Josef Cannon

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Josef Cannon
Josef Cannon: la nostra storia
Premessa
Oggi vi racconteremo una nostra storia. Per un giorno abbiamo provato a fare
un’attività diversa dal nostro quotidiano. Abbiamo abbandonato libri, quaderni e
registri e abbiamo immaginato di essere giudici, avvocati, imputati, giornalisti …
Volevamo rivivere una storia vera … la storia di Josef Cannon, un ragazzo bianco di 17
anni, texano, accusato di aver ucciso Ann Walsh. Ci siamo calati nei vari personaggi
della storia e abbiamo vissuto un’esperienza forte, sicuramente molto simile a quella
dei protagonisti della vicenda reale.
Vi proponiamo in sequenza le nostre emozioni e riflessioni affidate alle voci di quei
personaggi che ci hanno guidato nella nostra esperienza.
Raccontiamo la nostra storia … solo alla fine scoprirete se è la VERA storia!
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1. LA STAMPA
“COSA CI FACEVA CON LA PISTOLA?”
Questo il primo quesito dell’accusa nel mesto processo di ieri all'omicida, quasi
involontario, Josef Cannon.
Così inizia il mesto processo a Josef Cannon. Diciassettenne, in Texas già
maggiorenne, reo difeso da Ann Walsh, avvocato quarantatreenne. Ambedue erano
accomunati da un unico vizio: l’alcool, manipolatore delle loro vite, ciò che li portava
alla violenza e alla schizofrenia. A tale domanda Cannon risponde incerto, raccontando
ciascuna sfaccettatura di questa tragica vicenda nera, simbolo della crudele,
menefreghista società statunitense. Narra di aver trovato la pistola sul tavolo in
cucina, di averla afferrata come gioco, sostenendo persino di non sapere che era
carica. Poi la vista di Ann, che (pare) sia andata in quell'istante ad aprire la porta al
vicino, e la furia omicida, animale, sino alla violenza sessuale della sventurata, come
sempre ebbro, eccessivamente ebbro. Infine la fuga con l’auto, rubando $250 e due
pistole. Eppure la causa non è perduta: la difesa irrompe scavando abilmente nella
storia, comprendendo che la signorina Walsh, descritta dai familiari come una persona
tersa, ma che soleva ubriacarsi, aveva alcune colpe. Perché le tante pistole erano
cariche e in bella vista, benché vi fosse un disagiato sociale in casa? E, soprattutto,
come mai si sostituiva ai servizi sociali? Gli attivisti contestano che il Texas non
possiede abbastanza infrastrutture per l’accoglienza, nonostante le laute somme di
ricavo dalle attività petrolifere. Ciò è vero, ma non c’è altro? Cannon afferma d’essere
stato violentato a Capodanno da Ann e che in generale ella lo proteggeva pure in
cambio di tali favori. Tuttavia i familiari della vittima sostengono che la Walsh abbia
passato con loro il 31 dicembre. Così affermano pure i parenti dell’imputato; dunque il
dato viene annullato: una delle due parti ha testimoniato il falso. Cannon è vicino
all'accusa di mendace, quando l’attacco rammenta un particolare: se era ebbro, Josef,
come poteva ricordare ciascun dettaglio? La scena rimane fumosa e poco chiara in
questo e altri aspetti, talvolta si cade in incoerenze con le affermazioni precedenti.
Ma è giusta una simile condanna capitale? Non è estremo privare della vita (bene
d’incomputabile valore, conferito unicamente a ogni individuo) chicchessia, qualunque
sia il crimine commesso? Alla giuria l’ardua sentenza sulla vita di Josef Cannon: andrà
ad alimentare l’orripilante pila di condannati a morte di cui il Texas va tanto fiero o gli
sarà concessa una nuova vita? (G.G.)
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2. JOSEF CANNON
Sono Josef Cannon, ho 17 anni e vivevo con Ann Walsh, una donna che mi ha preso in
custodia poiché ho avuto problemi in passato. Stavo giocando con una pistola e miravo
a un termosifone, quando Ann è passata davanti a esso e accidentalmente mi è partito
un colpo di pistola. E così ho ucciso Ann. Dopo averla uccisa ho provato a violentarla
dopodiché ho preso duecentocinquanta dollari, altre pistole che erano in casa, una
macchina e sono scappato via.
Mi ha infastidito molto quando durante il processo potevo parlare soltanto se
sottoposto a una domanda.
Il momento che mi ha creato maggior ansia è stato quando la giuria doveva decidere la
mia sorte. (Gianluca)
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3. LA FAMIGLIA DELLA VITTIMA
La madre: mia figlia è stata accusata di cose che non erano assolutamente
vere...voleva soltanto aiutare una persona in difficoltà da brava ragazza che era. Sono
rimasta molto colpita dal processo: quel ragazzo merita l'ergastolo. Gli avvocati
dell’accusa sono stati davvero brillanti.
Devo anche dire che la famiglia di quel ragazzo ne aveva passate tante ... ma mia figlia
non meritava questi atti contro di lei. Il vuoto dentro di me è incolmabile … mi manca
tanto! (Beatrice)
La zia: la vittima di questa storia è mia nipote, una brava donna che, tenendo in casa un
ragazzo come lui, sapeva quali rischi poteva correre.
Durante il processo sono state dette cose sgradevoli su di lei, che non credo sarebbe
stata capace di fare. Io personalmente sono contro la pena di morte, ma questo
ragazzo merita un castigo molto importante … forse il carcere a vita. (Magalie)
La sorella: Come sorella della vittima, durante il processo, ero molto attenta a come gli
avocati dell'accusa la difendevano perché era stata uccisa per nulla. Josef Cannon
merita il carcere a vita non solo perché l'ha uccisa, ma l’ha anche violentata in stato di
ebrezza. Ha rubato soldi ed armi ed è scappato. Merita 5 … 10 … 20 anni? No! Di più!
Tutta la vita! (Francesca)
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4. GLI AVVOCATI DELL’ACCUSA
Non è stato per niente semplice sostenere l’accusa contro Josef Cannon … mi sono
trovata contro due avvocati molto bravi e anche molto astuti. Ad un certo punto,
durante un'osservazione, siamo anche state riprese dalla segretaria del giudice che ci
ha giustamente corretto riguardo una prova non vera. (Benedetta)
Non è stato per niente semplice sostenere l’accusa contro Josef Cannon . Per fortuna
c’era ad aiutarmi la mia collega: con lei ci siamo impegnate a trovare ogni sorta di
prove per incolparlo. Speriamo che questo ragazzo ottenga la giusta pena! (Carlotta)
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5. LA FAMIGLIA DELL’IMPUTATO
La madre: Io, madre di Josef Cannon, ho sofferto molto durante il processo nel quale
era in ballo la vita di mio figlio. Josef ha ucciso distrattamente Ann Walsh, in giardino
giocando con una pistola trovata liberamente in casa. Mio figlio ha avuto fin dall'età
adolescenziale problemi con l'alcol, ma noi ne siamo venuti al corrente solamente dopo
qualche tempo. Abbiamo provato ad aiutarlo anche insieme alla sua fidanzata, ma
avendo gravi possibilità economiche non siamo riusciti in questo scopo.
Ann ha cercato di aiutarci, prendendolo con sé, ma non la avevamo mai pagata per
questo.
Durante il processo ero molto tesa e agitata e i minuti in cui la sorte di mio figlio era
nelle mani della giuria sono stati i più lunghi di tutta la mia vita. (Gaia)
La sorella: Io, sorella del condannato, durante il processo mi sono sentita sotto
pressione perché c'era in gioco la vita di mio fratello, che per sbaglio (e io ne sono
certa) ha ucciso accidentalmente Ann in stato di ebrezza. (Alessia)
La sorella: Io, sorella di Josef Cannon, ho vissuto il giorno del processo come il più
brutto della mia vita: c'era in ballo la sua vita, la vita di mio fratello! Josef non ha
ucciso volutamente Ann Walsh: era in stato di ebrezza e aveva trovato una pistola
incustodita sul tavolo. Cosa ne sapeva lui se era carica o meno?
I minuti che precedono il destino di mio fratello non passano più, sono tesissima, mi
manca l'aria, sudo freddo e non vedo l'ora che arrivi la conclusione della giuria.
(Angela)
La fidanzata: Io, come fidanzata dell'imputato Josef Cannon, sono molto dispiaciuta e
delusa. In tutti questi mesi abbiamo cercato di farlo smettere con l'alcol, ma non ci
siamo riusciti, né io, né la sua famiglia, a cui sono sempre stata accanto.
L'ho conosciuto in un locale, un sabato sera: era un ragazzo per bene e lo è tutt'ora
per me. " E' stato un incidente, sono mortificato! " così mi ha detto. Io gli credo, lui
non ha mai voluto far del male a nessuno.
Durante il processo avevo il cuore in gola e le lacrime agli occhi, soffrivo così tanto
per lui.... Ogni tanto mi guardava con uno sguardo malinconico e leggevo nei suoi occhi
la parola 'salvatemi' ! Ho detto tutto quello che potevo dire in sua difesa; insieme a
sua madre e a sua sorella abbiamo cercato di difenderlo in tutti i modi! Prego il buon
Dio che la giuria non sia così spietata da dargli la morte...! (Giulia)
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6. GLI AVVOCATI DELLA DIFESA
Sono uno dei due avvocati della difesa. In assoluto, è uno dei compiti più difficili:
difendere una persona che sai essere colpevole.
Tutti, però, sappiamo che la legge è uguale per tutti e che sostiene il diritto di ogni
persona a essere difesa.
I nostri interventi hanno sia sottolineato diversi aspetti legati alla disattenzione della
donna nel tenere un soggetto pericoloso come il signor Cannon sia l’infondatezza di
alcune pesanti rivelazioni da parte della famiglia della vittima.
Abbiamo chiesto una condanna, tutto sommato, un po' leggera ma, sottolineando i vari
aspetti della sua vita, anche giusta. (Boris)
Quando ho conosciuto la storia del condannato non sapevo proprio come difenderlo e
stavo per lasciare il mio posto ad un altro. Mi sentivo ansioso perché pensavo che il
processo sarebbe durato poco e con la sconfitta della difesa. Una volta iniziato, però,
gli infiniti ingranaggi della testa hanno cominciato a funzionare. Chiesi aiuto al mio
collega su come avremmo fatto ma anche lui inizialmente era in difficoltà. Poi, all’
improvviso, portata dal vento bisbigliante, trovai una frattura di quella catena di anelli
di alibi di cui l’ accusa disponeva per tagliare corto il processo che sembrava voler
condannare a morte l’imputato.
Ero molto emozionato, perché le speranze di vittoria aumentavano man mano che il
processo continuava. Inoltre a me piacciono le cose difficili da fare, quindi più
divertenti sul lavorarci, per questo diedi il massimo per vincere a quel gioco. Non per
competitività ma semplicemente per divertimento e volontà. Presentammo alla corte
una serie di giustificazioni a favore dell’’imputato … cominciavamo a prenderci la mano.
Molte erano, però, le aggravanti contrapposte dall’accusa: questi fatti ci misero un po’
in difficoltà, ma riuscimmo per un pelo a superarli.
Alla fine proponemmo una condanna che escludeva la pena di morte e prevedeva la
reclusione a otto anni di carcere.
Questa esperienza mi ha stretto il cuore: ho capito quanto stupida sia la giustizia
lasciata nelle mani di un governo che non ha mai tempo per capire a fondo i problemi di
una società. (Alessio)
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7. GLI ATTIVISTI DI AMNESTY
Essendo un’attivista di Amnesty International io penso che un ragazzo, come chiunque
altra persona, non meriti in nessun caso di essere condannato a morte. E' vero che ha
commesso un reato molto grave, ma come tutte le persone di questo mondo anche lui
ha dei diritti. I Diritti Umani. Diritti che devono essere rispettati da tutti verso
tutti: nero, arabo, ebreo che sia. Ogni persona ha dei diritti. Se nessuno di noi
rispettasse questi diritti cosa ci differenzierebbe dagli animali? Niente! Ecco la
risposta! Tra noi essere umani e gli animali non ci sarebbe alcuna differenza. Allora noi
persone civili dobbiamo essere più intelligenti, dimostrare di essere evoluti,
dimostrare che la pena di morte non è la scelta migliore, è la strada più semplice ma
anche la più sciocca. Rendiamoci conto che uccidere un ragazzo di 17 anni non è giusto,
rendiamoci conto che anche lui deve vivere la sua vita come noi abbiamo vissuto la
nostra. Chiediamoci se questa cosa è giusta? Se uccidere è giusto.(Morena)
Io penso che un ragazzo non meriti una condanna a morte per un incidente. Se è vero
che Dio mi ha donato la vita allora nessuno me la può togliere. Il ragazzo era
inconsapevole della pericolosità dell'arma lasciata incustodita sul tavolo. Per gioco una
donna ha perso la vita, ma questo non significa che anche lui la debba perdere. La
colpa è di tutti e due, ma una morte voluta per un ragazzo di appena 17 anni è troppo.
Ha ancora tutta la vita davanti! Pensate anche a come si deve sentire, mettetevi nei
suoi panni … da un gioco, uno sbaglio, un'inconsapevolezza è scaturita una morte
involontaria per una donna e la volontà di mettere a morte un ragazzo problematico,
ancora giovane, con tante cose ancore da vedere. (Marika)
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8. LE SEGRETARIE DEL GIUDICE
Io sono una delle due segretarie del giudice nel processo contro il diciassettenne
Josef Cannon.
Anche se può sembrare il contrario, il ruolo della segretaria non è affatto facile:
verbalizzare ogni battuta , ogni frase , ogni dichiarazione.
Inoltre non possiamo far trasparire le nostre emozioni e la nostra posizione.
Ciò però non vuole assolutamente dire che non si possa parteggiare per qualcuno: solo
non lo si deve dare a vedere.
Ad esempio, io parteggiavo per l'imputato e a ogni arringa degli avvocati la speranza
che quel ragazzo del Texas potesse tornare dalla sua famiglia che lo aspettava con
ansia diminuiva sempre più. Se non che ad un certo punto, sfogliando e risfogliando su
tutti gli appunti che avevo preso precedentemente, notai un'incongruenza fra le
deposizioni dell'avvocato dell’accusa. L’ho subito riferita al giudice che, senza
indugiare l' ha fatta notare a tutti i presenti in aula.
Dopo aver dichiarato la deposizione come falsa, la fievole speranza che Josef potesse
uscire dal processo sano e salvo si è ravvivata e anche la sua espressione è cambiata:
da torva e pesante che era è diventata più leggera e fiduciosa.
Il processo si è poi svolto in modo regolare e ogni persona in sala ha lottato con il
sangue e con i denti per la propria parte.
Tutti e quattro gli avvocati devo dire sono stati eccellenti nello svolgere il loro lavoro
in maniera accurata e precisa senza tralasciare nessun particolare.
Verso la fine ogni viso era preoccupato e pregno di sudore, le mani di Josef Canon
battevano freneticamente sul banco e tutti gli occhi erano puntati sulla giuria che in
quel momento aveva l' arduo compito di decidere della vita di uomo ... (Carlotta)
Durante il processo ero la segretaria del giudice.
Per quasi tutto il tempo scrivevo le informazioni che ricevevo ed elaboravo.
Non era facile, anzi era stressante, dovevo stare attenta perché in caso ci fossero
state delle incoerenze le avrei dovute far notare.
Come segretaria non potevo prendere posizione, ma dentro di me speravo che
l'imputato, Josef Cannon, di soli 17 anni, potesse tornare assieme alla propria famiglia,
dandogli un'altra opportunità.
Era un ragazzo con scarse possibilità economiche, con seri problemi di alcool e per
questo era stato emarginato dalla società.
Siamo all'arringa finale degli avvocati … e ora tocca alla giuria.
Tutti angosciati, impazienti attendiamo.........Nelle mani dei giurati c'è una nuova
opportunità, una nuova vita, la speranza di Josef Cannon (Elena)
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9. LA GIURIA
Sono un membro della giuria nel processo contro Josef Cannon, accusato di omicidio e
tentato stupro.
Appena seduto vidi che l'imputato aveva dei problemi mentali legati a qualcosa nel
passato, ma io come giuria non potevo né parlare né fare domande, quindi dovetti
lasciare tutto nelle mani degli avvocati.
Man mano che procedeva il processo mi rincuoravo sempre di più per quel povero
ragazzo. Purtroppo devo ammettere che lui ha ucciso Ann Walsh, ma sinceramente la
maggior parte della colpa ricade sulla vittima
Ogni tanto io e i miei colleghi ci davamo qualche consiglio e spesso cambiavamo
posizione: eravamo incerti se difendere o giustiziare il malcapitato.
Alla fine ho deciso di ascoltare il cuore sempre secondo i fatti e gli indizi presentati
dagli avvocati del tribunale: condannare il signor Cannon a 20 anni di carcere. Qui in
Texas molte persone vengono condannate a morte, ma questo giovane ragazzo senza
famiglia, senza amici e senza una vita non può morire. (Enrico)
Io, membro della giuria, ho assistito al processo contro l’imputato Josef Cannon.
Inizialmente, non potendo intervenire, mi sono sentita un po’ esclusa ma, arrivati al
termine del processo, ho capito che il mio ruolo, come quello dei miei colleghi giurati,
era importantissimo perché avevo nelle mani la vita di un ragazzo. Il processo si è
svolto in maniera regolare. Devo fare i complimenti alla difesa che ha svolto il suo
compito alla perfezione. Alla fine del processo, io e gli altri 4 giudici ci siamo riuniti e
abbiamo discusso sulla pena da dare a Josef. Tutti e 5 eravamo d’accordo che la morte
non era la giusta punizione, ma non era neanche giusto dargli solo 5 anni di carcere,
come richiesto dalla difesa. Alla fine abbiamo richiesto al presidente 20 anni di
carcere che ci sono stati confermati.
Per me è stato strano decidere per la vita di qualcun altro, anche se non avrei mai
condannato a morte Josef: è impensabile per me, che sono una ragazza che vive in un
paese nel quale tale pena è stata proibita prima che io nascessi. Comunque ci tengo a
specificare che la pena di morte non è stata abolita in tutti i paesi del mondo ed è in
questi paesi che se sei povero e quindi emarginato dalla società rischi, anche per un
reato non tanto grave, di morire. E questo non è giusto. (Chiara)
Io sono un giurato e l’esperienza mi ha coinvolto molto. La parte più difficile è stata
quando dovevo decidere la sorte di Josef (Mattia)
Io facevo parte della giuria. Dopo il processo è stato molto difficile decidere se il
condannato doveva scontare la pena di morte o andare in carcere per qualche anno,
perché la responsabilità non era solo dell'imputato ma anche della vittima e della
società. Alla fine gli altri giurati e io abbiamo deciso che doveva scontare 20 anni di
carcere. (Edoardo)
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Io ero un giurato e alla fine del processo ho avuto il compito di decidere la condanna o
l'assoluzione dell' imputato. E' stato molto difficile scegliere perché io sono un
ragazzo e non condannerei mai nessuno a morte e perché la mia istruzione mi ha
insegnato diversamente. Quando è arrivato il momento di decidere la pena, insieme
agli altri giurati, mi sentivo molto poco a mio agio perché nelle mie mani era il destino
di un ragazzo di appena 17 anni. (Nicolò)
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10. LA TELEVISIONE
In diretta dal tribunale.
Siamo all'arringa finale.
Gli avvocati dell'accusa hanno chiesto la condanna a morte perché questo non è l’unico
reato che Josef ha commesso e perché è una persona spregevole che non merita
rispetto.
Gli avvocati della difesa, invece, hanno chiesto otto anni di carcere perché i reati
commessi dal diciassettenne in passato sono già stati scontati e perché la pistola non
è stata custodita da Ann, che è quindi responsabile di quanto accaduto.
La giuria ha ascoltato con attenzione e si è riunita per un periodo di tempo che sembra
interminabile e che l'accusato vive con ansia e terrore.
Ecco! È finito il tempo a disposizione, la corte emette il verdetto finale: Josef Cannon
è condannato a venti anni di carcere. (S. P.)
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Conclusione
Siamo arrivati alla fine della nostra storia!
Josef Cannon è stato ritenuto colpevole di aver ucciso e violentato Ann Walsh ma la
giuria ha ritenuto opportuno condannarlo non con la pena di morte, ma con 20 anni di
reclusione.
Come promesso, ora ascoltiamo dalla voce del vero Josef come sono andati realmente i
fatti.
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Josef Cannon: la vera storia
Sono Joseph Cannon.
Nel 1982 sono stato condannato a morte in via definitiva per l'omicidio di Ann Walsh.
Ann Walsh è la donna che ho ucciso e violentato nel 1977.
Era la sorella dell'avvocato che mi aveva protetto in precedenza.
Insieme al fratello aveva deciso di ospitarmi a casa sua. Sono stato sette giorni da lei
e una sera, al suo ritorno, l’ho uccisa con 7 colpi al torace e dopo ho anche cercato di
violentarla. Dove ho trovato le armi? Le ho trovate sul suo letto. Quel giorno ero
sbronzo e in preda alla follia, non sono riuscito a controllarmi e d’impulso le ho sparato.
Forse non tutti sanno alcune cose della mia storia. All'età di 4 anni sono stato
investito da un camion. In seguito sono diventato iperattivo, non riuscivano a parlare e
non sapevo controllarmi a scuola. Fui espulso dalla scuola all’età di sei anni, da quel
momento in poi non ricevetti più un'educazione. Cominciai anche a sniffare colla e
altre sostanze. All'età 10 anni mi fu diagnosticato un danno celebrale, ho sofferto di
gravi depressioni, ho anche cercato di suicidarmi all'età di 15 anni. Fui riconosciuto
schizofrenico e ritardato mentale borderline. Sono stato anche molestato da alcuni
uomini della mia famiglia. Nel braccio della morte sono migliorato molto, ho acquisito
una certa cultura ed ho imparato a scrivere e leggere. Ho passato più della metà della
mia vita rinchiuso nel braccio della morte. Nessuna di queste informazione e stata
presentata nel processo.
Dopo 16 anni di reclusione, la condanna è stata eseguita con un'iniezione letale.
Questi sono stati i miei ultimi minuti di vita.
Di fronte a me c'erano i 5 figli di Ann Walsh, come testimoni. Gli esecutori mi hanno
iniettato una dose letale per 2 volte. La prima volta non è andata a buon fine perché
non hanno preso bene la vena. Io ironicamente ho detto "Non è andata" guardando
negli occhi i testimoni che intanto uscivano dalla stanza. Hanno pianto e pregato dopo
queste parole, le mie ultime: "Mi dispiace per quello che ho fatto a vostra madre! Non
è quello per cui morirò! Per tutta la vita sono stato imprigionato. Non potrei mai
perdonare quello che ho fatto. Mi dispiace per tutti voi. Vi voglio bene! Grazie per
avermi supportato. Vi ringrazio per essere stati gentili con me quando ero piccolo.
Grazie, Dio! Va bene."
Sono morto a 38 anni il 22 aprile 1998.
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