Fortunato come un cane in chiesa
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Fortunato come un cane in chiesa
25 religione Fortunato come un cane in chiesa Q uesto è un detto molto diffuso, che sta a significare che si è veramente iellati. Esiste però un giorno in cui anche i cani hanno il loro giorno fortunatissimo, anche se vanno in chiesa; è il 16 Agosto giorno dedicato a San Rocco, Santo protettore dei cani. In tale ricorrenza si usa portare i cani in chiesa, dove l’ufficiante impartisce loro addirittura la Santa Benedizione. In questo occasione si usa anche riservare al cane particolari attenzioni, coccole e prelibati pranzetti. Vi chiedere il motivo per cui San Rocco è considerato il patrono dei cani, lo scoprirete leggendo la sua bibliografia che vi proponiamo. Rocco, santo – Figura di giovane pellegrino del quale non si hanno notizie bibliografiche degne di fede storica. Dal secolo 15° è invocato, assieme a San Sebastiano, come taumaturgo e protettore contro la peste, perché avrebbe contratto questo male curando appestati Esistono due bibliografie a volte contrastanti. Si dice che sia nato in Francia a Montepellier, da famiglia agiata, rimasto orfano, donò tutti i suoi beni ai poveri e si fece monaco. Pellegrino di recò a Roma durante il viaggio si fermò in un ospizio di Acquapendente per curare gli appestati, dove operò numerose guarigioni miracolose, scacciato, raggiunse Roma, dove risanò il nipote di un cardinale, il quale lo avrebbe poi presentato al papa. Dopo tre anni riprese il viaggio di ritorno, arrivato a Piacenza si accorse di aver contratto egli stesso la pesate; si ritirò allora in un bosco nei pressi della città. Dove veniva nutrito dal suo cane, che andava a rubare il pane nelle case dei dintorni. Lo strano comportamento dell’animale fu notato da un patrizio della città, che lo seguì nel bosco e scoprì Rocco. Quell’uomo caritatevole, di nome Gottardo Pollastrelli lo aiutò e lo accolse poi presso di se. Qualche tempo dopo un angelo apparve all’ammalato e lo guarì misteriosamente. Lasciata Piacenza per tornare al paese natale, Rocco fu arrestato ad Angera sulle rive del lago maggiore, e rinchiuso come spia in prigione, dove morì cinque anni dopo. Le sue immagini sono rare, prima del 1485, quando, secondo una tradizione, i Veneziani ne trasportarono le reliquie. Da allora il culto del santo ebbe grande impulso e dappertutto sorsero chiese, oratori e confraternite in suo onore, specie nelle campagne, (se ne contano oltre 3.000). E’ rappresentato giovane, barbato, in abito pellegrino, in atto di indicare un bubbone sulla gamba, ed è spesso accompagnato dal cane, che talvolta reca un pane in bocca, a volte nell’atto di leccargli le piaghe, e col pane ai piedi, a ricordo della leggenda secondo la quale anche il nobile Gottardo, mandava col cane il cibo al santo. I cicli pittorici sono rari. Il più famoso è quello di I. Tintoretto, nella scuola di San Rocco a Venezia, dove si conservano le reliquie del santo. E’ stato canonizzato Santo nel 1629 da papa Urbano VIII. Commento – Pensate, quel cane, per amore del suo padrone, ha rischiato il suicidio! Si è anche tolto il cibo di bocca per nutrire il suo caro amico, gesto di grande cuore e nobiltà. Un vero esempio di amore, riconoscenza e spirito di nobiltà. San Rocco è ricordato soprattutto come protettore degli appestati, ora che questa malattia è stata debellata, gli chiediamo di dedicarsi alla protezione dei cani a tempo pieno, in quanto ce n’è ancora molto bisogno. l’angolo della poesia Il Monte Baldo, terra di tartufai e di poeti In occasione della Festa del tartufo del Monte Baldo, ho avuto il piacere di conoscere due poeti che hanno rimato decantando di tartufi in dialetto veneto, uno è Plinio Pasini, tartufaio del quale ho già pubblicato la poesia del “Il tartufo del Monte Baldo” e che gentilmente me ne ha fornita una seconda, intitolata “Il lagotto”, che pubblico molto volentieri. Come non poteva poetare, uno che si chiama Plinio e, che vive nelle terre del Garda, patria di Catullo? L’altra è la poetessa Anna Maria Zantedeschi di Fumane del Garda. Che ha composto la simpatica poesia che pubblichiamo di seguito: i tartufai Parchè cagneto cata tartufo, i ghe le fa tastar, e con furbissia da gufo Perché cagnetto trovi tartufo, gli lo fanno annusare, e con furbizia da gufo i ghe i messia glielo mescolano, rento al magnar, dentro il mangiare, a sto gusto i ghe se afesiona dandoghe motivo de sercar. Ma no le miga finia ie professori i ghe sconde el tartufo en ogni canton a questo gusto li fanno affezionare dandogli motivo di cercare. Ma non è micca finita sono professori gli nascondono il tartufo in ogni luogo, e non le na cagnara e senza fare cagnara seitando a nasar, seguitando a fiutare, el cagneto impara, il cagnetto impara, el serca nel bosco, lui cerca nel bosco, el tartufo l’aspeta il tartufo l’aspetta quando sente l’udor quando sente l’odore al raspa con sata, lui raspa con foga, el va belo fondo lui va bello fondo fin che ‘l cata fin che lo trova lui raspa el seita raspar e tartufo ven fora. Le bòn dapertuto lui raspa e seguita a raspare e tartufo viene fuori. E’ buono dappertutto a scaiete, gratà, a scagliette, grattugiato, su lasagnete lè na bonta, su tagliatelle è una bontà, le prelibato, lui è prelibato, quando ghe lu quando c’è lui denta sior ogni piato. Brao cagneto, el to paròn, viva el tartufo diventa ricco ogni piatto, Bravo cagnetto, e il tuo padrone, viva il tartufo che le gran bon. che è tanto buono. 09/08/2009 Anna Maria ZANTEDESCHI