newsletter 08-2015

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NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO
PADRE ALESSANDO ZANOTELLI ED IL
COMMERCIO FRA UE E USA
Padre Alessandro Zanotelli, facente parte della comunità
missionaria dei Comboniani, sarà presente alla Sala
COSMO Pieve di Cadore lunedì 23 febbraio 2015 alle
ore 20.30 (scarica QUI la locandina) per parlare del
trattato di partenariato transatlantico per il commercio e
gli investimenti (TTIP).
“Dobbiamo comprenderne il vero senso perché la sua
applicazione impoverirà le comunità e lo spirito” dichiara
l’ispiratore ed il fondatore di diversi movimenti italiani
tesi a creare condizioni di pace e di giustizia solidale oltre ad essere il direttore della rivista
nonviolenta fondata da don Tonino Bello, Mosaico di Pace.
Il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (in inglese Transatlantic
Trade and Investment Partnership, TTIP), inizialmente definito Zona di libero scambio
transatlantica (Transatlantic Free Trade Area, TAFTA), è un accordo commerciale di libero
scambio, in corso di negoziato tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America dal luglio
2013. L’obiettivo è quello di integrare i due mercati, riducendo i dazi doganali e
rimuovendo in una vasta gamma di settori le barriere non tariffarie, ossia le differenze in
regolamenti tecnici, norme e procedure di omologazione, standard applicati ai prodotti,
regole sanitarie e fitosanitarie.
Se il progetto avrà successo, sarà la più grande area di libero scambio esistente, poiché UE
e USA rappresentano circa la metà del PIL mondiale e un terzo del commercio mondiale.
L’accordo potrebbe essere esteso ad altri paesi con cui le due controparti hanno già in
vigore accordi di libero scambio, in particolare i paesi membri della North American Free
Trade Agreement (NAFTA) e dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA).
L’evento è promosso dall’Associazione el Ceston, il Gruppo di Acquisto Solidale è nato nel
2002 a Pieve di Cadore dall’esigenza di alcune famiglie di consumare alimenti prodotti in
modo naturale nel rispetto dell’ambiente e delle persone che li producono.
***-LEGGI ANCHE SULL’ARGOMENTO: I cattolici bocciano il TTIP-***
(dal GAS e Associazione Culturale El Ceston - febbraio 2015)
L'ITALIA MAGGIOR CONSUMATORE EUROPEO DI PESTICIDI
Il Tavolo delle associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica:
"Il PAN PESTICIDI approvato continua a favorire le multinazionali della chimica".
Un micidiale cocktail di 175 pesticidi viaggia nelle acque italiane superficiali e sotterranee.
Lo ha rilevato l’Ispra - l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca
Ambientale - nel Rapporto da poco pubblicato, confermando di fatto quanto già scritto
dalla rivista Science, che indica il nostro Paese come il maggior consumatore di pesticidi
per unità di superficie coltivata dell’Europa occidentale, con un consumo pari a 5,6 chili per
ettaro ogni anno.
Un valore doppio rispetto a quelli della Francia e della Germania. Il dato, come sottolinea
l’Ispra, continua ad essere molto alto sia per quanto riguarda il numero di fitosanitari
rinvenuti sia che per la quantità di punti di contaminazione. Nel 2012, anno di riferimento
della ricerca Ispra, nelle acque superficiali il 17,2% dei punti monitorati presenta
concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientali. Cresce anche la varietà delle
sostanze riscontrate: 175 tipologie di pesticidi nel 2012 a fronte dei 166 del 2010 e di 118
del biennio 2007-2008. E le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento
sono il glifosate, il metolaclor, il triciclazolo, l’oxadiazon, la terbutilazina.
L'allarme è al centro del Tavolo delle Associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica
che sono tornate a riunirsi sul tema del Piano di Azione Nazionale (PAN) sull’utilizzo
sostenibile dei pesticidi previsto dalla direttiva europea del 2009 e adottato in Italia solo
nel 2014. "Il Piano italiano non contiene proposte concrete per tutelare la salute dei
cittadini e dell’ambiente. Non è prevista una sensibile riduzione delle sostanze chimiche in
uso, ma solo l’obbligo dal novembre 2015 di rispettare ciò che andrebbe rispettato per
legge, ossia le prescrizioni contenute sulle etichette degli agrofarmaci”, dicono i
rappresentanti del coordinamento tra 14 associazioni che si è creato proprio per
monitorare la situazione.
"Il rischio è che le multinazionali della chimica continuino a condizionare l’applicazione
delle politiche europee nel nostro Paese e la destinazione di miliardi di euro di soldi
pubblici che verranno spesi da qui al 2020 con l’applicazione della PAC, la politica agricola
comunitaria. La stessa nuova programmazione dei Programmi di Sviluppo Rurale dalle
Regioni per le misure agroambientali rischia di essere destinata sempre più a pratiche
agronomiche che prevedono l’uso massiccio di pesticidi. Bisogna invece favorirne la reale
riduzione principalmente attraverso la conversione al biologico, premiando quelle aziende
agricole in grado di fare a meno dei pesticidi e che producono benefici per tutti: cibo sano,
tutela dell’ambiente e della biodiversità agricola e naturale".
Il Tavolo chiede che i provvedimenti in attuazione del PAN seguano un iter trasparente
visto che riguardano temi fondamentali per tutti i cittadini come la tutela della salute delle
persone e dell’ambiente, che dovranno essere in primo piano per il nuovo periodo della
programmazione dei fondi comunitari. Per questo il tavolo delle Associazioni ha chiesto un
incontro al Ministro dell’Agricoltura e alle Regioni ma le lettere inviate all’inizio di dicembre
non hanno ricevuto ancora nessuna risposta.
Del Tavolo fanno parte: AIAB-Associazione per l'Agricoltura Biologica, FAI,
Federbio, Firab, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Slowfood, Touring Club
Italiano, Associazione Pro Natura, SIEP, UpBio WWF.
Portavoce del Tavolo delle associazioni: Maria Grazia Mammuccini, 3357594514
Uff. Stampa FederBio: Silvia Pessini - [email protected] - 348 3391007
Uff. stampa Legambiente: Milena Dominici – [email protected] - 349.0597187
Uff. stampa AIAB: Michela Mazzali - [email protected] - Cell. 348 2652565
(da UpBio – febbraio 2015)
OBLÒ SGUARDI SULLA REALTÀ TRA CINEMA E FUMETTI
RASSEGNA DI DOCU-FILM E GRAPHIC-NOVEL
GVC Gruppo Volontariato Civile - Edizioni BeccoGiallo - Associazione Ya
Basta - Padova
PRESENTANO
Lunedì 23 febbraio alle ore 21.00 c/o Multisala Astra - Via T. Aspetti 21 a Padova
“QUESTA TERRA E’ LA MIA TERRA - Cambiamo il sistema non il clima”
A Lima il summit ONU sul clima si è concluso con un nulla di fatto. Grandi opere,
agro-business e TTIP aggrediscono ambiente, territori e diritti sociali.
Tra Expo2015 a Milano e Cop21 a Parigi come è possibile costruire un’alternativa
di sistema di fronte alla catastrofe del climate change?
Nella serata si confronteranno sul tema delle alternative al cambiamento climatico Pascoe
Sabido, attivista dei movimenti per la giustizia ambientale e sociale ed esponente di
Corporate Europe Observatory, impegnato nella preparazione delle mobilitazioni per la
giustizia sociale ed ambientale in occasione della Conferenza sul clima dell'Onu che si
svolgerà a dicembre a Parigi, Paolo Castaldi autore di “Chilometri Zero”,il libro dedicato
ad un viaggio nell'Italia dell'economia solidale e del consumo critico, edito da BeccoGiallo
in collaborazione con Biorekk, Marica Di Pierri di A Sud, attivista e giornalista impegnata
a livello nazionale ed internazionale e Anna.Iris Romens di Altragricoltura.
Coordina la serata Beppe Caccia. Ad aprire la serata sarà la visionaria opera di Sergey
Tsyss “Second wind”, mentre dopo il dibattito Endless road di Huaqing Jin, dedicato alle
lotte ambientali in Cina e “When elephants dance the grass gets beaten” di Jan Van Den
Berg, che racconta la devastazione operata dall'agrobusiness nella realtà cambogiana,
offriranno interessanti ed inedite testimonianze sulle nuove lotte in difesa dell'ambiente e
della terra. (scarica QUI il programma completo)
Ad ogni partecipante verrà offerta un’arancia della campagna Sos Rosarno
(segnalato da BioRekk - febbraio 2015)
SALVIAMO IL BRUTTO ANATROCCOLO
Il maestoso grifone, che ha ispirato leggende e racconti, con i suoi nidi nella
roccia, è in pericolo.
Il pericolo è il Diclofenac, un farmaco usato
sugli esseri umani come antinfiammatorio, che è
stato da poco commercializzato in Italia anche
ad uso veterinario. In India è già accaduto e il
risultato è stato drammatico. Il 99% della
popolazione di due specie di avvoltoi è stato
spazzato via.
Gli avvoltoi sono quasi tutti morti. Infatti, gli
avvoltoi mangiano carcasse di animali, tra cui
quelle degli animali domestici morti lasciati all’aperto, in natura. E quando questi sono
trattati con il Diclofenac, il prodotto viene ingerito per via indiretta dagli avvoltoi,
provocandone il blocco renale e la morte, tra grandi sofferenze. E’ un problema che non
riguarda solo gli avvoltoi, di cui sono rimasti pochissimi esemplari in Italia, ma anche altri
grandi rapaci come l’aquila delle steppe, l’aquila imperiale, il nibbio bruno o il nibbio reale.
L’India ha riconosciuto il problema e ha bandito l’utilizzo veterinario del Diclofenac.
Invece, con una decisione clamorosa, il farmaco è stato autorizzato dalla Commissione
europea, ad uso veterinario, in Italia e in Spagna. Le conseguenze di questa decisione
potrebbero davvero essere molto gravi per gli avvoltoi che vivono in Europa, in Spagna, in
Italia.
Questo farmaco è facilmente sostituibile con altri equivalenti, non dannosi per gli avvoltoi
ed i grandi rapaci. È per questo che la LIPU ha lanciato una petizione per salvare gli
avvoltoi e gli altri grandi rapaci da questa grave minaccia.
La petizione, dal titolo: “Salviamo il brutto anatroccolo” ha l’obiettivo di ricordare che i
grifoni non sono animali sgradevoli e cattivi, ma splendidi uccelli che seguono le vie
dell’aria e partecipano, con un fascino tutto speciale, a questa grande casa comune che
chiamiamo natura! Per sottoscrivere l’appello e chiedere all’Italia e all’Europa di proibire
l’uso veterinario del Diclofenac vai alla pagina Salviamo gli avvoltoi.
(da BioEcoGeo - febbraio 2015)
CEMENTO: COME PRIMA, PIÙ DI PRIMA
Continua la pioggia di Piani Urbanistici Attuativi di nuovo edificato su suolo
agricolo, approvati dall’amministrazione Comunale. L’ultimo della serie riguarda un
residuo di cuneo verde tra Padova e Albignasego in via Chiesa Vecchia.
La logica è sempre quella della perequazione:
il Comune concede di costruire su una parte
dell’area e la rimanente viene ceduta a verde
o servizi (in teoria) ad uso pubblico. Il tutto in
perfetta
sintonia
e
continuità
con
l’amministrazione precedente; dal punto di
vista urbanistico le politiche di Bitonci
ricalcano quelle di Zanonato-Rossi, alla faccia
delle promesse in campagna elettorale.
Sicuramente pronta sarà la risposta del
Sindaco che darà la colpa a scelte (PAT Piano di Assetto del Territorio) fatte
dall’amministrazione precedente su cui è
impossibile tornare indietro.
Questa difesa è la foglia di fico dietro cui
nascondere il medesimo indirizzo politico della
Lega in Regione che ha fatto del Veneto negli
ultimi 20 anni, la Regione a più alto consumo di suolo dopo la Lombardia.
Numerose sono le sentenze di TAR e Consiglio di Stato che danno ragione a quelle
amministrazioni che rivedono le loro previsioni di sviluppo urbanistico (TAR Milano
2765/2014); ad esempio il Comune di Udine ha tagliato nel 2013 un milione di metri cubi
di previsione di nuovo edificato. A Padova, niente di tutto questo. Qual è la strategia di
sviluppo urbano perseguita? A fronte di 20.000 case/appartamenti sfitti tra Padova città e
cintura metropolitana, non si vede la necessità di nuovo edificato, tenuto conto
dell’emorragia di popolazione padovana, soprattutto giovani che migrano altrove.
È un’operazione a saturazione di cemento su tutti i residui cunei verdi o ritagli di campi
agricoli rimasti in città, non c’è un disegno strategico volto a strutturare servizi e verde
pubblico dove servono. Spesso accade che il privato ceda i terreni al pubblico che però non
ha i soldi per progettare servizi o attrezzare il verde pubblico e quindi finisce che l’area
resta in gestione al privato con un ipotetico uso pubblico che nel tempo verrà meno. Una
incapacità politica volta a lasciare spazio alla rendita fondiaria dei privati, mentre parti
intere di città restano dei vuoti urbani degradati, cui nessuno mette mano.
Proprio in prossimità del nuovo edificato previsto in via Chiesa Vecchia c’è uno di questi
vuoti urbani, alla fine di via Adriatica all’incrocio con via S. M. Assunta; interi palazzi per lo
più vuoti, due distributori di benzina abbandonati a se stessi da decenni, un tessuto
commerciale ormai morto. Si continua a sottrarre terreno agricolo alla produzione di cibo
in nome di una speculazione edilizia che ha fatto i suoi danni e che non è più in grado di
sostenere l’economia del comparto edile, oltre a non saper rigenerare il tessuto urbano
degradato della città.
E pensare che questo è l’anno dell’EXPO, il cui slogan è “nutrire il
pianeta”!!!!!
(da Padova2020 - febbraio 2015)
VINO E CARNE CHIANINA CONDITI CON BIOMASSE
Dai conflitti di interesse del ministro Galletti, ai
provvidenziali interventi salva biomassoni del
governo Renzi, alla follia degli emblemi
dell'agricoltura di qualità "conditi" con le
emissioni delle centrali.
CASTIGLION FIORENTINO: Siamo nel cuore della
campagna toscana dove si producono vini e cibi tra i
migliori del mondo. E proprio qui c’è il progetto di
realizzare una centrale a biomasse con 9 camini che
produrrebbero 14mila tonnellate di polveri sottili
l’anno. Il progetto è dell’impresa Maccaferri, già sostenitrice elettorale del ministro
dell’ambiente Gianluca Galletti.
CROCEVIA DI TERRE DIVERSE: La Val di Chiana (o Valdichiana) è una valle di origine
alluvionale dell'Italia centrale, ricompresa tra le province di Arezzo e di Siena, in Toscana,
e tra quelle di Perugia e di Terni, in Umbria. La cantò anche Ghoete Il grande scrittore
tedesco dedicò a questa valle un passaggio del suo Viaggio in Italia: “Non è possibile
vedere campi più belli; non vi ha una gola di terreno la quale non sia lavorata alla
perfezione, preparata alla seminazione. Il formento vi cresce rigoglioso, e sembra rinvenire
in questi terreni tutte le condizioni che si richieggono a farlo prosperare. Nel secondo anno
seminano fave per i cavalli, imperocché qui non cresce avena”.
Per terra ci sono ancora i segni bianchi degli stabilimenti ormai dismessi. Ma non è il colore
dello zucchero, quello a Castiglion Fiorentino è finito da un pezzo. L’ultimo impianto si è
spento nel 2005, quando lo zuccherificio Sadam ha chiuso i battenti in seguito alla riforma
del settore bieticolo-saccarifero, con cui Bruxelles ha imposto all’Italia di dimezzare la
quota di zucchero prodotto. Oggi, al suo posto, potrebbe sorgere una centrale elettrica a
biomasse. Una fabbrica da 19 megawatt termici, divisa su due linee, in grado di bruciare
ogni anno circa 15.000 tonnellate di olio di girasole e quasi 10.000 di mais e panello (il
residuo dei semi oleosi), per quasi 3.000 tonnellate di rifiuti stimati.
Il primo progetto di riconversione industriale risale al gennaio 2006. A presentarlo è la
PowerCrop, società partecipata al 50% dal Gruppo Maccaferri, lo stesso che controlla
interamente l’Eridania Sadam. In pratica, una questione di famiglia. Ma a pagarne le spese
potrebbero essere cittadini e piccole aziende agricole, che da anni si battono per difendere
il proprio territorio dalla minaccia di inquinamento ambientale.
Siamo nel cuore della Val di Chiana, la terra del vino DOC e della Chianina, degli
agriturismi e dei borghi medievali. Quello che un tempo era considerato il “granaio di
Roma” da anni è al centro di una battaglia combattuta a colpi di decreti e carte bollate: da
una parte la PowerCrop e il suo patron Gaetano Maccaferri, numero due di Confindustria;
dall’altra la società civile e parte della politica locale che – a volte capita – ha sposato la
causa dei due comitati anti-centrale.
“Il progetto originale prevede 9 camini, di cui uno alto 35 metri, che rilascerebbero ogni
anno nell’atmosfera qualcosa come 14mila tonnellate di polveri sottili pericolosissime per
la salute”. Alza la voce Giuseppe Caiazzo, presidente del Comitato Salute e Paesaggio in
Val di Chiana, forte anche dello studio con cui sei medici aretini hanno lanciato l’allarme
sui rischi delle fonti energetiche ricavate da olii vegetali.
“È possibile ipotizzare, negli anni, un aumento di malattie acute cardiache e respiratorie,
croniche-degenerative e tumorali – si legge nel documento - I più esposti? Senza dubbio
bambini e nascituri”.
Alcuni l’hanno già definita una “pandemia silenziosa”, perché ti entra dentro lentamente. Si
insinua tra i bronchi e i polmoni e resta lì anche per anni, decenni, prima di manifestarsi. O
magari, un giorno, te la ritrovi nella bistecca che hai nel piatto, trasmessa dalle decine di
migliaia di mucche chianine allevate allo stato brado a due passi da Ca’ Bittoni. È in questa
località che dovrebbe sorgere il futuro impianto, in un’area di 12 ettari alle porte di
Castiglion Fiorentino. Per i Maccaferri, la riconversione dell’ex Sadam è “un indispensabile
traino per l’occupazione della vallata, a norma di legge, e approvato 8 anni fa dagli stessi
enti locali che oggi si schierano contro”.
Ma l’associazione Tutela Val di Chiana non ci sta. “Siamo di fronte a una doppia
mistificazione – insorge il presidente Gianni Mori – L’area scelta, infatti, non è quella dello
zuccherificio, ma un terreno vergine di grande pregio paesaggistico, ricco di case
coloniche e case leopoldine del ’700. Ci hanno raccontato che è una zona da bonificare.
In realtà si tratta di un patrimonio storico e culturale della vallata”. Che rischia di
scomparire, insieme alle certezze di chi vive di terra, di bellezza. Storie semplici di
allevatori, artigiani, agriturismi introvabili anche per i navigatori più aggiornati.
“Per mantenere un’attività produttiva che dà lavoro a 35-40 persone, si rischia di mandare
sul lastrico 70 aziende e centinaia di famiglie”, calcola a spanne il consigliere regionale
toscano Marco Manneschi, tra i primi ad offrire una sponda politica a una battaglia che si
trascina ormai dal dicembre 2007. All’epoca, l’unica priorità in agenda è restituire un
lavoro agli ex dipendenti Sadam, e i NO alla centrale si contano sulle dita di una mano.
Poi arrivano gli studi dei medici, i timori degli ambientalisti, le incognite legate all’impatto
ambientale. I cittadini si mobilitano. I sindacati si spaccano. La politica ascolta e torna sui
suoi passi. Fino all’aprile 2014, quando dalla Provincia di Arezzo arriva lo stop definitivo
all’impianto, ribadito poi a luglio nel Piano di Indirizzo Territoriale della Regione Toscana.
Sembra la fine, e invece è solo l’inizio, perché in Italia le partite non finiscono mai al 90’.
La PowerCrop ricorre al TAR, il cui verdetto è atteso intorno a metà marzo. In caso di esito
negativo, Maccaferri è pronto ad appellarsi al Consiglio di Stato. Un’ipotesi che in molti
temono, anche alla luce di quanto accaduto l’estate scorsa nel Fùcino, in Abruzzo, dove
un’altra centrale a biomasse targata Powercrop è stata sbloccata dal Decreto
Competitività del governo Renzi, che ha dato così pieni poteri ai commissari ad Acta, in
barba al parere negativo di medici, politica e società civile.
Con la firma, decisiva, anche del ministro all’Ambiente Gianluca Galletti. Lo stesso che nel
2013
aveva
ricevuto proprio
da
Gaetano
Maccaferri 20.000
euro
di
finanziamenti elettorali (oltre ai 60.000 al suo partito - l’UDC - di cui la metà sarebbero
andati proprio a Galletti, secondo “L’Espresso”). “Siamo amici da una vita” si è difeso
maldestramente il ministro, che pure è stato per anni membro del collegio sindacale
di società in affari con il gruppo Maccaferri, dall’Alc. Este all’Anb Holding, in cui
compare tutt’ora. E adesso a Castiglion Fiorentino hanno paura che il copione si ripeta.
“Il governo proverà a forzare la mano, affidando tutto ai commissari ad Acta con pieni
poteri, come già avvenuto altrove” paventa Mori. L’ultima parola spetta al Consiglio di
Stato, che non si pronuncerà prima dell’estate 2016, mentre a giugno di quest’anno i
dipendenti dell’ex zuccherificio si preparano a perdere la cassa integrazione. Tra le
ragioni dei lavoratori e le preoccupazioni dei castiglionesi, un compromesso esisterebbe.
Lo sostiene il comitato guidato da Caiazzo: “Invece di essere lasciata a marcire, l’area
ex Sadam potrebbe essere utilizzata per realizzare un parco fotovoltaico. O, in alternativa,
un’industria agroalimentare con cui sfruttare le coltivazioni di alta qualità della Val di
Chiana”. Già, qualità. Se il concetto di made in Italy ha ancora un senso, lo trovi in questa
terra etrusca, tra i vigneti a perdita d’occhio e gli allevamenti di mucche che
pascolano lungo la Provinciale.
Vino e bistecca. Montepulciano e chianina. Sulla tavola c’è un mondo. Da non
lasciar morire.
(da Il Fatto Quotidiano - febbraio 2015)
LO STRESS: GRANDE NEMICO DELL'UOMO...E DEL LAVORO!
Non sappiamo gestire lo stress, che diventa la prima causa di malattia,
assenteismo e scarsa produttività sul posto di lavoro. Una carenza diffusa
soprattutto nelle piccole aziende. Un programma europeo per imparare ad
affrontarlo.
È lo stress il nemico dell’uomo moderno. Ma è anche il nemico delle aziende. Uno studio
dell’Agenzia Europea per la Sicurezza e dal Salute sul Lavoro (Eu Osha) lo mette al primo
posto tra i problemi del mondo del lavoro, che causa ripercussioni grosse sulla produttività.
Si comincia dalla disattenzione, ai cali di umori, fino a possibili incidenti, conflitti e
assenteismo. Gli studi suggeriscono che il 50-60 % di tutte le giornate lavorative perse è
dovuto allo stress lavoro-correlato e ai rischi psicosociali.
Nel 2020 sarà la principale causa di malattia, perché diverse patologie e idiosincrasie sono
riconducibili a questa piaga della società odierna. Il 25% dei lavoratori sostiene di soffrirne
per tutto o per la maggior parte dell’orario di
impiego, e una percentuale simile riferisce che
l’attività lavorativa ha un impatto negativo sulla
propria salute.
Si tratta del problema di salute più frequente legato
all’attività lavorativa in Europa dopo i disturbi
muscoloscheletrici. Nell’arco di nove anni, quasi il
28 % dei lavoratori europei ha riferito di essere
esposto
a
rischi
psicosociali
che
hanno
compromesso il benessere mentale.
I costi complessivi dovuti ai disturbi relativi alla salute mentale in Europa (legati o meno al
lavoro) sono stimati a 240 miliardi di euro all’anno (10). Meno della metà di questa somma
deriva dai costi diretti, come le cure mediche, mentre si attesta a 136 miliardi di euro la
perdita di produttività, compreso l’assenteismo per malattia.
Lo stress lavoro-correlato insorge quando le esigenze lavorative sono superiori alla
capacità del lavoratore di affrontarle. Le cause scatenanti vanno ricondotte all’eccessiva
monotonia e durata dei compiti richiesti o all’eccessiva complessità e intensità degli stessi,
così come a forme di discriminazione e molestia subite. La precarietà stessa del proprio
ruolo inoltre, nel contesto attuale di crisi finanziaria e occupazionale, è troppo spesso fonte
costante di ansia e disagio.
Purtroppo, di fronte all’evanescenza, o meglio alla natura immateriale di questo male, sono
meno di un terzo le imprese del Vecchio Continente dotate di procedure attive per
contrastarlo. C’è una carenza soprattutto nel mondo delle piccole imprese. Il sondaggio
Esener dell’EU OSHA ha mostrato che, mentre il 40-50 % delle organizzazioni di più grandi
dimensioni (con oltre 250 dipendenti) si avvale di misure per fronteggiare i rischi
psicosociali, solo il 20-30 % delle organizzazioni più piccole (con 10-49 dipendenti) ha
posto in essere tali misure.
L’Agenzia Europea Eu Osha ha pensato bene di fornire una guida per aiutare lavoratori e
datori di lavoro a gestire lo stress e prevenirne le conseguenze. La guida elettronica sulla
gestione dello stress e dei rischi psicosociali è disponibile nelle versioni nazionali. La guida
fornisce informazioni relative allo stress e ai rischi psicosociali dovuti al lavoro al fine di
favorire la comprensione, la gestione e al contempo sensibilizzare su tali problemi sul
luogo di lavoro. Una delle ricette principali che i datori di lavoro possono attuare è il
coinvolgimento dei lavoratori, creando un clima di fiducia in cui i lavoratori si sentiranno a
proprio agio nel riferire eventuali problemi.
Per approfondimenti val al sito: Healthy workplaces/Ambienti di lavoro sani e sicuri
(da Terra Nuova - febbraio 2015)
KRONOS
Io non riesco, non posso astenermi dal commentare.
Davanti a me, fieramente appoggiato alla parete della
cassettiera, c’è il quadretto con la risposta che mi diede
Indro Montanelli dalla pagina dei lettori del suo giornale di
allora. Era il 30 novembre del 1992. Giorni di gloria, quelli.
Guidavo da poco la macchina. E guidavo tutto il resto. Sui
banchi del liceo imparavo, con Hobbes, che ogni uomo è un
lupo per gli altri uomini. Ma al tempo stesso apprendevo
l’importanza dell’etica della responsabilità: c’era anche
Kant, in quei giorni.
Da poco diciottenne, nutrivo in me la stessa passione civile
che c’è oggi. Più acerba, certo. Sviluppata in una società
meno tumultuosa di quella attuale. Ma già rinvigorita da un’animosità troppo inquieta.
Alla costante ricerca di appigli intellettuali a cui aggrappare istinti sani, rivelatori,
predittivi. O così, almeno, ho sempre creduto. Appigli taglienti. Che puoi impugnare a tuo
rischio e pericolo. Ma solidi. Rassicuranti. Perenni.
Oggi la quiete della ragione subisce i violenti attacchi dall’isterismo della fretta.
L’imperativo è vorticoso, disperato: tutto subito. Gli obiettivi prevalgono sugli scopi.
L’utilità sul benessere. Il risultato sul piacere. Non sappiamo più vivere nel tempo
soggettivo dei bambini, quello in cui tutto è presente, quello in cui riusciamo ad assaporare
l’attimo che stiamo vivendo, riempirlo di noi, incuranti del prima e del dopo.
No, oggi viviamo nel tempo oggettivo dell’orologio, quello in cui ogni nostra scelta è
scandita dall’imperiosa ineluttabilità di un piano. Economico. Politico. Istituzionale.
Facciamo questo, perché questo ci consente di fare quello. Prostrati al cospetto di nuovi
e minuscoli Leviatani. Tutto è pianificato fin nei minimi dettagli, nel nome di una folle
concatenazione sequenziale in cui l’Uomo è irrimediabilmente sopraffatto da un interesse
superiore, che qualcuno chiama Tecnica. O, più astutamente, Sviluppo. E tutto questo… in
funzione di che cosa? Di quale…destino? Di quale…attesa? Di quale…amore?
Ecco, alla fine ci sono riuscito: non ho commentato. Ma forse, invece, l’ho fatto, se mai
qualcuno avesse letto anche le righe nascoste. Se mai qualcuno si fosse per un attimo,
provvidenzialmente…fermato.
(da Low Living High Thinking - febbraio 2015)
PADOVA, PRENDI ESEMPIO DA COPENAGHEN
Copenaghen è una città in cui le distanze da
percorrere sono decisamente più importanti di
quelle a cui siamo abituati a Padova ma che non
scoraggiano ben il 50% della popolazione a
raggiungere il proprio posto di studio o lavoro in
bicicletta.
Dal 1962 le scelte urbanistiche di questa città sono
andate verso una progressiva pedonalizzazione di
una vasta area del centro: scelta, questa,
inizialmente osteggiata a gran voce ma che oggi
nessuno oserebbe mettere in discussione.
Dall’unica strada pedonale di allora si è passati ai 96.000 m2 del 1996: eppure l’economia
della zona non ne ha risentito, come paventa per Padova l’attuale amministrazione e,
anzi, ha tratto dalla pedonalizzazione grandi vantaggi con il risultato che questa
vivibilissima area della città è conosciuta per lo shopping e per le attività del tempo libero
di residenti e turisti.
Nel centro storico dell’“European Green Capital” 2014, l’80% degli spostamenti avviene
a piedi ed il 14% in bicicletta (fonte: EUROPEAN COMMISSION Directorate-General
for the Environment – “Reclaiming city streets for people: Chaos or quality of
life?”). Una quota non lontana da quella padovana: secondo i dati forniti dal Comune
stesso, il 17% degli spostamenti che avvengono a Padova sono in bici: sono ben 140.000.
Una grande massa di spostamenti non inquinanti, alla quale bisogna prestare più
attenzione e che va incrementata.
Allora perché a Padova chi usa la bici viene considerato sempre solo dopo le auto? E’
proprio così, senza retorica: il dossier fotografico sulle ciclabili padovane lo dimostra
chiaramente: anche dove le piste sono presenti, ostacoli fisici e incuria scoraggiano il loro
utilizzo (clicca QUI per vedere le foto del dossier); gli automobilisti le ingombrano sempre
più spesso e sfacciatamente, anche in presenza di posteggi liberi (come puoi
vedere QUI) e si posteggiano in qualunque angolo della città (clicca QUI per vedere le
foto). La decisione di semipedonalizzare Via Garibaldi sembrava un’inversione di tendenza
rispetto ai numerosi atti degli ultimi mesi volti a penalizzare trasporto pubblico, pedoni e
ciclisti. E invece, il pensiero “autocentrico” a senso unico è tornato a colpire, spostando le
rastrelliere delle bici in Piazza delle Erbe.
Come non chiedersi se lo spostamento sia avvenuto dopo un ragionamento complessivo o
semplicemente per trovare cinque nuovi posti auto? Certo, il danno per i ciclisti in questo
caso è quasi nullo, ma rimane sbagliato l’atteggiamento di chi progressivamente chiude e
limita, erodendo lo spazio di chi si sposta in maniera virtuosa (ciclisti e anche pedoni)
invece di favorire – per esempio – il trasporto pubblico: se volessimo tornare al documento
europeo già citato, non potremmo non notare preoccupanti segnali di un potenziale “traffic
induction cycle”.
Era il 2006 quando per la prima volta abbiamo detto che le rastrelliere in Piazza delle
Erbe erano insufficienti. Qualcosa è stato migliorato, passando negli anni dai 120 posti
(piazza Erbe più Via municipio) ai 150, ma rimane comunque un problema di carenza di
rastrelliere che con interventi come quello appena effettuato non viene affrontata,
preferendo cercare soluzioni solo per parcheggi per auto.
Si tratta di un’occasione persa, ancora una volta, non per trovare nuovi posteggi a uno o
all’altro mezzo, ma per affrontare in maniera organica, razionale e innovativa, la mobilità
cittadina. Quanto siamo lontani da una “City with a vision” come Copenaghen!
(da Ecopolis Newsletter di Legambiente Padova - febbraio 2015)
BIOLOGICO SICURO: AL VIA
TRACCIABILITA' ELETTRONICA
CONTRO LE FRODI
Mai più frodi nel biologico: Come favorire la
crescita del biologico come sistema produttivo
rispettoso della salute, dell'ambiente e dei
consumatori? A Biofach 2015, lo scorso 13
febbraio, è stato presentata la piattaforma
informatica nazionale per prevenire il rischio di
frodi nel settore bio. Un'iniziativa che tutela i cittadini sempre più attenti alla scelta di
prodotti sicuri, privi di OGM e di residui di pesticidi.
FederBio e Accredia hanno dunque presentato la prima piattaforma informatica per la
tracciabilità delle produzioni e delle transazioni per le produzioni biologiche a maggior
rischio di frode, in particolare cereali e materie prime per mangimi. Ecco così l'integrazione
tra il database di Accredia che contiene i documenti di certificazioni e le sanzioni degli
operatori del biologico italiano in una piattaforma informatica per la tracciabilità, come
richiesto da FederBio. Al progetto partecipano in modo diretto i principali organismi di
certificazione del settore e delle imprese di filiera. Già da fine febbraio sarà possibile
verificare in tempo reale le quantità prodotte e commercializzate.
Ben 42 mila imprese hanno già inserito i propri dati sulla certificazione, che includono
anche l'84% sul totale degli operatori bio italiani. Come ha spiegato Paolo Carnemolla,
Presidente di FederBio: "Dopo quasi due anni di lavoro e la partecipazione anche di una
società di informatica austriaca per poter rendere da subito agibile anche al mercato
europeo la piattaforma, siamo finalmente in grado di offrire alle imprese e ai consumatori
uno strumento valido per ridurre in maniera molto rilevante il rischio di frodi per filiere che
negli ultimi anni hanno subito l'attacco di gruppi criminali sui quali sta indagando anche la
Magistratura".
Il progetto relativo alla nascita di una piattaforma di tracciabilità per i prodotti biologici al
momento è unico in Europa e vuole coinvolgere la quasi totalità degli operatori del
comparto cereali e materie prima per mangimi, a partire dai test che verranno effettuati
dalla prossima estate. Speriamo, allora, in un biologico sempre più sicuro e protetto
dalle frodi.
(da Greenme.it - febbraio 2015)
COMUNE DI BAGNOLI DI SOPRA
L’Amministrazione Comunale
invita la cittadinanza all’incontro informativo su
NUOVO COGENERATORE PROPOSTO DALLA DITTA DE ANGELI
intervengono:
Roberto Milan - Sindaco di Bagnoli
Comunicazioni sul progetto
Gianni Tamino - Biologo e docente di diritto ambientale Università di
Padova. Funzionamento e impatto ambientale dei cogeneratori
Gigi Lazzaro - Presidente Legambiente Veneto
La qualità dell’aria nel Conselvano
Gastone Zilio - Medico. Quale rapporto tra inquinamento e salute?
Rilevamento annuale di un medico di famiglia
Martedì 24 febbraio ore 21.00 - Teatro Comunale C. Goldoni
Bagnoli di Sopra (PD)
(segnalato da Il Moraro - febbraio 2015)
Prima di proporvi le consuete “pillole finali”, Vi diamo – nel foglio PDF
visualizzabile qui – i collegamenti ad una serie di articoli tratti dalla
Newsletter
di
febbraio
edita
leggeteli!!!...ne varrà la pena.
da
La
Terra
e
Il
Cielo
di
Arcevia:
E queste concludono la settimana: alla prossima!!
Sussurri e grida dal Nordest
e
I risparmi nel telefonino
da Internazionale – febbraio 2015
Zero Waste Journal, Diario di un viaggio nel sacchetto della
spazzatura
da Low Living High Thinking – febbraio 2015
No Expo o Expo dei Popoli? Fuori da Expo o dentro a Expo?
e
2015 anno internazionale dei suoli, fra nuove consapevolezze e
vecchie ipocrisie da Informazione Sostenibile – febbraio 2015
Forum Salviamo il Paesaggio: tutti uniti contro il consumo del
territorio
e
TTIP, TISA, CETA: la carica dei trattati globali per fermare il
cambiamento dal basso
da Italia che Cambia – febbraio 2015
Tutti sono Charlie. E di Erri De Luca nessuno parla
da GQ Italia – febbraio 2015
Libia, l’Italia fa affari su export armi. Ma il Parlamento non ne parla
da 8 anni
da Il Fatto Quotidiano.it – febbraio 2015
Avremo 90 F-35 senza motore e senza conoscerne il prezzo
da Il Manifesto – febbraio 2015