Occhi di lumaca

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Occhi di lumaca
Occhi di lumaca
Strano titolo, eh?
Ma, soprattutto: cosa
c’entra coi tuttala?
Leggete e lo scoprirete!
Nicola & Giuseppe Briscese
S
iamo d’accordo con voi: il titolo è
sconcertante, ma è un modo di dire
lombardo (“ieuc’ a lumaga”) per
significare che è sempre bene guardare
lontano, come fanno i giapponesi con i loro
periscopi quando sono in mezzo alla folla.
Spesso, sui campi di volo, si sente dire:
“Questo modello vola molto bene!”
E’ ovvio che si tratta di un’affermazione
superficiale, influenzata dall’emozione del
momento e decisamente non qualificante.
Infatti, per fissare un corretto giudizio complessivo, la valutazione dev’essere articolata
almeno su tre fattori: durata, distanza, velocità. Se non erro, ancora oggi, a livello reale,
se le macchine volanti non si adeguano a
queste esigenze in funzione degli impieghi,
sono considerate fuori standard.
In questi ultimi anni si vedono sempre più
spesso “plasticoni colorati” con architetture
e geometrie, diciamo così, “divertenti”.
Questo potrebbe anche essere accettabile se
venisse inteso in senso puramente promozionale, per poi procedere nella ricerca con
steps tecnicamente migliorativi.
Le nostre esperienze operative (cioè: fatti
concreti) tralasciano decisamente le formule
e le teorie, sempre difficilmente realizzabili,
(l’arcivernice di nota memoria è un’utopia).
La configurazione tuttala per noi è il futuro.
Consideriamo ad esempio cosa sta facendo
l’aereonautica USA (B2, Aurora, tuttala
sonda radiocomandati etc.) e tutto ciò sicuramente non è casuale! Ovviamente scartiamo
subito le tavole volanti, con quei profili
autostabili e quei direzionali giganteschi che
danno un senso di artificiale e quando
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dovrebbero fare i traversoni in efficienza li
fanno zigzagando alla folle velocità di 40
km/h e con un forte angolo di caduta!
Nella nostra sperimentazione siamo partiti
dal seguente concetto: per il comportamento
di un aereo in volo, al di fuori dei coefficienti di portanza e resistenza, è importante
il coefficiente di momento (Cm). E’ questo il
Qui sotto: lo “Yoda” (profilo HD 47)
in versione 36 dm2 (10 celle FAI) e
svergolamenti alari, per gli ultimi
300 mm, da 0 a 2°. A destra: il prototipo dello “Yedi” (profilo MH 62). Notare la pianta alare diversa dal consueto.
parametro che influenza la stabilità longitudinale. Si dice delfinaggio o scampanamento
l’effetto prodotto da uno scarso controllo di
stabilità longitudinale. Un aereo classico può
compensare il momento dell’ala con il piano
di quota orizzontale (stabilizzatore di profondità), ma un tuttala, ovviamente, non può
farlo. E’ quindi possibile dividere i tuttala in
tre gruppi, distinguendo il sistema che
migliora la stabilità longitudinale:
1) ala senza freccia (tavole volanti).
In questo caso la stabilità è generata dal
solo profilo che deve avere Cm positivo.
Non considerato nelle nostre prove.
2. Ala a freccia. E’ possibile usare qualsiasi
profilo, e questo è un grande passo avanti.
Con questa geometria, la stabilità longitudinale può essere ottenuta con un’equilibrata
combinazione tra angolo della freccia (vista
in pianta) e svergolamento alare. Lo svergolamento alare, poi, può essere portato a zero
per tutta l’ala se si usano profili appropriati.
MODELLISMO 50
(Chi desidera approfondire questo discorso,
è invitato a consultare:
“Basic Design of Flying Wing Models”
Martin Hepperle 1986-1998
(Web site: beadec1.ea.bs.drl.de/Airfoils/).
Per una performance ottimale ogni tempo
i profili con bassi Cm (attorno allo zero)
sono sufficientemente i più completi.
Necessitano di piccole svergolature sulle
estremità, con la possibilità di ampie
escursioni di velocità senza pagare troppe
penalità rispetto al progetto di partenza.
3) Ala con bassa posizione del CG.
In questo caso il Cm è meno importante ed
è possibile usare profili tradizionali con Cm
negativi. La posizione del baricentro (CG)
può essere scelta per garantire la stabilità e
generalmente i profili con Cm medio sono
più adatti per ottenere velocità di penetrazione con buone variazioni della velocità stessa.
Detto questo, per fissare le idee (ci sono
fiumi di libri e pubblicazioni) entriamo nel
merito operativo vero e proprio. Scelta la
geometria (2), ala a freccia con 20 gradi,
(per chi volesse ci sono formule e calcoli
con diagrammi dai progetti di M.Hepperle),
in origine la scelta del profilo era caduta
sulla serie MH, poi viste le polari di altri,
come FX05-H-126, il vecchio Horten II e i
MODELLISMO 50
noti E 182/E 184, siamo ritornati a definire
il progetto con l’ottimo (visti i risultati)
MH 62, che ha uno spessore del 9% ed un
codino autostabile molto lieve.
Avevamo già visto moltissimi schiumini
(grazie, Ghisleri!) nelle versioni più disparate e colpiti dall’eccellente manovrabilità
confermata dal proliferare dei tuttala con il
profilo Tsagi nel Trofeo FIAT (grazie, Padovano!) dove con sette stilo da 700 mAh, uno
Speed 400 ed un’elica 5x5 chi l’ha visto ha
sicuramente notato quante possibilità di velocità, acrobazia, planata ed autonomia si
possano raggiungere. Non dimentichiamo
il possibile atterraggio spiattellato tipo
Shuttle che permette significative variazioni di velocità e precisione nell’atterraggio.
L’unica obiezione negativa sentita sui tuttala
è di carattere squisitamente romantico:
“Non può essere un aereo perché non ha la
coda!”... Allora, se la mettiamo così, solo i
biplani hanno un futuro, dico io!
Ci siamo lanciati in questa “nuova” impresa
e pensando ai tuttala elettrici (grazie, Pastò!)
il nostro primo senzacoda (profilo Tsagi,
spessore 18%) con freccia, rivestito in fibra
e con alettoni laminati con bordo d’uscita
molto sottile, era così combinato nella versione finale: motore Velkom 24/16, 10 cel-
le da 1000 mAh, elica 8x4,5 in carbonio.
Il modello ha dimostrato subito doti impensabili a priori. La prima cosa che è saltata all’occhio era che il Bip-Bip (questo il
suo nome), man mano che subiva aumenti
di carico alare, dava efficienze sempre più
alte. Il carico ottimale si è rivelato su valori
di 44 g/dm2 e più o meno dopo i 48 g/dm2
abbiamo rilevato un calo di efficienza notevole anche in pendio. Perciò le tabelle relative delle prestazioni sono intorno ai valori
38/44 per questo tipo di configurazione ed in
barba al leggero a tutti i costi. Abbiamo provato il Bip-Bip con 28 g/dm2. No comment!
La scelta del tuttala è nata per le seguenti
convinzioni:
- minore resistenza (senza coda);
- facile costruzione (senza calettamenti);
- meno peso strutturale complessivo;
- Numeri di Reynolds superiori grazie all’impiego di corde più ampie;
- possibilità di ridurre i pesi e quindi, nel
complesso, migliorare la resa potenza disponibile/spinta/carico;
- sicura manovrabilità in tutti gli assetti e possibilità di ridurre la velocità in atterraggio.
- facile cambio da elica trattiva a propulsiva.
- Utopia delle utopie: trovare una nuova configurazione per competizioni F5B-F3B.
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❏ I progetti dei nostri due tuttala
Primo step: “Jedi”, con profilo di nuova generazione (MH 62).
Secondo step: “Yoda”, con profilo in uso
nelle gare di volo elettrico F5B (HD 47).
Entrambi hanno la stessa pianta alare ed entrambi, per questa radice di base con apertura 1300 mm, non hanno svergolature, con i
profili a zero dal centro sino all’estremità.
Per il primo (Jedi) attraverso lo schema e le
foto, si possono constatare sia la semplicità
costruttiva, sia le prestazioni, che non hanno
nulla da invidiare ai suoi pari dimensione
con la coda! Credetemi, questo è un modello
molto interessante, semplice, veloce, con voli di durata snervanti, ma se con lo stick lo
tenete “teso” vi assicuro che toccate tranquillamente i 110 km/h. Il vero centraggio è stato fatto nella versione veleggiatore puro, in
pendio, nei cieli di Canazei (Pecol) dove alla
fine, dopo alcuni voli stile adrenalina, abbiamo scoperto che il centraggio teorico era
lontano (troppo indietro) rispetto al reale baricentro. Ora, con il motore Velkom 24-16,
10 celle da 1000 mAh ed elica 8x 4 1/2 lo
usiamo per raccolta dati e ricerca.
Abbiamo constatato che col passare dei voli
i “trimmaggi” del picchia (due servi miscelati) integrati con relativi piccoli spostamenti
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del C.G. (pochi mm alla volta) in direzione
del bordo di uscita, danno sempre più interessanti risultanze di efficienza e velocità,
ma anche di ottima manovrabilità.
A questo proposito, forse, emerge la vera
grande repulsione che molti hanno nei riguardi di questa configurazione, infatti è
necessario un lavoro metodico per riuscire
ad ottimizzare la macchina tuttala, dovendo
integrare la posizione ideale del baricentro
rispetto alla posizione degli alettoni per
ottenere la massima prestazione.
Si è visto molto bene che spostamenti all’indietro del C.G. (stiamo parlando di pochi mm
alla volta), richiedono poi un trimmaggio a
picchiare degli alettoni stessi tanto che, in una
certa posizione, la macchina risulta molto veloce, ma con una planata lineare che è praticamente la stessa degli alianti convenzionali.
In questo caso però, il vantaggio è che ci troviamo di fronte a una risultante aerodinamica
semplificata, con pari prestazioni rispetto alle
soluzioni complesse. Provare per credere.
A grandi linee, le fasi da seguire per poi arrivare al massimo sono le seguenti :
A) progetto;
B) costruzione;
C) prove in versione veleggiatore semplice;
D) voli in pendio stando “leggeri” (≈ 30 g/dm2);
E) una volta messo a punto il tuttala dal
punto di vista aerodinamico, scegliere una
motorizzazione media, adeguata per non
superare il carico di 44 g/dm2 ;
F) con una “banca dati” corposa e una ben
chiara configurazione aerodinamica, passare
alle motorizzazioni “spinte” del tipo HP 320
con 8 celle da 1000 mAh ed elica 11x8, oppure
Mega S4, 12 celle da 1000 mAh, ed elica 9x6.
MODELLISMO 50
Le esperienze precedenti sui tuttala hanno
dato, in sintesi, con un parametro fisso (il
motore Velkom 24/16) e variando il numero
di celle e le eliche, i seguenti risultati:
CASO
N° celle (1000mAh):
Elica traente:
Spinta (g):
Ampere:
Regolatore:
Peso massimo in o.d.v. (g):
Aperture alare massima (mm):
Velocità stimata m/sec - km/h):
Autonomia motore (min’):
Angolo di salita:
1
10
8x4.5
685
21,3
J 35
1450
1500
20-72
tra 4 e 5
15-25°
I primi voli con lo schiumino (profilo Tsagi
18% , 10 celle da 1000 mAh ed elica 8x4.5,
carico reale 46 g/dm2, con una superficie
di 28 dm2) hanno dato i seguenti risultati
reali su 49 lanci effettuati:
- tempi motore dai 2’ 20’’ fino a 3’ 50’’ (a
dimostrazione di quanto sia importante la
precarica delle celle);
- totale ore di volo effettivo: 10 h 22’
- media per lancio: 12’ 41’’
- media dei 18 lanci migliori: 16’
- volo migliore: 18’ 35’’
- velocità stimata: 80 km/h, con angolo di
caduta di circa 30°.
Le prove si sono svolte in pianura da gennaio a luglio dello scorso anno.
La stessa tabella, in fase di completamento,
per il tuttala Jedi (MH 62, spess. 9%, apertura alare 1300 mm ed elica 8x4,5 con un
peso in o.d.v. di 1200 g per un carico di 48
g/dm2) sta dando le seguenti risultanze:
- totale voli: 21
- tempi motore: intorno ai 3’
- media attuale per lancio: 15’
- media degli 8 migliori lanci: 18’
- volo migliore: 19’ 55’’
- velocità stimata: 110 km/h con un angolo
di caduta di 25° circa.
Anche queste prove si sono svolte in pianura, ma nel periodo da agosto a novembre
dello scorso anno.
strato un volo lineare con una buona planata
e una velocità superiore alla norma.
Stiamo cercando di capire per quale motivo è difficile governare la virata di alettone
2
10
9x6
794
27,3
J 35
1500
1600
15-54
circa 4
20-35°
3
12
8x4.5
869
26,6
J 35
1550
2000
22-80
tra 4 e 5
20-30°
4
12
9x6
983
33,4
J 50
1600
2000
20-72
circa 3
35-40°
con risposte inverse. Staremo a vedere.
B) La seconda soluzione è meno a rischio:
si prevede un allungamento del modulo base
con due estremità aventi una superficie del
20% rispetto alla superficie totale derivante,
usando sempre lo stesso profilo (HD 47), ma
capovolto rispetto alla radice dell’ala.
C) La terza, che dovrebbe essere la più semplice, è quella di puntare ad un tuttala che
abbia una configurazione normale, con un
allungamento 9: S = 36 dm2, AA = 1900 mm
e sulle estremità, per gli ultimi 300 mm, uno
svergolamento da 0° a 3°.
L’idea di base è quella d’insistere per le soluzioni A e C e nelle prossime esposizioni saranno forniti dati reali sulle prove effettuate.
Per il momento, se qualche “entusiasta” volesse verificare di persona quanto esposto,
consigliamo d’impostare il modello Jedi:
AA = 1300 mm, profilo MH 62 a zero per
tutta l’ala, freccia 20°. La vista in pianta rappresentata nello schizzo ( metà di destra),
è fondamentale per la riuscita del progetto e
piuttosto che pensare al leggero, conviene
impostare il discorso sul robusto.
Armate il modello con un buon motore
elettrico (vi sconsiglio vivamente i motorini
che vanno bene per il presepio vivente...).
Questa configurazione permette di avere una
macchina quasi indistruttibile, che può volare ovunque, che quando è in aria sembra un
modello da tre metri e con velocità molto variabili a seconda degli assetti che si vogliano
scegliere... e scusate se è poco!
Con un paio d’ali, poche decine di migliaia di
lire vi ritroverete con qualcosa di nuovo che,
oltre tutto, permette anche figure acrobatiche
di tutto rispetto, volo planato, volo in termica, volo veloce, atterraggi tipo Stol e precisione in atterraggio con rientri (se volete) tipo
Shuttle-scudo frenante o tipo ASW 28: teso
e spettacolare con tanto di effetto suolo!
Ora possiamo finalmente dire: ”Questo modello vola bene!” oppure affermare che una
cosa semplice funziona molto meglio di
complicate o super costose elucubrazioni
teoriche. Proposta indecente: qualche volenteroso è disposto a costruirlo in stampo?
RIFERIMENTI:
- Horten IV - Flying wing DEZSO GYORGY-FALVY
8th congress O.S.T.I.V. Cologne- D- June 1960
- DLR Sailplane- Weibel International Nürflugel
meeting des MFC Osnabruck, May 1993
- Radio controlled F3B flying wing model -1994
- Basic design of flying wing models
Martin Hepperle- 1986-1998
Nicola e Giuseppe Briscese
(e-mail : [email protected])
Alla pagina precedente: Giuseppe
Briscese in pendio sopra Canazei per le
prove con lo Jedi. E’ soddisfatto perché
ha appena trovato il giusto centraggio.
Qui a fianco e sotto: il prototipo dello Yoda
(HD 47) con pianetti deportanti inversi.
CG approssimato: 100 mm dal B.U.
❏ Conclusioni
Il prototipo Yoda (HD 47-spess. 7%) è in fase di messa a punto. Si vede benissimo, anche attraverso le foto, che siamo ad un livello sperimentale più a rischio, con tre diverse
soluzioni aerodinamiche da testare:
A) la prima, avveniristica, consiste nel volere stabilizzare un’ ala a freccia senza diedro,
senza alettoni e con due pianetti deportanti
dello stesso profilo, inversi e con un cortissimo braccio di leva. A prima vista è un’utopia, però i primi lanci a mano hanno dimo-
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