La Carte d`apres Nature al NMNM di Monaco

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La Carte d`apres Nature al NMNM di Monaco
La Carte d’apres Nature al NMNM di Monaco
Il NMNM, Nuovo Museo Nazionale di Monaco, presenta, nella sede recentemente ristrutturata di
Villa Paloma, una significativa esposizione sul tema della natura mettendo in atto un’interessante
formula progettuale.
La mostra,La Carte d’après Nature, infatti, mira a rendere omaggio a René Magritte che, tra il 1952
e il 1965, aveva pubblicato con questo titolo quattordici numeri di una rivista sotto forma di semplici
cartoline: alla sua realizzazione avevano collaborato alcuni colleghi e amici, offrendo un contributo
sul legame “carta e natura”, con testi e immagini.
La direzione del Museo, mutuando questa esperienza storica, ha invitato l’artista tedesco Thomas
Demand (1964) ad esporre la propria ricerca e a scegliere altri diciassette artisti impegnati nella
rappresentazione della natura, di generazioni e origini diverse, con cui interagire. Come curatore ha
affermato: “Se qui a Monaco si parla di natura, deve trattarsi di una natura addomesticata, come le
piante nei vasi, i giardini, i parchi a tema e le ricostruzioni della natura selvaggia: trasformazioni,
ogni genere di presentazione, d’interpretazione e di rappresentazione simbolica.” *
Thomas Demand,
Lichtung 2003
L’artista, rivisitando proprio il Surrealismo, fa riferimento alle parole di André Breton dedicate alla
fotografia e pubblicate, nel 1934, sul quinto numero della rivista “Minotaure”: “Non bisogna
praticare un’arte d’imitazione dell’oggetto. Creare un mondo nuovo, istituendo fra gli elementi
rappresentati un nuovo ordine, è la via che dà allo spirito tutto il suo slancio.” *
Thomas Demand propone sempre una doppia lettura della sua immagine, ricostruendo con un
modellino di carta la realtà e poi fotografandola. Mentre l’avatar rimane, il modello viene distrutto.
Le foto sono sempre di grandi dimensioni e acquistano un carattere scenografico. La famosa
riflessione di René Magritte “Ceci n’est pas une pipe” che accompagna la pipa fedelmente dipinta, la
non coincidenza, cioè, tra realtà e rappresentazione, sembra diventare la principale chiave di lettura
dell’esposizione.
La fotografia come documento, messa in scena e l’oggetto trovato, che stimola una particolare
attenzione, sono due concetti surrealisti intorno a cui si muovono i diversi artisti.
I paesaggi utopici della mostra costituiscono un’ideale interpretazione del racconto di Edgar Allan
Poe “Le terre di Arnheim”, del 1847, che ispirò anche Magritte. Nel testo è descritta la
sperimentazione di un certo Ellison che nella sua tenuta modella un paesaggio surreale, evocante un
sentimento squisito e strano, convinto che scolpire la natura sia fare poesia. “L’idea della natura
continuava a essere presente, ma pareva che avesse subito una modifica nel carattere; c’era una
simmetria misteriosa e solenne, un’uniformità emozionante, una caratteristica magica in queste
nuove opere.” *
La percezione dell’opera d’arte avviene attraverso un processo complesso di rimandi di memoria, di
conoscenze, esperienze e suggestioni emotive diverse in ciascuno: la mostra vuol veicolare continue
riflessioni che superano la semplice stimolazione sensoriale. Il filosofo Walter Benjamin ha ben
sottolineato questo concetto: (…) ad uno spazio elaborato coscientemente dall’uomo si sostituisce
uno spazio dove opera inconsciamente”.
La natura rimane sempre altra cosa dalla sua rappresentazione e, dunque, come fa Chris Garofalo,
tanto vale reinventarla con una visionarietà che parte da stimoli estetici. L’artista presenta
porcellane colorate di grande bellezza che mimano forme biologiche vegetali ed animali e a cui
vengono attribuiti nomi scientifici.
Tacita Dean (1965), con delicati e raffinati video, esalta contemporaneamente il transitorio e
l’immutabile, come in un haiku giapponese, cogliendo nelle leggi naturali una mitologia personale
sempre sostenuta da contemplative emozioni.
L’esposizione, poi, presentando oltre cinquanta foto di Luigi Ghirri (1943-1992) crea quasi una
personale nella collettiva. Considerato tra gli autori più importanti nella storia della fotografia, le
sue opere testimoniano lo svolgersi dell’avventura umana attraverso il tema del viaggio, dell’amicizia,
del paesaggio e suggeriscono un significato nascosto da scoprire, perché alcuni elementi, non
fotografati, sembrano condizionare la rappresentazione.
Saâdane Afif (1970), vincitore del Premio Marcel Duchamp, nel 2009, con il suo rilievo topografico di
una zona in alto mare, Stratégie de l’Inquiétude, 1998, riecheggia l’attimo fuggente degli
impressionisti caricandolo, tuttavia, di un profondo turbamento metafisico.
René Magritte – L’Univers
Démasqué, 1932
Saadane Afif, Stratégie de l’Inquiétude, 1998
Rodney Graham (1949), che ha rappresentato il Canada alla Biennale di Venezia, nel 1997, ha
esposto The Phonokinetoscope, 2002. La video-performance è ambientata in un parco ed è composta
di un disco in vinile e di un film non sincronizzati che creano un’opera, dai sofisticati riferimenti
letterari e sottilmente ironici, sempre nuova.
I quadri di René Magritte (1898-1967) riassumono gli intenti concettuali degli espositori: sono
d’incredibile intensità e giocano sulla trasposizione dei significati; essi ridefiniscono la problematica
della rappresentazione celebrando la tragica inquietudine e perdita di sicurezze del contemporaneo.
Gli altri artisti espositori sono Kudjoe Affutu, Becky Beasley, Martin Boyce, Lèon Gimpel, Henrik
Hakansson, Anne Holtrop, August Kotzsch, Robert Mallet-Stevens, Jan e Joël Martel, Sigmar Polke,
Ger Van Elk.
La natura è, ora, distante: può ripresentarsi solo in trasposizioni virtuali. Lo slancio spontaneo,
l’affidamento che portava, prima, all’immedesimazione del soggetto nell’oggetto è stato sostituito da
un procedimento tecnico e concettuale.
L’artista contemporaneo si sente inadeguato ad affrontare una sintesi tra spirito e materia, del tutto
impreparato ad accogliere un’intuizione del reale ma, tuttavia, non può dimenticare la natura,
eliminarla e s’interroga sullo scarto tra essa e la sua rappresentazione.
Silvia Venuti
D’ARS year 51/nr 205/spring 2011