Alsazia, il paradiso dei geologi

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Alsazia, il paradiso dei geologi
Alsazia, il paradiso dei geologi
29 dicembre 2015
Abbiamo immaginato una degustazione diversa. Invece che una sfilata di Grand Cru
diversi, interpretati attraverso tecniche e vitigni differenti, siamo andati alla ricerca del
senso vero di un terroir, la comunanza espressiva di ciò che significa “tessuto”. Così,
abbiamo trovato degli importatori sensibili al nostro slancio. È nata un’occasione che non
dimenticheremo: degustare e bere, in due casi su tre, vini da vitigni diversi ottenuti nello
stesso luogo e nella medesima annata, realizzati dallo stesso produttore.
Che cosa è emerso? L’impronta del luogo si manifesta attraverso la stoffa del sapore, nella combinazione tra gli
estratti, la salinità e l’abbraccio complessivo del liquido sulla lingua. Senza la libertà espressiva della fisicità non
esistono bellezza e piacere, il profilo tattile del vino dipende dalla forza che la terra riesce a imprimere al succo.
È stato bellissimo avvertire una sensuale successione indipendente dall’identità del vitigno. Badate bene, non si
tratta di un appiattimento della varietà odorosa e gustativa di Riesling, Gewurztraminer, Muscat e Pinot Gris, è la
percezione netta di una base comune, il luogo, dalla quale spiccano il volo e si librano viaggiando nella nostra
emotività tutte le sfumature che fanno di un vino un’esperienza memorabile.
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Dirler-Cadé (Bergholtz)
Frequentiamo da tempo quest’azienda, ne avevamo descritto i prodotti migliori già sui numeri di Porthos dedicati
ai bianchi naturali francesi. La soddisfazione è percepire come non sia stato intaccato lo spessore e il trasporto
espressivo a fronte di una chiara diminuzione dell’uso di anidride solforosa, aspetto percettibile anche in MeyerFonné e in Zind Humbrecht. Un altro aspetto di fascino è la chiarezza del passaggio tra un lieu-dit come il
Katzenthal e un Grand Cru come il Saering: quest’ultimo non ha bisogno di gridare, ci avviciniamo ed è come
mettere il naso nella culla di un bambino addormentato, possiamo risvegliarlo con parole e movimenti delicati,
tanto lui arriverà e non ci abbandonerà.
Muscat Grand Cru Saering 2012
È comprensibile l’orgoglio degli alsaziani quando si tratta di Muscat rispetto a tutti gli altri esemplari del
medesimo vitigno, o di variazioni sul tema, che in giro per il mondo provano in qualche modo a emulare esibizioni
tanto carismatiche. La trasparenza del colore non corrisponde a una perdita, anzi sembra il preludio a un’uscita
graduale dello spettro aromatico, i cui dettagli non sono lo scopo della nostra analisi, ma i mezzi per navigare e
orientarci nelle pieghe di una reale comunione tra cultivar e luogo; le sfumature salgono e scendono, lasciandosi
ogni volta lo spazio giusto e accompagnando il sapore in un flusso morbido e vitale, fatto di soste e di ripartenze,
tante sono le aree sensibili della nostra bocca. Riesce ad accogliere la forza odorosa di una fresca toma piemontese
di capra.
Riesling Grand Cru Saering 2012
Emozionante ritrovare i fondamenti espressivi del precedente, soprattutto nello sviluppo del sapore; se il Muscat
del Saering non ha bisogno di gridare, potete immaginare il Riesling che fa della reticenza il primo veicolo della
sua capacità attrattiva. Il magnetismo del re dei vini non lascia scampo a palati suggestionabili come i nostri,
puntando in maniera inequivocabile sulla freschezza; non importa se i tratti possono apparire spigolosi – io non
faccio testo, amo le acidità più impenitenti – sono la relazione naso-bocca e la sostanza tattile della struttura a
lasciare senza parole, a far intuire il potenziale evolutivo del vino.
Una toma di capra dalla lunga stagionatura non spezza la droiture del vino, ne misura la capacità pulente.
Saering
Il toponimo “Saering” viene fatto risalire a due origini etimologiche: i termini tedeschi See, che può significare
‘mare’, e Ring, che vuol dire ‘anello’, designerebbero un “anello di mare” poiché questo territorio si estende in
effetti quasi come un’isola nella pianura alsaziana, pianura che milioni di anni fa era ricoperta dal mare; i termini
tedeschi Seh, “vedere” e Ring, possono designare un accampamento romano, il toponimo Saering potrebbe
alludere a un posto d’osservazione, ottimale a quell’altitudine.
Il vigneto Grand Cru si trova tra il Kessler a nord e il Kitterlé a ovest. Questi tre cru, cui si aggiunge lo Spiegel,
sono contigui e tutti nel Comune di Guebwiller. La superficie del Saering è di circa 27 ettari, posta a un’altitudine
tra i 260 e i 300 metri con esposizione sud-est. Il suolo è marnoso-calcareo con gres e piccoli ciottoli; l’influenza
più evidente sull’espressione organolettica dei vini è la finezza odorosa. Da notare che dei tre Grand Cru
circostanti solo lo Spiegel ha una vicinanza pedologica, il Kessler è sabbia argillosa, il Kitterlé è gres vulcanico.
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