltre a Giovanni Pico della Mirandola, si deve pensare a Marsilio Ficino, al Poliziano (Angelo
Ambrogini), a Lorenzo Valla e a Costantino Lascaris.
6 “What printers initially produced (...) were folio volumes that were still as large, expensive, unwieldly,
and inaccessible to a large public as were the manuscripts that preceded printing (...)” p.9, Aldus and
his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
7 “Even when manuscripts or early printed books existed, the textual variants were usually so great as
to make the works misleading at best.” p.38-9, Ibidem.
8 “(...) composing and writing a little grammar book particularly suited for instructing children.” p.37,
Ibidem.
9 Aldo Manuzio, Mario Ferrigni, Alpes, Milano 1925.
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questi greci attorno a sé, crebbe la voglia degli umanisti di avere la padronanza
anche di questa lingua classica e di poter leggere le grandi opere greche nella lingua
originale10.
Aldo fece di necessità virtù e decise di occupare questa nicchia nel mercato dei libri.
Necessario per poter raggiungere questo scopo fosse l’abbandonamento di Carpi e il
possedere di una casa a Venezia. La repubblica Serenissima era diventata la città
della stampa per diverse ragioni: era la prima città attraversa le Alpi dove i tedeschi
potevano stabilirsi quando cominciavano a spargere la sua invenzione. E benché i
primi stampatori tedeschi si fossero stabiliti a Subiaco11, la maggioranza dei
tedeschi aveva trovato una residenza a Venezia12. Inoltre, la città giocava un ruolo
importantissimo nel commercio con la parte orientale del mediterraneo, importando
non solo i suoi prodotti, ma anche una parte del suo popolo13. Anche il fatto che
Venezia era una repubblica, indipendente e lontana dallo Stato della Chiesa,
significava un clima più aperto per nuove invenzioni come la stampa14. I motivi
particolarmente vantaggiosi per il progetto di Aldo erano la presenza di molti
scienziati greci15 e quella della biblioteca Marciana, a cui Cardinale Bessarione
aveva lasciato la sua collezione di manoscritti greci16.
10 “(...) [the goal] to acquire enough skill to read the Greek ones, was abetted by the influx of Greek
scholars into Italy during the Council of Florence-Ferrara, which in 1438-45 attempted reconciliation
between the Greek and Roman churches.” p.21 Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press,
New York 1992 e “(...) gli [Aldo] fece comprendere l’importanza della tipografia greca in una città e in un
ambiente dove lo studio dei testi in lingua originale era desiderio molto sentito.” p.11, Aldo Manuzio. I
suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze
1994.
11 “(...) introdotta in Italia alla fine degli anni Sessanta: il primo libro stampato in Italia fu probabilmente
l’Ars grammatica di Elio Donato, che uscì intorno al 1465 dalla stamperia impiantata nel monastero di
Subiaco dai tedeschi Corado Schweinheim e Adolfo Pannartz.” p.335-6, Storia della letteratura italiana.
Dalle origine al Quattrocento, Giulio Ferroni, Einaudi Scuola, Milano 1991.
12 “(...) so many of the itinerant printers settled in Venice and set up shop there that soon a whole
quarter of the city, Fondaco dei Tedeschi, was named for them.” p.12, Aldus and his dream book, Helen
Barolini, Italica Press, New York 1992.
13 “Venice, the foremost cosmopolitan mercantile center, (...) with its scores of printer-publishers, its
international trade, and its émigré Greek community, was the focal-point of publishing.” p.2, New Aldine
Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc., San Francisco 1988.
14 “Whether the new art was considered a blessing or a curse, whether it was consigned to the Devil or
attributed to God, the fact remains that the initial increase in output did strike contemporary observers
as sufficiently remarkable to suggest supernatural invention.” p.19, The printing revolution in early
modern Europe, Elizabeth L. Eisenstein, Cambridge University Press, Cambridge 1983.
15 “[Venezia] sia che si trattasse di favorire l’arrivo in Italia dei dotti bizantini o i viaggi degli studenti a
Constantinopoli, sia che procurasse e commercializzasse codici greci ed altro materiale antiquario.” p.13,
Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S.Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.
16 “Aldus was also aware that Venice possessed possibly the best collection of Greek manuscripts in all
Italy, donated to the Serene Republic by Cardinal Bessarion and deposited in the Marciana Library.”
p.46, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
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Come già detto, Aldo partì da Carpi nel 1489, ma abbiamo trovato dei libri
pubblicati veramente dalla mano sua soltanto dal marzo 1495. Negli anni intermedi
si occupava probabilmente con l’impadronirsi della tecnica e con la costruzione di
un nuovo cerchio di conoscenti17 che potessero aiutarlo realizzare il suo sogno.
Soprattutto sul piano finanziario Aldo aveva bisogno di qualche aiuto: in quei tempi
mettere in piedi un’officina tipografica ci volevano uno stabile, della carta, delle
macchine tipografiche, dei caratteri ex-novo e poi ancora il personale18. Inoltre,
l’iniziare di una tale impresa fu allora più difficile che alcuni anni prima a causa
della quantità di concorrenza combinata con il fatto che “la stampa aveva perduto lo
splendore della novità, senza acquistare la patina della rispettabilità”19.
Stranamente si poteva allora anche pubblicare dei libri senza possedere una
propria officina tipografica con l’attrezzatura necessaria; in questo modo due libri di
Aldo entrarono sul mercato, Musarum Panagyris e Paraenesis, rispettivamente nel
1490 e nel 149120, ambedue stampati dal mano di un certo Baptista de Tortis.
Qualche anno dopo nacque la prima edizione della grammatica che egli aveva
scritta21, questa volta stampata con i caratteri di un suo amico, il tipografo Andrea
Torresani (1451-1529), benché non si nomini né Aldo né Andrea come l’editore22.
Nel prologo di quest’ultimo libro Aldo annunciò la pubblicazione di una grammatica
greca e altre opere greche23, quindi un’officina propria sarebbe stata più pratica ed
economica.
1.2. La nascita dell’officina aldina
Un anno e mezzo dopo, l’officina aldina cominciava a prendere forma: la metà dei
costi fu finanziata da Pier Francesco Barbarigo (?-1495), un membro della nobile
famiglia veneziana24, e l’altra parte fu nelle mani di Andrea Torresani, dalla quale
“Sono certi i suoi legami con la famiglia Barbaro, allora parte dell’élite culturale della Repubblica (...)
Così come sono documentati i suoi legami con Marin Sanudo, anch’egli nobile e possessore di una
importante biblioteca (...) e con Pietro Bembo.” p.11, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI
secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.
18 p.13,Ibidem.
19 p.396, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro editrice, Roma 1984.
20 “They are undated, but the Musarum Panagyris with its Epistola Catherinae Piae has been assigned
to the period March/May 1487-March 1491; the Paraenesis to 1490.” p.2, New Aldine Studies, Harry
George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc., San Francisco 1988.
21 “Institutiones grammaticae” è del 9 marzo 1493.
22 “Si direbbe che Aldo, pubblicando a Venezia le cose sue, fosse già in qualche modo riuscito a servirsi
in proprio dell’attrezzatura tecnica altrui (...) i caratteri s’identificano con quelli delle stampe di Andrea
Torresani.” p.99 Aldo Manuzio. Umanista e editore, Carlo Dionisotti, Edizioni Il Polifilo, Milano 1995.
23 “In its preface, Aldus announced his plan for going on to publish a Greek grammar and oher works.”
p.51, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
24 “(...) Pier Francesco Barbarigo, son of the late doge Marco Barbarigo and nephew of the current doge,
Agostino Barbarigo (...)” p.3 New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc.,
San Francisco 1988.
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Aldo ebbe al suo turno una piccola parte25. Questo Andrea Torresani da Asola aveva
imparato l’arte della stampa del famosissimo Nicolas Jenson ed essendo un
artigianato semplice faceva una buona combinazione con l’intellettuale Aldo26. Altri
collaboratori erano Scipione Forteguerri, o Carteromaco, un’amico di Aldo dai tempi
romani27 e l’orafo incisore Francesco Griffo. L’impresa era divisa su due stabili:
l’officina tipografia, vicina alla chiesa Sant’Agostino, e una libreria a
Sant’Innocenzo28, dove prima l’officina di Andrea Torresano si era trovata.
Il primo libro stampato da Aldo nella sua propria officina uscì nel marzo
1495: la grammatica greca profetizzata nel 1493, “Erotemata cum interpretatione
latina” di Costantino Lascaris (1434-1501), dedicata a ex allievo di Aldo, Alberto Pio,
il che significa che questo probabilmente aveva finanziatola.
L’inizio della carriera editoriale di Aldo fu tardi, aveva già cinquantacinque
anni e aveva già avuto una carriera come professore, ma questo non sarebbe uno
svantaggio. Le opere scelte da Aldo per la stampa erano tutte di alto livello, e non
solamente riguardo al contenuto - egli stava sempre cercando le edizioni più
corrette allora conosciute29. Prima si mise soprattutto alla stampa di tutte le opere
di Aristotele – il che era stato lo scopo del suo cambiamento di carriera – ma dalla
fine del Quattrocento elaborava il suo repertorio con la pubblicazione di opere
latine, e perfino qualche libro in volgare e in ebraico.
Con la sua scelta di opere, soprattutto per quelle di Aristotele, Aldo si
agganciò alle idee dell’avant garde30 di allora e siccome i suoi clienti non si
“Dai documenti risulta che Manuzio fosse almeno nel Quattrocento, socio di minoranza della tipografia
(all’incirca la sua partecipazione è stimata ad un decimo del capitale totale) (...)”, p.13, Aldo Manuzio. I
suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze
1994.
26 “Andrea Torresano, the bookseller, had been in charge of sales and marketing, while Aldus, the
scholar, concerned himself with the choice, editing and printing of texts.” p.245, Aldus Manutius and
Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.
27 “Studiò a Roma (...) incontrando allora il pistoiese Scipione Forteguerri, detto il Carteromaco, suo
fedele collaboratore a Venezia;” p.35, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero
Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.
28 “(...)Sant’Innocenzo, near the Rialto Bridge,“al segno della Torre”, a play at the owner’s name.” p.2445, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.
29 “I suoi esemplari erano per lo più copie recenti prese a prestito dalle biblioteche dei suoi amici, ed egli
passava da un codice a un altro come se stesse mettendo insieme una raccolta di ritagli, piuttosto che
curando la pubblicazione di un testo.” p.393, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro editrice,
Roma 1984 e “His aim was to find even better texts of what was already extant so that he could emend
and print the best version that would become, if not a definitive text – since he was always open to reexamination based on superior versions – at least a decent standard for his time.” p.88, Aldus and his
dream book,Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
30 “(...) Aristotele ebbe la precedenza su Platone, e che pertanto quell’attività si sviluppò su di una linea
affatto diversa da quella dei contemporanei filosofi (...)” p.101-2, Aldo Manuzio. Umanista e editore,
Carlo Dionisotti, Edizioni Il Polifilo, Milano 1995 e “(...) iniziando praticamente con il grande impegno
del corpus aristotelico, stimolato dai circoli più avanzati e dalla possibilità di vendita dell’opera che
l’Università di Padova lasciava presumere;” p.11, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI
secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.
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limitavano ai nobili veneziani ma anche alle famiglie più importanti dell’Italia
rinascimentale31, egli poteva esercitare una certa influenza sulle idee del suo
pubblico. Questo gli portava la fama e il predicato dell’editore più importante del
mondo.
Quanto contrastante a questo periodo glorioso era il secondo decennio della
sua carriera: nel 1505 l’officina tipografica alla Sant’Agostino venne chiusa e
spostata verso l’altra riva del Canal Grande, al rione San Paterniano, vicino alla
casa di Andrea. La ragione dello spostamento era probabilmente il matrimonio di
Aldo; egli aveva sposato l’unica figlia del suo socio, Maria. Benché la grande
differenza nell’età e l’apparenza di un’azione commerciale32 in tempi di crisi33 invece
di amore, era un matriomonio felice e fertile, procreando cinque figli34.
Ormai le attività editoriali vennero sempre più interrotte per dei viaggi e a un
certo punto Desiderio Erasmo (c.1467-1536) era l’unico che potesse convincere Aldo
di mettersi di nuovo alla stampa35, volendo esser pubblicata la sua opera Adagia.
Poi la fatalità interrupe: la repubblica Serenissima venne attaccata dagli armi
francesi e scomunicata dalla Chiesa. C’erano stati diversi momenti inquieti per
Venezia nel tempo che Aldo ci aveva vissuto, ma non si era mai visto costretto ad
abbandonare la città, fin’adesso. Aver viaggiato alcuni anni attraverso l’Italia, Aldo
tornò nel 1512 a Venezia per continuare il suo lavoro nell’officina tipografica.
Dopo una vita caratterizzata da molti periodi di malattia36, Aldo morì il 6
febbraio del 1515, lasciando la sua officina ad Andrea Torresani e a suoi propri figli.
Al mondo letterario lasciava un corpus di centotrentadue libri, dai quali settantatre
classici (trentanove in greco, trentaquattro in latino), otto libri nella lingua volgare,
Tra i suoi clienti vennero annoverati i Medici, i Borgia, i Gonzaga, gli Este e Guidobaldo da
Montefeltro.
32 “Aldus (...) may have been induced to marriage by the prospect of the dowry of ducats that Maria
Torresani brought him, and it may have also been a practical consideration contingent to Aldus’
partnership with her father Andrea (...)” p.85, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press,
New York 1992.
33 “(...) la crisi che colpì a fine Quattrocento la tipografia veneziana quando, per il fallimento delle più
importante banche, molte botteghe dovettero chiudere.” p.11, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra
XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.
34 “During carnival of 1505 – thus no later than February 4th, Shrove Tuesday that year – Aldus married
Andrea Torresani’s only daughter, Maria. She was born after 1480, and therefore was at least half
Aldus’ age. They were to have almost precisely ten years of marriage together, seemingly happy if we
may go by the evidence of the documents. They had three sons and two daughters, possibly twins. One
of the girls would not survive infancy.” p.7, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M.
Rosenthal Inc., San Francisco 1988.
35 “(...) Aldo interrupe l’attività che riprese con due libri stampati nel 1507 e nel settembre 1508, dopo
l’incontro con Erasmo da Rotterdam (...)” p.35, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo,
Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.
36 p.35-6, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc., San Francisco
1988.
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venti opere in greco e latino da scrittori contemporanei e diciotto libri per
l’istruzione delle lingue classiche (dodici per la lingua greca).
2 L’umanista dietro lo stampatore Aldo Manuzio
2.1. Il suo ruolo nella società umanistica
Come la vita di tutta l’intellighenzia della società italiana nel Quattrocento, la vita di
Aldo fu sotto il segno dell’umanesimo. Benché non fosse un membro della nobiltà,
la sua famiglia era stata tanto abbiente che i figli potessero studiare. Dopo che Aldo
aveva studiato la lingua latina, fu logico per egli di studiare anche il greco per poter
leggere le opere classiche nella sua lingua originale. Anche lo scopo del suo cambio
di carriera verso il mestiere di editore - fare disponibili i testi classici ai coumanisti è nato dalla idea umanistica che la gente si arricchisca tramite la scienza.
Primariamente c’è Aldo l’umanista intellettuale. Di tutto cuore Aldo era un
grammatico e un educatore, come era stato a Carpi e lo rimaneva dopo il suo
cambio di carriera. Pubblicò diversi libri per l’istruzione delle lingue classiche e
quando cominciò a pubblicare i grandi del mondo classico, si trattava di testi per
l’istruzione degli scolari avanzati e del suo pubblico. Pubblicava solamente i testi
che egli considerava adatti per l’istruzione.
Essendo un’uomo convertito alla fede cristiana37 che si trovava alla fine del
Quattrocento, Aldo tentava probabilmente di trovare per sé stesso una
combinazione accettabile delle idee classiche e quelle bibliche. Il punto di vista di
Platone che abbracciava le idee magiche, occulte e pagane, non risulta di essere
una soluzione per Aldo ed egli era uno dei primi che fece il trapasso verso la visione
aristotelica. Per istruire la gente, pubblicò tutto il corpus allora conosciuto di
Aristotele e lasciava i testi di Platone38, dai quali il pubblico veneziano non aveva
bisogno secondo egli.
Ma l’umanesimo non si limitò alle professioni di Aldo, anche nella sua vita
personale cercava di individuarsi con il mondo classico. Nel suo comportamento
aveva preso come esempio il famoso censore romano Cato Uticensis (95-46).
Ambedue erano uomini tranquilli e seri e che rivestivano il loro incarico
“(...) fosse un ebreo convertito.” p.16 e “Sulla fede e devozione cristiana di Aldo non possono sorgere
dubbi.” p.106, Aldo Manuzio. Umanista e editore, Carlo Dionisotti, Edizioni Il Polifilo, Milano 1995.
38 “(...) Aristotele ebbe la precedenza su Platone, e che pertante quell’attività si sviluppò su di una linea
affatto diversa da quella dei contemporanei filosofi che anteponevano Platone o che miravano alla
concordia sostanziale dei due sommi filosofi antichi fra loro e di entrambi con la dottrina cristiana.”
p.101-2, Ibidem.
37
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
appassionati. Sia il romano che il veneziano avevano imparato la lingua greca
dall’ammirazione39. Siccome Aldo sottolineò le loro sommiglianze tramite l’uso di
citazioni dalle opere di Cato, i suoi contemporanei lo vedevano davvero come il Cato
del loro tempo.
L’unica devianza del suo esempio – e dei suoi contemporanei umanistici
40-
è
che Aldo non si mischiava per niente nelle diverse discussioni forti per le quali il
Quattrocento è noto. Come abbiamo visto, egli era uno dei primi aristotelici e aveva
dunque una prevalenza per l’ordine e per le regole. La situazione ideale sarebbe
stato per egli una tradizione umanistica nelle tre lingue bibliche41, un’idea che
predicava già qualche anno prima che il suo amico Erasmo lo posasse42. Aldo
poteva sottoporre le idee sulla purezza linguistica di Pietro Bembo (1470-1547), ma
non era stato mai un vero ciceroniano riguardo alla lingua volgare43, probabilmente
perché questa lingua non gli interessava tanto che le lingue classiche.
2.2. La ‘neaccademia’ nell’officina aldina
Un’altra vestigia del credo nella vita di Aldo si trovano nelle prime pagine dei libri
pubblicati da egli. Nei primi anni dell’officina, la firma aldina era spesso l’indirizzo
dell’officina in latino: in aedibus Aldi, in domo Aldi, apud Aldum. Ma esistono altri
termini usati da Aldo per la sua officina che indicano una vita dedicata
all’umanesimo. Infatti, alcune firme di pubblicazioni nell’officina aldina suonano ‘ex
Aldi Neacademia’. La ‘Neacademia’, per esteso la Philhellenica Neacademia, oppure
l’Accademia aldina, era il nome per un cerchio di intellettuali che avevano come il
luogo di ritrovo l’officina e la casa di Aldo. Questa lega era basata sull’accademia
antica di Plato, dove gli intellettuali potevano incontrarsi e discutersi nel e sul
greco, ed era la quinta accademia nell’Italia cinquecentesca44. I membri erano
“In the humanist use of finding a classical mentor, Aldus would come to be likened by his
contemporaries with the Roman censor Cato not only for his enduring admiration for Cato’s zeal in
learning Greek in his old age (...) but also for his own rectitude, the austerity of his habits, his diligence
and seriousness.” p.41-2, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
40 “It is also in contrast to some of the other strong personalities contemporary with him who expressed
themselves in violence, vanity, polemics, and schandal.” p.42, Ibidem.
41 “(...) plans for a polyglot Bible to be printed in Hebrew, Greek, and Latin.” p.147, Ibidem.
42 “Il progresso della società attraverso l’instruzione, la pubblicazione e lo studio della Bibbia nelle tre
lingue antiche, la fondazione di collegi speciali, erano tutti progetti che Aldo aveva propagandato per
l’Europa, quando Erasmo vagabondava ancora quasi sconosciuto tra Parigi e Oxford.” p.398, Aldus
Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.
43 “(...) risulta che Aldo non poteva, né in volgare né in latino, fedelmente attenersi alla lezione del Bembo
(…) [Aldo non era] mai, come umanista, un ciceroniano.”p.12, Gli umanisti e il volgare fra Quattro e
Cinquecento, Carlo Dionisotti, Felice Le Monnier, Firenze 1968.
44 “It was the fifth in Italy, following the two in Rome – which Aldus would have heard of in his student
days – Cosimo de’ Medici’s NeoPlatonic academy in Florence and the Napolitan academy.” p.137, Il
mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro editrice, Roma 1984.
39
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
particolarmente degli amici di Aldo45, che tuttavia passarono il loro tempo
nell’officina come collaboratori o autori46. Lo spostamento dell’officina al nuovo
indirizzo significava la fine degli incontri dei membri e dunque dell’accademia.
Un’altro nome straordinario per l’officina, ‘in Thermis Aldi Romani’, è
probabilmente47 legato all’idea che l’officina era il posto di incontro per intellettuali,
il quale nell’antichità romana erano le terme48.
Il terzo punto chiave dell’umanesimo che si ritrova nella vita di Aldo è lo sguardo
esteriore e il viaggiare. Aldo errava attraverso l’Europa rinascimentale per
incontrare altri intellettuali e altre culture. Creava così una grande rete di
conoscenti italiani e stranieri – Angelo Poliziano (1454-1494), Johannes Reuchlin
(1455-1522), Jean Grolier (c.1490-1565), William Latimer (c.1467-1545), Thomas
Linacre (c.1460-1524) – tramite la quale propagandò e rinnovò le sue idee.
L’umanista olandese Erasmo venne perfino a vedere Aldo a casa sua e divenne
durante il suo soggiorno un amico intimo dello stampatore.
Nel trapasso del Quattrocento al Cinquecento gli umanisti si vedevano inibiti
al rispondere a questo punto di forza umanistico: Europa e soprattutto Italia era
quasi continuatamente implicata in lotte per il dominio, il che provocò non
solamente un clima pericoloso per i viaggiatori, ma come conseguenza, un forte
Fra Giocondo, Andrea Torresani, Alberto Pio, Pietro Bembo, Marcus Masurus, Marin Sanudo,
Scipione Forteguerra, Girolamo Aleandro, Andrea Navagero, Egnazio, Erasmo da Rotterdam e Tomasso
Linacre da Canterbury.
46 “(...) hang around the bookshop or edit texts himself as younger nobles like Pietro Bembo or Andrea
Navagero would do (...)” p.43, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S.
Olschki, Firenze 1994 e “Nella sua officina si dettero convengno [sic] quali autori, editori, correttori e
semplici frequentatori, personaggi (...) che hanno lasciato un segno anche nella storia religiosa della
riforma cattolica.” p.11, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi,
Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.
47 Esistono diverse ipotesi sull’origine di questo nome per l’officina aldina: “Didot concluded that the
name derived from the need for stoves in wintertime to dry the sheets of paper and to render the ink
workable (...) Dazzi suggested two areas of origin. The first was from the heat generated from casting
the type in tin and led; the second, from the repetitious, gymnast-like girations which the pressmen went
through in their daily labors at the hand presses (...) the thermopolium mentioned by Juvenal was a
place where people refreshed themselves by ordering warm drinks – in other words, a tavern. So the
house where Aldus lived and worked might once have been a kind of bathhouse or tavern, facing toward
Sant’Agostino and the name had been stuck (...) The name of the house could have been a play on
Aldus’ family name. Thermus was a Roman cognomen in the Minucian gens:(...) We have already noted
that Aldus published this work [Epistolae familiares] in April 1502, and the phrase about the house
occurs in his preface; also, his classical education had been very extensive. Did he hint at Manutius
behind Minutius Thermus?” p.60-1, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M.
Rosenthal Inc., San Francisco 1988.
48 “(...) the baths had been places of learned or diverting conversation and social gathering in antiquity,
and this would have had its own appeal to Aldus. We may remind ourselves that Aldus published
Juvenal during the period of his residence on the square near Sant’Agostino. The use of thermae, or a
cognate form, occurs twice in Juvenal (...) and three times in Martial (...) – two authors published during
the latter part of 1501.” p.61, Ibidem.
45
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
sentimento di nazionalismo49. È significativo che Aldo sì rimaneva viaggiare e che
poteva costruirsi una reta sociale che conteneva dei membri dell’aristocrazia
internazionale50.
3. Il ruolo significante di Manuzio nei cambiamenti del mondo librario
3.1. La creazione dell’editore e della casa editrice
Fra le officine tipografiche della fine del secolo quindicesimo quella aldina ha uno
status speciale. Era la prima officina dove gli incarichi venivano separati: Andrea
Torresani, era l’artiginato risponsabile per la tecnica della stampa e per la vendità51,
lo stampatore, mentre Aldo si occupava con la scelta, il redigere e l’impaginazione
dei testi da pubblicare – degli incarichi più editoriali. Questo significava che si
poteva ormai essere l’editore senza anche essere lo stampatore di un’officina
tipografica52.
Accanto a queste occupazioni Aldo manteneva i contatti sociali con i
protettori e con la clientele, allo stesso momento rimanendo aggiornato delle
tendenze culturali per poter anticipare alla domanda futura e per poter influenzare
il gusto dell’aristocrazia53. Ciò che egli considerava il suo incarico più importante
era invece la ricerca di nuovi manoscritti classici e di nuovi talenti fra gli scrittori54.
Ecco qui un’altro vantaggio di Aldo su i suoi concorrenti: il suo carattere
umanistico. Aldo aveva dei contatti con diversi umanisti che gli aiutavano nella sua
“Era inoltre inevitabile che una reazione nazionalistica, di rivalsa intellettuale contro la superiorità
militare degli invasori stranieri, si verificasse nella cultura italiana dopo il 1494.” p.105, Ibidem.
50 “L’appello di Aldo all’aristocrazia letteraria dell’Europa tutta rappresentava il fondamento di una
collaborazione internazionale (...)” p.64 Aldo Manuzio. Umanista e editore, Carlo Dionisotti, Edizioni Il
Polifilo, Milano 1995.
51 “Andrea Torresano [sic], the bookseller, had been in charge of sales and marketing, while Aldus, the
scholar, concerned himself with the choice, editing (...)” p.245, Aldus Manutius and Renaissance Culture,
David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994 e “Si procurò inoltre l’aiuto tecnico e finanziario di
Andrea Torresani, facoltoso tipografo e libraio già in rapporto con Nicholas Jenson (...)”, Aldo Manuzio. I
suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze
1994.
52 “(...) for in the first half-century of printing, printer and publisher are practically always one and the
same person. (...) beginning of the sixteenth century the division of labour between book-printer and
bookseller becomes very general and the mark we find on the titles (...) refers the public to the publisher
who had the book printed and would supply it, not to the printer.” p.78-9, Ibidem.
53 “ È assolutamente chiaro che Aldo esercitava un ascendente emotivo sui dotti del suo tempo (…) Aveva
notevole disponibilità all’amicizia.”p.398, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro editrice,
Roma 1984.
54 “Movendo da una clientela ristretta di filosofi, di scienziati, di umanisti ellenizzanti, Aldo si volgeva a
una clientela di gran lunga più ampia e varia. Sollecitava e offriva la moderna poesia del Sannazzaro,
del Pontano: di lì a poco, nel 1505, avrebbe offerto la moderna prosa volgare degli Asolani (...)Quale
possa essere stato su Aldo l’influsso di un uomo come il Bembo, come poco più tardi il Navagero (...)”
p.61, Aldo Manuzio. Umanista e editore, Carlo Dionisotti, Edizioni Il Polifilo, Milano 1995.
49
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
ricerca per manoscritti classici55 e che gli fornivano di materiale nuovo da
pubblicare. Soprattutto i membri dell’Accademia aldina riempivano questi ultimi
compiti56 e avevano anche i suoi propri contatti che potevano utili per l’officina57.
Così la funzione dei membri sommigliava quella dei collaboratori di una casa
editrice adesso58.
3.2. I caratteri greci da stampare
Necessario per raggiungere lo scopo di Aldo, stampare le opere dall’antichità greca
nella sua lingua originale, fossero i caratteri che rappresentavano la scrittura greca.
Alcuni anni prima che Aldo cominciasse la sua officina a Venezia, i primi tentativi di
tipografia greca erano successi a Firenze e a Milano, che si chiudeva invece in uno
scacco59. Appena arrivato a Venezia, Aldo si mise in contatto con un incisore per
elaborare le sue idee riguardo ai caratteri greci. Invece di usare un solo carattere
per rappresentare una sola lettera, i caratteri inventati da Aldo si basavano sulla
scrittura attaccata come nei manoscritti. Questa tecnica significava che nello
stampare si usano certe combinazioni frequenti di lettere greche che formano un
solo carattere, come anche delle abbreviazioni usate dagli scolari60. La somma di
Aldo – la tecnica di stampa e la scrittura attaccata dei manoscritti – diventerebbe
un grande passo avanti nello spargere della letteratura greca61.
55 “(...) ciò che gli permise di allargare i suoi affari a tutta Europa e di ricevere spesso aiuti da molte
biblioteche europee.” p.13, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi,
Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.
56 “(...) a consultive board of experts, each of whom would edit in his particular field (...) another function
of the academy members was to provide texts for Aldus, or search them out for him on any journeys they
made.” p.138, Aldus and his dream book,Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
57 “Colui che assunse una posizione ancor più rilevante nei rapporti tra Venezia e Firenze, tra gli
ambienti fiorentini e il circolo aldino, fu Scipione Forteguerri.” p.25, Aldus Manutius and Renaissance
Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.
58 “ (...) Aldus founded his Neaccademia (...) with scholars and literary men who were to be for him what
the editorial director and staff (...) is for a publishing house today.” p.136, Aldus and his dream
book,Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
59 “(...) fece fallire il tentativo della tipografia greca iniziata da Giano Lascaris (...)” p.11-3, Aldus
Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.
60 “He was accustomed to the use of numerous abbrevations and ligatures, which could economize a
writer’s time and paper (...) making type-casting and composition vastly more difficult for typesetters
trying to duplicate handwritten letters that are connected. Still, Aldus adopted a Greek font containing no
less than 462 sorts, including abbrevations, so that the editions of the Greek classics in which he took
such pride became for later scholars almost undeciphrable unless they mastered that kind of
shorthand.” p.147, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
61 “Vanificato il tentativo di Lascaris, fu Manuzio che dettò il progresso della tipografia greca e i suoi
caratteri vennero presi a modello anche a Firenze, come dimostra il nuovo III gr. utilizzato da Lorenzo
d’Alopa nel 1496.” p. 20, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki,
Firenze 1994 e “Questi caratteri, ammirati ed imitati all’epoca perché molto simili alle forme di scrittura a
mano più apprezzate, sono oggi trascurati e condannati da studiosi e tipografi appunto per queste
ragioni (...)sono più decorativi che leggibili.” p.392, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro
editrice, Roma 1984.
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Alcunni anni dopo Aldo venne sul mercato tipografico con un altro completo
di caratteri. Questa volta si era fatto ispirare dal tipo di calligrafia usato dalla
cancellaria papale con lo scopo di creare dei caratteri stampati che fossero
confortevoli per il lettore. Il carattere nuovo, corsivo e più snello del ‘romano62’,
riceveva il nome ‘italico’
63
ed è stato il base di molti caratteri tipografici moderni.
Particolarmente la snellezza del carattere ‘italico’ appare di essere vantaggiosa nel
mondo tipografico: fece possibile di stampare più parole su una sola pagina, il che
significava un prezzo più basso e un pubblico più largo. La presentazione del
reperimento al pubblico letterario era in un’illustrazione del libro Epistole
devotissimi di Santa Catarina di Siena, pubblicato nel 1500; il primo libro
completamente stampato in italico fu l’edizione del Virgilio un anno dopo.
Esistono diverse richieste da Aldo per un brevetto per i suoi caratteri
‘inventati64’, finalmente accordate nel veneto e poi, tramite la sua amicizia di Pietro
Bembo, perfino nello stato papale65. Questo processo di brevettare venne la causa di
un conflitto fra Aldo e il suo incisore Francesco Griffo, il che finiva con la partenza
dell’ultimo.
3.3. L’enchiridion come passo avanti
Il mutamento del libro dalla mano di Aldo non solamente succedeva all’interno; una
grande parte dell’aspetto dei libri come se lo conosceva nel Quattrocento spariva
tramite i cambiamenti che Aldo eseguiva. L’Aeneid del 1501 era una novità nel
mondo librario, e non solamente perché era stampato con i nuovi caratteri corsivi. I
formati del libro erano più piccoli di quelli dei libri allora conosciuti. Sia i libri
manoscritti che quelli stampati negli ultimi decenni del Quattrocento avevano delle
dimensioni tanto grandi che occoresse un tavolo di lettura, o una scrivania66 per
Il ‘romano’ era allora l’unico carattere che venne usato nella tipografia.
“Aldus based it upon the hand commonly used for correspondance and records in the papal chancery.
In 1431 the Vatican chancery had adopted a beautiful and clear formal style of handwriting that became
known as the chancery hand (...) others came to call the new typeface Aldino (...) Italic was more
compressed than roman face and could fit more words to a line (...)” p.80, Aldus and his dream book,
Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
64 “Già dal colophon del volume di Aristotele Aldo si dichiara esplicitamente inventor del carattere” p.15,
Aldo Manuzio. Tipografo 1494-1515, Luciana Bigliazzi et altri, Franco Cantini Editore, Firenze 1994.
65 “quando Leone X confermò ad Aldo (con la firma del Bembo) un amplissimo privilegio che agitò le
regole del mercato nello stato papale” p.24, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S.
Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.
66 “(...) large expensive volumes, designed for use at lectern or desk. One went to them (...) stood in their
presence while reading them.” p.4, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M.
Rosenthal Inc., San Francisco 1988.
62
63
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
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poter leggerli. Eccezioni di questa norma erano i libri d’ore e i breviari67, che si
usavano nella chiesa. Altri nomi per libri di questo formato sono editio minor68, libri
portatiles69 o il nome greco enchiridion70, ma il nome moderno e più conosciuto è
ottavo. In un’edizione posteriore dello stesso testo virgiliano, quella del 1514, Aldo
avrebbe scritto un prologo dedicato a Pietro Bembo, in cui disse che l’idea del
formato ottavo nacque quando vidi certi manoscritti classici nella biblioteca del suo
padre Bernardo Bembo71. La conseguenza di quest’ultima innovazione era che Aldo
occupava una nuova nicchia del mercato di libri: il formato nuovo fece possibile
portare il libro con sé, molto pratico per gli uomini d’affari, un gruppo che finora sì
aveva le risorse finanziarie di comprare i libri ma non la possibilità di leggerli72.
Inoltre a questa novità, Aldo decise di omettere il commento di primi editori73
e solamente fornire il testo dell’autore. Il risultato della combinazione del suo nuovo
carattere, del nuovo formato e di un testo non più circondato da commento era che
il prezzo dei libri poteva essere diminuito74, il che significò al suo turno un aumento
di clienti per Aldo entro il gruppo degli studenti.
3.4. La rivalorizzazione dell’arte di stampa
Ma i vantaggi non erano solamente sul piano economico. Più importante era che
Aldo con queste innovazioni e con la scelta per la pubblicazione di letteratura
“(...) il formato in 8°, che era usato per la produzione di libri religiosi (breviari e libri d’ore)” p.13, Aldo
Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore,
Firenze 1994.
68 “This was the first appearance of what classical scholarship tends to refer to as the editio minor (...)”
p.4-5, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc., San Francisco 1988.
69 “in his June 22, 1503 catalog he [Aldus] described his octavo editions as libri portatiles.” p. 82-3,
Aldus and his dream book,Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
70 “(...) he [Aldus] used the term enchiridion, from the Greek εγχιριδιον, meaning a manual or a small,
hand-held weapon.” p.4, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc.,
San Francisco 1988.
71 “His preface to the 1514 edition of Virgil is dedicated to Pietro Bembo and recalls that his small book
format is derived from seeing manuscript copies of certain classics in small size (...) in the library of
Bembo’s father.” p.82, Aldus and his dream book,Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
72 “(...) it could go along in pocket or bag. This was of no small importance to the readers of these authors
[i classici]. They tended quite frequently to be men of affairs, engaged in an active life in business and
diplomacy. Much of their time was spent in travel, or in waiting for the opportune moment to discharge
an embassy.” p.5, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc., San
Francisco 1988.
73 “During the incunabular period, the convention had been developed, or rather had been canonized out
of earlier manuscript tradition, of printing works of classical authors in a particular guise. This was in
large part that of the commented text. This virtually demanded a large page, on which the words of the
original text were surrounded by the learned commentary of the editor – as often as not with additional
commentary taken from the works of still earlier editors.” p.4, Ibidem.
74 “Individual books could be had for a day’s or a week’s salary, not six month’s or a year’s.” p.5,
Ibidem e “It was inexpensive enough for students and scholars who wandered between Europe’s great
universities.” p.83, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
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15
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
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classica aumentava il prestigio del libro stampato75. Egli provava che la stampa era
più che la meccanizzazione, e dunque il facilitare, del processo di molteplicare i
libri. La mancanza del lavoro faticoso prima effettuato dai monaci, aveva fatto
svalutare il prestigio dei libri stampati, ma le edizioni di Aldo divennero presto degli
oggetti benvoluti76, perché i caratteri sommigliavano la scrittura attaccata e perché
contenevano degli ornamenti come i manoscritti77.
3.5. Un’officina ben avviata tramite dei trucchi pubblicitari
Una caratteristica fondamentale del modo di lavorare dell’officina aldina era che
Aldo non solamente riempiva le nicchie nel mercato dei libri con innovazioni, ma
anche sapeva vendere. Nel decennio precedente era venuta sempre più concorrenza
nel mercato tipografico e si presentarono i primi segni di pubblicità78, benché
modesti, e le prime richieste dei brevetti di copyright79. Con lo scopo di estromettere
i suoi avversari Aldo aggiungeva alcune cose speciali ai libri che pubblicava.
Già dall’inizio della sua carriera tipografica Aldo accompagnava i testi
pubblicati con una lettera dedicatoria dalla sua mano, finora non usata nel mondo
della stampa80, in cui faceva pubblicità per il libro e lo legava a una persona
dell’elite culturale81. Le prime pubblicazioni di Aldo contengono ancora una lettera
dedicata a un membro dell’intellighenzia locale, ma quanto il cerchio di Aldo si
“I pregiudizi alla moda contro i barbari sporchi d’inchiostro [Schweinheim e Pannartz], e gli interventi
di personaggi del genere di Vespasiano de’ Bisticci, fecero sì che la clientela aristocratica
quattrocentesca fosse ben poco toccata dall’arrivo della stampa.” p.399, Il mondo di Aldo Manuzio,
Martin Lowry, Il Veltro editrice, Roma 1984.
76 “In 1501 Isabella d’Este had expressed a wish to have copies of fine paper of various productions of
the Aldine Press.” p. 238, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki,
Firenze 1994.
77 “Aldus’ type continues to have a certain cursive slant that imparts a particular elegance to it. Aldus
also uses ornamental capitals and borders so that the pleasing impression is conveyed that manuscript
art is not totally abandoned to mechanical form.” p.78, Aldus and his dream book, Helen Barolini,
Italica Press, New York 1992.
78 Invece del “Explicit opus, Deo gratias” degli scribai anonimi (…) “editors added advertising jingles in
crude elegiacs at the end of a volume (...)” p. 33, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S.
Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.
79 “Scribal culture could not sustain the patenting of inventions or the copyrighting of literary
compositions. It worked aganist the concept of intellectual property rights.” p.129, The printing revolution
in early modern Europe, Elizabeth L. Eisenstein, Cambridge University Press, Cambridge 1983.
80 “Jenson and John of Cologne saw little need for dedications after 1473, and Ratdolt, the dominant
figure of the 1480s, thought eleven sufficient for his sixty-six Venetian editions.” p.37, Aldus Manutius
and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.
81 “Alberto Pio, to whom twelve dedications were adressed, ofcourse played the leading role in Aldus’s
system of patronage through his close personal interest in the pubblication of Aristotele. Of forty-six
individuals to whom editions were adressed, only another five – Gianfrancesco Pico, Guidobaldo da
Montefeltro, Cesare d’Aragona, Lucrezia Borgia, and pope Leo X – could reasonably be described as
‘princes’, and together they account for only eighteen of the 120 letters (...) twenty adressed to
colleagues or friends who can loosely be described as ‘humanists’.” p.39, Ibidem.
75
16
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
ingrandisce, tanto internazionali diventavano gli indirizzati82. Non tutte le lettere
sono dedicate a persone specifiche; ogni tanto semplicemente indirizzate al lettore.
Le pubblicazioni di libri greci avevano per esempio una lettera in greco per
raggiungere i lettori di opere greci83.
Un altro trucco pubblicitario inventato da Aldo sono i cataloghi84, i quali
facevano notare il cliente gli altri libri che erano usciti dalla sua officina. Nella
pubblicazione di questi cataloghi Aldo teneva conto con il carattere eterogeneo della
sua clientela: pubblicava cataloghi con tutte le opere classiche da egli pubblicate
per gli umanisti, per i lettori delle opere greche faceva stampare uno nella lingua
greca85.
Il marchio semplice che gli stampatori mettevano alle sue pubblicazioni per
indicare la sua origine86 veniva anche usato da Aldo nelle lotte pubblicitarie. Dalla
seconda edizione di Poeti Christiani Veteres del 1502, questo segno era cambiato in
un emblema artistico esprimendo un proverbio molto amato da Aldo87, “Festina
lente”. Il delphino che attorciglia a un’ancora - l’illustrazione di questo motto,
prendeva il posto del motto scritto che si trova in tutte le pubblicazioni dell’officina
aldina dal 1498. Negli anni intermedi Aldo aveva due volte incontrato
quest’illustrazione – come geroglifico nella Hypnerotomachia Poliphili e come
incisione in una moneta romana88 – e l’aveva adottata. L’emblema verrebbe usato
fino agli ultimi decenni del Cinquecento, benché alterato leggermente, e perfino
82 “(...) di accattivarsi rapidamente l’appoggio del patriziato colto veneziano. Per il tramite di questi nobili,
egli venne ben presto accettato nei sofisticati gruppi padovani, e da Padova era breve il passo per
raggiungere le élites intellettuali e sociali d’Italia e d’Europa.” p.399, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin
Lowry, Il Veltro editrice, Roma 1984.
83 “The choice of personalities, and the choice of language, were both fostering a sense of solidarity
among different nationalities and different levels of intellectual society.” p.40, Aldus Manutius and
Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.
84 “He used an established mode of publicity, but removed something of the stereotyped form that had
tainted it with vulgarity.” p.37, Ibidem.
85 “Why the register in the Aristotle is printed in Greek is an open question, but one explanation is that
Aldus hoped to sell copies to the Greek-speaking inhabitants of Venice’s Ionian and Aegean
possessions.” p.239, Ibidem.
86 “Just as the merchants’ bales were marked so that the carters could easily tell one man’s property
from another’s, so the books received a mark because for many people employed in the trade it was
easier to identify them than to spell out a title or a printer’s colophon.” p.81, Aldo Manuzio. Umanista e
editore, Carlo Dionisotti, Edizioni Il Polifilo, Milano 1995.
87 “When he dedicated Politian’s works to Marin Sanudo in 1498, Aldus noted that the diarist had
advised him to follow the Greek proverb [σπευδε βραδεως] and ‘hasten slowly’.” p.40-1, Aldus Manutius
and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994 e “The latin version first
appeared in an October 14, 1499 letter to Prince Alberto Pio of Carpi [come scusa della pubblicazione
tardi di Astronomici Veteres], where Aldus writes: ‘I am my own best witness that the Dolphin and Ancor
are my constant companions;” p.89, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York
1992.
88 “In his Adages, Erasmus gives an account of the emblem, from its classical allusion in Suetonius, as a
favorite of the Emperor Augustus. Erasmus goes on to say that at the time he was a guest of Aldus in
Venice, he was shown an ancient silver coin of Titus’ reign with that device engraved on it, which had
been given to Aldus by Pietro Bembo some years earlier (...)” p. 89-90, Ibidem.
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
usato da altri editori, perché l’emblema sarebbe diventato il simbolo di livello alto e
di buon gusto letterario, il gusto di Aldo89.
4. Conclusioni: Manuzio come re di innovazioni
In tutte le invenzioni di Aldo si tratta di un’idea o di un’usanza già esistente, che
viene combinata con la scienza nuova o con una tecnica nuovo – è il maestro
dell’innovazione. Senza questo ingegno si può domandarsi se egli era diventato
tanto famoso. Le sue innovazioni facevano possibile raggiungere ciò che gli
scienziati nominano come i suoi grandi meriti: Aldo Manuzio è “l’avvocato
dell’istruzione di massa e del progresso sociale90” e l’editore del più bello libro mai
pubblicato, la Hypnerotomachia Poliphili.
89 “It [il segno] immediately set Aldus’s publications apart from those of his predecessors or competitors:
it linked them with the glittering world of privilege and good tast;” p.44, Aldus Manutius and
Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.
90 P.394, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro editrice, Roma 1984.
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
2. LA HYPNEROTOMACHIA POLIPHILI
L’opera umanistica contraria, che si ama e si disgusta
‘Il più bel libro illustrato del Quattrocento’91 è l’apposizione della Hypnerotomachia
Poliphili, data dai suoi ammiranti. La bellezza del disegno tipografico e delle
illustrazioni xilografiche hanno mietito e ancora sempre mietono consensi. Il nome
di Aldo Manuzio, il suo stampatore e dunque il disegnatore dell’impaginazione e il
committente delle illustrazioni, ci è legato quasi più strettamente che quello del suo
presunto scrittore, Francesco Colonna.
Egli rappresenta invece il canto sgraziato dell’opera. Il carattere
anacronistico, medievale, banale, bizzarro92, dissonante viene vilipendiato, come
anche la lingua in cui il libro è stato scritto è definita come illeggibile e pedantesca,
creata da un pazzo93. È difficile credere che si tratta di un prodotto del
Rinascimento, perché è tanto contrario ai capolavori canonici che quest’episteme ha
progenito, si ha la tendenza a considerarlo dilettantismo umanistico.
Prima di tutto è un’opera composta e circondata da misteri, che invita il
lettore di svelarli; il che può significare molte irritazioni oppure delizie di
riconoscimento.
1. Il manoscritto
1.1. Il titolo come profeta
Leggendo il titolo, il lettore vede che l’opera ha un elemento stravagante: sembra
essere scritto nella lingua greca, ma non si tratta di parole esistenti. Il primo
termine è composto dalle tre parole greche ‘υπνος, έρως e μαχη, ma latinizzate94,
combinato con un nome greco, che è anche coniugato secondo le regole latine.
Probabilmente il libro riceveva questo titolo nell’officina aldina; alcuni anni prima
P.55, Aldo Manuzio, Manlio Dazzi, Neri Pozza Editore, Vicenza 1969.
“As a literary work it is called a bizzarria by Benedetto Croce (...)” p.97, Ibidem.
93 “The Poliphilo is a famous book because of its illustrations, but like some other great books it is written
by a lunatic.(...) who [Colonna] became so intoxicated with the new words, the new forms, the classic
frsase and the classic ornament, that he burst into a voluminous and confused rhapsody into which he
crammed all of his New Learning and he illustrated it with all the new shapes and figures recently
revealed to him and to the world.”, p.51, The printed book of the Renaissance, E.P. Goldschmidt, Gérard
Th. van Heusden, Amsterdam 1966.
94 Il cambiamento della parola greca μαχη verso ‘machia’, non è solamente uno verso un altro tipo di
scrittura. Nel greco si tratta di una parola femminile, singolare e nominativo, nel latino invece ha
ricevuta una terminazione neutrale e plurale. Così somiglia più il termine latina per lotta, ‘bella’,
plurale di bellum.
91
92
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Aldo Manuzio aveva pubblicato un libro con un titolo uguale, la Galeomyomachia.
Sembra allora trattare dell’espressione di una tendenza linguistica95.
Benché non creato allo stesso momento come il linguaggio, il titolo è
adattissimo: l’autore ha scritto tutta l’opera in una contiminazione di lingue,
soprattutto un mischio del latino classico e del volgare quattrocentesco, ma si
trovano anche delle parole greche, ebraiche, arabe, aramaiche e germaniche. Lo
scopo di questo linguaggio artificioso non è chiaro, ma è la ragione principale che
l’opera viene bollata di ‘illeggibile’.
1.2. L’identità dello scrittore megalomano
Due sono i cenni chiari che l’opera stessa contiene riguardo all’identità dello
scrittore: un acrostico e la nome vera dell’amata. Per essere precisa si tratta di due
acrostici, l’uno più chiaro dell’altro. Le lettere iniziali di ogni capitolo, tutte
bellissimamente decorate, svelano una frase con il nome vero dell’amante: “Poliam
frater Franciscus Columna peramavit”. Alla fine del libro questo nome torna quando
Polia dice che Poliphilo “è la colonna della sua vita”96. L’altro acrostico consiste nelle
lettere iniziali delle ultime frasi: FCI, del quale si dice che significa ‘Franciscus
Columna Inscripsit’. Sono noti due uomini con questo nome negli ultimi decenni del
Quattrocento: l’uno giovanissimo, l’altro un vecchiaio.
Nella seconda parte del libro Polia racconta sulle sue origine e fa sapere che
in verità il suo nome è Lucrezia Lelli. Questa famiglia era abbastanza importante nel
Veneto quattrocentesco, possedendo dei grandi campi fra Padova e Treviso. Nel libro
la protagonista Polia viene contagiata dalla peste, il che ha delle sommiglianze con
la vera situazione nel 1464. In quest’anno Teodoro Lelli fu il vescovo di Treviso, e
benché non esistino delle prove, può essere che una sua parente97 era contagiata.
“(…) un procedimento linguistico ben noto, consistente nel combinare in un’unica parola nuova due o a
volte tre distinte radici greche. (…) Il volgare stesso guarda con attenzione alla cosa, sfruttandone il
sicuro effetto promozionale soprattutto nell’intitolazione dei libri.”p.237, Prosatori volgari del
Quattrocento, a cura di Claudio Varese, Riccardo Ricciardi Editore, Milano 1955. Accanto al titolo
pseudogreco di Colonna, nacquero negli stessi tempi le opere seguenti: Letologia di Betin da Trezzo e
Pirotechnia di Vannoccio Biringuccio.
96 “Tu sei quella solida columna et colume della vita mia”
97 “Lucrezia Lelli, supposedly the niece of Fra Colonna’s bishop.” p.93, Aldus and his dreambook, Helen
Barolini, Italica Press, New York 1992 e “(...) the absence of her name from the Lelio genealogy in his
alleged source, the sixteenth-century Niccolò Mauro, (...)go far to deprive his [Federici] statement of
reliability. But we may agree that Polia was a Lelio, whether an otherwise undocumented child of
Francesco or of one of his brothers, or a natural daughter of another member of the family, perhaps even
of Bishop Teodoro himself.” p.8-9, The Hypnerotomachia Poliphili of 1499, George D. Painter,
Eugrammia Press, London 1963.
95
20
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Poi Polia dice che raggiungeva la sua età di fioritura nel 146298, il che significa che
Lucrezia era una giovane nubile durante la peste. Il libro conclude con la notizia del
dato del sogno di Poliphilo, il 1 maggio del 146799; la storia d’amore che serviva
come fonte di ispirazione per la Hypnerotomachia Poliphili si dovrebbe stata svolta
negli anni dopo la peste.
Secondo queste indicazioni lo scrittore e il protagonista maschile dovrebbe
essere un certo Francesco Colonna che ha dei legami con Treviso. Perciò la
maggioranza degli scienziati crede che si tratti del frate libertino Francesco
Colonna. Questo nacque attorno al 1433 perché morì nell’ottobre 1527 nell’età di
novantaquattro anni a Venezia. Visse dei periodi entro e fuori le mura della chiostra
dei Santi Giovanni e Paolo probabilemente a causa di scandali diversi. Fu noto nel
Veneto come il prete avventuroso100 del San Marco che non guardava troppo per il
sottile rispetto al morale o ai comandamenti101. Prima di entrare nell’ordine dei
domenicani negli anni settanta, fu un prete nella chiesa San Nicolò a Treviso.
Un’altro punto che fa plausibile che egli sia lo scrittore dell’opera, è un documento
dal 1499 in cui si può leggere che il prete aveva preso in prestito una grande
somma per far pubblicare un libro102.
L’altro candidato per il titolo di scrittore della Hypnerotomachia Poliphili, è
Francesco Colonna, il principe romano da Palestrina103. Egli è nato nel 1453 e morì
nel periodo fra 1505 e 1517. Le sue origine sono romane, ma aveva parecchi legami
stretti con la regione settentrionale di Italia: la sua famiglia era in amicizia con i
Piccolomini ed era un parente del duca di Urbino, Guidobaldo da Montefeltro (1472-
“Et postomi il prestante nome della casta Romana, che per il filio del superbo Tarquinio se occise.
Nutrita patriciamente, cum molte delitie, perveni al fiore della etate mia nel anno della redemptione
humana. Dapò gli quatrocento et mile, nel sexagesimo secondo.”
99 “Il primo maggio sia il giorno d’amore, nell’anno 1476 il mese di maggio cominciò a un venerdì, il
giorno dedicato a Venere, p.9, The Hypnerotomachia Poliphili of 1499, George D. Painter, Eugrammia
Press, London 1963.
100 Altre informazioni sulla vita di frate Francesco Colonna si è trovato nelle storie di due
contemporanei: Matteo Bandello, anche un frate dell’ordine dominicano, scrisse nelle sue novelle del
frate veneziano Francesco, settantenne, che ama una donna, la quale si innamora di un altro e
premidita l’omicidio del frate, il quale uccide il suo rivale e abbandona la donna. Un altro domenicano,
Felix Fabri scrisse nel 1487 del lusso e dell’ostentazione della chiostra dei Santi Giovanni e Paolo.
101 “Nel 1516 egli [Francesco Colonna] fu al centro d’uno scandalo che sconvolse il Convento dei SS.
Giovanni e Paolo da cima a fondo, coinvolgendo il Consiglio dei Dieci e il Generale dei Dominicani. Fra
Francesco accusò parecchi dei suoi superiori di sodomia, poi ritrattò e venne a sua volta accusato e
condannato per aver sedotto una fanciulla. » p.164, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro
Editrice, Roma 1984.
102 Esiste un documento, datato il 5 giugno del 1501, in cui la somma viene reclamata.
103 “In 1546 schreef Jean Martin in zijn voorwoord bij de eerste druk van de Franse vertaling van de
Hypnerotomachia dat de auteur een ‘geleerde edelman’ was en tot een ‘illuster geslacht’ behoorde; en in
zijn verklaring ‘aan de lezers’ verklapte hij vervolgens het geheim van het acrostichon.” p.13, De droom
van Poliphilus, Ike Cialona, Athenaeum – Polak & Van Gennep, Amsterdam 2006.
98
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
1508)104. L’argomento degli scienziati avversari che il principe non potesse
conoscere il paesaggio veneziano – dettagliamente descritto nel libro105 – viene
indebolito dal fatto che sì poteva risiedere dei periodi nel Veneto dai suoi
conoscenti. A beneficio del principe sono il fatto che era noto come un umanista
intellettuale e che faceva parte dell’intellighenzia letteraria di Roma106; la
Hypnerotomachia Poliphili sarebbe stata un’opera scritta da giovane.
Accanto a queste due possibilità, sorgeva l’alternativa che il nome Francesco
Colonna funziasse come uno pseudonimo per uno scrittore solo o per una
collaborazione di parecchi scrittori107. Col passar del tempo e l’aumento di ricerche
cresce la quantità di candidati: Felice Feliciano (1433-1479), Eliseo da Treviso108,
Leon Battista Alberti (1404-1472)109, Lorenzo il Magnifico (1449-1492), Giovanni
Pico della Mirandola (1463-1494), Domizio Calderini (1446-1478), Gaspare da
Verona e Nicolò Lelio Cosmico (c.1420-1500)110.
1.3. Un’enciclopedia combinata con una storia d’amore
In breve, la Hypnerotomachia Poliphili è un libro che racconta la ricerca sognata di
un giovane, Poliphilo, per la sua amante Polia. Errando in un mondo pieno di esseri
divini e diabolici, incontra diverse rappresentazioni dell’amore che egli sente: amore
per Polia, per la natura e per l’architettura. Tutte queste vengono descritte da
Poliphilo, il quale il lettore fa annegare nella sua conoscenza111.
Chiunque sia stato lo scrittore, fu uno con molta conoscenza del mondo
allora conosciuto agli umanisti. Bisogna che avesse l’accesso a una delle più
riempite biblioteche di allora, perché l’opera contiene delle indicazioni e dei
riferimenti a diversi capolavori letterari, sia classici che moderni. Si vedono
“(…) legami molto stretti che Francesco Colonna manteneva con Venezia (…) e soprattutto dei buoni
rapporti tra i Colonna e i Piccolomini (…) un parente del Colonna, Guidobaldo da Montefeltro.”p.149-50,
Aldo Manuzio e l’Hypnerotomachia Poliphili del 1499, Marco Gallo, in Storia dell’arte, vol.66 (1989),
p.143, La Nuova Italia, Firenze 1989.
105 “(...) l’autore mostra di possedere una minuta conoscenza della toponomastica della Marca Trevigiana
– compaiono nel romanzo località modestissime e fiumi assolutamente secondari (...)” p.428, Francesco
Colonna, il “Polifilo” e la famiglia Lelli, Myriam Billanovich, in Italia medioevale e umanistica, vol.19
(1976), p.419, Antenore, Padova 1976.
106 “(...) signore di Preneste, umanista della cerchia di <<fratres>> di Pomponio Leto.”p.23, Aldo
Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore,
Firenze 1994.
107 Emanuela Kretzulesco-Quaranta, Les jardins du songe.“Poliphile” et la mystique de la Renaissance,
Editrice Magma, Roma 1976.
108 Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini
Editore, Firenze 1994.
109 Leon Battista Alberti’s Hypnerotomachia Poliphili: re-cognizing the architectural body in the early
Italian Renaissance, Liane Lefaivre, MIT Press, Cambridge 1997.
110 Roswitha Stewering, Architektur und Natur in der ‘Hypnerotomachia Poliphili’ (Manutius 1499) und
die Zuschreibung des Werkes an Niccolo Lelio Cosmico, Lit, Hamburg 1996.
111 Per un’elaborazione più dettagliata del contenuto, guarda la sinossi nell’appendice.
104
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
sommiglianze narrative con le grande opere italiane – la Divina Commedia, il
Decamerone, il Canzoniere – ma anche con quelle della cultura medievale – il Roman
de la Rose - e naturalmente con i classici112. Lo scrittore ha preso, ogni tanto ha
perfino letteralmente copiato, le sue informazioni scientifiche soprattutto da due
edizioni (allora) moderne: dalla Naturalis historia di Plinio del 1473 e dalla De re
aedificatoria di Leon Battista Alberti del 1485. Ha anche usato delle opere meno
famose dei suoi contemporanei come il Trattato di architettura di Filarete (1465), la
Cornucopiae di Niccolò Perotti (1489) e il Liber de simplicibus di Nicolò Roccabonella
(1479). Molti dei disegni architettonici nel libro sono basati su monumenti antichi
che il Colonna non ha mai (potuto) visto, ma che conosce da opere letterarie113. Gli
artisti che sicuramente gli hanno fornito di ispirazione architettonica sono Flavio
Biondo (1392-1463), Ciriaco d’Ancona (1391-1452), Andrea Mantegna (c.14311506) e Vittore Carpaccio (c.1455-1526).
Salvo di essere un uomo molto letterato, lo scrittore aveva una buona
conoscenza della natura e della cultura che si poteva trovare al Veneto; per
esempio, la sommiglianza tra l’ornamento nel sepolcro di Artimisia a Polyandrion e
quello nella tomba del doge Pietro Mocenigo114 è troppo sospetta. L’unico fatto certo
è che era un neoplatinisto, vedendo il mondo pieno di misteri e simboli115 che
descrivevano la grandezza dell’Amore, la forza trainante del cosmo, che nel suo libro
viene rappresentato dalla dea Venere, madre di tutto116.
Anche riguardo al disegno del libro lo scrittore si è lasciato ispirare da due
manoscritti già esistenti, creati nel Quattrocento: il “Codice Ashmoliensis”117 e il
“Collectio Antiquitatem”118. Ognuno di questi tre manoscritti è un esempio della
P.1079, Prosatori volgari del Quattrocento, a cura di Claudio Varese, Riccardo Ricciardi Editore,
Milano 1955.
113 “Le fonti classiche sono invece (...) sempre soltanto scritte o, possiamo meglio dire, libresche: cioè se
non provengono da un testo, derivano dai disegni illustrativi che molto spesso contengono manoscritti
quattrocenteschi, specialmente di materie archeologiche: mai nel suo caso si tratta di cose viste.” p.52,
Francesco Colonna. Biografia e opere, M.T. Casella & G. Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1959.
114 “(...) sepolcro del doge Pietro Mocenigo, addossato alla parete interna della facciata dei SS. Giovanni e
Paolo, eseguito tra il 1476 e il 1481.” p.76, Ibidem.
115 “(...) that reality itself is mysterious, and may legitimately be described in terms of mystery; that only
perplexing symbols, labyrinthine narrative, and an intentionally impenetrable prose-style can express
the night-world of the unconscious mind.” p.6, The Hypnerotomachia Poliphili of 1499, George D.
Painter, Eugrammia Press, London 1963.
116 “παντων τοκασι”
117 Probabilmente scritto da Bartolommeo Fonzio, compiuto intorno al 1470 a Firenze. Il manoscritto è
particolarmente noto per le sue illustrazioni dal mano di Ciriaco da Ancona.
118 Si tratta dall’edizione di Giovanni Marcanova, probabilmente creato dallo scriba Felice Feliciano.
Datato intorno al 1465.
112
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
tendenza basata sul neoplatonismo119 di unire le illustrazioni e la scrittura tramite
l’inserzione di immagini fra i pezzi di testo e viceversa, l’inserzione di parole scritte
entro illustrazioni120, come nella parte del vagabondare di Poliphilo in Polyandrion.
Cospicuo della Hypnerotomachia Poliphili è che esiste infatti di due libri: la prima
parte conta 370 pagine in cui Poliphilo narra dall’inizio del suo sogno, del suo
viaggio in un mondo favolesco, dell’incontro e finalmente del matrimonio spirituale
con Polia nel tempio di Venere. Nella seconda parte è invece Polia che racconta le
sue origini e l’antefatto dell’amore di ella e Poliphilo, di tempo in tempo interrotto
dal suo amante. Questa parte è chiaramente più breve della prima (ha solamente 87
pagine121) e soprattutto ha luogo nel mondo reale come contrappeso al mondo
sognato della prima parte. Oltre che queste differenze il secondo libro è stato scritto
in uno stile più narrativo e dunque più chiaro. Non si è d’accordo quale dei due libri
sia la prima creazione del Colonna, ma è chiaro che ha cambiato il suo stile per la
sua amante, scrivendo nella lettera iniziale dedicata a Polia: “lasciando il principiato
stilo, et in questo ad tua instantia traducto”.
Un canto della discussione sulla datazione delle due parti afferma che la
prima parte sia stata scritta più recente. L’argomento più importante è che lo
scrittore deve aver avuto bisogno di una conoscenza più vasta e profonda per poter
creare un tale linguaggio difficile e una tale quantità di divagazioni dettagliate, i
cosidette “ekphrasi”. Quest’ultima tecnica che ha la sua origine nelle sommiglianze
omeriche, poi elaborate dagli scrittori ellenistici122, è accanto al linguaggio la
ragione perché la Hypnerotomachia Poliphili è tanto illeggibile: il lettore si perde
completamente in frasi subordinate in cui lo scrittore condivide la sua conoscenza,
perdendo così il filo della storia. Gli ekphrasi sembrano essere delle espressioni del
carattere smargiassato del Colonna, ma questo manifestare di conoscenza è invece
legato alla voglia dell’intellighenzia quattrocentesca di determinare il contenuto
“(...) the Neoplatonic idea that true knowledge was found and conveyed most directly in visual form.”
p.377, Desire in the Printed Dream of Poliphilo, Helena Katalin Szépe, in Art History, vol.19 (1996), afl.3
(sept.), p.370, Routledge and Kegan Paul for Association of Art Historians, London 1996.
120 “A common arrangement (...) such manuscripts is to write the epigraphic texts on renditions of the
monuments upon which they were found. (...) the general aesthetic and mis-en-text of the Poliphilo, with
images inserted at various places within the text, and of words inserted in images, evinces a debt to
such manuscripts.” p.383, Ibidem.
121 Le quantità delle pagine dei due libri sono quelle nell’edizione tradotta da Ike Cialona.
122 “(...) extensive ekprhrasis, the detailed description of art practised by the ancient poets Philostratus
and Callistratus.” p.380, Desire in the Printed Dream of Poliphilo, Helena Katalina Szépe, in Art History,
vol.19 (1996), afl.3 (sept.), p.370, Routledge and Kegan Paul for Association of Art Historians, London
1996 e “certain elements from the Greek novel tradition, particularly in use of these staged ekphrases.”
p.20, The dream of Poliphilus: fac-similes of one hundred and sixty-eight woodcuts in the
“Hypnerotomachia Poliphili”, Venice 1499, Griggs, London 1893.
119
24
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
culturale del suo nuovo ceto123. Nel corso del secolo sempre più scrittori si
dedicarono alla descrizione di oggetti culturali speciali, narrando non solamente le
espressioni odierne, ma anche quelle storiche, formando così il corrente letterario di
antiquarianismo124. Un’altra spiegazione della presenza frequente degli ekphrasi è
che simboleggiano lo sviluppo dell’amore fra Polia e Poliphilo in un piano filosofico
accanto al piano narrativo125.
Il punto di svolta sembra essere stato lo scatenarsi della peste nell’anno
1489, dopo il quale il Colonna ha scritto un secondo libro, riscritto il primo126 e
anche ha avuto il tempo di far circolare il manoscritto prima la sua pubblicazione.
2. La pubblicazione
2.1. Il ricevimento dubioso nell’officina aldina
Dopo esser passato da mano in mano, il manoscritto della Hypnerotomachia
Poliphili arrivò attorno al 1498 nelle mani dell’editore Aldo Manuzio. Veniva
pubblicato nell’officina aldina, ma non si è d’accordo sulla participazione di Aldo
stesso. Infatti, l’opera non contiene una lettera dedicatoria scritta da egli, non è mai
accolta nei cataloghi e, molto strano, il nome di Aldo non ci apparisce che in
“(...) borrowed from the genre of court pageantry literature. (...) we become witnesses to the way this
fifteenth-century Italian élite formed itself through its appropriation of techniques and symbols culled
from the literary, epigraphic and archeological evidence of antiquity. (...)Court festival literature usually
involved elaborate descriptions of an entire staged event in which the author would figuratively walk his
reader through the pageant by describing the sights one by one.(...) equally obsessed with the distinction
between vulgarity and refinement. (...) As a document belonging to this distinct period of élite forming
involving a variety of attempted integrations of antiquarian symbolism and court patronage (...)The
Hypnerotomachia provides an idealized portrait of those festivals which aimed at a kind of pleasing
mystification and sought to overwhelm and delight the citizens with visual marvels (...) Poliphilo’s delight
in grasping the deceiving artefice (...) should be understood in the context of technological inventions for
both court pageantry and theater (...)” pp.18-22, Ibidem.
124 “(...) he [Poliphilo] represents (...) the rise of the antiquarian connoisseur in Renaissance court culture
(…) Comparison with the similarly ambitious publications of other service professionals confirms that
Colonna’s strategies of erudition and claims of cultural value fit within the context.” Esempi: De pratica
seu arte tripudi da Guglielmo Ebreo da Pesaro e De politia litteraria da Angelo Decembrio (1462), ma
anche i libri di Filarete e Alberti, De re aedificatoria. p.18-9, Ibidem.
125 “Parallel to the narration there is a philosophical level, where the descriptions of architecture and
landscape reflect the different stages of the lovers’ rapprochement. (...) the author also intended to show
a gradual progress (...) through a sequence of ekphrases. (...) On the narrative level of the love story
Polia stands microcosmically for almighty nature (...) the smooth transition from the description of the
delightful landscape to that of Polia. (...) author’s break with the common medieval pattern of describing
women in relating Polia’s blood circulation to its macrocosmic equivalent.”p.2-6, Architektur und Natur in
der ‘Hypnerotomachia Poliphili’ (Manutius 1499) und die Zuschreibung des Werkes an Niccolo Lelio
Cosmico, Roswitha Stewering, Lit, Hamburg 1996.
126 “(...) la testimonianza d’una peste avvenuta in Treviso l’89, ch’è occasione della composizione del
secondo libro, assomando affermazioni e prova, si deduce: 1°) che tra il ’67 e l’89 il primo libro fosse già
tutto composto nello stile poetico; 2°) che dopo l’89 fosse rifatto in prosa.” p.454, A proposito del
“principiato stylo”della “Hypnerotomachia Poliphili” e di due congetture recenti, R. Zagaria, in Giornale
storico della letteratura italiana, vol.41 (1903), p.454, Loescher Editore, Torino 1903.
123
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
minuscoli alla pagina delle errata127. La pubblicazione era probabilmente nelle mani
di un suo conoscente, Leonardo Crassi, che ha anche scritto qualche parola nel
prologo.
Per molti scienziati queste devianze di altre pubblicazioni aldine sono il segno
che Aldo non ha volontariamente collaborato alla pubblicazione del manoscritto e ci
hanno suggerito diverse ragioni divergenti. L’argomento più spesso usato è che
l’opera non risponde al gusto di Aldo: non era scritta in una lingua classica
purificata128, invece questo volgare gli avrebbe fatto pensare al latino tardo che non
aveva la sua preferenza129. Anche riguardo allo stile questo manoscritto deviava
molto dalle misure classiche che Aldo manteneva e come la terza ragione, non si
trattava di un’opera scientifica, ma di un romanzo illustrato. Gli argomenti contrari
addotti sono che Aldo si interessasse nei linguaggi dialettici130, che abbia preso
l’emblema del delphino dalla Hypnerotomachia Poliphili come tipo di omaggio131 e
che potesse essere trattato di un libro stampato “su commissione” e perciò non
viene nominato nei cataloghi132.
Siccome Aldo non era il tipo di pubblicare tutto ciò che riceveva da scrittori e
da amici133, si pensa che abbia lasciato pubblicare questo manoscritto nella sua
officina per una soddisfazione a un conoscente, o a un’autorità. Nel 1498 Aldo,
sempre malaticcio, era contagiato dalla peste e aveva supplicato Dio di guarirlo
promettendo di dedicare la sua vita restituita alla fede. Una volta superato la
“Venetiis Mense decembri MID in aedibus Aldi Manutii, accuratissime.”
“(…) dieses Sprachgemisch hätte in den Kreisen Manuzios auf Misstrauen und Verachtung stossen
müssen(…)” p.14, Francesco Colonna und Aldo Manuzio, Giovanni Pozzi, Setzmaschinen-fabrik
Monotype Gesellschaft m.b. H., Frankfurt am Main-Berlin-Neukölln, 1962.
129 “(...) die sich vor allem auf Plinius und Apuleius gründete, zwei Autoren, die Aldo niemals gedruckt
hat.”p.16-7, Ibidem.
130 “Gli esperimenti linguistici devono aver affascinato uno che, solo due anni avanti, aveva sottolineato
l’analogia tra la ricca struttura dei dialetti letterari greci e le variazioni degli usi italiani locali » p.162, Il
mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro editrice, Roma 1984.
131 “(...) that he [Aldo] was, on the contrary, proud of it, and determined at the last moment to sign it,
albeit as unobtrusively as possible.(...)But signs that he may have known and respected both author
and work are not lacking. (...)[Aldo] took one of its [della Hypnerotomachia Poliphili] subtitles, the
Garden of Adonis, from the episode of the Fountain of Adonis in the Hypnerotomachia (...) a lament for
Adonis was included in Aldus’ Theocritus of February 1496. (...) The presence of the dolphin and anchor
in the Hypnerotomachia (...) must surely be an allusion to this gift, and have been added by Colonna as
a compliment to Aldus.Aldus, in turn, took his device not directly from the coin, but from the
Hypnerotomachia cut.” p.20, The Hypnerotomachia Poliphili of 1499, George D. Painter, Eugrammia
Press, London 1963.
132 “In effetti la produzione aldina si colora di un elenco di opere che paiono stampate su commissione e
che non figurano (...) nei cataloghi.” p.145, Aldo Manuzio e l’Hypnerotomachia Poliphili del 1499, Marco
Gallo, in Storia dell’arte, vol.66 (1989), p.143, La Nuova Italia, Firenze 1989.
133 “(…) che Aldo consentisse a stampare cosa che non fosse di suo gusto.” p. 98, Aldo Manuzio.
Umanista e editore, Carlo Dionisotti, Edizioni Il Polifilo, Milano 1995 e “Egli [Aldo] è considerato (…) un
uomo di buon gusto, ed i suoi rapporti con Maioli e Celtis dimostrano che era perfettamente capace di
dire no ad un’opera che ritenesse inadatta.” p.162, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro
editrice, Roma 1984.
127
128
26
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
malattia si rimangiava la parola e richiedeva la dispensa134, la quale riceveva
dall’allora papà Alessandro VI (1431-1503), il Borgia, via il patriarca di Venezia alla
condizione che “in alia pietatis opera sibi commutes”. Ormai Aldo era in balia del
Borgia, non solamente riguardo ai suoi privilegi editoriali nello stato papale135, ma
anche sul piano privato. La soddisfazione obbligata veniva probabilmente nella
forma di una pubblicazione per Leonardo Crassi, che non solamente conosceva
Aldo, ma anche alcuni patriziati veneziani136. Inoltre, Leonardo Crassi può essere
legato a Francesco Colonna, sia al monaco137 che al principe romano138, e
probabilmente si era innamorato del suo manoscritto.
La mancanza del nome di Aldo può essere spiegata sulla base della
situazione precaria che sarebbe nata nel caso che lo scrittore sia il principe
Colonna. Aldo si troverebbe in mezzo degli intrigi attorno la famiglia Borgia: da un
canto, Aldo era obbligato di pubblicare il manoscritto se non volesse perdere il
favore del papà, dall’altro canto pubblicava un libro scritto da un inicimo dei
Borgia139. Perciò Aldo concedeva di pubblicare il manoscritto, ma non ufficialmente,
cosicché il suo nome non ne poteva essere legato. Se si accetta quest’ipotesi, si può
anche spiegare due altri fatti: il primo è il fatto che Aldo includeva Lucrezia Borgia
(1480-1519) nel suo testamento per mantenere il favore dei Borgia. La seconda
stranezza spiegata è che la Hypnerotomachia Poliphili non veniva censurata,
malgrado le illustrazioni oscene e il contenuto pagano, perché la pubblicazione
veniva sopportata dall’amico del Colonna, Guidobaldo di Montefeltro(1472-1508)140.
È notevole che il libro non veniva censurato, soprattutto perché altri libri allora
pubblicati sì la subivano141; erano dei tempi difficili per Venezia142 e gli abitanti si
“(…) la scusa era alquanto pretestuosa, poiché egli [Aldo] non era in realtà così povero, poteva
mantenersi con l’insegnamento, e doveva essere perfettamente al corrente che il suo amico Boneto
Locatello era stato per molti anni prete e stampatore insieme.” p.160, Ibidem.
135 “(…) l’arte della stampa era allora relativamente recente, e lo stampatore doveva continuamente
confrontarsi con una regolamentazione assente omonca, inadatta a tutelare i diritti di edizioni e il proprio
nome (...) i privilegi erano l’unica arma per difendersi dai plagiari.”p.146-7, Aldo Manuzio e
l’Hypnerotomachia Poliphili del 1499, Marco Gallo, in Storia dell’arte, vol.66 (1989), p.143, La Nuova
Italia, Firenze 1989.
136 Il suo fratello Bernardino era nell’arma veneziana e conosceva Guidobaldo d’Urbino.
137 “Grassi (...) may have met Colonna long ago at Padua, where both had studied at the university in
the 1470’s.” p.19, The Hypnerotomachia Poliphili of 1499, George D. Painter, Eugrammia Press,
London 1963.
138 M. Calvesi ha mostrato che Leonardo Crassi e Francesco Colonna di Palestrina erano parenti
acquisiti, p.118, Il sogno di Polifilo prenestino, M. Calvesi, Officina, Roma 1980.
139 P.148 Aldo Manuzio e l’Hypnerotomachia Poliphili del 1499, Marco Gallo, in Storia dell’arte, vol.66
(1989), p.143, La Nuova Italia, Firenze 1989.
140 “(…) la presenza della figura rassicurante del Duca [di Montefeltro], sia il Grassi che il Manuzio fanno
capire di essere preoccupati che i rispettivi volumi non abbiano a subire censura o che non vengono
considerati pericolosa lettura per un cristiano.”p.150, Ibidem.
141 “Nonostante il precedente dell’Ovidio giuntino, il Polifilo, stranamente, non subì censura.” p.155,
Ibidem.
134
27
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
rivolgevano alla fede cristiano e cercavano un capro espiatore. Un libro con un
contenuto pagano, pubblicato da un ebreo cristianeggiato poteva diventare
facilmente il nuovo vittima della collera popolare ed ecclesiastica. Per salvarsi la
pelle in anticipo, Aldo pubblicava brevemente dopo la nascita della
Hypnerotomachia Poliphili un libro più adatto alla situazione nella repubblica, Le
lettere di Santa Caterina da Siena (1347-1380), il quale usciva nell’ottobre del 1500,
accompagnato da una lettera dedicatoria al cardinale Piccolomini (1439-1503) in
cui l’editore rimpiangeva l’immoralità degli anni precedenti.
La Hypnerotomachia Poliphili, sì una pubblicazione aldina, ma senza il nome
di Aldo come antesignano, non sapeva trovare la via verso i cuori del pubblico
letterario. Nel 1508 Crassi si vedeva costretto di domandare una proroga per il
copyright perché non gli era riuscito di vendere le cinque- o seicento copie della
prima edizione143. Il prezzo abbastanza alto144, l’instabilità internazionale145 e la
difficoltà del linguaggio146 risultano essere tutti motivi per un fallimento editoriale.
2.2. La tecnica tipografica che diventerà esemplare
Avendo ricevuto un manoscritto che non solamente conteneva delle illustrazioni,
ma in cui il testo era anche molto descrittivo e in cui si tendeva a raggiungere
un’unita fra la scrittura e l’immagine, Aldo deve aver sentito uno stimolo forte per
prendere questa sfida tipografica, anche se il contenuto del libro non gli interessava
tanto. La mancanza del nome di Aldo alla pubblicazione è significativo soprattutto
perché il risultato è diventato un capolavoro esemplare, allora e ancora oggi147. Aldo
e i suoi collaboratori devono stati riempiti di orgoglio, e dev’essere stato difficile non
poter accogliere la lode.
Già dall’inizio del 1499 la repubblica Serenissima aveva delle difficoltà nella mantenuzione della
sua egemonia sul mare mediterraneo, ma nel luglio di quest’anno le tensioni con il popolo turco si
manifestavano in uno scontro nel Golfo di Lepanto. I veneziani credono di essere puniti per la loro vita
lussuosa e peccaminosa.
143 “That ‘nearly all of them’ remained unsold (...)” p.52, The printed book of the Renaissance, E.P.
Goldschmidt, Gérard Th. van Heusden, Amsterdam 1966.
144 “(...) il suo costo, un ducato, tennero lontani i compratori abituali di romanzi in volgare (...)” p.167, Il
mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro Editrice, Roma 1984.
145 Non solamente ricordi il conflitto coi Turchi: “The situation changed abruptly after 1494 when the
French king, Charles VIII, invaded Italy (...) the Hapsburg [sic] Maximilian (reigned 1493-1519) and the
Spaniard Ferdinand (reigned 1479-1516). With the French, who returned to Italy only five years later by
occupying the Duchy of Milan in 1499, these two foreign potentates disputed control of the Italian
peninsula (...)” p.123-6, Venice, William H.McNeill, The University of Chicago Press, Chicago 1974 e
“Solo con la pace di Noyon del 1516 sarebbe dunque stato possibile provvedere a quelle più regolari
vendite del libro (...)” p.156, Aldo Manuzio e l’Hypnerotomachia Poliphili del 1499, Marco Gallo, in Storia
dell’arte, vol.66 (1989), p.143, La Nuova Italia, Firenze 1989.
146 “(...) fuori d’Italia questa lingua sintetica doveva ai più risultare incomprensibile, ciò che inibì il
commercio internazionale del libro.” p.155, Ibidem.
147 “(…) un modello di chiarezza visiva.” P.392, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, il Veltro
Editrice, Roma 1984.
142
28
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Benché l’officina aldina avesse pubblicato altri libri con illustrazioni148,
questo libro è un esempio di armonia fra le illustrazioni e il testo. Sembra che le
due espressioni non solamente si incontrino, ma perfino si mimetizzano: la grazia
delle immagini si ritrova nel disegno dei maiuscoli del carattere romano, certe figure
contengono delle parole stampate nei caratteri romani, certi paragrafi descrittivi
vengono accompagnati dalle loro illustrazioni, altri sono stati stampati secondo la
tecnica di tecnopegnio149 e l’impaginazione è adatta al contenuto. Infatti, l’editore,
chiunque fosse, ha usati tutti questi trucci in una tale maniera e una tale quantità
senza perdere la pace della quale un libro leggibile ha bisogno.
2.3. L’arte che cambiava l’opera scritta in un campionatura
Come l’istanza editoriale della Hypnerotomachia Poliphili l’officina aldina era
risponsabile per il disegno finale dell’opera, dunque anche per la presenza di
illustrazioni o no. Siccome si trattava della pubblicazione di un manoscritto
illustrato150, l’editore aveva scelto di copiare queste illustrazioni e di decorare l’opera
stampata con altre immagini in più. In effetti, il libro è stato decorato con 172
illustrazioni, che sopportano le scene e l’archittetura descritte, e trentanove lettere
iniziali dei capitoli, le quali sono di un livello tanto alto che siano superate il livello
del contenuto. È alla bellezza di queste illustrazioni che la Hypnerotomachia Poliphili
deve la sua fama.
Un mistero perfino più grande di quello dell’identità dello scrittore, è quello
del disegnatore, per molti il vero artista. Chiaramente non è stato Francesco
Colonna stesso che ha decorato il suo testo scritto nel processo della stampa: fra la
descrizione di – per esempio – monumenti e l’illustrazione esistono delle lacune nei
dettagli e l’illustratore non aveva la stessa conoscenza dello scrittore, il che viene
mostrato dalle iscrizioni falsive dell’ebreo, greco e latino in un’illustrazione151. Un
secondo argomento per l’esistenza di un disegnatore è il fatto che non tutti i disegni
“Although the general style of the Polifilo woodcuts can be found in other books (...) and all the
typographic and design elements are found in earlier Aldines as well (…)”p.370, Desire in the Printed
Dream of Poliphilo, Helena Katalin Szépe, in Art History, vol.19 (1996), afl.3 (sept.), p.370, Routledge
and Kegan Paul for Association of Art Historians, London 1996.
149 “(...) die Anwendung dieses Kunstmittels [testo stampato in una certa forma] direkt auf die
Technopaegnia der griechischen Bukolik zurückgeht und besonders auf die Syrinx Theokrits, die Aldo
Manuzio gerade im 1495 gedruckt hatte.”p.20-1, Francesco Colonna und Aldo Manuzio, Giovanni Pozzi,
Setzmachinen-fabrik Monotype Gesellschaft m.b. H., Frankfurt am Main-Berlin-Neukölln 1962.
150 Quando lo scrittore parla della navetta di Amore, dice: “cum la nostra superba et remivaga exeres
(...) Cusì era.”.
151 “L’incisore tagliò il legno senza invertire tutto il disegno, perché le iscrizioni ebraiche, greche e latine
sono contrarie all’ordine dato nel testo. (...) Egli non capiva i segni che incideva (...)” p.143, Studio
esegetico sul Polifilo, Lamberto Donati, in La bibliofilia, vol.52 (1950), afl.2, p.128, Leo S. Olschki,
Firenze 1950.
148
29
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
sono dello stesso livello artistico. Può essere che le immagini di basso livello siano
degli schizzi dallo scrittore - non ancora elaborati dall’artista; può anche essere che
si tratti del lavoro inferiore di uno studente nelle belle arti152, o di un’incisore
dell’officina aldina153. Notevole è che queste immagini di qualità più bassa si
trovano particolarmente verso la fine del primo libro, e che nel secondo libro la
quantità di illustrazioni è limitata, il che potrebbe indicare un problema
finanziario154.
Sola un’indicazione esiste riguardo all’identità del pittore, la lettera
minuscola b entro due punti155, ma non si sa nemmeno se questo segno debba
essere attribuito al disegnatore o a un altro artigianato nel processo tipografico156.
Le illustrazioni mostrano molte sommiglianze con quelle dipinte nelle
Metamorphoses157 e generalmente si è d’accordo che si tratta di opere dello stesso
artista. Caratteristico per il suo stile è l’aspetto classico ma grazioso, ornamentato
ma con modestia e le facce mantegnesche. Il suo lavoro mostra delle influenze
diverse, che per lungo tempo hanno complicato la ricerca per l’artista: si trovano
elementi di, come già detto Andrea Mantegna (1431-1506), Bellini (1430-1516),
Vittore Carpaccio (c.1460-c.1525) e Benozzo Gozzoli (1420-1497). È dunque
probabile che il nostro artista prima sia stato uno studente a Mantua e poi sia
andato a Venezia158. Oltre che le descrizioni anche i disegni possiedono degli
elementi caratteristici per il Veneto159, per essere esatta nello stile di artisti
“The greatest painters, faced with an unsatisfiable demand for their productions, maintained studios
of promising pupils, whom they trained themselves in their personal style, and employed to paint minor
portions of their pictures, to produce adequate copies, or even to execute whole paintings from sketches.”
p.16, The Hypnerotomachia Poliphili of 1499, George D. Painter, Eugrammia Press, London 1963.
153 “(...) that an inferior workman, perhaps a second block-cutter with only the author’s manuscript as a
model, was allowed to do his worst with these largely diagrammatic sections of the book.”p.15, Ibidem.
154 “Inferior work and under-illustration, due to shortage of time or money, are common phenomena in
the latter parts of the fifteenth-century woodcut books.” p.15, Ibidem.
155 Questo segno è anche trovato nell’edizione del 15 ottobre 1490 della Mallermi Biblia, stampata da
Giovanni Ragazzo per Lucantonio Giunta.
156 “Unfortunately it is clear from study of the many other initials found in the woodcuts of contemporary
Venetian books (...) that these are the signatures not of the artist but of the humble craftsmen who cut
the blocks from the artists’ drawings, or sometimes perhaps of the owner of the workshop that employed
them. (...) We can be quite sure (...) that the signature in the Hypnerotomachia cuts belongs to the blockcutter or his workshop, not to the artist;” p.13, The Hypnerotomachia Poliphili of 1499, George D.
Painter, Eugrammia Press, London 1963.
157 Stampata il 10 aprile 1497 da Johannes Rubeus per Lucantonio Giunta.
158 p.12-6, The Hypnerotomachia Poliphili of 1499, George D. Painter, Eugrammia Press, London 1963.
159 “(...) i disegni (...) veneti non solo nello stile, ma anche in alcuni particolari d’ornamentazione.” p.427,
Francesco Colonna, il “Polifilo” e la famiglia Lelli, Myriam Billanovich, in Italia medioevale e umanistica,
vol.19 (1976), p.419, Antenore, Padova 1976.
152
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
lombardi160, dunque sembra essere provato che il pittore abbia soggiornato almeno
una volta a Venezia o nei suoi dintorni.
Le ricerche svolte per poter scoprire l’identità dell’illustratore della
Hypnerotomachia Poliphili hanno solamente esteso l’elenco di nomi potenziali: si è
proposto per esempio Jacopo de’ Barbari (1445-c.1516), Giambattista Cima da
Conegliano (c.1459-1517), Girolamo Mocetto (c.1470-1531), Giacomo Palma (14801528), Savelli Sperandio (1431-1504) e perfino gli artisti più famosi come Sandro
Botticelli (c.1445-1510), Raffaello Sanzio (1483-1520) e Tiziano Vecellio (c.14901576). L’esperto della Hypnerotomachia Poliphili di nostri tempi, Giovanni Pozzi,
crede invece che le illustrazioni non siano state elaborate e disegnate da un solo
artista, ma dagli artiginati sconosciuti della gilda veneziana di marangoni, la quale
anche aveva fatto le illustrazioni per tre altri libri che si lodano per le sue xilografie
bellissime161.
3. La ricezione
3.1. L’influenza che la pubblicazione ha avuto sulle arti europee
Benché la pubblicazione dell’opera non fosse stata fruttuosa nei primi anni, l’opera
non rimaneva sconosciuta. Nell’élite culturale dell’Italia settentrionale il suo nome
diventava sinonimo per cattivo o buono gusto; dipendeva da quale parte del libro si
parlava.
Brutto veniva considerato soprattutto il linguaggio creato dal Colonna. Negli
anni succedenti le ipotesi e la creazione dalla mano di Pietro Bembo (1470-1547)
ricevevano sempre più consenso, il che significava che molte parole
quattrocentesche erano ormai degli arcaismi. Che il linguaggio usato nell’opera era
risaputo verifica il fatto che Baldassare Castiglione (1478-1529) ci riferiva nel suo Il
Cortegiano162, pubblicato meno di tre decenni dopo la pubblicazione della
Hypnerotomachia Poliphili. Ma non è sorprendente quando si ricorda che il libro
aldino era dedicato al duca di Urbino, il corte dove Il Cortegiano ha luogo; certo che
Guidobaldo ne aveva una copia nella sua biblioteca. Un secondo esempio
“È evidente che i tipi di ornato che coprono i monumenti del Colonna sono soprattutto lombardeschi.”
p.75, Francesco Colonna. Biografia e opere, M.T. Casella & G. Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1959.
161 Si tratta delle edizioni seguenti: la Bibbia di Malermi dal 1490, Fascicolo di Medicina di Johannes
van Ketham dal 1493 e Metamorfose di Ovidio dal 1497.
162 “(...) ché già ho io conosciuti alcuni che, scrivendo e parlando a donne, usan sempre parole di Polifilo e
tanto stanno in su la sottilità della retorica, che quelle si diffidano di se stesse e si tengon per
ignorantissime, e par loro un’ora mill’anni finir quel ragionamento e levarsegli davanti ;(...)”
160
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
dell’opinione negativa sul linguaggio poliphilesco è che l’esclamazione “Parole di
Poliphilo!” faceva parte del patrimonio collettivo del senato veneziano163.
Dall’altro canto si portava l’opera alle stelle per le immagini descritte e
disegnate, anche se qualche illustrazione subiva censura a causa del carattere
troppo osceno164 - nei tempi dell’officina aldina165 e poi di nuovo per la prima
traduzione in francese166.
Nella fase aristotelica del Rinascimento, si vede un sorgimento dell’opinione
che anche l’arte sia soggetto alle regole stabilizzate. Non solamento il petrarchismo
fioriva, anche nelle arti figurative gli artisti e gli artigianati cercavano degli esempi
di illustrazioni antiche. Sono i tempi dei libri di merletto, di medagli, di embleme167,
tra i quali la Hypnerotomachia Poliphili prendeva un posto importante con tutte le
sue illustrazioni dettagliate di tempi, embleme, geroglifici e ghirlande esemplari168.
Le illustrazioni non venivano solamente letteralmente copiate; famosissimo è il
dipinto di Tiziano, la Venere d’Urbino (1538), per il quale ovviament ha trovato
l’ispirazione nella xilografia della Venere dormiente con la didascalia ‘ΠΑΝΤΩΝ
ΤΟΚΑΔΙ’. Altri artisti che ne sono influenzati sono Lucas Cranach il Vecchio (14721553), Giorgione (1478-1510) e Albrecht Dürer (1471-1528) – anche da quelle
xilografie considerate ‘troppo oscene’, il che prova che non tutte le copie della prima
edizione avevano subito la censura169.
163 “(...) the model was held up as a model of absurd obscurity by contemporaries. Martin Sanuto
reported that the exlamation “Words of Poliphilo!” were often used by Emo Zorzi when he spoke against
someone in the Venetian Senate.” 379-80, Desire in the Printed Dream of Poliphilo, Helena Katalin
Szépe, in Art History, vol.19 (1996), afl.3 (sept), p.370, Routledge and Kegan Paul for Association of Art
Historians, London 1996.
164 “(...) in most extant copies of the work it seems that the engravings of some of the more phallic
illustrations have been tempered with, possibly in Aldus’ shop, or omitted outright.” p10-1, The
Hypnerotomachia Poliphili of 1499, George Painter, Eugrammia Press, London 1963 e “An examplar of
the Polifilo in the Vatican Library shows examples of censorship in several illustrations.” p.10, The
dream of Poliphilus, J.W. Appell, Griggs, London 1893.
165 “(...) e in talune delle copie pervenuteci le parti più audaci sono inchiostrate in maniera così uniforme,
da suggerire che il procedimento fosse stato attuato prima dell’uscita del libro dalla tipografia.” p.166, Il
mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro Editrice, Roma 1984.
166 La traduzione francese, nota come Le songe de Poliphile (1546), è dalla mano di Jean Martin, che
ha omesso diversi paragrafi e sostituito alcune illustrazioni.
167 “From the 1530’s onwards such printed medal-books intended for the use of craftsmen like Vogtherr’s
Kunstbüchlein or Strada’s monstrous Emperors become abundant. They are meant to replace to some
extent the artist’s own sketch-book and to save him trouble in designing accessoiries and current
ornaments to be applied to any kind of work he had in hand. These books cover many diverse fields and
specialties such as the Lace-Books and Embroidery-Books which come from Venice and Cologne.” p.778, The printed book of the Renaissance, E.P. Goldschmidt, Gérard Th. van Heusden, Amsterdam 1966.
168 “The richest source of classical ornament for them [artisti, artigianati, decoratori] was and remained
the Hypnerotomachia Poliphili.” p.78, Ibidem.
169 “Oggi possiamo apprezzarne l’eccellenza artistica, senza preoccuparci del contenuto pagano, e molti
contemporanei – soprattutto pittori di dubbia fama, come Giorgione, il suo allievo Tiziano Vecellio, ed un
misterioso visitatore tedesco di nome Albrecht Dürer – erano pronti ad accettare le due componenti
insieme.” p.165, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro Editrice, Roma 1984.
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
L’idillio del paesaggio, pieno di natura desiderabile e di architettura antica,
fantasticato dall’autore e descritto dettagliatamente diventava esemplare per gli
sfondi nei dipinti170, nella letteratura – l’isola Cythera descritta dal Colonna come
un tipo di labirinto, o una prigione171, si riconosce un secolo dopo nell’isola di
Armida nella Gerusalemme Liberata – e perfino nella realtà dei nobili italiani nella
forma dei loro giardini172.
3.2. L’interpretazione dell’altro grande mistero: il contenuto
A prima vista la Hypnerotomachia Poliphili sembra essere un’enciclopedia culturale
e scientifica confezzionata in una storia d’amore del mondo antico. Il carattere
pseudoarcaico del linguaggio e gli innumerevoli simboli e misteri indicano invece
l’esistenza di, almeno, uno strato più profondo. Già dalla comparsa dell’opera come
manoscritto i suoi lettori e poi, dopo le prime pubblicazioni aldine, gli scienziati
hanno tentato di svelare il significato della storia e l’intenzione dello scrittore. La
terza edizione pubblicata a Parigi173 provocava là il sorgimento di un centro degli
studi proprio per quest’opera174 e le prime interpretazioni scientifiche seguivano
presto.
Sopportate con diversi argomenti pluriinterpretabili, le ipotesi affermate
divergono da un significato nascosto alchimico175, una descrizione di cambiamenti
nella fede rinascimentale176, l’espressione pratica della teoria descritta nella De re
“It has also attracted a periodic cult following of architects and artists inspired by its evocation of a
landscape of desire, filled with fantastic invented artworks based on the study of ancient monuments.
(...) Giorgione adapted the dream setting as a stimulus to identify erotic desire with longing for an
arcadian dream world.” p.386, Desire in the Printed Dream of Poliphilo, Helena Katalin Szépe, in Art
History, vol.19 (1996), afl.3 (sept), p.370, Routledge and Kegan Paul for Association of Art Historians,
London 1996.
171 “(...) prigioniera di se stessa (...)”, P.498, Forme e Vicende, Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova
1988.
172 “The personification of the Apennine Mountains by Giambologna, executed in 1580 for the Mediciowned Villa Pratolino, is comparable to the giant lying in the so-called courtyard of the Egyptian pyramid
of the Hypnerotomachia.” p.3, The relationship between world, landscape and Polia in the
Hypnerotomachia Poliphili, Roswitha Stewering, in Word and Image, vol.14 (1998), afl.1/2, p.2, Taylor
and Francis, London 1998.
173 Discours du Songe de Poliphile, traduzione da Jean Martin, Jean Kerver, Parigi 1546.
174 “(...) the center of studies and speculation on the mystery of the Polifilo centered in France.” p.97,
Aldus and his dreambook, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
175 “It was the illustration of the lamp representing the alchemical credo of Mercury being at the center of
all things that gave Béroalde de Verville [1556-1626] his original insight into the Polifilo as an alchemical
text. (...) the allusions to alchemy are disclosed in the illustrations and the deliberate arcaness of a
language made from so many different elements. Béroalde thought of the allegory as a manual of
alchemy;” p.104-5, Ibidem.
176 “(...) of the Christian experiencing mysterious initiation into a new secular age. Since the Renaissance
(...) the development of the secular personality has become common property, no longer a mystery.”
p.103, Ibidem e “(...) notorious ease with which the Renaissance transferred a Christian figure of speech
to a pagan subject, or gave pagan features to a Christian theme (...) An extreme instance is the
Hypnerotomachia, in which Venus is pictured as a mater dolorosa, nourishing her infant son with her
tears (...)” p.24, Pagan Mysteries in the Renaissance, Edgar Wind, Penguin, Harmondsworth 1967.
170
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
aedificatoria, una concezione sulla morale sessuale femminile177, a una ricerca
psicologica per l’anima umana178. Tre sono i filoni che vengono accettati ed elaborati
da una maggioranza di scienziati, che tratterò brevemente:
a)
L’amore fra Poliphilo e Polia è il simbolo per la natura. Lo sviluppo dei fasi
nell’amore crescente viene mostrato dai paesaggi dettagliatamente descritti negli
ekphrasi, come l’aspetto di Polia viene descritto in termini naturali179. La natura
equivale Polia e Polia contiene ‘tutte le cose’180 ; è discepolo e figlia di Venere –
ΠΑΝΤΩΝ ΤΟΚΑΔΙ - perché la natura viene governata dalla forza universale Amore.
Il messaggio segreto sarebbe la scienza neoplatonistica secondo la quale ognuno è
buono come è nato, e che ognuno fa una parte uguale della natura181.
b)
Nel 1710 lo scienziato Bernard de la Monnoye (1641-1728) deduceva dal suo
nome182 che Polia simboleggia l’antichità. Quest’idea veniva alla sua volta
interpretata ed elaborata in diversi modi: se ella sia il simbolo per l’antichità, il suo
amante Poliphilo sia il simbolo dello spirito medioevale, il quale può raggiungere
l’episteme rinascimentale solo se si unisca con Polia183. Altri adducevano che
l’antichità-Polia sia uno stato astratto e ideale, che non possa essere raggiunto
“La fonte è un’iscrizione datata il 20 giugno del 1512 in una copia del libro nelle mani della chiostra
dominicana di Zattere. Dal 1723 questa copia è non più vista.” P.7, The Hypnerotomachia Poliphili of
1499, George D. Painter, Eugrammia Press, London 1963.
178 “Linda Fierz-David (...) has done a masterly job in relating and interpreting the dream symbology to
alchemy. (...) She [Fierz-David] sees the crux of Polifilo’s dilemma as his blindly seeking in the illusion of
an actual woman and in the convention of courtly love the complement to himself that is already by his
side, that is, the nymph who represents the anima.” p.103,105, Aldus and his dreambook, Helen
Barolini, Italica Press, New York 1992 e “Through such ciphers, which entertain while they instruct, the
hero of the Hypnerotomachia is cautiously and alluringly guided towards the more hidden arcana,
learning on his way to combine prudence with daring. The plan of the novel (...) is to ‘initiate’ the soul
into its own secret destiny – the final union of Love and Death (...)” p.103-4, Pagan Mysteries in the
Renaissance, Edgar Wind, Penguin, Harmondsworth 1967.
179 p.2-6 “Parallel to the narration there is a philosophical level, where the descriptions of architecture
and landscape reflect the different stages of the lovers’ rapprochement. (...) the author also intended to
show a gradual progress (...) through a sequence of ekphrases. (...) On the narrative level of the love
story Polia stands microcosmically for almighty nature (...) the smooth transition from the description of
the delightful landscape to that of Polia. (...) author’s break with the common medieval pattern of
describing women in relating Polia’s blood circulation to its macrocosmic equivalent.” The dream of
Poliphilus: fac-similes of one hundred and sixty-eight woodcuts in the “Hypnerotomachia Poliphili”,
Venice 1499, Griggs, London 1893.
180 “Polia infatti è, secondo Battaglia (1980), un emblema lucreziano per <<tutte le cose>> e la Natura è la
madre di tutte le cose.”p.206, La Hypnerotomachia Poliphili e il sogno linguistico dell’Umanesimo,
Stefano Arduini, in Lingua e Stile, vol.22 (1987), afl.2 (jun), p.197, Il Mulino, Bologna 1987.
181 “(...) the doctrine to be kept from the masses is the theory that nature is good, and each must do
according to his or her culture.” p.103, Aldus and his dreambook, Helen Barolini, Italica Press, New
York 1992.
182 “(...) since the Greek term polia means ‘old age’ or ‘antiquity’.” p.94, Ibidem.
183 Pagan Mysteries in the Renaissance, Edgar Wind, Penguin, Harmondsworth 1967.
177
34
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
mai184 Nell’ultimo secolo si è proposto che quest’antichità sia una sineddoche per la
lingua antica, il latino classico. Con la Hypnerotomachia Poliphili il Colonna si
sarebbe pronunciato nella polemica in favore del volgare, dicendo con quest’opera
che il latino dell’antichità sia morto – sembra essere vivo, ma è come un fiore
disseccato185 - e che i suoi difensori, resi dal personaggio Poliphilo, non possano
fare niente per rianimarlo, alla fine del libro sparisce come in un sogno186.
c)
Quest’ultima idea di un sogno, si ritrova nella terza ipotesi. Si basa sul fatto
che tutto il libro è un sogno di Poliphilo e che il messaggio, la scienza
neoplatonistica, possa solamente essere trovato tramite la scoperta dei significati
dei simboli testuali e delle illustrazioni187, come in un sogno188. Questa scienza ci
viene presentata nella forma di Polia, essendo Sophia189.
Lo scopo del libro sembra invitare i lettori a usare tutta la loro scienza e tutte le loro
pratiche letterarie per comprendere ciò che è stato scritto. Viene riferito a tutte le
cose finora note o recentemente (ri)scoperte e alle pratiche dagli umanisti190: è
un’enciclopedia culturale. Ma accanto a questo, lo scrittore ha forse voluto mostrare
184 “(...) the elusive Polia represents partly a woman loved and forfeited in real life, partly an abstract
and spiritual ideal that can never be gained and possessed in mortal form.” p.93, Aldus and his
dreambook, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.
185 “Polia <<vive sepolta>> (...) e Polifilo la fa, addormentata, vegliare. (…) [Polia] è la [ingua] vecchia, la
[lingua] morta, cioè quel latino che l’inaudita stesura del Polifilo riflette, nella sua arcaica rigidità
lessicale, nel discorso volgare, in un reciproco e trasognato rispecchiamento. E Polifilo (…) è una figura
dell’amore per il latino: amore impossibile o sognato, perché amore di una [lingua] morta, che tenta di
farne rivivere il fiore disseccato, trapiandolo nelle vive membra del volgare. Nelle proprie membra, se
Polifilo, colui che ama il latino, è (…) figura di vivo nell’altro e tutto morto in se stesso.”p.471, Il sogno
della lingua, Giorgio Agamben, in Lettere italiane, vol.34 (1982), afl.4, p.446, Leo S. Olschki, Firenze
1982.
186 “(...) lingua sognata, il sogno di una lingua ignota e novissima, che esiste solo finché ne dura la realtà
testuale.”p.480, Ibidem.
187 “(...) the woodcuts of the Hypnerotomachia alone show more than eighty variations of festina lente
(...)p.103-4, Pagan Mysteries in the Renaissance, Edgar Wind, Penguin, Harmondsworth 1967.
188 “The sense of veiled meaning which, dream-like, requires interpretation is assisted by the inventive
use of a strong interrelation between texts and images.”p.376, Desire in the Printed Dream of Poliphilo,
Helena Katalin Szépe, in Art History, vol.19 (1996), afl.3 (sept.), p.370, Routledge and Kegan Paul for
Association of Art Historians, London 1996.
189 “Polia has been interpreted as ‘Sophia’, the allegory of wisdom (...)” p.2, The relationship between
world, landscape and Polia in the Hypnerotomachia Poliphili, Roswitha Stewering, in Word and Image,
vol.14 (1998), afl.1/2, p.2, Taylor and Francis, London 1998 e “(…) Polia è la sapienza, che si acquista
con fatica ed affanno, non una ma molteplice. La difficoltà nel comprendere il romanzo risiede tutta qui, è
la difficoltà stessa di percorrere la strada della sapienza e della conoscenza della natura, che è la vera
conoscenza piena di simboli e misteri (…)”.P.206, La Hypnerotomachia Poliphili e il sogno linguistico
dell’Umanesimo, Stefano Arduini, in Lingua e Stile, vol.22 (1987), afl.2 (jun), p.197, Il Mulino, Bologna
1987.
190 “(...) the Hypnerotomachia invited its readers to confront its sophisticated mysteries through verbal
and visual strategies. (...) the reader is alerted to a learned and allusive literary world. (...) certain
hieroglyphs derive from etymological riddles while others acquire knowledge of classical mythology to
unravel, they constitute discrete challenges to the sophisticated reader to interpret them according to a
variety of techniques ” p.19-20, The dream of Poliphilus: fac-similes of one hundred and sixty-eight
woodcuts in the “Hypnerotomachia Poliphili”, Venice 1499, Griggs, London 1893.
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
il messaggio neoplatonico: l’amore vero che abbraccia tutto, l’amore per un’amante,
per la natura, per la cultura e per la lingua.
Per un’anima non ancora maturata, la lettura corrisponderà a una sofferenza
composta di frustrazioni; per le persone più istruite nella cultura rinascimentale è
una vera festa di riconoscimento e un’espressione dell’altro Rinascimento.
4. Conclusione: le innovazioni nell’opera
L’opera creata tramite la collaborazione fra Francesco Colonna e l’officina aldina
non si lascia posizionare entro il canone rinascimentale, benché sia innegabilmente
un prodotto rinascimentale. Già il manoscritto conteneva diverse innovazioni
riguardo al contenuto e alla forma che consistono particolarmente nel combinare di
tutte le possibilità e fare così un’opera completamente nuova e deviante.
Per il contenuto lo scrittore ha usato dei testi canonici e apocrifi, dei testi
antichi e contemporanei; ha referito a ogni codice importante, cristiano o pagano.
Nella descrizione di Polia per esempio, lo scrittore si comporta come un epigone di
Petrarca, ma la ninfa possiede anche tutte le caratteristiche che si vede da una
creatura pagana. Un secondo esempio è lo smarrimento di Poliphilo (“Et cusì
dirrimpecto d’una folta silva ridrizai el mio ignorato viagio. Nella quale alquanto
intrato non mi avidi che io cusì incauto lassasse (non so per qual modo) el proprio
calle.”), il che degenera in un tipo di Mirabilia medioevale.
La Hypnerotomachia Poliphili è rassomigliante a certi manoscritti
quattrocenteschi, ma la quantità di geroglifici e di rebus – gli elementi espressivi di
altre culture – è più alta. E quest’importanza delle illustrazioni è perfino elaborata
dall’editore che ha scelto di aggiungere dei disegni descrittivi invece di quelli
narrativi, rafforzando il carattere enciclopedica del libro191.
La quantità del materiale originale è minima: la storia d’amore fra Poliphilo e
Polia può essere considerata originale, ma è come tutte le storie d’amore. Lo stesso
vale per il messaggio neoplatonico che l’Amore sia la forza importantissima
dell’universo.
P.373, Desire in the Printed Dream of Poliphilo, Helena Katalin Szépe, in Art History, vol.19 (1996),
afl.3 (sept.), p.370, Routledge and Kegan Paul for Association of Art Historians, London 1996.
191
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
3. IL LINGUAGGIO POLIPHILESCO
In ciò che segue, indicherò, senza pretesa di essere esaustiva, alcuni dati
fondamentali per capire il contesto storico in cui risorse il documento
linguisticamente unico, che è il soggetto di questa ricerca: l'Hypnerotomachia
Polphili di Francesco Colonna. Farò un tentativo di schizzare il paesaggio linguistico
del volgare proprio prima che la maggioranza degli umanisti si dedicasse alla
questione linguistica, cioè il periodo fra il 1380 e il 1430 circa, quando Leon
Battista Alberti (1404-1472) e i suoi partigiani comparirono sulla scena.
Poi analizzerò il linguaggio poliphilesco e tento di comprendere il Colonna,
comparando la sua creazione linguistica con altri linguaggi inventati.
1. Le lotte per raggiungere la codificazione nel Quattro- e Cinquecento
1.1. La valorizzazione accrescitiva del volgare fino al Quattrocento
Nel Quattro- e Cinquecento Italia era la scena di due grandi cambiamenti
nell'atteggiamento riguardo alla lingua volgare, la quale si svilupperà all’italiano di
oggi. Prima, gli intellettuali192 si dedicavano alla questione se la lingua parlata dal
popolo potesse essere considerata come una che possiede un'espressività idonea
comparabile colla lingua fin allora usata per la scrittura: il latino classico.
Questo processo di valorizzazione della lingua volgare si vede dal secolo
undicesimo nel mondo neolatino193, e dal Duecento anche nella letteratura in
Italia194. Il Trecento sarebbe diventato un tempo di molta influenza sullo sviluppo
del volgare come lingua di scrittura, avendo una prima fase di bilinguismo letterario
fra due lingue 'stabilite' e generando Le Tre Corone della letteratura italiana:
Francesco Petrarca (1304-1374), Dante Alighieri (1265-1321) e Giovanni Boccaccio
(1313-1375).
Soprattutto il Dante è stato molto importante nella prima parte del processo
dell'accettazione del volgare come lingua letteraria. Il suo De Vulgari Eloquentia
(c.1304) tratta della differenza fra i linguaggi usati nel Trecento e le loro funzioni;
“I conflitti linguistici sono forse il privilegio dei ceti intellettuali (…)”, p.15, Conflitti di lingue e di
cultura, Benvenuto Terracini, Einaudi, Torino 1996.
193 “La nuova letteratura trova terreno fertile soprattutto in Francia (…) Dopo i primi testi del secolo XI, le
lingue d’oïl e d’oc ispirano nei due secoli successivi una produzione piuttosto articolata, di larga
circolazione nell’Occidente europeo.”p.70, Storia della letteratura italiana. Dalle origini al Quattrocento,
Giulio Ferroni, Einaudi, Milano 1991.
194 “Mentre nel secolo XII la lingua d’oïl e la lingua d’oc danno luogo a una produzione letteraria
ricchissima, la lingua italiana lascia solo sparsi frammenti: si deve attendere il terzo decennio del secolo
XIII perché anche in Italia si abbiano testi in volgare di un certo spessore.”p.85, Ibidem.
192
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
secondo il Maestro, il volgare e il latino erano diverse forme della stessa lingua, con
il latino come la forma grammaticale e il volgare come la lingua materna195. La
lingua della sapienza era il latino di cui si poteva solamente impadronirsi quando si
sapeva la lingua materna196. La differenza principale fra i due linguaggi: lo scarto
notevole di mutabilità linguistica tra il latino così collaudata e il volgare ancora ai
suoi inizi. Per il Dante lo scopo dei suoi scritti era il creare di una versione
grammaticale della forma materna, cioè il volgare, e darle così più stabilità197.
Famosissimo è il risultato di questa teoria combinata con il talento dello scrittore
Dante: il linguaggio in cui la Divina Commedia (c.1316) è scritta, è un'espressione
del volgare di un livello mai prima raggiunto198.
Necessario per l'accezione del volgare come lingua di ogni livello di
conversazione fosse inoltra un'altra teoria, quella che affermava che una lingua
possa essere paragonata con un organismo vivente e dunque che una lingua possa
morire. Prima questa era espressa da Sicco Polenton (1375-1447) nella sua storia
sulla letteratura latina199, e poi cogliata da Lorenzo de' Medici (1449-1492) e anche
da Lorenzo Valla (c.1406-1457)200.
1.2. La posizione della lingua volgare nel Quattrocento precoce
La cultura in volgare si era ormai spaccata in due: da una parte esistevano la
poesia e la prosa per il popolo e dall’altra parte si era presentata una minoranza di
poeti che tentava di allasciarsi alla tradizione poetica dei tre grandi scrittori di
qualche decenni precedenti.
“(…) due diverse esperienze del linguaggio, che Dante chiama lingua materna e lingua
grammatica.”p.475, Il sogno della lingua, Giorgio Agamben, in Lettere italiane, vol.34, afl.4,p.446,
Olschki, Firenze 1982.
196 “Ma la distanza che separa lingua volgare e latino nel medioevo non si fonda su una prospettiva
prevalentemente storica; è piuttosto una distinzione tra natura ed ‘arte’, anzi ‘perfezione dell’arte’.”p.33,
Conflitti di lingue e di cultura, Benvenuto Terracini, Einaudi, Torino 1996.
197 475-476, Il sogno della lingua, Giorgio Agamben, in Lettere italiane, vol.34, afl.4,p.446, Olschki,
Firenze 1982.
198 “Vergeleken bij al zijn voorgangers (…) bezit zijn [Dante] expressie oneindig veel meer rijkdom,
directheid, kracht en buigzaamheid, hij kent en hanteert oneindig veel meer vormen, heeft de meest
uiteenlopende verschijnselen en inhouden oneindig veel zekerder en steviger in zijn greep, zozeer dat
men tot de overtuiging komt dat deze man de wereld door zijn taal opnieuw heeft ontdekt.”p.184 e “De
van vóór Dante daterende poëzie in de volkstalen, zeker de christelijke, is op het punt van stijl, ondanks
de invloed van de scholastische retoriek (…) zeer naïef.” p.199, Mimesis, Erich Auerbach, Princeton
University Press, Princeton 1946.
199 “(…) gli Scriptorum illustrium latinae lingua libri XVIII (…) l’analogia lingua/organismo vivente era
stata espressa nella metafora non della morte e della rinascita, ma di un sonno e di un risveglio della
lingua.”p.472, Conflitti di lingue e di cultura, Benvenuto Terracini, Einaudi, Torino 1996.
200 “Lorenzo de’ Medici (…) il primo tentativo di paragonare lo sviluppo di una lingua e quello di un
organismo vivente. (…) al momento di enunciare il suo [il soggetto è Lorenzo Valla] programma di
restaurazione della lingua Latina (…) parla di una morte (…) delle lettere latine che dovranno ora
risvegliarsi a nuova vita.”p.472-3, Ibidem.
195
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
a)
L’oralità è ciò che caratterizza la poesia popolare, accanto alla pluriformità delle
espressioni201, dei contenuti e del livello. Le opere sono piene di vivacità e di
combinazioni di suoni che esigono di essere recitate. In Toscana si conosceva
perfino il genere poesia per musica - dei versi che erano scritti per essere cantati ogni tanto accompagnato dalla musica o dalla danza, dal quale il contenuto era
chiaramente subordinato alla bellezza possibile delle voci202. Oltre a questo tipo di
poesia, si trovava anche poesia nella forma dei misteri religiosi.
Le espressioni prosaiche con uno scopo divertente venivano create soprattutto
nell’angolo religioso o da scrittori che speravano di diventare il nuovo Boccaccio, ma
il cui livello non era comparabile per niente al modello. Questi testi si distinguono
dal loro tono e dal contenuto moraleggiante.
A causa del carattere orale, le opere sono spesso anche oralmente trasmesse o
annotate da parte di una persona nel pubblico203, il che significa che il nome di
solamente parecchi scrittori, senza velleità letterarie, è noto204.
b)
L’aumento della quantità di corti in Italia, dove le donne e dei cortigiani
prendevano un posto sempre più importante, costruiva un nuovo piano nella
cultura che la lingua volgare poteva occupare205. Avendo il divertimento come lo
scopo primario, la cultura cortile aveva bisogna di una lingua più naturale e
‘semplice’ del latino che veniva usato soprattutto come la lingua delle scienze. I
poeti che venivano attirati dallo splendore della corte, spesso non erano tanto dotati
Van Dooren nomina una decina di esempi che appartengono alla cultura orale popolare.
“Met deze term werden gedichten aangeduid die speciaal waren geschreven om – al dan niet ter
begeleiding van de dans – door vocalisten te worden uitgevoerd. Dit soort zangteksten, waarvan de
ballade, het madrigaal en de caccia de meest voorkomende vormen waren (…) Het genre, waarin de
persoonlijke expressie van de taalkunstenaar op de tweede plaats kwam, was geheel gericht op de
schoonheid van de klank en de schittering van de menselijke stem.”p.134-5, Geschiedenis van de
klassieke Italiaanse literatuur, Frans van Dooren, Athenaeum – Polak & Van Gennep, Amsterdam
1999.
203 “Omdat de beoefenaars ervan [della poesia popolare] meestal anoniem opereerden, weten we,
afgezien van wat ze in hun gedichten meedelen, vaak niets over hun persoon.”p.164 e “Literaire ambities
of pretenties (…) religieus geschiedschrijver nauwelijks, en dit gold in nog sterkere mate voor andere –
merendeels anonieme – vijftiende-eeuwse hagiografen. (…) Helaas werden hun [dei redenatori religiosi]
preken maar zelden voor het nageslacht opgeschreven, zodat onze kennis ervan beperkt is tot enkele min
of meer beroemde predikanten wier mondeling uitgesproken tekst ofwel door henzelf ofwel door
toehoorders schriftelijk is vastgelegd.”p.167, Ibidem.
204 “Zo schreef (…) Feo Belcari niet alleen mysteriespelen en lauden, maar ook heiligenlevens (…).”p.167,
Ibidem. Due altri rappresentanti della letteratura popolare intorno al passaggio dal Trecento al
Quattrocento sono Francesco Landini, Franco Sacchetti, Giovanni Sercambi, Ser Giovanni Fiorentino e
Catarina da Siena.
205“Rapid changes in social structure and the evolution of courtly environments where women played an
increasingly important role favoured the development of vernacular prose and verse for elegant
entertainment and courtship.”p.14, A Renaissance Controversy. Latin or Italian?, Cecil Grayson,
Clarendon Press, Oxford 1960.
201
202
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la Hypnerotomachia Poliphili
e imitavano la poesia tradizionale206. Solamente parecchi poeti207 riescevano a
scappare al carattere carcerato dal mecenatismo208 e dall’uso di un lessico
pedantesco, timorosi di deviare dallo stile dei suoi precedenti.
La prosa in volgare conteneva anche i commenti sui testi filosofici di Dante e su
quelli poetici di Petrarca, altre espressioni dotte rimanevano scritte nel latino. Caso
eccezionale è l’opera dello scrittore Cennino Cennini (1370-1440) il Libro dell’arte209,
scritto nel volgare e che diventava un esempio per alcuni scrittori sulle arti nel terzo
decennio del Quattrocento210.
La situazione non era così strettamente inchiodata che gli scrittori appartenevano
oppure alla cultura popolare oppure a quella di corte. Due poeti si trovavano
proprio nel mezzo della cultura volgare, scrivendo sia per un pubblico popolare che
per la corte, con testi che hanno un carattere comico e realistico211: i fiorentini
Antonio Pucci (1310-1388)212 e Domenico di Giovanni, famoso sotto le vesti del
nome Burchiello (1404-1449)213.
Anche riguardo alle lingue usate non esisteva una frontiera ben segnata: gli
scrittori e i poeti adattavano il loro linguaggio al pubblico, usando una volta il
“Van de ‘allegoristen’ van het tweede plan zijn Jacopo del Pecora en Federico Frezzi [ambedue
scrissero intorno al 1400] goede voorbeelden (…) Met hén doofde het vuur van het allegorische leerdicht
in feite uit.”p.130 e “Ook al traden er enkele persoonlijkheden naar voren die aan hun verzen een zekere
originaliteit wisten te geven, toch bestond de overgrote meerderheid van de veertiende-eeuwse
verzenschrijvers uit navolgers.”p.131 e “(…) bleef Petrarca voor de volkstaaldichters nog als werkzaam
model aanwezig.”p.163 e “Wat de vertelkunst betreft werd Boccaccio in de vijftiende eeuw door velen
nagevolgd, maar door niemand geëvenaard.”p.169, Geschiedenis van de klassieke Italiaanse literatuur,
Frans van Dooren, Athenaeum – Polak & Van Gennep, Amsterdam 1999.
207 Antonio Beccari, Francesco di Vannozzo, il Saviozzo.
208 “Zoekend naar emplooi trokken ze [i poeti] van het ene hof naar het andere, waarbij ze, zodra ze
ergens onderdak hadden gevonden, geheel van de luimen van hun boordheren afhankelijk waren. (…)
Hun poëzie bestond hoofdzakelijk uit gelegenheidsgedichten, pathetische lofrijmen, liefdesverzen vol
clichés en zeurderige treurdichten.”p.131-3, Geschiedenis van de klassieke Italiaanse literatuur, Frans
van Dooren, Athenaeum – Polak & Van Gennep, Amsterdam 1999.
209 Cennino Cennini da Colle Val d’Elsa, Libro dell’arte, scritto probabilmente fra gli ultimi decenni del
Trecento e i primi del Quattrocento.
210 “Lorenzo Ghiberti, Antonio Averulino detto il Filarete, Leonardo, il senese Francesco di Giorgio Martini
possono ancora sembrare (…) degli artigiani che scrivono nella tradizione di Cennino Cennini.”p.236,
Qualche appunto su latino e volgare nella denominazione delle tecniche artistiche, Marco Collareta, in Il
volgare come lingua di cultura dal Trecento al Cinquecento, pp.233-242, Leo S. Olschki, Firenze 2003.
211 “Een soort van trait-d’union tussen hofpoëzie en volkspoëzie wordt gevormd door de komischrealistische dichtkunst, een burleske stroming (…)”.p.165, Geschiedenis van de klassieke Italiaanse
literatuur, Frans van Dooren, Athenaeum – Polak & Van Gennep, Amsterdam 1999.
212 “In zijn [di Antonio Pucci] gedichten, die in de goede betekenis van het woord volks kunnen worden
genoemd, weerspiegelt zich het wel en wee van de burgerij. (…) Zijn verzen hebben geen enkele
esthetische pretentie, maar zijn slechts bedoeld als bron van informatie en vermaak.”p.134, Ibidem.
213 “(…) leverde hij [Domenico di Giovanni] poëtisch commentaar op de gebeurtenissen van alledag. (…)
Zijn komisch-karikaturale schrijftrant vond in het Quattrocento veel navolging.”p.165-6, Ibidem.
206
40
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volgare, l’altra volta il latino214.
1.3. L’assimilazione fra la lingua latina e la lingua volgare
La diffusione estesa delle idee umanistiche nel Quattrocento e l'aumento della
quantità di uomini letterati legatoci, provocarono un'intensificazione delle - fin
allora - piccole querele linguistiche. La decadenza del latino, che dalla caduta
dell'impero romano era diventato una lingua carcerata e la cui espressività stava
diminuendo sempre più, e l'aumento dell'uso della lingua volgare anche in
situazioni formali215, suscitarono una situazione di indecisione e sperimentazione:
Italia cambiava in un laboratorio linguistico, in cui gli umanisti potevano creare
nuovi linguaggi accanto a quelli già codificati nel passato e tutti questi si
influenzavano a vicenda. In cerca di soluzioni per poter esprimere tutte le nuove
viste – tra le quali il dissociarsi dai tempi storici e l’idea neoplatonistica sulla lingua
- e tecniche216 che il Rinascimento gli intellettuali aveva portate, gli umanisti si
dividevano in due gruppi, in cui esisteva anche una tensione interna tra idee più
radicali e meno radicali.
In un primo momento217 si vedeva da un lato degli umanisti che, esaltando la
cultura antica, tentavano di fare del latino di nuovo l'unica lingua e perciò
tentavano di attualizzarlo218. L'immutabilità del latino che era nata nel Medioevo
l'aveva cambiato in una lingua artificiosa219 e da allora solamente scritta, senza più
alcuna libertà per gli utenti di esprimersi in una maniera nuova e adeguata220.
Pensando di far rinascere il latino come lingua parlata, questi intellettuali facevano
infatti del latino di nuovo una lingua mortale. Il risultato era una lingua, che
parzialmente consisteva di latino classico e parzialmente di forme nuove, con un
“Bovendien waren de twee gebieden niet zo strikt van elkaar gescheiden dat er niet voortdurend
grensoverschrijdingen plaatsvonden: humanisten die zich bedienden van het Italiaans en
volkstaalschrijvers die overschakelden op het Latijn.”p.155, Ibidem.
215 “Nella scritture ufficiali l’uso del volgare continua però a diffondersi: tutto ciò che deve essere
compreso fuori dell’ambiente dei dotti tende ormai quasi dappertutto ad assumere veste volgare; così, nel
momento in cui si impone di nuovo come la lingua dei colti, il latino perde sempre più terreno nella più
ampia dimensione della vita collettiva.”p.317, Storia della letteratura italiana. Dalle origini al
Quattrocento, Giulio Ferroni, Einaudi, Milano 1991.
216 “(…) the development of new technical skills in architecture, theatrical engineering, archaeology, and
textual scholarship cannot be separated from the development of an appropriate and eloquent language
for interpreting and describing these skills.” p.38, Promoting the past, Tamara Griggs, in Word and
Image, vol.14, afl.1/2, p.17, Taylor & Francis, London 1998.
217 “(…)[il latino] fattosi veicolo delle nuove idee; e quell’impulso si ripercosse sul volgare, creando le
premesse per la sua affermazione proprio come lingua di un’intera cultura.”p.357, De Robertis, 1966.
218 “The latter more eclectic view (…) offered more hope of maintaining Latin as a live idiom, and ensured
greater freedom of individual expression (…)”p.12, A Renaissance Controversy. Latin or Italian?, Cecil
Grayson, Clarendon Press, Oxford 1960.
219 “They [gli umanisti] were concerned (…) more with how to write Latin (…)”p.12, Ibidem.
220 “(…) una lingua ridotta alla semplice espressione di forme specifiche di cultura come divenne il latino
– sacrifica a ciascuna di queste in modo diverso la propria funzione fondamentale: quella di essere
espressiva.”p.32, Conflitti di lingue e di cultura, Benvenuto Terracini, Einaudi, Torino 1996.
214
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
contenuto derivato dal volgare, ma con un'apparenza latinizzata; ecco, un mischio
linguistico, come la lingua usata dal Colonna per scrivere la sua opera.
Ma queste neoformazioni e anacronismi latini incontravano resistenza dal canto
di un altro gruppo di umanisti, i puristi della lingua latina. Lorenzo Valla e i suoi
coreligionari, i ciceroniani221, considerevano le parole pedantesche222 e non degne
del latino classico, come anche il latino usato alla fine del regno romano non viene
accettato come lingua canonica. La pubblicazione delle Elegantiae linguae latinae
(1452)223 di Valla provocò perfino una forte disputa polemica fra lo scrittore e
l’umanista Poggio Bracciolini (1380-1459).
Dall'altro lato, trovandosi totalmente nell'altro angolo del laboratorio linguistico
astratto, nacque la reazione degli intellettuali che intendevano di lasciare il latino,
sia la lingua classica arcaica che quella forma in via di codificazione con
integrazione di elementi volgari. Invece, tentavano di creare una versione scritta del
volgare, accanto alle versioni parlate e scritte in casi informali, che sarebbe degna
delle lingue colte.
Il gruppo degli umanisti in favore dello sperimento si vede soprattutto a partire
dal terzo decennio nella Toscana, dove il dialetto locale, cioè una variante della
lingua volgare, aveva raggiunto uno status più alto che in altre regioni. Firenze era
quasi l'unica città in Italia dove la repubblica aveva successo su piani diversi - nella
politica, nelle arti, nelle scienze - e il linguaggio usato dagli amministratori, il
popolo, venne legato a questi successi. La famiglia de' Medici, in favore della
repubblica fiorentina, stimolava apertamente l'aumento del prestigio della lingua
volgare in casi formali224; non solamente i poeti e gli scrittori contemporanei che
scrivevano nel dialetto toscano, per esempio Leonardo Bruni (1370-1444) con la sua
Vita di Dante, venivano patrocinati dalla nobiltà, anche i grandi scrittori
trecenteschi ricevono di nuovo molto prestigio.
“ Hij [Lorenzo Valla] legde met zijn De elegantiis latinae lingua de basis voor het zogenaamde
ciceronisme (…).”p.158, Geschiedenis van de klassieke Italiaanse literatuur, Frans van Dooren,
Athenaeum – Polak & Van Gennep, Amsterdam 1999.
222 “(…)impurity and anachronism.”p.12, A Renaissance Controversy. Latin or Italian?, Cecil Grayson,
Clarendon Press, Oxford 1960 e “(…)in apparenza pedante, coi suoi ossessivi scavi di vocaboli obsolete
e rari (…)”p.477, Il sogno della lingua, Giorgio Agamben, in Lettere italiane, vol.34, afl.4,p.446, Olschki,
Firenze 1982.
223 “(...) die theoretisch die Eleganz der Lateinischen Sprache fordert und bejaht, praktisch jedoch sie
zerstört. Die Krise des Lateins als Schriftsprache beginnt dort, mit dem Werk von Valla vor allem, an dem
ausser dem Titel nichts <<Elegants>> mehr bleibt: es bezeichnet den Endpunkt jener schriftstellerischen
Freiheit, die Poggio, Leonardo Bruni (...) noch besassen.”p.28, Francesco Colonna und Aldo Manuzio,
Giovanni Pozzi, Setzmachinen-fabrik Monotype Gesellschaft m.b.H., Frankfurt am Main, 1962.
224 “In deze revival was een voorname rol weggelegd voor Florence, waar de Medici’s vanuit hun
populistische politiek het gebruik van het volgare krachtig stimuleerden.”p.179-180, Geschiedenis van
de klassieke Italiaanse literatuur, Frans van Dooren, Athenaeum – Polak & Van Gennep, Amsterdam
1999.
221
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Piero de' Medici (1416-1469), essendo allora un principe alla corte del suo
padre, faceva organizzare l'architetto-poeta e il fervente paladino del volgare, Leon
Battista Alberti225, nel 1441 il Certame coronario, una gara linguistica basata su
quelle nell'antichità greca226, con lo scopo principale di mostrare la grande misura
di espressività della lingua toscana227. Era una tentazione per alzare il prestigio
della lingua volgare letteraria, ma aveva un risultato indesiderato perché i giudici
nominati non considerevano le opere degne della poesia in latina228. Dopo la
crociata di Alberti apparivano sempre più testi prosaici su temi scientifici, i primi
sulle arti229. Alcuni decenni dopo, il successore di Piero, Lorenzo il Magnifico (14491492), avrà stimolato ancora più l'uso del volgare, scrivendo egli stesso soltanto nel
dialetto toscano230 dei poemetti, dei trattati filosofici e perfino linguistici in cui
difendeva la lingua volgare.
1.4.L’avanzata e lo scavalcare del volgare
Da Firenze, che era allora il centro di cultura in Italia, la preferenza dell'uso della
lingua volgare si divulgava sempre più sulle altre regioni italiane, dove il volgare
veniva solamente usato per prosa e poesia informale231, accompagnando le idee
neoplatoniche fiorentine. Quest'avanzata del volgare come lingua letteraria non
“(…) il volgare avrebbe potuto dimostrare all’atto pratico le qualità intrinsiche che l’Alberti gli aveva
riconosciuto in una solenne enunciazione teorica fin dal 1435.”p.56, Lucia Bertolini, ΆΓΩΝ
ΣΤΕΦΑΝΙΤΗΣ, il progetto del certame coronario (e la sua ricezione) in Il volgare come lingua di cultura dal
Trecento al Cinquecento, pp.51-70, Leo S. Olschki, Firenze 2003 e “L’Alberti è forse l’autore della
cosidetta <<grammatichetta vaticana >>, Regole della lingua volgare, che si può considerare la prima,
embrionale grammatical della nuova lingua.”p.318, Storia della letteratura italiana. Dalle origini al
Quattrocento, Giulio Ferroni, Einaudi, Milano 1991.
226 “(…) il titolo dato dall’Alberti e l’άγων στεφανιτης (…) ricondurre il concorso moderno alla pratica civile
e religiosa degli agoni della grecità.” p.67, Lucia Bertolini, ΆΓΩΝ ΣΤΕΦΑΝΙΤΗΣ, il progetto del certame
coronario ( e la sua ricezione) in Il volgare come lingua di cultura dal Trecento al Cinquecento, pp.51-70,
Leo S. Olschki, Firenze 2003.
227 “(…) de mogelijkheden van de volkstaal voor hogere vormen van geestelijke espressie (…).”p.180,
Geschiedenis van de klassieke Italiaanse literatuur, Frans van Dooren, Athenaeum – Polak & Van
Gennep, Amsterdam 1999.
228 “Alla decisione dei giudici di assegnare la corona d’argento alla chiesa di Santa Maria del Fiore,
l’Alberti rispose con una polemica protesta.”p.48, Lucia Bertolini, ΆΓΩΝ ΣΤΕΦΑΝΙΤΗΣ, il progetto del
certame coronario ( e la sua ricezione) in Il volgare come lingua di cultura dal Trecento al Cinquecento,
pp.51-70, Leo S. Olschki, Firenze 2003.
229 “(…) a Firenze, ad una serie davvero strepitosa di testi in volgare variamente connessi con le arti
visive.(…)L’arte è intimamente legata alla modernità e (…) la sua espressione più genuine non può
essere che volgare.”p.236, Qualche appunto su latino e volgare nella denominazione delle tecniche
artistiche, Marco Collareta, in Il volgare come lingua di cultura dal Trecento al Cinquecento, pp.233-242,
Leo S. Olschki, Firenze 2003.
230 “Een van hen, Lorenzo (…) drukte zich zelfs exclusief uit in zijn moedertaal.”p.180, Geschiedenis van
de klassieke Italiaanse literatuur, Frans van Dooren, Athenaeum – Polak & Van Gennep, Amsterdam
1999.
231 “(…) questa difficoltà è particolarmente sensibile quando si tratta di prosa: fuori Toscana i documenti
di prosa letteraria sono praticamente inesistenti.”p.317, Storia della letteratura italiana. Dalle origini al
Quattrocento, Giulio Ferroni, Einaudi, Milano 1991 e “Het Italiaanse proza uit deze periode was voor
een deel religious van inslag.”p.167, Geschiedenis van de klassieke Italiaanse literatuur, Frans van
Dooren, Athenaeum – Polak & Van Gennep, Amsterdam 1999.
225
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
veniva accettata bene dagli intellettuali romani, che lo esprimevano durante un
soggiorno della Cura pontificia a Firenze: si dedicavano alla legittimità del volgare
toscano e della versione del latino parlato a Roma, un discorso che ebbe imitazione
dappertutto in Italia232.
La valutazione del volgare riceveva critica non solamente dal canto dei difensori
del latino, anche entro il gruppo di sostenitori della lingua volgare risorsero dei
conflitti polemici: qui la controversia più importante era la questione se il volgare
doveva essere considerato la forma parlata della lingua latina o che si trattava di
una lingua in sé, nata dalla forma parlata e corrutta del latino. Rappresentanti più
famosi di questa disputa sono: Leonardo Bruni, Flavio Biondo (1392-1463) e Poggio
Bracciolini233.
Neanche il risultato della creazione linguistica veniva considerato perfetto:
benché questo linguaggio scritto consistesse anche, come la forma eclettica del
latino, di neoformazioni basate su parti della lingua volgare e parti della lingua
latina234, aveva un'apparizione di un livello meno alto che quell'altra combinazione
creata dagli anticiceroniani235.
Qualche decenno dopo, questo tipo del volgare venne alzato verso un livello più
alto tramite il rifinire da parte di Marsilio Ficino (1433-1499), il purista della lingua
volgare. Egli usava per le sue opere filosofiche un linguaggio volgare in cui la
quantità dei latinismi rimaneva limitata236 e in cui nuovi termini venivano composti
“(…) proprio con la discussione fiorentina del 1435 fra umanisti della curia pontificia, che verteva
sulla lingua parlata dai romani (…).”p.199, La Hypnerotomachia Poliphili e il sogno linguistico
dell’Umanesimo, Stefano Arduini, in Lingua e Stile, vol.22, afl.2, p.197, Il Mulino, Bologna 1987 e “(…)
nel 1435, durante un soggiorno della Curia papale a Firenze prende avvio un dibattito sulla natura della
lingua dell’antica Roma e i suoi rapporti tra la lingua parlata a Roma e il volgare attuale (un dibattito a
cui parteciparono umanisti di tutta Italia e che servì a un’ampia verifica della dignità e dell’autonomia
del volgare.”p.318, Storia della letteratura italiana. Dalle origini al Quattrocento, Giulio Ferroni,
Einaudi, Milano 1991.
233 Per informazioni dettagliate indico l’opera di Mirko Tavoni, Latino, Grammatica, Volgare, Editrice
Antenore, Padova 1984.
234 “(…) he [Leon Battista Alberti] attempted at the same time to enrich his medium [il volgare] by the use
of latinizing constructions and vocabulary, giving the first important exemple of a tendency, which
dominates the second half of his century in practice and theory (…).”p.13, A Renaissance Controversy.
Latin or Italian?, Cecil Grayson, Clarendon Press, Oxford 1960.
e “(…) latinismi crudi (…), che invece avevano adoperato Leon Battista Alberti e altri a lui vicino.”p.161,
Osservazioni lessicali su opere volgari e bilingui di Marsilio Ficino, Giuliano Tanturli, in Il volgare come
lingua di cultura dal Trecento al Cinquecento, Leo S. Olschki, Firenze 2003.
235 “(…) but in language the combination was often clumsy, and in its results far more obviously
anachronistic than the eclectic Latin of the anti-Ciceronians.”p.13, A Renaissance Controversy. Latin or
Italian?, Cecil Grayson, Clarendon Press, Oxford 1960.
236 “(…) il filosofo [Ficino] che dà veste toscana a opere sue latine sembra volersi astenere da nuovi
latinismi, cui volentieri era ricorso il volgare umanistico e quattrocentesco in genere. (…) La lingua
toscana offriva almeno a giudizio del Ficino più d’una scelta e forse la possibilità di nuove
formazioni.”p.160-1, Osservazioni lessicali su opere volgari e bilingui di Marsilio Ficino, Giuliano
Tanturli, in Il volgare come lingua di cultura dal Trecento al Cinquecento, Leo S. Olschki, Firenze 2003.
232
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
da parole e morfemi volgari237. Così creava un volgare di aspetto più naturale, che
non ava più un mischio del latino e del volgare, ma una variante più colta
dell’ultimo.
Essendo una reazione logica, si vedono nella seconda metà del Quattrocento
esser scritti in volgare sempre più testi poetici e prosaici sulle scienze; la
maggioranza ancora scritta dagli intellettuali nella Toscana. Tra gli scrittori in
volgare si trovavano anche alcuni famosi, come per esempio Angelo Poliziano (14541494)238 e Lorenzo il Magnifico, e la loro fama provocava alla sua volta anche
un’elevazione della stima della lingua volgare.
A partire degli anni sessanta si vede dunque un capovolgimento degli avvenimenti
sul piano linguistico della prima metà: la lingua volgare viene di nuovo considerata
degna di scrivere dei testi letterari239 e scientifici. Nel campo in favore dell'uso del
latino, i puristi soccombevano invece nella lotta sulla legittimità dei testi scritti nel
latino medievale e rinascimentale, quali in fondo venivano annoverati tra la
letteratura latina240, il che significa che il latino cadeva sempre più dal suo posto
alto verso il piano dove si trovava adesso il volgare e dal quale la stima rimaneva
aumentare.
Il risultato è che il latino e il volgare non erano più lingue che indicavano
culture differenti, ma che erano utilizzabili per espressioni della stessa cultura
alta241: si vedono nascere traduzioni in volgare di opere latine, ma anche traduzioni
237“
Sembra, allora, che per trattare <<ogni astratta e profonda matera>> il volgare avesse o il relativo
lessico astratto o i mezzi e l’abitudine per costruirselo (…) Sono tutti prestiti diretti, in nessun modo
richiesti, perché per ognuno di questi c’è uno o più sinonimi assimilate al volgare.”p.159, Ibidem.
238 “(…)[Poliziano] staat terecht te boek als een van de grote exponenten van het Italiaanse
humanisme.”p.174, Geschiedenis van de klassieke Italiaanse literatuur, Frans van Dooren, Athenaeum
– Polak & Van Gennep, Amsterdam 1999.
239 “Het spontane taalgebruik, de plastische overtuigingskracht en het klinkende temperament van de
volkspoëzie oefenden ook op de min of meer gecanoniseerde dichters grote aantrekkingskracht uit. Met
als gevolg dat velen van hen, vooral in de tweede helft van het Quattrocento, zich door de
voortbrengselen ervan lieten bevruchten en beïnvloeden.”p.164-5, Ibidem.
240 “(…) la filologia dal 1460 circa incominciò a riconoscere autorità pari a tutti gli autori dell’antichità
classica, dagli arcaici ai decadenti (…).”p.313, Forme e vicende, Giovanni Pozzi, Editrice Antenore,
Padova 1988.
241 “(...) ma soltanto sul finire degli anni Sessanta si avrà un rilancio del volgare anche come strumento
di comunicazione letteraria ad alto livello, del tutto paritetico rispetto al latino.”p.318, Storia della
letteratura italiana. Dalle origini al Quattrocento, Giulio Ferroni, Einaudi, Milano 1991 e “(…) <<
dubitano la lingua toscana non essere né sì abundante né sì ornate, colla quale l’alte e degne cose che
nelle buone arti si contengono e le sentenzie di molti acutissimi e quasi divini ingegni esprimer si
possino.>>”, p.33, Cristoforo Landino, Prolusione petrarchesca, in scritti critici e teorici, a cura di R.
Cardini, Bulzoni, Roma 1974 e “(...) l’edioma fiorentina è sì rilimato e copioso che ogni astratta e
profonda matera si puote chiarissimamente con esso dire, ragionarne e disputarne.”p.27, G. Gherardi da
Prato, Il paradiso degli Alberti, IV. Il testo e i paragrafi dell’edizione a cura di A. Lanza, Salerno
Editrice, Roma 1975.
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
in latino di opere volgari242. Allo stesso tempo sorse anche una nuova cultura solamente in volgare, quella romanza, basata sulle espressioni del rinascimento
precoce243.
È l’epoca di scrittori come Matteo Maria Boiardo (c.1440-1494), Francesco
Filelfo (1398-1481) e Filarete (1400-1469). Accanto a Firenze come centro culturale
e scientifico, anche l’Italia settentrionale cominciava a svilupparsi244 e alla fine del
secolo quindicesimo si vede nascere perfino a Napoli una cultura volgare. Questo
significava non solamente un’estensione della letteratura, ma anche del lessico
volgare tramite calchi di termini latini e greci, derivazioni e prestiti linguisitici245.
Il caos della pluriformità del volgare246 è invece il rovescio della medaglia della
fioritura culturale nel volgare. Ormai la ragione delle dispute polemiche non era più
se il volgare era autonomo e degno delle lingue classiche, il che nel frattempo Bruni,
Poggio e Alberti avevano provato, ma quale variante locale della lingua volgare
doveva essere considerata ‘la’ lingua volgare e dunque quali opere potevano essere
annoverate tra la tradizione volgare247.
Questo è il momento in cui al Colonna venne l’idea di scrivere la sua
Per esempio l’opera architettonico Trattato d’Architettura di Filarete che veniva tradotta da Mattia
Corvino nel latino intorno al 1488, indico la ricerca di Maria Beltramini: Il trattato d’architettura di
Filarete, in Il volgare come lingua di cultura dal Trecento al Cinquecento, Leo S. Olschki, Firenze 2003.
243 “La letteratura volgare avanzò sulla fine del secolo non perché la material umanistica fu travasata dal
latino nell’italiano, ma perché il volgare sviluppò l’antica riserva di cultura romanza, sopraffatta un
secolo prima dall’Umanesimo, pur sottomettendosi alla disciplina umanistica.”p.313, Forme e vicende,
Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1988.
244 “Nella cultura veneta (…) ma nella seconda metà del secolo XV vi si compiono varie sperimentazioni
letterarie, basate sull’uso del dialetto o di diversi linguaggi.”p. 384, Storia della letteratura italiana. Dalle
origini al Quattrocento, Giulio Ferroni, Einaudi, Milano 1991 e “La città lagunare, che pochi anni dopo
doveva vedere la pubblicazione dell’Hypnerotomachia Polifili, era probabilmente il luogo più adatto ad
apprezzare e diffondere l’idbrida estrosità linguistica della versione latina [del Trattato d’Architettura di
Filarete], anch’essa peraltro, come la redazione volgare, riccamente illustrata.”p.131, Il trattato
d’architettura di Filarete, Maria Beltramini, in Il volgare come lingua di cultura dal Trecento al
Cinquecento, Leo S. Olschki, Firenze 2003.
245 “(…) un procedimento linguistico ben noto, consistente nel combinare in un’unica parola nuova due o
a volte tre distinte radici greche. (…) Il volgare stesso guarda con attenzione alla cosa, sfruttandone il
sicuro effetto promozionale soprattutto nell’intitolazione dei libri.”p.237, Qualche appunto su latino e
volgare nella denominazione delle tecniche artistiche, Marco Collareta, in Il volgare come lingua di
cultura dal Trecento al Cinquecento, pp.233-242, Leo S. Olschki, Firenze 2003. Accanto al titolo
pseudogreco di Colonna, nacquero negli stessi tempi le opere seguenti: Letologia di Betin da Trezzo e
Pirotechnia di Vannoccio Biringuccio.
246 “(…) Filarete introdusse numerose modifiche terminologiche al Trattato nel momento in cui lo
predispose al nuovo destinario [Piero di Cosimo de’ Medici]: molte voci, specie tecniche, in un primo
momento espresse in lingua lombarda [perché il primo destinario era Francesco Sforza] erano state poi
accuratamente sostituite con gli equivalenti toscani (…)”p.123, Il trattato d’architettura di Filarete, Maria
Beltramini, in Il volgare come lingua di cultura dal Trecento al Cinquecento, Leo S. Olschki, Firenze
2003.
247 “Si trattava ora di scegliere quale volgare adottare.”p.209, La Hypnerotomachia Poliphili e il sogno
linguistico dell’Umanesimo, Stefano Arduini, in Lingua e Stile, vol.22, afl.2, p.197, Il Mulino, Bologna
1987 e “(…) ma era in discussione la tradizione letteraria del volgare; non si dubitava della capacità del
mezzo, ma dei risultati concreti da esso raggiunti. p.312-3, Forme e vicende, Giovanni Pozzi, Editrice
Antenore, Padova 1988.
242
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Hypnerotomachia Poliphili, per esprimere il suo mischio personale di tutte le idee e
forme culturali esistenti negli ultimi decenni del Quattrocento.
2. Le mescolanze linguistiche della fine del Quattrocento
2.1. Soluzioni umanistiche per le lotte linguistiche
Il linguaggio in cui la Hypnerotomachia Poliphili è stato scritta si considera
generalmente come la soluzione personale dello scrittore per i disputi linguistici che
segnavano il Quattrocento. Facendolo egli si postava entro un gruppo di scienziati
umanistici minori248 che tentavano di presentare la sua vista e il suo risultato delle
fecondazioni reciproche di idee umanistiche degli ultimi decenni. Sopratutto alla
fine del secolo sempre più scrittori, stimolati dal neoplatonismo, si dedicavano
all’eccletticismo.
Altri intellettuali di alcuna fama entro questo gruppo sono Antonio
Vinciguerra (c.1440-1502)
249,
Ermolao Barbaro (1454-c.1493)250, il Caviceo (1443-
1511)251, il Feliciano (1433-1479)252, qualche individuo appartenente all’Accademia
Romana di Pomponio Leto (1428-1497)253 e alcuni autori legatisi tramite un
“Egli si muove in una zona di cultura intermedia, in un certo strano mondo di umanisti minori (...) i
quali, non senza orgiastiche sregolatezze, rimescolano, intorbidano e disfanno in un incredibile miscuglio
tutti i più solidi risultati di cultura, di grammatica e di stile raggiunti dalla generazione che va tra il 1450
e il 1470 circa.”102, Francesco Colonna., Casella M.T. & Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova
1959.
249 “Mi sembra però che Antonio Vinciguerra si muova in una direzione assai simile a quella del nostro
[Colonna] (…) i contenuti e l’austera moralità che regge l’opera del Vinciguerra sono lontanissimi dal
mondo di veneree delizie del frate domenicano.”p.99, Ibidem.
250 “(...) un impiego delle Castigationes Plinianae [pubblicate nel 1492] del Barbaro. La cosa ha un suo
significato, e serve bene a precisare la posizione mentale del Colonna di fronte agli eventi letterari di
quegli anni.”p.133, Forme e vicende, Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1988.
251 “L’autore che (...) dimostra le più chiare parentele linguistiche col Colonna è il Caviceo, soprattutto
nelle due operette latine (…). Certo la messe delle anomalie lessicali è esigua in confronto a quanto ci
offre il Colonna: ma tanto il tipo delle scelte dai classici quanto quello delle iniziative sue mostrano una
chiara parentela e mi sembra certo che abbiano influito sulla mobile ed avventurosa fantasia linguistica
del Colonna.”p.97, Francesco Colonna., Casella M.T. & Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1959.
252 “Egli [Feliciano] fu autore sicuramente noto al Colonna ed anzi l’ispiratore di certi suoi gusti, come
l’epigrafia, la scienza antiquariana (…)”p.98, Ibidem e “La tradizione volgare presente in lui [in Colonna]
si riduce dunque alle immagini o alle formule di un certo Petrarca ( quale fu elaborato dai verseggiatori
del Quattrocento quali Feliciano, Vinciguerra, Sommariva) (…)”p.313, Forme e vicende, Giovanni Pozzi,
Editrice Antenore, Padova 1988.
253 “La straordinaria erudizione dell’Hypnerotomachia, la strenua filologia su cui si basa l’immaginativa
elaborazione del linguaggio, trova del resto la sua ambientazione più adatta nella cerchia di
Pomponio.”p.252, Il sogno di Polifilo prenestino, M.Calvesi, Officina, Roma 1980 e “Non sappiamo fino a
che punto il linguaggio di Francesco Colonna non sia stato in uso nelle eruditissime e arcaizzanti
conversazioni dei << Fratres >> dell’Accademia Romana di Pomponio Leto”p.317, Francesco Colonna e il
romanzo eterodosso, Salvatore Battaglia, in Il sogno di Polifilo prenestino, Officina, Roma 1980 e
“Pomponio Leto appoggiò tutta la sua teoria grammaticale su Varrone: e fu seguito in questo dal
trevigiano Francesco Rolandello, personaggio che immagineremmo facilmente vicino a nostro: ma il
Colonna dimostra di avere scarso interesse per Varrone (…)”, p.95-6, Francesco Colonna., Casella M.T.
& Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1959 e “A Roma, come frutto estremo di questo culto della
classicità e romanità [sorse] l’Accademia Romano di Pomponio Leto [ i suoi membri:] il Platina, Filippo
248
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
movimento letterario bolognese254. Benché si vedano delle sommiglianze e parentele
fra le idee e le elaborazioni di questi scrittori, l’opera del Colonna sì rimane un
unicum255.
Negli anni dopo che il Colonna aveva scritto la prima parte del suo romanzo,
la velocità dello sviluppo nei piani linguistici e culturali non si abbassava; infatti, le
viste neoplatoniche saranno presto cambiate per quelle più strette di Aristotele.
Questi processi culturali si succedevano rapidamente, il che significa che delle idee
venivano considerate ammuffite molto presto, così anche quelle del nostro scrittore.
Quando veniva possibile per il Colonna, essendo considerato un intellettuale di
minore importanza, di far stampare la sua opera, egli considerava il riscrivere la
prima parte in un altro linguaggio necessario 256. La creazione della lingua
‘poliphylesca257’ può essere datata dunque di qualche anno prima la pubblicazione
del 1499.
2.2. La mescolanza linguistica del Colonna analizzata
Il linguaggio creato dal Colonna non è semplicemente un mischio di parole latine e
parole volgari; accanto a parole esistenti in una delle due lingue, si trovano anche
delle parole che non esistono in nessuna delle due e delle parole che consistono in
una combinazione delle lingue: i centauri lessicali.
Benché la lotte linguistica fra l’uso del latino e quello del volgare nella
letteratura fosse già quasi completamente finita quando il Colonna intendeva di
scrivere il suo libro – e al tempo della scrittura della seconda parte258 il nocciolo
delle querele fosse spostato verso la forma giusta del volgare e la sua tradizione Buonaccorsi, Ludovico Condulmer, Lucio Facino, Battista Capranica, Marco Romano, il Pallini, Paolo e
Pietro Marsi.” p.204, La Hypnerotomachia Poliphili e il sogno linguistico dell’Umanesimo, Stefano
Arduini, in Lingua e Stile, vol.22, afl.2, p.197, Il Mulino, Bologna 1987.
254 “(...) in un movimento letterario abbastanza ben deliminato, che ebbe il suo centro a Bologna ed i suoi
responsabili maggiori in Filippo Beroaldo il Vecchio e Giovan Battista Pio. Il Colonna è stato appunto
inquadrato in quel movimento molti anni fa dallo Gnoli [pp.270-272, Il sogno di Polifilo, La Bibliofilia, 1,
1900] che inventò persino un suo tirocino alla scuola di Beroaldo (…) Ma anche il tipo di prosa del
Beroaldo è assai diverso da quello del Colonna.”p.96, Francesco Colonna., Casella M.T. & Giovanni
Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1959.
255 “(...) né la letteratura decisamente provinciale (...), né la letteratura più alta e avanzata (…) danno dei
risultati positivi nei confronti del Colonna.”p.101-2 e “(…) ora non c’è nella letteratura di fine
Quattrocento né uno scrittore (sia in prosa Latina che volgare) né un teorico della grammatical che mostri
un’apertura tanto vasta come il nostro.”p.95 Francesco Colonna., Casella M.T. & Giovanni Pozzi,
Editrice Antenore, Padova 1959 e “(…) die sprachlichen Tendenzen Beroaldos und Colonnas, wenn sie
sich auch aüsserlich gleichen, sich doch in Wirklichkeit ohne gegenseitige Beeinflussung entwickelt
haben.”p.29, Francesco Colonna und Aldo Manuzio, Giovanni Pozzi, Setzmachinen-fabrik Monotype
Gesellschaft m.b.H., Frankfurt am Main, 1962. “(...) what led Alberti to propose eloquence and lucidity
leads Colonna toward greater obscurity.”p.24, Promoting the past, Tamara Griggs, in Word and Image,
vol.14, afl.1/2, p.17, Taylor & Francis, London 1998.
256 Capitolo 2.1.3
257 Capitolo 2.3.1
258 “(...) al 1480, gli anni in cui si formò il disegno definitivo della Hypnerotomachia, (…)”,p.99, Francesco
Colonna., Casella M.T. & Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1959.
48
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
egli si orientava nel creare del linguaggio particolarmente sulla lingua latina
antica259.
Le parole inventate consistono in contaminazioni derivate da radici di parole
appartenenti al volgare o al latino combinate con i suffissi latini. Notevole è che si
tratta soprattutto di parole con la funzione di aggettivo. I sostantivi entro questo
gruppo di neoformazioni sono più spesso composizioni, dalle quali il Colonna ha
coniato il suffisso ispirandosi allo scrittore latino Apuleio (125-c.180). Le desinenze
personali dei verbi sono le stesse come quelle volgari. Anche le regole fonetiche sono
totalmente formate secondo quelle del volgare, dando un’aspetto italiano al lessico
latino. Per molte delle parole qui usate vale che si tratta di hapaxlegomena260.
Nella sintassi si vede di nuovo la preferenza del Colonna per il latino: le
parole sono ordinate come nel latino e le frasi contengono diverse divagazioni come
apposizioni e frasi subordinate, ma anche trucchi linguistici anormali come il
cambiamento verso un altro soggetto inattesamente e “la mancanza di <<consecutio
temporum>>261”.
Soprattutto a causa della scelta per questa struttura il testo è tanto difficile
da leggere: il volgare non ha sufficienti desinenze per creare chiarezza, per questo
l’ordine fisso delle parole è necessario, ed è propio questo che il Colonna ha
lasciato. Non dà sufficiente chiarezza che egli ha scelto di usare spesso i varianti
volgari dei vocaboli che servono all’organizzazione sintattica. La sintassi usata dal
Colonna mostra delle somiglianze con quella che si vede nell’opera di Boccaccio –
tutti i complementi vengono intrecciati262. Ma questo non è valido per l’idiomo: la
creazione di nuovi termini volgari mostra la voglia di superare il volgare trecentesco,
il che non veniva considerato ‘completo’ dai contemporanei del Colonna263.
Affermando solamente che il linguaggio del Colonna si contenga in un
mischio del latino e del volgare sarebbe troppo semplice, perché di ambedue le
lingue esistono diversi tipi. Il latino conosce due apparenze molto differenti – il
cosidetto latino classico e il latino volgare – e queste si cambiano durante la loro
‘vita’.
“(...) la sua iniziativa lessicale si volga tutta dalla parte del latino.”p.98, Ibidem.
Per una descrizione profonda del linguaggio poliphilesco:pp:78,79,98,103,116, Francesco Colonna.,
Casella M.T. & Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1959 e p.28, Forme e vicende, Giovanni
Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1988 e “(…) esempi dai quali appare evidente che il Colonna cercava di
dare una patina italianeggiante (…)”p.427, Francesco Colonna, il “Polifilo” e la famiglia Lelli, Myriam
Billanovich, in Italia medioevale e umanistica, vol.19 (1976), p.419, Antenore, Padova 1976.
261 P.118, Francesco Colonna., Casella M.T. & Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1959.
262 Pp.78,117,120,118,124, Ibidem.
263 “(...) certamente una delle sue [Colonna] intenzioni più singolari, e, cioè, che, nel testo, l’abbandono
del volgare trecentesco in favore di una passione vocabulizzante di stampo umanistico.”p.477, Il sogno
della lingua, Giorgio Agamben, in Lettere italiane, vol.34, afl.4,p.446, Olschki, Firenze 1982.
259
260
49
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Nel momento in cui il Colonna cominciava a scrivere la Hypnerotomachia
Poliphili, la discussione entro i latinisti sulla forma del vero latino si era appena
consolidata nel favore del latino usato nei tempi della tarda repubblica e nei secoli
medioevali. Questo si vede anche nella scelta del lessico: si tratta spesso di parole
provenienti da opere di scrittori della tarda latinità come Apuleio264, Gellio (125c.166), Nonnio e Paolo Diacono (c.720-c.799)265.
Oltre a questi termini, le parole latine usate nella Hypnerotomachia Poliphili
vengono da opere importanti nella tradizione letteraria del latino – Ovidio (43 a.c.c.17d.c.), Plinio (23-c.79) e Virgilio (70-19) – e da opere scritte dai suoi
contemporanei (Alberti, Perotti (1429-1480)). Il corpo latino consiste allora in una
mescolanza di anacronismi, formule tradizionali e il linguaggio umanistico.
Ciò che è scritto sul latino usato, è anche valido per il volgare. Quando il
Colonna creava questo linguaggio il volgare non era ancora codificato e venivano
usate le forme locali, benché l’influenza del vernacolo toscano si spargesse sempre
più con la divulgazione delle opere scritte nella Toscana. I vernacoli usati dal
Colonna sono quello toscano e quello veneto, ma non si è d’accordo quale dialetto
fosse la base e quale avesse la funzione di patina266.
Accanto alla mescolanza latino-volgare si trovano ancora parole in altre
lingue: greco, ebraico, arabo e aramaico. Queste parole si trovano chiaramente in
una quantità più bassa e spesso in formule fisse e note presso gli intellettuali.
Sembra allora che l’uso di queste lingue sia per dare l’opera un aspetto esotico e
antiquario267 oppure per mostrare l’erudità dello scrittore.
“Apuleio fu l’oggetto d’un culto, soprattutto lessicale, verso la fine del secolo, in un movimento
letterario abbastanza ben delimitato, che ebbe il suo centro a Bologna ed i suoi responsabili maggiori in
Filippo Beroaldo il Vecchio e Giovan Battista Pio.”p.79, Le scoperte dei codici latini e greci nei secoli XIV e
XV, R. Sabbadini, Sansoni, Firenze 1905.
265 81, Francesco Colonna., Casella M.T. & Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1959.
266 “(...) un volgare artificioso e prezioso, costruito su base toscana (...)”, 385, Ferroni. “Nulla sappiamo,
se non che non doveva essere veneto, perché nel testo non si trovano mai quelle forme che sono
caratteristiche del Veneto, principalmente la z al posto della g.”p.253, Il mito di Francesco Colonna,
Lamberto Donati, in La Bibliofilia, LXIV, 1962 e “Per il vernacolo (cioè il dialetto veneto) è necessario
porre una netta distinzione fra le presenze che potremmo chiamare involontarie, consuete a qualunque
scrittore settentrionale del Quattrocento dalle forme lessicalmente dialettali.”p.78, Francesco Colonna.,
Casella M.T. & Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1959 e “ (…) esempi dai quali appare
evidente che il Colonna cercava di dare una patina italianeggiante (…) Inoltre compaiono
nell’Hypnerotomachia altre frequenti peculiarità della parlata veneta, quali scempiamenti e
raddoppiamenti errati (…) Il termine [altana] nella sua originaria accezione si trova testimoniato per il
solo Veneto già nel sec. XIV.”p.427, Francesco Colonna, il “Polifilo” e la famiglia Lelli, Myriam
Billanovich, in Italia medioevale e umanistica, vol.19 (1976), p.419, Antenore, Padova 1976.
267 “La presenza del greco (...) è però sempre marginale, con la funzione ben chiara di preziosismo
lessicale (si tratta quasi sempre di aggettivi), ed è riflesso evidente di una componente delle più
specifiche della cultura umanistica del secondo Quattrocento: l’ellenismo.”p.78-9, Francesco Colonna.,
Casella M.T. & Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1959.
264
50
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
2.3. Le idee possibili per la creazione linguistica
Salvo che l’identità del vero autore formi un mistero enorme, anche il perché della
creazione linguistica rimane scuro e già dall’inizio della ricerca
sull’Hypnerotomachia Poliphili gli scienziati hanno proposto delle ragioni molto
diverse. La spiegazione più facile è che il Colonna volesse solvere la querela
linguistica fra l’uso letterario del latino e del volgare268. Ovviamente le soluzioni
presentate nei decenni precedenti, come l’elaborazione del volgare da Ficino (14331499), non gli piacevano269: “(...) che nella nostra aetate gli vernacoli, propri e patri
vocabuli et di l’arte aedificatoria peculiari sono cum gli veri homini sepulti et extincti.”
Benché il volgare fosse già accettato come lingua letterario, il Colonna si
dirige tuttavia verso il latino, creando un tipo di latino completamente volgarizzato.
Come un ben neoplatonista non faceva nessuna distinzione fra le lingue codificate o
no, e raccoglie tutti i termini appartenenti al latino o al volgare. Il suo sentimento
antiquario provocava una negazione totale della differenza fra i tempi. Invece di
riattualizzare il latino270, come i suoi contemporanei umanisti avevano tentato, egli
torna alla cultura medievale, non accettando la distanza storica.271
Il presentare di una soluzione per le polemiche non è l’unica possibilità. Magari il
Colonna ha voluto creare una rappresentazione della realtà linguistica in Italia di
allora: un continuum che consiste in parecchie situazioni di bilinguismo fra dialetti
volgari e diversi tipi del latino. O tentava di creare una nuova lingua per poter
esprimere il nuovo mondo umanistico272. Una terza possibilità è che abbia creato la
lingua per sottolineare l’intenzione dell’opera, esprimendo il carattere eclettico ed
“(…) [Hypnerotomachia Poliphili] non era un semplice esercizio pedantesco sostanzialmente estraneo
(…) ma esprimeva invece in modo esemplare la crisi di una delle sue intenzioni più profonde.”p.467, Il
sogno della lingua, Giorgio Agamben, in Lettere italiane, vol.34, afl.4,p.446, Olschki, Firenze 1982 e
“(…) nel suo aspetto linguistico, si può ritenere un tentativo di risolvere con una formula pratica la
querela umanistica tra volgare e latino, conservando dell’una la realtà fonetica e morfologica, dell’altro la
nobiltà lessicale.”p.79, Francesco Colonna., Casella M.T. & Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova
1959.
269 “(…) einen Akt der Unzufriedenheit über die beiden linguistichen Wirklichheiten in der literarischen
Produktion stritten.”p.30, Francesco Colonna und Aldo Manuzio, Giovanni Pozzi, Setzmachinen-fabrik
Monotype Gesellschaft m.b.H., Frankfurt am Main, 1962.
270 “Il lessico di cui si vale il Sogno di Polifilo nasce dallo stesso sentimento archeologico, che mira a
riattualizzare come un rito perenne dello spirito le vestigia dell’arte remota.”p.319, Francesco Colonna e
il romanzo eterodosso, Salvatore Battaglia, in Il sogno del Polifilo prenestino, Officina, Roma 1980 e “Il
Colonna crede con assoluta, terribile serietà nel mondo classico; e pur sentendone forse la maturazione
estrema, non lo abbandona al naturale processo di dissolvimento, ma tenta semmai d’imbalsamarlo per
l’eternità.”p.314, Forme e vicende, Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1988.
271 “I ‘barbari’ non furono tali per aver ignorato i classici ma per non averli compresi nella verità della loro
situazione storica.”p.21, L’umanesimo italiano, Eugenio Garin, Laterza, Bari 1964.
272 “(...) di inventarsi una lingua il motivo che spinse l’autore a scegliere la via del descrittivismo e
dell’enumerazione (…) Si trattava di nominare le cose affinché queste fossero proprio tali. Nelle
descrizioni minuziose le cose acquistavano una nuova realtà (…)”p.214, La Hypnerotomachia Poliphili e
il sogno linguistico dell’Umanesimo, Stefano Arduini, in Lingua e Stile, vol.22, afl.2, p.197, Il Mulino,
Bologna 1987.
268
51
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
ermetico del neoplatonismo o una lingua come in un mondo sognato, in cui tutto è
simbolico273.
Per svelare i motivi dello scrittore rispetto alla costruzione del linguaggio si
può consultare le loro ragioni di altri scrittori che hanno fabbricato un linguaggio
simile. Benché la lingua poliphilesca sembri avvicinare di più il linguaggio degli
scrittori maccheronici riguarda alla forma e al tempo, non hanno molto in comune.
Solamente una cinquanta di anni dopo la pubblicazione della Hypnerotomachia
Poliphili Teofilo Folegno (1517-1552) e Ruzzante (c.1502-1542) scrivevano le loro
poesie in un linguaggio mescolato. Ma la loro intenzione era di parodiare gli
umanisti con la loro lingua ‘dotta’, mentre il nostro scrittore non si voleva
distaccare dagli umanisti, proprio era uno di loro. Inoltre, la mescolanza linguistica
del Colonna è più elaborata di quelle dei maccheronici, in cui le parole dialettali o
forestieri sono ancora chiaramente riconoscibili274.
Decadentismo, in questo corrente si origina un’opera che ha molto in comune
con la Hypnerotomachia Poliphili: Finnegans Wake (1939). Impensabile è la quantità
di somiglianze fra i due libri rispetto al contenuto e allo stile. Le storie di ambedue
le opere sono composte di idee medievali e rinascimentali275, contengono dei
riferimenti alla magia e alla cultura pagana276 e i loro protagonisti hanno delle
identità duplici, essendo monti, fiumi o altri elementi naturali. Descrivendo lo stile
dello scrittore novecentesco, gli scienziati parlano di decorativo invece di narrativo,
“(…) the cryptic language, elusive meaning and visual emphasis of the Poliphili further titillate the
reader by imitating the dynamics of dream experience. (…) construction of a new language which mimics
the sense of the visual yet symbolic nature of dreams (…)” p.370-374, Desire in the printed dream of
Poliphilo, H.K.Szépe, in Art History, vol.19(1996), afl.3, p.370, Routledge and Kegan Paul for
Association of Art Historians, London 1996.
274 “il diverso rapporto dei macaronici con la cultura umanistica consiste nella conoscenza delle
auctoritas classiche ma, del pari, nella loro utilizzazione ai fini di uno stravolgimento parodico che si
attua primariamente sulla lingua (…) una miscela di elementi spuri ognuno dei quali mantiene la propria
individualità per esasperare l’antinomia a fini espressivi (…) tutto questo non vale certamente per la
Hypnerotomachia che non ha alcun intendimento parodico e vuole essere fusione armonica (…).”p.212,
La Hypnerotomachia Poliphili e il sogno linguistico dell’Umanesimo, Stefano Arduini, in Lingua e Stile,
vol.22, afl.2, p.197, Il Mulino, Bologna 1987 e “Il caso di Folegno nascerà da un dissidio in parte
uguale, ma con una composizione culturale (…) totalmente diversa.”p.314, Forme e vicende, Giovanni
Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1988.
275 “Deze nieuwe gevoelszin is nog doortrokken van de middeleeuwen, van de kabbalistische en
magische gevoelszin van Bruno’s renaissance.”p.112 e “(...) de aanwezigheid van een ‘middeleeuws
model’ in zowel de vroege als de late werken van Joyce (...) Voor mij belichaamt Joyce het momente
waarop de middeleeuwen en de avant-garde elkaar ontmoeten (...)”p.7-8, Le poetiche di Joyce, Umberto
Eco, Gruppo Editoriale Fabbri, Milano 1979 e “Joyce was a lifelong admirer of the Italian Renaissance
philosopher Giordano Bruno(…)”p.12, James Joyce, Patrick Parrinder, Cambridge University Press,
Cambridge 1984 e “Bruno Giordano (1548-1600): Bruno’s hermetic ideas concerning magical religion
(…)”p.25, Critical compagnion to James Joyce, Nicholas A.Fargnoli, Checkmark Books, New York 2006.
276 “These books [Ulysses e Finnegans Wake] are as profuse as the Book of Kells and as priapic as the
sculptures and emblems found in the Italian grottoes.”p.13, James Joyce, Patrick Parrinder, Cambridge
University Press, Cambridge 1984.
273
52
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
illogico rispetto alle norme dell’arte classica, grottesca277 e pedantesca278. Tutti
aggettivi che sono applicabili alla Hypnerotomachia Poliphili.
Oltre che queste sommiglianze, lo scrittore James Joyce (1882-1941) ha
scritto la sua opera come uno sperimento linguistico, la ragione particolare per la
quale Umberto Eco lo allinea a Francesco Colonna279. I motivi di Joyce - gli
assegnati da Eco e sottoposti da altri scienziati – sembrano essere anche applicabili
allo scrittore quattrocentesco:
a) Joyce ha tentato di adattare la lingua inglese al mondo attuale, iniettandoci
neologismi, forestierismi e una nuova morfologia280. Benché il libro sia scritto nel
secolo scorso, egli lo creava secondo le idee decadenti; la cultura inglese e la sua
lingua siano al momento di perire, non più in grado di esprimere il nuovo mondo281.
Tramite l’attualizzare dell’inglese, Joyce voleva allungare la vita della lingua,
animarla282.
Questo è anche valido per il Colonna che vanamente ha tentato di rianimare
il latino classico tramite l’iniezione di elementi derivati dalla lingua sorgente, il
volgare.
b) La lingua creata di Joyce doveva essere in grado di esprimere “il sentimento di
vertige causato da tutte le nuove invenzioni e spiegazioni”283 nel mondo
novecentesco. I cambiamenti che la Rivoluzione Industriale portava in Europa,
possono essere considerati di un impatto comparabile a quello dei mutamenti nel
Rinascimento. Non solamente in tempi di grandi cambiamenti, ma anche quando si
“The word grotesque derives from a tipe of Roman ornamental design first discovered in the fifteenth
century, during excavation of Titus’ baths. Named after the ‘grottoes’ in which they were found, the new
forms consisted of human and animal shapes intermingled with foliage, flowers, and fruits in fantastic
designs which bore no relationship to the logical categories of classical art.”p.8 e “Finnegans Wake (…) is
entirely given over to the grotesque (…)”p.10 e “Kayser sets Joyce in a tradition of ‘verbal grotesques’
going back to Rabelais and Sterne”.p.10, James Joyce, Patrick Parrinder, Cambridge University Press,
Cambridge 1984.
278 “He [Joyce] portrays his scroungers and barflies against a background of classical epic, and mixes
profanity with the extremes of learning and literary sophistication. In his erudition, his love of pedantry,
and the battery of scholarship (…)”p.11, Ibidem.
279 p.98 e p. 125 di Le poetiche di Joyce, Umberto Eco, Gruppo Editoriale Fabbri, Milano 1979.
280 “It blends English with words from no fewer than sixty-five languages (...)”p.155, A preface to James
Joyce, Sidney Bolt, Longman, New York 1981.
281 P.117, Le poetiche di Joyce, Umberto Eco, Gruppo Editoriale Fabbri, Milano 1979.
282 “(...)from Joyce’s deformation of an already deformed language is that he had found an effective way
(...) of injecting it with new life. That is a morbid, decadent, even parasitic mode of life may not greatly
matter.”p.232, James Joyce, Patrick Parrinder, Cambridge University Press, Cambridge 1984.
283 P.117, Le poetiche di Joyce, Umberto Eco, Gruppo Editoriale Fabbri, Milano 1979.
277
53
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
viene confrontati con altre culture, si vede spesso che gli intellettuali cercano un
metodo nuovo per esprimere queste novità284.
c) Anche qui gli scienziati propongono l’intenzione dello scrittore di creare un
mondo oneirico, per poter mostrare in un modo credibile285un nuovo linguaggio
“costruito secondo la logica di un sogno”286. Il suo sogno sarebbe l’esistenza della
lingua perfetta, una sola287, capace di poter esprimere tutto possibile, anche le
novità future. Una sola lingua, esistente di parecchie lingue per un’espressività
totale.
Quando si leggono i motivi sovrastanti, si vede che è quasi impossibile di
considerarli come delle ragioni separate; si sono legate, e magari è la maniera
ottima e unica di poter comprendere l’intenzione di Joyce e del Colonna.
“Deze manuscripten [book of Kells ecc.] werden geboren in een christelijk beschaafd Ierland dat
zichzelf verdedigde tegen het heidendom (...) deze werken erudiet en fantastisch, krankzinnig en lucide,
geciviliseerd en barbaars van compositie zijn, en dat ze een voortdurende oefening zijn in het
decomponeren en herschikken van gesproken taal en figuratieve vormen.” p.199 e “(...) [nei secoli VII,
VIII, IX] cultiveerden de dichters van de hisperische traditie de ‘Afrikaanse stijl’- een vorm van barokke,
laat-Latijnse poëtica – en hielden zich onledig met het bedenken van nieuwe woorden. (...) Het was ook
de tijd waarin Latijnse woorden opzettelijk met Griekse en Hebreeuwse termen vermengd werden, de
tijd waarin Vergilius Grammaticus voorstelde (...) Net als in de tijd van Ausonius [secolo IV] en
gedurende de hele periode van de aflopende laat-Romeinse cultuur, verschijnen er acrostichons,
alfabetische reeksen, kenningar, gedichten als calligrammes en centonen. Dit waren niet meer dan
pogingen om, door middel van nieuwe combinaties, het laatste restje schoonheid uit de uitgeputte
klassieke cultuur te persen.”p.121-122, Le poetiche di Joyce, Umberto Eco, Gruppo Editoriale Fabbri,
Milano 1979.
285 “The dream technique as a narrative strategy (...) gave Joyce the freedom he needed (…)”p.91,
Critical compagnion to James Joyce, Nicholas A.Fargnoli, Checkmark Books, New York 2006.
286 p.98, di Le poetiche di Joyce, Umberto Eco, Gruppo Editoriale Fabbri, Milano 1979 e “Does this
mean that Finnegans Wake can be regarded as the representation of a dream?”p.155, A preface to
James Joyce, Sidney Bolt, Longman, New York 1981 e “These transformations and Joyce’s
unconventional discourse may well mimic the dynamics of a dream world.”p.90, Critical compagnion to
James Joyce, Nicholas A.Fargnoli, Checkmark Books, New York 2006.
287 “A world of perfect language would be monolingual. Finnegans Wake has been viewed by
semioticians as a model of language, comparable with those by modern linguistic theorists.”p.229,
James Joyce, Patrick Parrinder, Cambridge University Press, Cambridge 1984.
284
54
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
4. LA QUESTIONE DELLA PALATALIZZAZIONE
Svolgendo una ricerca linguistica sul linguaggio della Hypnerotomachia Poliphili, mi
dedico soprattutto sul processo di cambio linguistico che si chiama palatalizzazione
e sulle soluzioni per il mettere i suoi risultati linguistici sulla carta nel
Quattrocento.
1. La nascita di fonemi neolatini caratteristici per l’italiano
Uno dei processi linguistici che appartengono alla cosiddetta volgarizzazione è
quello di palatalizzazione, uno spostamento fonologico. Nella fonologia si chiama
una vocale ‘palatale’ e una consonante ‘palatalizzata’ quando il fonema viene
pronunciato con “la massa della lingua (…) spinta in avanti e verso l’alto della cavità
orale”288. Questo succede quando la vocale è anteriore (/e, i/) o quando una
consonante viene combinata con una vocale anteriore. Nell’ultimo caso il parlante
pronuncia il fonema con la lingua più verso i denti per facilitare289 la pronuncia
della vocale anteriore seguente. “Tutte le vocali anteriori palatalizzeranno la
consonante precedente” 290, ma dipende dalla lingua in quale misura una
consonante viene palatalizzata e se succede anche in altre combinazioni di
consonanti e vocali.
Protoromanzo, si chiama questo cambiamento linguistico di consonanti, perché si lo
vede in quasi tutte le lingue nate dalla combinazione del latino classico e il latino
volgare.
Ma non ogni tipo di palatalizzazione si è divulgato su tutta la Romania, visto che il
cambiamento della combinazione /n+j/ alla nasale palatalizzata /ɲ/ venga
conosciuto dappertutto291, ma la palatalizzazione delle consonanti velari /k/ e /g/
no292. Quest’ultimo esempio si manifesta in Italia solamente dopo le vocali anteriori,
P. 105, Economia dei mutamenti fonetici, André Martinet, Giulio Enaudi Editore, Torino 1968.
Nel cambiamento linguistico si tratta del mantenere della bilancia tra il minimo sforzo (per esempio
una pronuncia facile) e l’intelligibilità.
290 P.105, Economia dei mutamenti fonetici, André Martinet, Giulio Enaudi Editore, Torino 1968.
288
289
“(...)/nj/ a palatale / ɲ/(che è del latino parlato e si può considerare panromanza)” p.35, Alle origini
dell’italiano, Alberto Zamboni, Carocci Editore, Roma 2000.
292 “(...) visto che il sardo la ignora (…)”p.82 e “La palatalizzazione [delle consonanti velari /k,g/] non è
d’altronde completamente panromanza, lasciando fuori almeno il sardo (…) e il dalmatico (…)”p.152,
Ibidem.
291
55
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
mentre nel francese le consonanti sono palatalizzate senza fare una distinzione fra
le vocali che le seguono.
In questa ricerca si tratta della palatalizzazione delle consonanti velari seguite dalle
vocali anteriori: un cambiamento linguistico che iniziava probabilmente già nel
secondo secolo dopo Cristo.
Si pensa293 che le consonanti velari prima venissero mutate tramite un lieve
intacco, che creava un nesso affricato /kj/ e /gj/. Questo cambio si sparge ancora
sull’intero impero romano, ma non oltrepassava le sue frontiere; si manifesta in
alcune parole germaniche (‘Kaiser’, ‘Kiste’) che sì hanno un’origine romana, ma non
mostrano l’intacco294.
La seconda passa nel processo, l’evoluzione verso le affricate /ts/ e /dz/, non è più
una panromanza e data probabilmente dalla fine del terzo secolo, benché la
documentazione di questo fenomeno venga dal quinto secolo295. Poi si vede nei
scritti di Gregorio di Tours (538-594) che l’affricata /dz/ è in qualche posto
diventata una /j/ e perfino sparita nell’ortografia296.
Non è facile indicare la causa di questo cambiamento linguistico - “la causalità non
ha né inizio né fine”297 – ma si è d’accordo che la palatalizzazione fa parte di una
catena298. Per la consonante velare sorda /k/, una possibilità della maniera di
mutamento è che il nesso linguistico [ki] si sia palatalizzato verso [tsi] e poi [tsji],
che lasciava il suo campo originale per il nesso linguistico [kwi], il cui suo campo
originale veniva occupato da [kuí]. L’altra possibilità si fonda sull’idea che la catena
di spostamento iniziasse con l’estensione del campo linguistico di [kuí], che
costringeva i nessi [kwi] e [ki] di lasciare il loro campo originale, che finiva con la
palatalizzazione di [ki]. Questo sviluppo deriverebbe dalla tendenza a eliminare ogni
iato dopo il cambiamento dell’accento nel latino volgare299.
“(…) dato che /ke, ki/ dovevano realizzarsi con un lieve intacco [kje, kji] (…)” p.152, Ibidem e pp. 524, Economia dei mutamenti fonetici, André Martinet, Giulio Enaudi Editore, Torino 1968.
294 P.152, Alle origini dell’italiano, Alberto Zamboni, Carocci Editore, Roma 2000.
295 P.82, Ibidem.
296 P.152, Ibidem.
297 P.27, Economia dei mutamenti fonetici, André Martinet, Giulio Enaudi Editore, Torino 1968.
298 “Dato che la palatalizzazione delle dorsali dinanzi a una vocale della serie anteriore è un fenomeno
assai frequente, dal condizionamento abbastanza chiaro, potremmo essere tentati di parlare qui di una
catena di trazione (…) D’altronde non si può neppure respingere qui l’ipotesi di una catena di propulsione
col pretesto che si conoscono molti casi di palatalizzazione di dorsali che non risultano da alcuna
pressione esercitata su /ki/ da /kwi/ e da /kuí/.” P.52-4, Ibidem.
299 P.53, Ibidem.
293
56
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
I risultati rimangono invece gli stessi:
Latino
Italiano
[kuí]
Eccu (h)íc
=>
Qui
[kwi]
[kwi]
Quis
=>
Chi
[ki]
[ki]
Civitas
=>
Città
[tsji]
Schema 1: Lo spostamento fonetico della consonante velare sorda
L’ortografia di certi fonemi, come si può dedurre dagli esempi nello schema
sovrastante (numero 1), è anche cambiata: il fonema [kwi] si scriveva nel latino
classico con una ‘q’, quasi sempre seguita dalla ‘u’ per esprimere il carattere labiale
– accanto a quello velare - del fonema, il che si ritrova ancora in italiano300.
Quando si guardano i fonemi [ki] si vede invece una differenza fra l’ortografia in
latino e quella in italiano: nell’ultimo caso il primo fonema viene scritto con il nesso
‘ch’, dove in latino si trova solamente una ‘c’, il che in italiano è diventata il segno
per il fonema [tsj].
Si vede lo stesso risultato alla variante sonora della consonante velare. Il fonema
latino /g/ si è spostato prima verso /gj/ e /dz/ per finire col fonema /d/. Sia il
primo fonema latino che l’ultimo risultato italiano vengono scritti con il segno ‘g’;
nell’italiano il vecchio fonema viene espresso dal nesso ‘gh’ 301.
La digrafia è un’altra maniera per esprimere i vecchi fonemi latini nell’italiano che
data dal Medioevo, quando gli scribi cercavano una soluzione per l’estensione
dell’alfabeto latino con i nuovi fonemi neolatini. Dell’aspirazione latina (‘h’) non si
aveva più bisogno, il che rendeva il suo segno libero da applicare in nuove
combinazioni302. Ma l’uso delle digrafie ha il difetto che le combinazioni possono
essere interpretate erratamente: la combinazione ‘ch’ non esprime lo stesso fonema
nelle lingue europee303.
P.119-20, From Latin to Romance in sound charts, Peter Boyd-Bowman, Georgetown University
Press, Washington D.C. 1954.
301 “Il nesso ch serve talvolta a marcare la natura velare del primo componente davanti a vocale centrale
o labiale (...) Gli corrisponde, per la velare sonora, il nesso gh (…)”. P.xxxiv, Vocabolario Italiano – Latino,
Nicodemo Tranchedini, Leo S. Olschki Editore, Firenze 2001.
302 “A digraph is two separate letters forming one single symbol (...) for producing phonetic symbols were
called on when the roman alphabet was adapted to writing the European vernaculars.”p.122, Elements
of General Phonetics, David Abercrombie, Edinburgh University Press, Edinburgh 1967.
303 “(...) there is no uniformity of meaning. For example, ch represents [tš] in English and Spanish, [š] in
French and Portuguese, [k] in Italian and [x] in German.” P.67, From Latin to Romance in sound charts,
Peter Boyd-Bowman, Georgetown University Press, Washington D.C. 1954.
300
57
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Che la scrittura dei nuovi fonemi neolatini provoca una certa confusione, si può
vedere nei primi testi nel volgare scritti nei paesi italiani. Gli esempi che seguono
sono tutti i tre scritti entro la fine del Trecento e gli anni settanta del Quattrocento.
1. “Ella fue di bella statura, di convenevole grandezza, lungha e schietta,
convenevolmente charnuta, adatta, snella, biancha come aliso, pulita come
ivorio, chiara come christallo, e cholorita per avente modo.”
304
2. “Chroniche de la città de Anchona305”
3. “Un piccholo errore de altrui non meriti che tu privi te stesso di cosa tanto
rara quanto è lo amicho.
306”
Qui sopra si vedono delle parole in cui l’uso del nesso linguistico ‘ch’ non è come
aspettato, cioè per rappresentare una consonante velare sorda /k/ davanti le vocali
anteriori /e/ o /i/. Lo si vede invece in posti dove il segno ‘c’ sarebbe stato
sufficiente per rappresentare il fonema. Questo fenomeno si trova anche
frequentemente nel linguaggio della Hypnerotomachia Poliphili.
In breve, le spiegazioni per questo fenomeno linguistico potrebbero essere l’uso
etimologico del segno ‘h’, l’ipercultismo307 umanistico, o la consuetudine alla
scrittura in latino classico.

L’uso del segno ‘h’, benché non si voglia esprimere un fonema aspirato, viene
chiamato etimologico, quando si tratta di una parola che in uno stadio primo
sì aveva ancora un’aspirazione – sia nel latino classico che nel greco o in
un’altra lingua da cui la parola è presa in prestito. Anche in composizioni
nuove questa ‘h’ mantiene la sua posizione308.
Da un libro della distruzione di Troia (fine del secolo XIII), p.167, in Testi fiorentini del Duegento e
dei primi del Trecento, A. Schiaffini, Sansoni, Firenze 1954.
305 Titolo dell’opera scritta nel 1476 da Gianmaria Filelfo.
306 Da ‘Sentenze Pitagoriche utilissime a buono e beato vivere’ di Leon Battista Alberti. “(…)la
composition des Sentenze pitagoriche, dont le manuscrit Florentinus II iv 38 précise en effet que’elles ont
été offertes par l’auteur à ses neveux à l’occasion de Noël 1462 (…)” p127, À l’origine du dialogue en
Volgare, F.Furlan, in La constitution du texte, in La Licorne, XLVI(1998),pp.127-144, UFR Langues
Littératures Università di Poitiers, Poitiers 1998.
307 Termine usato da Tranchedini, p.xxxiii, Vocabolario Italiano – Latino, Nicodemo Tranchedini, Leo S.
Olschki Editore, Firenze 2001.
308 Esempio è l’opera di Tranchedini, scritta tra il 1470 e il 1478 e “(…) le osservazioni del Folena e del
Migliorini sulla tendenza assai diffusa nei testi del Quattrocento – verso una grafia di tipo etimologico
(…)”p.382, Uno scrittore del Quattrocento tra latino e volgare, Pietro Frassica, in Helikon, vol.18/19
(1978/1979), p.378, Napoli.
304
58
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili

L’ipotesi dell’ipercultismo implica che il segno ‘h’ venisse aggiunto dagli
scrittori (anche nel caso del fonema /k/) per dare una parola puramente
volgare più prestigio; la davano un’origine colta. Soprattutto alla luce delle
lotte linguistiche del Quattrocento questa spiegazione è una possibilità molto
plausibile.

Secondo Signor Frassica l’uso del segno ‘h’ in questi testi non è conscio:
quando dagli anni sessanta del Quattrocento la domanda per i testi scritti in
volgare aumentava, molti scrittori si vedevano costretti di lasciare il latino
classico e sceglievano di scrivere le loro opere in volgare. Avendo scritto
sempre in latino classico e usando dei modelli latini, gli scrittori
aggiungevano la ‘h’ in posti dove la non si aspetti; è un ‘errore’ nato
“dall’incertezza dell’autore nella rappresentazione grafica”309.
Nelle pagine seguenti presenterò i miei risultati, guardando l’uso inaspettato del
nesso linguistico ‘ch’ nella Hypnerotomachia Poliphili e fino a che punto le
spiegazioni sovrastanti sono valide per la scrittura di Francesco Colonna.
2. L’ortografia della velare sorda nella lingua poliphilesca
Per poter ricercare la validità delle ipotesi sovrastanti sull’ortografia del fonema
velare sordo palatalizzato, ho distillato dal linguaggio della Hypnerotomachia
Poliphili un corpo esistente di 2844 forme – 537 forme che contengono il nesso ‘ch’
davanti le vocali /a, o, u/ o una consonante, e le loro varianti e derivazioni scritte
solamente con la ‘c’. Queste forme fanno parte del corpo delle parole di una
quantità di 433, dalla quale una maggioranza (57,1%) contiene il nesso ‘ch’310.
Pensando alle ipotesi, aspetto di trovare certe forme di parole, dalle quali la
quantità determinerà se l’ipotesi sia valida.
Se la prima ipotesi sia valida, si ha bisogno di una maggioranza di parole di
origine classica, ma che già da qualche tempo fanno parte dal linguaggio volgare.
Perciò dovrebbe essere difficile di vedere che sono derivate dalle lingue classiche, se
P.383, Uno scrittore del Quattrocento tra latino e volgare, Pietro Frassica, in Helikon, vol.18/19
(1978/1979), p.378, Napoli.
310 Vi indico l’appendice, il corpo.
309
59
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
non che Francesco Colonna aveva voluto sottolineare questa origine tramite il
riaggiungere dei fonemi spariti, in questo caso la ‘h’.
Per la seconda ipotesi, la tendenza umanistica di ipercultismo, si aspetta
invece di trovare, accanto alle parole di origine classica, diverse parole puramente
volgari scritte nel modo delle lingue classiche per darle così un’origine classica finta.
L’ultima spiegazione, benché possibile, diventerà la soluzione nel caso che
risultasse poco evidente scoprire un modello accettabile.
Prima guardiamo l’origine delle parole del corpo nello schema seguente (no.2). Oltre
che parole con un’origine classica e parole volgari, il corpo contiene anche una
minoranza di parole che hanno un’origine ‘barbarica’ : araba, francone, germanica e
longobarda. Per questa ricerca ho diviso l’influenza del latino in parole che hanno
raggiunto il linguaggio quattrocentesco tramite l’umanesimo e l’istruzione (il latino
classico) e nel secondo gruppo si trovano le parole che ne sono diventate parte già
in uno stadio primo (tramite il latino volgare)311. Per illustrare la spartizione
seguono alcuni esempi.

‘Anticha’ viene annoverato tra le parole di origine latina*, perché il termine
originale (‘antiquus’) è chiaramente riconoscibile nella derivazione.

‘Choxe’ è invece di origine volgare, perché nel latino classico la parola con lo
stesso significato è ‘femur’.

‘Ancora’ può avere un’origine volgare; è stato composto dalle parole (latine*)
‘hanc’ e ‘hora’312 (l’altra possibilità è un’origine greca).
Totale
greca
433
195
latina *
173
latina °
42
araba
6
francone
7
germanica
3
longobarda
2
sconosciuta
5
100,0%
45,0%
40,0%
9,7%
1,4%
1,6%
0,7%
0,5%
1,1%
Schema 2: L’origine delle parole, le quantità assolute e relative
Da questo punto una parole che ha origine nel latino classico viene accompagnata da un asterisco,
quelle che hanno la loro origine nel latino volgare ricevono un clausum.
312 Dizionario olandese-latino e garzanti 2006.
311
60
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Secondo i risultati sovrastanti, questa parte del linguaggio del Colonna consiste
particolarmente in parole di origine classica (95%). La metà dei termini volgari sono
derivati dal latino volgare e gli altri termini sono provenienti da lingue parlate vicino
alla parte settentrionale di Italia. Dal punto di vista linguistico la nascita del libro
nei dintorni di Venezia viene affermata dalla presenza di termini arabi.
Adesso si deve venire a conoscenza di quante parole di una certa origine sono
scritte con il nesso ‘ch’. Perciò estenderò lo schema con le quantità di ogni lingua
(schema no.3).
Totale
433
100%
C
Ch
greca
195
45,0%
C
latina *
173
40,0%
Ch
latina °
42
9,7%
araba
6
1,4%
francone
7
1,6%
germanica
3
0,7%
longobarda
Sconosciuti
2
5
0,5%
1,1%
186
247
42,9%
57,1%
62
31,8%
133
68,2%
C
98
56,7%
Ch
75
43,3%
C
21
50%
Ch
21
50%
C
1
16,7%
Ch
5
83,3%
C
3
42,9%
Ch
4
57,1%
C
1
33,3%
Ch
2
66,7%
C
0
0%
Ch
2
100%
C
0
0%
Ch
5
100%
Schema 3: L’origine delle parole, le quantità assolute e relative di quelle scritte con ‘c’ e con ‘ch’
Notevoli fra i risultati sono quelli che rendono le quantità delle parole di origine
latina – sia della variante classica che di quella volgare. Queste lingue formano il
fanalino di coda, non avendo una (chiara) maggioranza di parole scritte con il nesso
‘ch’. Nel caso del latino volgare non è nemmeno una differenza in quantità. Vuol’
dire che nella Hypnerotomachia Poliphili si trova la parola ‘qualunc(h)a’ scritta con
una sola ‘c’ e con il nesso ‘ch’ altrettanto spesso. Per una parola derivata dal latino
classico vale che la variante scritta con ‘ch’, un esempio dal corpo è ‘faticha’, si
trova meno spesso che la variante ‘fatica’.
Di gran lunga le quantità assolute delle parole con una origine classica (133
e 75) formano la maggioranza di tutte le parole scritte con il nesso ‘ch’ (248), ma
61
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
quando si interpretano queste quantità relativamente, sembra esistere prima una
distinzione fra le parole di origine latina e quelle di origine estera, invece di, come la
seconda ipotesi implica, una fra l’origine classica e l’origine volgare.
Testando la prima ipotesi sì sia necessario sapere se le parole di origine classica
sono delle parole puramente classiche o che si tratta di derivazioni che si sono già
adattate alle leggi linguistiche del volgare.
Per essere annoverata tra il gruppo ‘puro classico’ una parola deve somigliare
moltissimo alla parola originale; le uniche differenze possono essere le adattazioni
all’alfabeto romanzo o i cambiamenti fonologici. Tratterò alcune parole del corpo per
mostrare come distinguerle:

‘archaeo’: ha una origine greca – ‘άρχαιος’ - e la parola è solamente scritta in
lettere romane e ha perso la ‘s’ finale. Neanche il significato è cambiato.

‘concha’: viene dalla parola greca ‘κόγχη’. Per creare lo stesso fonema come
nel greco (la combinazione di /nj/ e /x/) si è scelto per la combinazione della
nasale e la velare sorda.

‘incochleava’: la base di questa parola è quasi immutata greca – ‘κοχλίς’ – ma
gli affissi sono provenienti dal latino*.

‘pulchritudine’: parola totalmente latina*, probabilmente usata molto da
scrittori rinascimentali dunque l’ortografia e il significato sono ben
conosciuti.

‘pocho’: parola quasi immutata latina*, salvo un piccolo cambiamento
fonologico (/ɤ/ è diventato /o/) e uno morfologico (qui si vede la terminazione
di una parola maschile singolare, nel latino la parola originale (‘pauci’) è un
plurale tantum).
Quando si rispettano le regole sovrastanti sulle parole del corpo con un’origine
classica, risulta che 147 parole sono puramente greche (79,9%) e che 152 delle
parole di origine latina* sono quasi immutate (89,9%). Nello schema numero 4
dividerò queste parole di nuovo fra quelle scritte con ‘c’ e quelle scritte con ‘ch’.
62
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Greca
195
0,45 C
Ch
latina*
173
0,4
62
31,8% puramente greca
25
40,3%
133
68,2% puramente greca
122
91,7%
C
98
56,7% puramente latina*
80
81,6%
Ch
75
43,3% puramente latina*
72
96,0%
Schema 4: Le parole di origine greca e latina*, le quantità assolute e relative delle parole che sono
puramente greche o latine*
Soprattutto alle parole greche i risultati sono chiari: la maggioranza delle parole di
origine greca viene scritta con il nesso ‘ch’, e di queste parole anche qui c’ è una
maggioranza di parole puramente greca. Della lingua latina* si può dire che nel
caso che le parole di origine latina* vengano scritte con ‘ch’, si tratti quasi sempre di
parole puramente latine*. Ma qui si vede di nuovo, come anche nello schema
numero 4, che la differenza è piccola fra l’uso della ‘c’ e del nesso ‘ch’ nelle forme
originalmente latine*: anche le parole di origine latina* che vengono scritte con ‘c’
sono di frequente immutate.
2.1. Il trattamento dei casi specifici del corpo
Nel mio corpo basato sul linguaggio poliphilesco ho trovato alcune parole quasi
omonimi; l’unica differenza è la scrittura con la ‘c’ o con il nesso ‘ch’. In un caso le
due parole hanno un solo significato (‘costa’ – ‘chosta’), ma in tre altri casi si ha da
fare con diversi significati. La differenza fra il significato potrebbe aiutarci trovare il
fattore determinante per la differenza nella scrittura.

Il primo caso tratta delle parole ‘ancora’ e ‘anchora’ e le loro derivazioni.
Come già detto all’origine delle parole del corpo, queste forme possono avere
due origini e dunque due significati. Una possibilità è l’origine greca con il
significato di ‘arnese di ferro per attaccare un natante al fondo marino’, l’altra
possibilità si basa su un’origine latina° e per questa parola vale che ha
diversi significati, benché tutti avverbiali (di nuovo, ancora, già).
Quando si trovano due forme differenti e due significati basilari, si aspetta
che questi due variabili sono legati: in questo caso mi sembra logico che la
variante scritta con ‘ch’ sia di origine greca – infatti, il nesso ‘ch’ funziona
nell’alfabeto latino come la sostituzione del segno greco ‘χ’ e nei dati
sovrastanti abbiamo visto che ‘ch’ indichi molto spesso (guarda gli schemi
no.2 e no.3) un’origine greca. Le parole scritte con ‘ch’ avranno dunque il
63
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
significato di ‘arnese di ferro’. La forma scritta con una sola ‘c’ avrà allora un
significato avverbiale.
Qui sotto si vedono i risultati trovati nella Hypnerotomachia Poliphili.
2% 243 (significato avverbiale)
Totali 248 100% 5 (arnese di ferro)
Ch
4 100% 0
0% 4
C
244 100% 5
2,1% 239
98%
100%
97,9%
Schema 5: Le quantità assolute e relative e il significato delle parole con ‘anc(h)ora’-
Dalle 248 parole di questo caso solamente cinque hanno il significato di
arnese e come si può vedere nello schema numero 5, nessuna di queste
parole è stata scritta con il nesso ‘ch’. Le parole scritte con il nesso linguistico
spariscono nel gruppo enorme con il significato avverbiale.
Le frasi che contengono l’uso deviante si trovano qui sotto.
1. “Una ancora, et uno ansere.” IC313 41
2. “Una ancora sopra la stangula dilla quale se rovolvea uno delphino.” IC69
3. “Una ancora nel diametrale loco transverta. Sopra la quale assideva una
aquila cum le ale passe, et nella hastula ancorale intricato uno vinculo.Soto
questi liniamenti uno milite sedendo tra alcuni bellici instrumenti speculando
temva uno serpe.” IC 245
4. “ Da una facia vidi una fenestricula, pensai per questa gli sacrificuli ministrare
il foco ad holocaustare la victima, et d’indi trahere il sancto cinere, et anchora
cogitai, che sopra quella crate ponevano incensabondi, overo ad adolere
l’animale.” IC 247
5. “Cum maxima delectatione et piacere questi spectandi fragmenti mirando,
avido più anchora indagante altro di novo trovare.” IC 260
6. “(…) ad uno degli dicti appenso era per el canono uno clypeo, dal altro uno
instrumento navale, sotto la torace transversarii nel trunco dependevano una
ancora, et uno temone, sopra la cima dil stirpe exeunte el collario, una cristata
galea era bellissime apposita.” IC 266
7. “Overamente che il sacrificario di Argiva non havesse anchora gli bovi da
sacrificare a Iunione perduto.” IC 387
Questi risultati indicano allora che né il significato né l’origine sono
concatenati alla distinzione tramite la scrittura.

Nel caso seguente si trova neanche una distinzione netta, ma le quantità
delle differenze sono già più piccole. Qui si tratta di parole con il radice ‘cor’o ‘chor’-, che sono rispettivamente di origine latina e di origine greca. Il
313
L’abbreviazione IC indica che l’edizione usata è quella tradotta da Ike Cialona.
64
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
significato basilare delle parole di origine latina è ‘amore’ o ‘cuore’, le parole
originalmente greche sono basate sulla parola ‘χορεία’ (‘danza in cerchio’).
Totali
Ch
C
262 100%
32 100%
230 100%
225 (amore)
1
224
85,9% 37 (danza in cerchio)
3,1% 31
14,1%
97,4% 6
2,6%
96,9%
Schema 6: Le quantità assolute e relative e il significato delle parole con ‘c(h)or’-
L’uso del nesso ‘ch’ sembra essere riservato alle parole che hanno un’origine
greca e dunque il significato basilare di ‘danza’; esiste una sola eccezione. Ma
questo non esclude la possibilità che le derivazioni greche vengano scritte
con una sola ‘c’. Si trovano sei casi in cui la parola ha il significato ‘danza’,
ma che è scritta una ‘c’.
1. “Poliphilo seguita narrando oltra tanto convivio una elegantissima corea
ache fue uno gioco.” IC 117
2. “Al mensurato tempo del sono sopra gli quadrati sui, secondo che
imperitava il Re, se movevano le corigiante et Delphine Petauriste,
cum decentissime revolutione el Re honorando et la Regina, salivano
sopra l’altro quadrato, facta una praestante continentia.” IC 119
3. “Et cum il parile modo, quale feceron in prima, cusì la seconda fiata,
aequalmente ad gli lochi sui ordinatamente ritornate, le sonatrice
stringendo la mensura del tempo, cusì gli movimenti et gesti degli lusorii
corigianti, più solicitamente se movevano,(…).” IC 120
4. “Diqué cusì ludendo et corigiando, ristoe la seconda fiata vincitore
ancora il primo.” IC 120
5. “Io vidi approximato el numeroso choro di una stipante caterva, festivi et
corigianti (…).” IC 156
6. “La multitudine degli amanti gioveni, et dille dive amorose puelle la
nympha a Poliphilo facundamente dechiara, chi furono et come dagli
dii amate, et gli chori degli divi vati cantanti vide.” IC 177
7. “Et cum tale voluptate et spassi di dolce flamma exhilarando laetissimi
et indefessi corigianti.” IC 370

L’ultimo caso esemplare è quello delle parole ‘ecco’ e ‘echo’. La prima
possibilità di significato viene dal latino classico (‘ecce’) e ha non solamente
mantenuto il significato originale, ma anche elaboratolo con i termini
seguenti: ‘qui’, ‘immediatamente’, ‘improvvisamente’ e ‘allora’. La seconda
origine è il greco e indica l’eco di una fonte, o la sua personificazione: la ninfa
Echo.
Anche qui aspettiamo di vedere che le parole con l’ultimo significato sono
scritte con il nesso ‘ch’, ed esprimono così la loro origine greca.
65
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Totali 56
100%
5 (eco/ninfa)
8,90%
51 (interiezione)
91,1%
Ch
8
100%
4
50%
4
50,0%
C
48
100%
1
2,10%
47
97,9%
Schema 7: Le quantità assolute e relative e il significato delle parole con ‘ec(h)o’
Di nuovo non ho trovato una netta distinzione: delle otto parole che
contengono il nesso linguistico ‘ch’, l’una metà ha il significato originalmente
latino, l’altra metà quello greco. Le parole scritte con una sola ‘c’ sì
conoscono una chiara preferenza per il significato avverbiale.
Quando guardiamo lo schema numero 7 in modo verticalmente, è più facile
interpretare i dati delle parole con il nesso ‘ch’: nel gruppo delle parole con il
significato avverbiale, la minoranza è stata scritta con il nesso, e per le parole
con il significato di ‘eco’ il risultato è inversamente proporzionale.
Qui appare chiaramente che la parola di origine greca scritta senza il nesso
‘ch’ è l’eccezione, come anche quelle quattro parole di origine latina.
1. “Ma echo che io in un’altra parte sento uno aegritudinale gemito humano.(…)
Echo ch’io vedo uno Vastissimo et mirando colosso, cum li pedi senza solea
excavati et tutte le Tibie pervie et vacue.” IC 35
2. “Diqué alcuna fiata gli ochii dalla sua dolce pregione et ligatura,
et quasi proscriptione, dimovendo alquanto, Echo che de sopra le tenelle
come et verdissime cime degli lascivienti arbori mirando, io vidi uno
excelso Pterygio, (…)” IC 196
3. “(…) opportuni latibuli dilla quaerula Philomela, sempre dolcissimamente
lamentabonda cantante, perfectamente sencia Echo per la filia Glaucopi dil
alto et fulguratore Iove netta et purgatissima risonante.” IC 313
4. “Et Ecco per lo infructuoso filio di Cephiso, che gli intravene?” IC 418
66
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
3. Conclusioni riguardo alla ricerca linguistica
Adesso siamo arrivati al momento in cui le ipotesi e le osservazioni vengono
combinate cosicché potremo magari capire un altro pezzo dell’enigma che è la
creazione del Colonna.
Una piccola maggioranza (57,1%) delle parole del corpo basato sul linguaggio
poliphilesco è scritta con il nesso ‘ch’ e di queste parole l’origine è quasi sempre
classica (83,8%). Con queste due osservazioni si elimina immediatamente la
seconda ipotesi, per la quale si aveva bisogno di una maggorianza di parole
originalmente latine° che erano scritte con il nesso linguistico ‘ch’.
Quando si guardano le parole di origine classica in una maniera più
dettagliata, appare che quasi tutte le parole che sono di origine greca e che
contengono il nesso ‘ch’, sono rimaste immutate – tranne dei piccoli cambiamenti
fonologici e quelli applicati nella traduzione verso l’alfabeto latino. Dalle parole
scritte con la ‘c’ di origine greca, nemmeno la metà delle parole è puramente greca.
Il percentuale di parole di origine latina* che sono rimaste immutate è alto, sia per
le parole scritte con la ‘c’ (81,6%) che per le parole che contengono il nesso ‘ch’
(96%).
Neanche l’ipotesi sulla ‘h’ etimologica è risultata completamente valida: il
linguaggio della Hypnerotomachia Poliphili sì contiene molte parole di origine
classica, dalle quali una maggioranza è scritta con il nesso ‘ch’, ma si tratta
soprattutto di parole immutate dalle regole morfologiche del volgare. La ‘h’ nelle
parole non è rimessa al suo posto originale, non è mai sparita.
I casi specifici trattano tutti di una distinzione fra parole quasi omonimi che hanno
la loro origine o nel greco o nel latino. La mia ipotesi era che l’origine, e dunque il
significato, sarebbe legata al modo di scrivere – con la ‘c’ o con il nesso ‘ch’. Siccome
dai risultati sovrastanti appare che si scrive quasi tutte le parole greche con il nesso
‘ch’, si aspettava di vedere anche qui un legame fra questi fattori.
Tutti i casi specifici combinati, si vede una minoranza che consiste in parole
di origine greca (8,3%) e in una minoranza di parole scritte con il nesso ‘ch’ (7,8%).
Nessun caso contiene invece una netta distinzione fra la scrittura e l’origine delle
parole, benché sì sembri esistere una tendenza a usare la sola ‘c’ nelle parole di
origine latina (98,3%) e il nesso ‘ch’ nelle parole di origine greca (74,5%).
67
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Invece di trovare delle prove per le ipotesi proposti riguardo all’uso della ‘h’, ho
svelato un’altra tendenza. La distinzione fra le parole scritte con la ‘c’ e quelle scritte
con il nesso ‘ch’ non ha la base nell’origine classica o no, sembra piuttosto trattare
della distinzione fra l’origine latina e l’origine estera.
Interpretando i dati in modo relativo, ho mostrato (schema no.3) che le parole
di origine latina (la lingua classica e volgare) contengono la quantità più bassa di
parole scritte con il nesso ‘ch’. Il greco si ritrova al terzo posto della classifica,
circondato dalle lingue ‘barbariche’. Questa ipotesi sovrastante viene anche
sostenuta dalle osservazioni dagli altri due schemi, nei quali viene sottolineata la
piccola differenza in quantità di parole (originalmente) latine* scritte con la sola ‘c’ e
quelle scritte con il nesso ‘ch’. Non indicano una preferenza per l’uso della ‘h’ nel
latino classico.
Questa tendenza verso l’esoticità non è sconosciuta nel punto di vista
letterario: nel Quattrocento esisteva un grande interesse nella cultura dell’antichità
greca e soprattutto a Venezia sorse una communità multiculturale: la Serenissima
era il ponte fra la cultura latina, quella delle regioni vicine e quella orientale314.
“La presenza del greco (...) è però sempre marginale, con la funzione ben chiara di preziosismo
lessicale (si tratta quasi sempre di aggettivi), ed è riflesso evidente di una componente delle più
specifiche della cultura umanistica del secondo Quattrocento: l’ellenismo.”p.78-9, Francesco Colonna.,
Casella M.T. & Giovanni Pozzi, Editrice Antenore, Padova 1959.
314
68
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
CONCLUSIONI
L’ultimo quarto del Quattrocento, la rincorsa a cambiamenti importanti – la fine del
neoplatonismo, l’inizio dell’aristotelismo, il sorgimento delle lotte religiose – ha
conosciuto un corrente innovativo, almeno a Venezia e i suoi dintorni. La
pubblicazione aldina dell’opera di Francesco Colonna, la Hypnerotomachia Poliphili,
ne è un esempio chiarissimo perché si trovano degli elementi innovativi in diverse
livelli.
Primariamente abbiamo visto che alla Venezia quattrocentesco ci fosse un
clima aperta a invenzioni e a altre culture, altrimenti la stampa non aveva mai
potuto attecchirsi, essendo considerata un’arte nera. Questo clima attirava gli
inventori da tutta l’Europa, e anche l’umanista Aldo Manuzio. Egli veniva a Venezia
con uno scopo chiaro, ma lascia come eredità più che la sua serie profetizzata di
opere classiche nella lingua greca. Combinando le caratteristiche dei manoscritti
con le nuove possibilità della stampa, egli portava i cambiamenti nel mondo librario
che sono mantenuti ancora oggi.
Nel secondo capitolo ho trattato il capolavoro di Aldo Manuzio con tutte le
sue stranezze e anche qui ho trovato degli aspetti progeniti da un’atteggiamento
innovativo. Questi aspetti non si vedono tutti nel manoscritto, il che indica che le
innovazioni non sono tutte dalla mano dello scrittore Francesco Colonna, ma anche
dal suo editore; questo sembra provare l’intervento di Aldo Manuzio, anche se la
sua paternità non è provata dalla sua firma. Le nuove idee riguardo al contenuto
sono inventate dallo scrittore e in generale vengono vilipendiate; le forme innovative
delle illustrazioni e della tecnica tipografica vengono attribuite all’editore e sono
quell’ultime che hanno creato la fama dell’opera.
Notevolissimo elemento innovativo è il linguaggio in cui il libro è stato scritto.
Si tratta di una mescolanza profondamente riflettuta e dettagliamente elaborata del
latino classico, della forma latina usata nella tarda latinità e di diverse forme del
volgare italiano. La creazione di una tale lingua è esemplare per il continuum
linguistico che allora si era formato in’Italia e una reazione sulle querele linguistiche
delle quali il Quattrocento è famoso. Accanto a questo mischio si trovano anche
delle parole di origine straniera come il greco, l’araba e il longobardo, che forse
venivano usate alla città internazionale Venezia.
La mia propria innovazione scientifica consiste in una ricerca linguistica
dell’ortografia ‘falsiva’ di certe consonanti nella lingua della Hypnerotomachia
69
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
Poliphili. Secondo me, la caratteristica più importante del trapasso del latino
classico verso l’italiano è la palatalizzazione del consonante velare sorda e ho svolto
una ricerca dei fattori possibili di un’ortografia ‘falsiva’ nel Quattrocento. Si
potrebbe concludere dalla mia ricerca che la scrittura falsiva si veda soprattutto in
parole di origine straniera e che l’usa della [h] inutilmente ha la funzione di rendere
delle parole latine e volgari un aspetto più esotico.
Questo risultato ha punti di contatto con il carattere antiquarianismo che
l’opera viene attribuito e con l’espressione possibile del Colonna: il decadentismo.
Francesco Colonna visse in un mondo pieno di inventazioni umanistiche che
alterano il mondo enormamente. Inoltre visse a Venezia, una città che aveva molti
contatti con altre culture, soprattutto con quella dei Turchi. Gli ultimi anni prima
della pubblicazione della Hypnerotomachia Poliphili, in cui ha cambiato il suo stile,
sorse sempre più la minaccia per Venezia e per Italia di essere conquistata e
distrutta. Tutte queste circostanze provocarono forse un sentimento decadente nello
scrittore e forse la sua creazione di una lingua non vitale con la tendenza a parole
di aspetto straniero deve essere vista come un tentativo di scappare dalla realtà.
70
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
APPENDICE
1. Sinossi della Hypnerotomachia Poliphili
Primo libro
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
Poliphilo comincia la sua Hypnerotomachia, dicendo l’ora e la stagione in cui
pensa di trovarsi nel suo sogno. Ha luogo a una costa tranquilla, silenziosa e
deserta, e Poliphilo racconta come entra incauto e con molta paura una foresta
inaccessibile e scura.
Poliphilo, avendo paura per i pericoli della foresta scura, supplice il dio del luce per
aiutarlo. Pauroso e assetato riesce a lasciarla e va alla ricerca di acqua per
confortarsi. All’improvviso sente un canto affascinante. Seguendolo egli incontra delle
maggiori difficoltà.
Poliphilo racconta come, pensando di sognare di nuovo, si trova in una valla
chiusa alla fine da un ostacolo sorprendente: una piramide, coronata con un
obelisco alto, la quale guarda attentamente e con piacere.
Dopo che Poliphilo ha raccontato di una parte della costruzione e della piramide
con l’obelisco alto, descrive in questo capitolo alcune opere di arte magnifiche: un
cavallo, un colosso sdraiato, un elefante, ma più estesamente un portale molto
elegante.
Adesso Poliphilo si dilunga sulle misure e sulle proporzioni del portale con piacere,
descrive eloquente la decorazione ingegenosa, e dice che è stato costruito in una
maniera miracolosa.
Poliphilo entra il portale da egli descritto e guarda con molto piacere il bel
interiore. Quando vuole tornare, vede un drago mostruoso. Essendo in preda al
terrore, fugisce dentro un posto sotterraneo. Alla fine trova l’uscita tanto attesa, la
quale lo porta verso un dolce paesaggio.
Poliphilo descrive la dolcezza del suo nuovo rifugio, dove, vagabondando, si
imbatte in una fontana bella e straordinaria e incontra cinque signorine
incantevoli, le quali, molto sorprese del suo arrivo, lo rassicurano
affettuosamente e gli invitano di partecipare alla sua animazione.
Rassicurato dalle ninfe, Poliphilo va pieno di fiducia con loro a un bagno
pubblico, dove si ride molto di un getto di acqua e dell’effetto di un balsamo. Poi
viene portato alla regina Eleuterillida. In viaggio e nel palazzo vede delle cose
bellissime e una fontana stupenda.
Con tutta la sua eloquenza Poliphilo descrive la dignità della regina, lo sfarzo della
sua residenza, e in che modo ella lo accoglie di cuore e benevolente. Ella è sorpresa
di verderlo. Poi egli descrive un banchetto quasi impensabile e la sala incomparabile
in cui questo banchetto si trova.
Poi Poliphilo racconta di una danza graziosa, effettuata dopo il banchetto, che pare di
essere un gioco. La regina lo affida a due ragazze nobili che lo mostrano diverse cose
e gli spiegano tutto ciò che vuole sapere. A un certo momento sceglie tra tre porte
quella centrale e rimane là da ninfe voluttuose.
Una ninfa graziosa si dirige verso Poliphilo, che è stato abbandonato dalle
ragazze voluttuose. Affettuosamente descrive la sua bellezza e i suoi vestiti.
Arrivata da Poliphilo, la ninfa bellissima, che porta nella sua sinistra una
torcia, prende con la sua altra mano quella di egli e gli dice di andare con ella.
Poliphilo sente che i suoi sentimenti per la bella ragazza divampano sempre più alti.
Polia, non ancora riconosciuta dal suo caro Poliphilo, allegramente e cordialmente lo
rassicura. La sua bellezza straordinaria rinforza il suo amore. Insieme a ella vede con
molto piacere una processione di carri trionfali, assediati da innumerevoli ragazzi e
ragazze in danza.
Al luogo qui sopra descritto, Poliphilo guarda i quattro belli carri trionfali,
costruiti di pietre preziose e costose e assediati da molti giovani beati di ambedue i
sessi che cantano delle lodi del dio supremo Giove.
Polia racconta Poliphilo dettagliatamente chi sono questi giovanotti allegri e le
ragazze divine e desiderabili e chi in quale maniera venne amato da un dio. Anche
vedono uno sciame cantante di amanti di poeti famosi.
71
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
Dopo che Polia ha spiegato capabilmente al suo Poliphilo la marcia trionfale
dell’amore divino, gli invita a progredire. Di nuovo vede innumerevoli ninfe che si
divertino deliziosamente in mille cose con i loro cari amanti, fra i fiori, nelle ombre
fredde, vicine a ruscelli freschi e a fonti limpidissime. Poliphilo diventa quasi pazzo
d’amore, ma con l’aiuto della sua speranza riesce a trovare consolazione nel vedere
della sua bella ninfa.
La ninfa conduce Poliphilo attraverso altre regioni belle, dove vedono molte ninfe che
hanno formato un corteo festoso e che conducono il carro trionfale di Vertunno e
Pomona attorno un altare solenne. Così arrivano a un tempio impressionante, dal
quale Poliphilo descrive l’architettura. Racconta anche che la ninfa in questo tempio,
incitataci dalla sacerdotessa, con molta ostentazione rituale spegna la sua torcia e fa
sapere che ella è la sua Polia. Dopodiché entra insieme alla sacerdotessa la cappella
ed essendo a piede davanti al altare sacro invoca le Tre Grazie.
Polia sacrifica due tortore, dai quali sorge un essere divino. La sacerdotessa prega
Venere. Dopo che le rose sono state sparse e i cigni sono stati sacrificati, nasce in un
modo mirabilmente un cespuglio di rose con frutti e fiori. Polia e Poliphilo mangiano
un frutto e camminano poi allegramente verso un tempio in rovina. Polia spiega
quale culto ci venne praticato e consiglia Poliphilo di andare per leggere i testi scritti
sui tombi vecchi. Seduto accanto a ella Poliphilo guarda la sua bellezza e si infiamma
di nuovo totalmente.
Polia dice che Poliphilo deve andare a guardare le vecchie iscrizioni tombali nel
tempio in rovina. Là Poliphilo vede delle cose miracolose. Quando ci vede raffigurata
la rapina di Proserpina, teme di aver perso la sua Polia e corse verso ella. Poi Cupido
gli invita a imbarcarsi nella sua nave. Nell’acqua i dei di mare mostrano il loro
rispetto per Cupido.
Poliphilo racconta che le ninfe, che avevano ritirato i remi, cominciavano a cantare
dolcemente, dopodiché, quando Polia si collegava a loro, andava in un’estasi
profonda di amore.
Poliphilo racconta dello splendore degnoso del luogo dove sono arrivati allegramente
e descrive dettagliatamente le piante, le erbe, gli uccelli e gli abitanti. Ma prima
divaga sulla forma della navetta, e in che modo il dio Cupido venne accogliato da uno
sciame di ninfe che lo onorava con regali.
Scesi dalla navetta, vengono aspettati con segni trionfali da ninfe in bei vestiti.
Poliphilo narra che questi oggetti sacri vengono offerti a Cupido in una maniera
rituale, e come il dio si siede su un carro triunfale, dopo il quale Polia e Poliphilo
incatenati insieme seguono. Arrivano a un anfiteatro magnifico, il quale viene
descritto da Poliphilo sia l’aspetto del esteriore che quello dell’interiore in un modo
estremamente completo.
Poliphilo descrive il piccolo tempio intorno alla fonte di Venere, come una cortina
strappa, come egli vede la dea nel suo aspetto maestoso, e come ella fa tacere le
ninfe. Tre delle ninfe Venere dà a Polia e tre a Poliphilo per scortarsi. Poi Cupido li
ferisce, la dea li sparge con acqua dalla fonte e Poliphilo riceve dei nuovi vestiti.
Finalmente, dopo l’apparizione di Marte, prendono commiato e partono.
Poliphilo racconta come partono dal teatro, dopo l’arrivo del guerriero, con le sue
accompagnatrici e tutte le altre ninfe. Arrivano a una fonte sacra, dove le ninfe
raccontano la storia del tombo di Adone, e come la dea ci commemora ogni anno. Poi
cessano il loro canto e la loro danza e fanno Polia raccontare dove è nata e come è
diventata innamorata.
Secondo libro
25.
26.
Poliphilo comincia il secondo libro della sua Hypnerotomachia, in cui Polia ed egli
alternativamente raccontano dettagliato della nascita e dello sviluppo aventuroso del
loro amore. Prima la Polia divina narra della sua ascendenza nobile e vecchia, la
famiglia Laelia, della fondazione della città Treviso dal suo antenato e come il suo
amante Poliphilo si innamorava di ella in un modo illecito, senza che ella se ne
accorgeva.
Quando Polia era colpita dalla pesta, si impegnava con una promessa ad Artemide.
Per caso Poliphilo la vedeva quando veniva consacrata nel tempio. Poi la trovava sola,
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28.
29.
30.
31.
32.
33.
34.
35.
36.
37.
38.
raccontava del tormento che sentiva perché l’amava e la chiedeva sollievo. Ella
rimaneva crudele e lo vedeva cader morto. Poi fugiva in fretta, come se avesse
commesso un crimine.
Polia divaga di nuovo sulla sua insensibilità e racconta come venne sollevata durante
la sua fuga da un tornado e portata inosservatamente verso una foresta, nella quale
doveva guardare come due ragazze vennero assasinate in un modo crudele e
sanguinoso. Tornata a casa sognava che due carnefici volevano rapirla. Spaventata a
morte nel suo sogno, svegliava la sua balia, che la dava un consiglio utile.
Polia racconta come la sua balia saggia la incita con esempi, come quello di una
donna che si uccide per disperazione della sua gelosia, a evitare l’ira e le minacce
degli dei e la convince di andare senza indugio alla somma sacerdotessa del tempio
di Venere, che la darà un consiglio appropriata su che cosa deve fare.
Intimidata dalle storie della sua balia saggia per l’ira degli dei, Polia crede che sia
saggio di diventare innamorata. Va al tempio dove è sdraiato Poliphilo morto, lo
abbraccia e lacrimando lo sveglia dalla morte. Polia racconta come le ninfe di
Artemide li scacciano e come poi vede nella sua stanza una visione e poi nel tempio
di Venere trova Poliphilo.
Polia si è accusata alla somma sacerdotessa di crudeltà ed ella giurava di essere
adesso innamorata focosamente del Poliphilo presente, dopodiché la donna sacra ha
chiamato Poliphilo da sé. Egli supplicava di legittimare la loro unione. Trascinata
dalla pazienza, Polia interrompeva la risposta.
Appena Poliphilo ha finito parlare, Polia lo racconta, con molti esempi, che è
pazzamente innamorata di egli e che lo desidera con molta avidità. Per provare
questo, lo dà un bacio delizioso come assaggio del suo amore sfrenato. Racconta
anche quello che gli diceva la somma sacerdotessa rispettabile.
Poliphilo ubbedisceva alla somma sacerdotessa e cantava le lodi della perseveranza.
Racconta che vedeva Polia durante una festa nel tempio e poi, tormentato forte
dall’amore, rimpiangeva la sua partenza e gli veniva l’idea di rivelarle in una lettera
il suo calvario.
La prima lettera che Poliphilo scriveva alla sua Polia. Quando ella non si lasciava
commuovere, le mandava una seconda.
Poliphilo continua la sua storia lamentosa e racconta che mandava una terza lettera
a Polia, la quale non si lasciava commuovere dalle sue due lettere. Quando ella
continuava a perseverare nella sua crudeltà, la trovava sola nel tempio di Artemide,
dove egli era morto e poi dai suoi abbracci veniva svegliato dalla morte.
Poliphilo continua il suo racconto e dice che il suo spirito tornato gli appariva e lo
faceva sapere allegramente che era stato con Venere, dolce e clemente, grazie alla cui
clemenza poteva tornare per essere risvegliato.
Poliphilo dice di rivivere nelle braccia di Polia dal momento che il suo spirito taceva.
Poi domandava la somma sacerdotessa di unirli nell’amore eterno. Alla fine Polia
conclude la sua storia alle ninfe come ella diventava innamorata e come Poliphilo di
ella.
Le ninfe che avevano tanto tempo ascoltato la storia del loro amore, adesso prendono
commiato e tornano verso il suo divertimento. Polia e Poliphilo, adesso soli,
parlano dell’amore. Polia lo abbraccia e sparisce, come anche il sogno.
Qui Poliphilo conclude la sua Hypnerotomachia. Rimpiange che il suo sonno non
durava e che il sole geloso portava il luce.
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
2. Corpo linguistico della Hypnerotomachia Poliphili
RADICE
Ac(ch)ad-
Ac(h)ant-
Ac(h)atAc(h)oé
Ac(h)ori
Ac(h)osta
Alc(h)ameo
Alc(h)mena
Alc(h)un-
Ambulac(h)rAnc(h)oraAntic(h)-
Antioc(h)o
Arc(h)ad-
Arc(h)aeArc(h)an-
FORME
Acadere
Acadete
Acadette
Acadeva
Accadesse
Accadete
Achade
Achadesse
Cynacanthe
Acanthine
Acanthino
Acantho
Acanti
Achantinea
Achantino
Achate
Achates
Achoé
Accori
Achori
Achosta
Alchameo
Alcmena
Alchmena
Alchuna
Alcun
Alcuna
Alcune
Alcuni
Alcuno
Ambulacri
Ambulachro
Anchora
Ancora
Ancorale
Antica
Anticha
Anticho
Antico
Antiocho
Arcadia
Arcado
Archada
Archadia
Archado
Archaeo
Arcane
Arcani
Arcano
Archane
QUANTITÀ
2
1
4
1
1
1
1
1
1
1
1
5
1
1
1
4
5
3
1
2
2
1
1
1
2
1
73
88
68
72
1
1
4
243
1
4
3
3
8
1
1
2
1
1
1
2
1
1
3
2
ORIGINE
latina°315
latina°
latina°
latina°
latina°
latina°
latina°
latina°
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
latina°
greca
greca
greca
latina°
latina°
latina°
latina°
latina°
latina°
latina*
latina*
1.latina°
2.greca
greca
latina*
latina*
latina*
latina*
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
latina*
latina*
latina*
latina*
SIGNIFICO
succedere
(dell’) acanto
nome lapide
nome
nome pianta
nome pianta
vicino, a lato di
nome principe
nome regina
qualche
corridoio coperto a portico
ancora, già
ancora di una nave
vecchio
h.l. nome re
nome regione
antico
segreto, nascosto
Tutte le parole segnate con asterisco hanno origine nel latino classico, tutte quelle segnate con
clausum nel latino volgare.
315
74
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
RADICE
Arc(h)an-Arc(h)-
Asynec(h)a
Auric(h)alc(h)-Bac(ch)-
Bianc(h)Boc(h)Callimac(h)o
Canc(h)rCenc(h)rC(h)C(h)aimeno
C(h)aldeo
C(h)alyb-
C(h)am-
C(h)ameo
C(h)aonia
C(h)ar-
FORME
QUANTITÀ
Archani
3
Archano
1
Arco
36
Archo
3
Archuare
1
Arcuale
2
arcuare
2
Arcuata
2
Arcuatamente
1
Arcuati
3
Arcuato
9
Inarchuava
1
Inarcuare
1
Inarcuate
1
Inarcuato
2
Inarcuava
1
Inarcuendo
1
Asynecha
1
Auricalcho
3
Aurichalco
1
Bacchabondo
1
Bacchalia
1
Baccho
6
Bacchus
1
Bacho
1
Bacco
1
Semibacchati
1
Biancha
1
Biancho
2
Bianco
4
Bocca
1
Bocha
1
Callimacho
1
Canchry
1
Cenchrale
1
Cha
7
Chaimeno
1
Chaldeo
1
Calybe
4
Chalybe
4
Calybecei
1
Calybicie
1
Chalybicea
1
Camaedaphne
1
Chamaeciso
1
Chamaedaphne
1
Chamaedryos
1
Chamaeiuniperi
1
Chamaephoni
1
Chamaepiteos
1
Chamochayno
1
Chameo
1
Chaonia
2
Cara
6
ORIGINE
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
germanica
germanica
germanica
latina*
latina*
greca
greca
greca
latina°
?
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
latina°316
greca
latina*
SIGNIFICO
arco
nome ninfa
ottone
nome dio
bianco
bocca
nome scrittore
nome arbore
nome serpente favoloso
seconda parte comparazione
formato da erosione
caldeico
acciaio
nome pianta
nome pianta
nome pianta
nome pianta
nome pianta
nome strumento musicale
nome pianta
damaschino
cammeo
nome regione
caro
“Negli triangoli che l’arco causava, era una Pastophora per una nobilissima scalptura, di artificio
quale nomina il vulgo Chameo.”p.51 HP, IC.
316
75
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
RADICE
C(h)ar-
C(h)aracter-
C(h)araini
C(h)aribdi
C(h)ari-
C(h)arit-
C(h)artella
-c(h)austicC(h)lamyd- C(h)lar-
C(h)lidonia
C(h)lomone
C(h)lori
C(h)oac- C(h)od-
C(h)odonC(h)olc(h)-
FORME
QUANTITÀ
Care
2
Cari
1
Carissima
3
Carissimo
2
Caro
8
Chara
3
Chare
1
Charissima
1
Caractere
1
Caracterizate
1
Charactere
9
Characteri
1
Charaini
1
Charibdi
1
Cariophyle
1
Chariceumati
1
Charidemo
1
Chariophyllaceo
1
Chariophylli
2
Caritate
1
Caritie
1
Charitate
1
Charites
1
Charitie
2
Chartella
1
Enchaustica
3
Enchausticamente 2
Inchaustico
1
Chlamyda
2
Chlamyde
2
Chlarissimo
1
Clarificati
1
Claro
1
Praeclara
21
Praeclare
5
Praeclari
2
Praeclarissimi
2
Praeclarissimo
2
Praeclaro
10
Preclare
1
Chlidonia
1
Chlomone
1
Chlori
2
Coacervate
3
Coacervati
2
Choacervare
1
Accodate
1
Coda
3
Code
3
Choda
1
Chodoni
2
Chodono
1
Cholci
1
Colchi
1
Colcho
1
ORIGINE
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
?
greca
greca
greca
greca
greca
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
greca
greca
greca
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
?
?
greca
greca
greca
SIGNIFICO
segni, lettere
da Caria, egiziano
nome mulinello
nome erba
golosità
nome
nome erba
nome erba
amore generoso
nome dee
parte del cornice
encaustico
paltò di stato
chiaro
nome pianta
nome uccello
nome dea
ammucchiare
coda
bronzo
nome fiume
76
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
RADICE
C(h)ollo
C(h)omo
C(h)oraulario
C(h)or-
C(h)ortasina
C(h)osC(h)osta
C(h)ostC(h)ostì
C(h)ox-
C(h)ristal-
C(h)romaticC(h)rysant
-c(h)rys-
317
FORME
Chollo
Chomo
Como
Choraulario
Chorea
Choree
Chori
Chorigiante
Choriganti
Chorigiavano
Choristrie
Chorizante
Choro
Cor
Core
Corea
Cori
Corigiando
Corigiante
Corigianti
Chortasina
Chosa
Cosa
Cose
Chosta
Costa
Chostei
Chostui
Costei
Chostì
Costì
Choxe
Choxendice
Coxa
Coxe
Christallo
Crystalino
Crystallea
Crystallina
Crystalline
Crystallino
Crystallo
Chromatice
Cromaticule
Chrysant
Chrysanthes
Chrysaora
Chrysocari
Chrysocoma
Chrysolectro
Chrysolitho
Chrysophrasio
Heliochrysso
Holochryso
Isochrysia
QUANTITÀ
1
1
77
1
11
3
4
3
1
1
1
3
5
2
214
1
8
1
1
3
1
2
197
100
1
1
2
1
14
1
3
1
1
3
4
1
1
1
3
2
3
13
1
1
7
1
1
1
1
1
3
1
1
1
1
ORIGINE
greca317
latina°
latina°
greca
1.greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
2.latina*
latina*
greca
latina*
greca
greca
greca
greca
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina°
latina°
latina°
latina°
latina°
latina°
latina°
latina°
latina°
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
SIGNIFICO
nome re
come
flautista
danza in cerchio, fila
cuore, amore
nome ninfa
cosa
fianco, lato
ecco a lei
ecco a lui
ecco qui
coscia
cristallo
cromatico
nome pianta
con spada di oro
galleggiante segnaletico
con i capelli di oro
di oro ed electro
nome lapide
nome pianta
di oro come il sole
di oro solido
simile all’oro
Viene tradotto con il nome Aeolo.
77
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
RADICE
-c(h)rysC(h)usì
Ciasc(h)unCiec(h)Citrac(h)o
-coc(h)le-
Conc(h)-
Demodoc(h)o
Deuc(h)alione
Eac(h)o
Ec(ch)o-
Eric(h)thonio
Esac(h)o
-fatic(h)-
Fianc(h)o
Fic(h)o
Formic(h)Fresc(h)-
FORME
QUANTITÀ
Isochryso
1
Isotrichechrysa
1
Chusì
1
Cusì
345
1
Ciaschuna
Ciascuna
52
Ciascuno
50
1
Ciecho
Ciecamente
1
Cieco
3
Citracho
1
Cochlea
2
Cochleata
1
Cochleate
1
Cochleato
1
Cocleale
1
Coclei
1
Coclide
1
Incochleati
1
Incochleatura
1
Incochleava
1
Incocleantise
1
Incocleava
1
Concha
20
Conchula
8
Conchule
4
Concula
1
Conculata
1
Demodocho
1
Deuchalione
1
Eacho
1
Eaco
1
Ecco
38
Eccome
6
Eccomi
4
Echo
8
Erichthonio
1
Esacho
3
Esaco
2
Affaticando
1
Affaticantise
1
Affaticate
1
Affaticato
1
Affaticava
1
Affatichava
1
Fatica
21
Faticha
6
Fatichare
1
Faticosa
1
Infaticabile
1
Fiancho
1
Fianco
2
Ficho
1
Formica
3
Formicha
1
Fresca
6
Frescha
4
ORIGINE
greca
greca
latina°
latina°
latina°
latina°
latina°
latina*
latina*
latina*
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
1.latina*
latina*
latina*
2.greca
greca
greca
greca
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
francone
francone
latina*
latina*
latina*
francone
francone
SIGNIFICO
con i capelli simili all’oro
così
ciascuno
senza finestre
nome pianta
murice, conchiglia
conchiglia
nome
nome
nome
ecce
nome ninfa, eco
nome dio
nome re
stanco
lato
nome arbore
formica
fresca
78
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
RADICE
Fresc(h)Gampsonyc(h)a
Gracc(h)o
Inac(h)o
Inc(h)oaIntric(h)ata-
-lac(h)ry-
Leuc(h)o-
Lic(h)as
Lic(h)ori
Limac(h)-
FORME
QUANTITÀ
Freschamente
1
Frescho
1
Fresco
3
Gampsonycha
1
Graccho
1
Inacho
1
Inchoamento
1
Inchoavano
1
Intricabile
1
Intricamenti
2
Intricantime
1
Intricantise
2
Intricata
2
Intricate
1
Intricati
2
Intricatissimi
2
Intricato
4
Intrichatamente
1
Intrichatione
1
Collachrymanti
1
Collachrymavano
2
Collachrymulantes 1
Illachrymabonda
2
Illachrymabondo
1
Illachrymando
6
Illachrymante
2
Illachrymare
1
Illachrymava
1
Lachry
1
Lachryma
1
Lachrymabile
4
Lachrymabonda
3
Lachrymabondi
2
Lachrymabondo
1
Lachrymabunda
1
Lachrymamento
1
Lachrymando
2
Lachrymante
4
Lachrymas
2
Lachryme
46
Lachrymiferi
1
Lachrymis
2
Lachrymosa
4
Lachrymose
1
Lachrymosi
6
Lachrymoso
4
Lachrymule
9
Lachrymulis
1
Leuchotoe
1
Leucocomi
1
Leucorigano
1
Leucosia
1
Leucothea
1
Lichas
1
Lichori
1
Limacale
1
Limachale
1
ORIGINE
francone
francone
francone
greca
greca
greca
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
latina*
latina*
SIGNIFICO
con gli artigli curvi
greco
nome
iniziare
cinto
piangere
nome ninfa
con mareggiata bianca
nome pianta
nome isola
nome dea
nome artista
nome
nella forma di conchiglia
79
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
RADICE
Loc(h)o
Lyc(h)no
Mac(h)areo
- mac(h)ul-
Malic(h)a
-manc(h)-
Masic(h)o
Melancoc(h)ro
Microphyc(h)o
Navic(h)-
Navarc(h)o
Nic(h)olo
Nic(h)omede
Nicomac(h)o
Orc(h)ade
Oc(h)o
Orc(h)omeno
Poc(h)Poliuc(h)o
Pulc(h)ritudine
Qualunc(h)a
Radic(h)Ric(ch)Roc(h)a
Ronc(h)o
Saliunc(h)-
FORME
Locho
Loco
Lychno
Machareo
Immaculati
Machule
Maculabile
Maculamenti
Maculamento
Maculate
Maculati
Macule
Maculosa
Maculose
Maculosi
Maculule
Malicha
Dimancho
Dimanco
Mancava
Mancavano
Mancho
Manco
Masicho
Melancochro
Michropsycho
Navicare
Navichare
Navicula
Naviculam
Naviculando
Navicularie
Navicularii
Navicule
Navarcho
Nicholo
Nichomede
Nichomacho
Orchade
Ocho
Orchomeno
Poca
Pocho
Poco
Poliucho
Pulchritudine
Qualunca
Qualuncha
Radichone
Radicone
Radicule
Richamente
Richo
Rocha
Roncho
Saliunca
Saliuncha
QUANTITÀ
1
191
1
1
1
1
1
1
1
2
1
5
1
1
1
1
1
1
3
1
1
1
11
1
1
1
1
1
16
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
4
2
31
1
5
2
4
1
1
2
1
2
1
1
1
1
ORIGINE
latina*
latina*
greca
greca
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina°
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina°
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
latina°
latina*
greca
latina*
latina*
latina*
greca
latina*
latina°
latina°
latina*
latina*
latina*
longobarda
longobarda
latina°
greca
latina*
latina*
SIGNIFICO
posto, luogo
lampadario
nome re
macchia
nome città
mancare, mancanza
nome monte
di colore nero
meschino
navigare
navetta
nome
nome re
nome artista
nome isole
nome fiume
nome
un po’
sovrano di una città
bellezza
qualsiasi
radice
ricco
fortezza
sbuffare
nome pianta
80
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
RADICE
Saliunc(h)Sc(h)aphidiSeleuc(h)o
Sepulc(h)r-
Simulac(h)r-
- stic(h)on
Stomac(h)Talasic(h)o
Tarc(h)on
- tec(h)nio
Terisc(h)a
T(h)ebaic(h)- t(h)ric(h)-
Troc(h)leTronc(h)Unqua(m/n)c(h)o
Zachar-
FORME
QUANTITÀ
Saliuncula
1
Scaphidii
1
Scaphidio
1
Schaphidio
1
Seleucho
1
Sepulchrale
2
Sepulchrali
2
Sepulchri
4
Sepulchro
23
Sepulcrum
1
Simulachri
2
Simulachro
22
Simulachruli
1
Simulacrata
2
Simulacro
4
Distichon
1
Monostichon
1
Stomachose
1
Stomaco
1
Stomacoso
1
Talasicho
1
Tarchon
1
Calotechnio
1
Terischa
1
Thebaica
1
Thebaicha
1
Callitrica
1
Polythricho
1
Polythricose
1
Polytrico
1
Pyrrothricha
1
Trichomanes
1
Xanthothricha
1
Trochlea
1
Troclea
5
Troclee
1
Troncato
1
Troncho
2
Tronco
1
Unquamcho
1
Unquancho
2
Unquanco
1
Saccaro
3
Zacharissimamente 1
Zacharissime
1
Zacharissimi
1
Zachariter
1
Zacharo
5
ORIGINE
latina*
greca
greca
greca
greca
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
latina*
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
?
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
greca
latina*
latina*
latina*
latina°
latina°
latina°
araba
araba
araba
araba
araba
araba
SIGNIFICO
tipo di piccolo vaso
nome re
tombi, sacrofaghi
immagine, ritrarre
disticho
monostico
disgusto
stomaco
disgusto
celesto
nome pianta
artistico
da Thebe
con i capelli belli
nome pianta
con i capelli scintillanti
nome pianta
con i capelli di oro
oggetto rotondo
tronco
zucchero
81
Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
la Hypnerotomachia Poliphili
BIBLIOGRAFIA
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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento:
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