Rimanenze finali: deducibilità delle svalutazioni del magazzino

Transcript

Rimanenze finali: deducibilità delle svalutazioni del magazzino
Rimanenze finali: deducibilità delle svalutazioni
del magazzino
Pur consentendo, l’art. 92, comma 5, del Tuir, di “allineare” il valore dei beni in rimanenza al loro
diminuito valore normale, di frequente l’Amministrazione Finanziaria, in sede di verifica analitica,
procede alla ripresa a tassazione delle svalutazioni operate dall’impresa eccependo la mancanza o la
carenza della prova documentale circa l’effettivo deprezzamento dei beni. In considerazione
dell’approssimarsi del termine per la redazione dei bilanci di esercizio, nel presente approfondimento
si analizzano le problematiche attinenti, in particolare, la deducibilità delle svalutazioni del
magazzino.
____ A cura di Fausto M. Tufariello1 ____
Premessa
Secondo quanto disposto dal comma 1, dell’art. 92 del Tuir, le rimanenze finali, la cui valutazione non sia
effettuata a costi specifici o a norma dell'articolo 93, sono assunte per un valore non inferiore a quello che
risulta raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e per valore e attribuendo a ciascun gruppo un
valore non inferiore a quello determinato applicando i metodi convenzionali indicati ai commi 2, 3 e 4, cioè
FIFO, Costo Medio e LIFO a scatti annuali e relative varianti. Il successivo comma 5, stabilisce che qualora
in un esercizio il valore unitario medio dei beni, determinato con i suddetti metodi convenzionali, è superiore
al valore normale medio di essi nell'ultimo mese dell'esercizio, il valore minimo di cui al comma 1, è
determinato moltiplicando l'intera quantità dei beni, indipendentemente dall'esercizio di formazione, per
il valore normale.
In altre parole, il Legislatore fiscale concede la possibilità di procedere alla svalutazione delle rimanenze
finali al realizzarsi di determinati presupposti che, nella fattispecie, dovranno essere opportunamente
comprovati dall’impresa attraverso elementi oggettivi.
Aspetti civilistici della valutazione del magazzino
Le rimanenze di magazzino includono i beni destinati alla vendita o che concorrono alla loro produzione
nella normale attività dell'impresa e, generalmente, comprendono le seguenti classi:
□ Merci (prodotti acquistati per la rivendita) e prodotti finiti (manufatti dall'impresa);
□ Semilavorati (che includono le parti finite di acquisto e di produzione destinate alla fabbricazione
del prodotto finito o ad un ulteriore processo intermedio di produzione. Sono parti che hanno
identità fisica e contabile definita);
1
Ragioniere commercialista e revisore legale in Sassuolo (MO);
a cura di Fausto M. Tufariello - www. omniazucchetti.it
1
□ Prodotti in corso di lavorazione (materiali, parti e assiemi in fase di avanzamento);
□ Materie prime;
□ Materie sussidiarie e di consumo (costituite da materiali usati indirettamente nella produzione).
Dal punto di vista della rappresentazione in bilancio, l’art. 2424, del codice civile, colloca le rimanenze
nell’attivo circolante dello stato patrimoniale alla voce “C I”, suddividendole in:
1. Materie prime, sussidiarie e di consumo;
2. Prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3. Lavori in corso su ordinazione;
4. Prodotti finiti e merci;
5. Acconti.
Relativamente al conto economico, il successivo art. 2425 del codice civile, suddivide il valore delle
rimanenze includendo:
□ nel valore della produzione le variazioni positive o negative delle rimanenze di prodotti in
corso di lavorazione, semilavorati e finiti;
□ nei costi di produzione le variazioni positive o negative delle rimanenze di materie prime,
sussidiarie di consumo e merci.
Prima di affrontare le tematiche inerenti i criteri di valutazione delle rimanenze, è opportuno ricordare che
l’inclusione o meno dei beni nelle rimanenze di magazzino ad una certa data, è determinato dal passaggio
del titolo di proprietà2, in quanto con esso vengono trasferiti i rischi relativi al bene. Quindi, partendo da
tale assunto, nel computo delle rimanenze di magazzino dovranno figurare non solo i beni presso gli
stabilimenti ed i magazzini dell’impresa, (ad esclusione di quelli ricevuti da terzi in visione, in prova, in conto
lavorazione e/o deposito, ecc.), ma anche:
□ le giacenze di beni di proprietà dell'impresa presso terzi in conto deposito, lavorazione, prova,
ecc.;
□ i materiali, merci e prodotti acquistati, non ancora pervenuti bensì in viaggio quando, secondo le
modalità dell'acquisto, l'impresa ha già acquisito il titolo di proprietà.
Risulta quindi necessario procedere, prima ancora delle operazioni di valutazione, ad una accurata
rilevazione delle quantità delle rimanenze di magazzino da valorizzare in base a conta fisica (inventario
fisico) da effettuarsi alla data di riferimento del bilancio ovvero a mezzo di un sistema affidabile di scritture
contabili di magazzino.
2
Il passaggio del titolo di proprietà si considera solitamente avvenuto alla data di spedizione o di consegna per i beni mobili, secondo le
modalità contrattuali dell'acquisto ed in base al trasferimento dei rischi dal punto di vista sostanziale, ed alla data della stipulazione del
contratto di compravendita per gli immobili. (OIC n. 13);
a cura di Fausto M. Tufariello - www. omniazucchetti.it
2
Per quanto attiene i criteri di valutazione delle rimanenze, l’art. 2426, comma 1, n. 9 del codice civile
stabilisce che le rimanenze sono iscritte al costo di acquisto o di produzione (costo storico), ovvero al
valore di realizzo desumibile dall'andamento del mercato, se minore. Secondo il documento n. 13,
dell’Organismo Italiano di Contabilità (OIC), il principio di valutazione delle rimanenze di magazzino del
minore tra costo storico – o prezzo di costo o semplicemente costo – e prezzo di mercato – o
semplicemente mercato – si fonda sulla teoria che allorquando l'utilità o la funzionalità originaria misurata dal
valore (costo) originario si riduce, si rende necessario modificare tale valore utilizzando il valore di mercato.
In definitiva, la valutazione delle giacenze di magazzino comporta il riesame dei costi originari (risultanti da
precedenti valutazioni) in quanto vi è la necessità di escludere quelli o quella parte di essi che non potranno
essere recuperati. Tale principio si applica a tutte le rimanenze di magazzino ossia, alle materie prime,
sussidiarie e di consumo, semilavorati e prodotti in corso di lavorazione, merci e prodotti finiti.
Pertanto, dal punto di vista operativo, la base di partenza della valutazione delle rimanenze è il costo
storico, costituito dal complesso dei costi sostenuti per ottenere la proprietà delle rimanenze di magazzino
nel loro attuale sito e condizione. Detto costo è:
□ il costo di acquisto per i prodotti acquisiti per la rivendita e per i materiali diretti e indiretti
(anch’essi acquistati) e da destinare successivamente alla trasformazione ed è costituito dal
prezzo effettivo d'acquisto più gli oneri accessori3;
ovvero
□ il costo di fabbricazione per i prodotti già trasformati e per i materiali in corso di trasformazione
industriale.
Il costo di fabbricazione o industriale é composto dal costo di acquisto, più le pure spese industriali di
produzione4 o di trasformazione; include altresì tutti i costi diretti ed i costi indiretti per la quota
ragionevolmente imputabile al prodotto relativa al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il
bene può essere utilizzato5 ed esclude i costi di distribuzione.
Componenti del costo di acquisto e del costo di fabbricazione
Il costo di acquisto dei materiali include:
-
il prezzo del materiale;
-
le spese di trasporto e di dogana;
-
le altre spese direttamente imputabili a quel
Gli oneri tipicamente identificabili come componenti
del costo di fabbricazione o industriale possono
riassumersi nei seguenti:
Costi diretti
a) costo materiali utilizzati, ivi inclusi i trasporti su
acquisti (materiale diretto);
3
Si ricordi che gli oneri finanziari sono esclusi sia dal concetto di prezzo effettivo d'acquisto, sia da quello di oneri accessori;
Le spese generali di produzione da considerare ai fini della valutazione delle rimanenze di magazzino sono quelle che si rendono
necessarie per porre le rimanenze di magazzino nel loro attuale stato e sito;
5
Con gli stessi criteri possono essere aggiunti, nei casi e con le condizioni previsti nel paragrafo D.III.m) dell’OIC n. 13, gli oneri relativi
al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi;
4
a cura di Fausto M. Tufariello - www. omniazucchetti.it
3
materiale (esclusi gli oneri finanziari);
-
6
i resi, gli sconti , gli abbuoni e premi si portano
in diminuzione dei costi.
b) costo della mano d'opera diretta, inclusivo degli
oneri accessori;
c) semilavorati;
d) imballaggi;
e) costi relativi a licenze di produzione.
7
Costi indiretti o spese generali di produzione o
industriali
a) stipendi, salari e relativi oneri afferenti la mano
d'opera indiretta ed il personale tecnico di
stabilimento;
b) ammortamenti economico-tecnici dei cespiti
destinati alla produzione;
c) manutenzioni e riparazioni;
d) materiali di consumo;
e) altre spese effettivamente sostenute per la
lavorazione di prodotti (gas metano, acqua,
manutenzione esterna, servizi di vigilanza, ecc.).
Posto che la regola base della determinazione del valore delle rimanenze è il costo (di acquisto o di
fabbricazione), in linea di principio risulterebbe necessario procedere all’individuazione di ogni singola unità
fisica (materia prima, merce, prodotto finito, ecc.) per poi attribuirle i costi specificamente sostenuti per il
relativo acquisto o fabbricazione. Normalmente, la specifica identificazione del costo, (che individua i
singoli beni acquistati ed i relativi costi), può essere adottata solo se le voci delle rimanenze non sono
intercambiabili (beni infungibili). Nella generalità dei casi però, tale metodo di valutazione presenta notevoli
difficoltà, per non dire che risulta praticamente improponibile, a causa dell'entità delle rimanenze e della loro
velocità di rotazione. Pertanto, nella pratica, e con particolare riferimento ai beni fungibili, si usa fare ricorso
ai seguenti metodi o criteri8 di determinazione del costo:
□ FIFO (first-in, first out): in questo caso gli acquisti o le produzioni più remoti sono i primi venduti.
Secondo tale metodo viene assunto che le quantità acquistate o prodotte in epoca più remota
siano le prime ad essere vendute od utilizzate in produzione; per cui restano in magazzino le
quantità relative agli acquisti o alle produzioni più recenti;
□ LIFO (last-in, first out): con questo metodo gli acquisti o le produzioni più recenti sono i primi
venduti. Tale metodo assume che le quantità acquistate o prodotte più recentemente siano le
6
Gli sconti citati sono quelli commerciali. Gli sconti cassa sono solitamente accreditati al conto economico fra gli altri proventi finanziari
all'atto del pagamento della fattura, a causa della loro natura finanziaria;
7
Nella generalità dei casi, le spese generali di produzione sono distribuite sui prodotti usando percentuali prefissate basate su un
previsto volume di spese relative ad un livello normale di produzione, ovvero sulla base di dati consuntivi. In quest'ultimo caso però va
tenuta presente la capacità produttiva normale degli impianti. I parametri di distribuzione solitamente usati sono le ore dirette di mano
d'opera o il costo della mano d'opera diretta; sono però usati anche altri parametri, quali le ore macchina, il costo primo (cioè il materiale
diretto e la mano d'opera diretta). In alcuni casi è più appropriato utilizzare percentuali di assorbimento per reparto o gruppi di reparti
(OIC n. 13, paragrafo D.III.f);
8
Si noti preliminarmente che i diversi criteri di determinazione del valore delle rimanenze sinteticamente esposti, avendo la finalità di
“catturare” la reale situazione dell’impresa, conducono a risultati pressoché analoghi qualora si versi in un ambito di prezzi stabili,
viceversa, in un periodo di crisi economica (come quella attuale), le divergenze verificabili all’atto dell’adozione dell’uno o dell’altro
metodo di calcolo possono essere significative, comportando, significative distorsioni all’atto della redazione del bilancio;
a cura di Fausto M. Tufariello - www. omniazucchetti.it
4
prime ad essere vendute od utilizzate in produzione; per cui restano in magazzino le quantità
relative agli acquisti o alle produzioni più remote;
□ Costo medio ponderato: secondo tale metodo le quantità acquistate o prodotte non sono più
individualmente identificabili e fanno parte di un insieme in cui i beni sono ugualmente disponibili.
Determinato il costo, prima di procedere all’iscrizione del valore delle rimanenze in bilancio, è necessario
determinare anche il valore di mercato. Infatti, ancorché il costo sia la base di partenza della valutazione
del magazzino, quando l'utilità o la funzionalità originaria del bene è ridotta, si rende necessario modificarne
il valore se esso non è recuperabile. Il metodo del minore tra costo e mercato serve appunto ad eliminare
quei costi di magazzino che si prevede non possano essere recuperati in futuro. È per questo motivo che
l’art. 2426, co. 1, n. 9, del codice civile, impone il confronto fra costo e valore di realizzazione desumibile
dall’andamento di mercato. In altri termini vi è l’obbligo di effettuare il suddetto confronto e, di
conseguenza, iscrivere il minor valore tra “costo” e “mercato”.
Dal punto di vista civilistico, l’obiettivo è quello di eliminare, sulla scorta di circostanze che si sono già
verificate alla data di riferimento, quei costi che si prevede non possano essere recuperati in futuro; ad
esempio, il costo storico delle rimanenze di magazzino determinato con i criteri predetti può non essere
recuperabile se i prezzi di vendita sono diminuiti, se i beni si sono deteriorati, se sono divenuti obsoleti o se
hanno un lento rigiro9.
In ogni caso, la rilevazione delle perdite di valore deve essere supportata da elementi oggettivi e ben
documentati e non deve comportare un’eccessiva e non giustificata riduzione di valore che modificherebbe
artificiosamente i risultati sia dell'esercizio in cui il magazzino viene valutato, sia di quello in cui viene
venduto.
In relazione alla rilevazione delle rimanenze di magazzino ed alla loro rappresentazione in bilancio, il
documento n. 13, dell’OIC, ritiene doveroso fornire in nota integrativa le seguenti informazioni:
□ il principio generale di valutazione (minore tra costo e mercato);
□ il metodo del costo adottato (medio ponderato, FIFO, LIFO, costo specifico);
□ i criteri adottati per la svalutazione al valore di mercato, (valore netto di realizzo, costo di
sostituzione ecc.), specificando anche a quale tipologia del valore di mercato sono state svalutate
le rimanenze obsolete ed a lento rigiro;
□ l'eventuale cambiamento dei metodi, le ragioni del medesimo ed il relativo effetto sul conto
economico nonché il metodo di contabilizzazione nonché gli eventuali rilevanti cambiamenti nella
classificazione delle voci;
9
L'esistenza di uno o più di questi eventi deve essere determinata per ogni voce di magazzino e considerata per stimare il futuro
realizzo;
a cura di Fausto M. Tufariello - www. omniazucchetti.it
5
□ qualsiasi gravame (ad esempio, pegno, patto di riservato dominio ecc.) relativo alle rimanenze di
magazzino;
□ la differenza, se significativa, fra il valore delle rimanenze di magazzino a prezzi correnti e la
valutazione di bilancio, se inferiore;
□ gli eventuali interessi inclusi nei costi di voci che richiedono un processo d'invecchiamento
pluriennale in quanto relativi a finanziamenti chiaramente assunti a fronte di tali voci;
□ le perdite di ammontare rilevante derivanti da ordini confermati di acquisto o di vendita che
devono essere riconosciute nell'esercizio in cui sono note10;
□ l'ammontare, se rilevante, della svalutazione apportata per effetto del mercato11;
□ il ripristino del costo originario, qualora vengano meno le ragioni che avevano reso necessario
l'abbattimento al valore di mercato, ed il conseguente effetto sul conto economico.
In relazione a quest’ultimo punto, si ricorda che l’art. 2426, co. 1, n. 9, del codice civile, stabilisce che
l’eventuale minor valore, attribuito alle rimanenze sulla scorta del (minore) valore di mercato, non può essere
mantenuto nei successivi bilanci qualora ne siano venuti meno i motivi. Pertanto, in questi casi, vi è
l’obbligo di ripristinare il valore di costo.
Aspetti fiscali della (s)valutazione del magazzino
Dal punto di vista fiscale, i criteri per la valutazione delle rimanenze sono stabiliti dall’art. 92 del Tuir, il quale
stabilisce che le variazioni delle rimanenze finali […] rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il
reddito dell'esercizio. A tal fine le rimanenze finali, la cui valutazione non sia effettuata a costi specifici o a
norma dell'articolo 9312, sono assunte per un valore non inferiore a quello che risulta raggruppando i beni in
categorie omogenee per natura e per valore e attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello
che si ottiene applicando uno dei seguenti criteri di valutazione:
□ LIFO a scatti annuali o sue varianti;
□ Costo medio ponderato;
□ FIFO.
In ambito fiscale, la determinazione del valore delle rimanenze finali non può prescindere dal raggruppare
preliminarmente i beni in categorie omogenee:
□ per natura: i beni devono, in relazione alle loro proprietà e caratteristiche merceologiche,
appartenere allo stesso genere, ancorché di diverso tipo;
10
11
12
Tale indicazione non è necessaria se le perdite sono identificate chiaramente nel corpo del conto economico;
Questa informazione è facoltativa, ma opportuna nei casi di svalutazioni rilevanti;
L’articolo 93 tratta le rimanenze finali delle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale;
a cura di Fausto M. Tufariello - www. omniazucchetti.it
6
□ per valore: i beni devono avere identico contenuto economico.
Ad ogni gruppo omogeneo occorre attribuire un valore che non risulti inferiore a quello minimo ottenuto
applicando i criteri definiti dall'art. 92 del TUIR. Detto valore minimo è rappresentato dal c.d. LIFO a scatti
annuali13. Qualora l’impresa, adottando un metodo diverso da quelli fiscalmente riconosciuti, determini un
valore di magazzino inferiore a quello ottenibile con il LIFO a scatti annuali, occorrerà apportare un'apposita
variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi.
Nel caso in cui il valore unitario medio dei beni, determinato applicando i metodi convenzionali indicati ai
commi 2, 3 e 4 dell’art. 92, cioè FIFO, Costo Medio e LIFO a scatti annuale e relative varianti, è superiore al
valore normale medio di essi nell'ultimo mese dell'esercizio, il suddetto valore minimo viene
determinato moltiplicando l'intera quantità dei beni, indipendentemente dall'esercizio di formazione, per
il valore normale.
In altri termini, sul piano operativo, l’impresa dovrà procedere a moltiplicare l’intera quantità dei beni
esistenti in magazzino per il valore normale di essi, indipendentemente dai periodi di formazione.
Per individuare il valore normale occorre fare riferimento a quanto stabilito dall’art. 9, comma 3, del Tuir, il
quale stabilisce che per valore normale “si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e
i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di
commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquistati o prestati, e, in
mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in
quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o servizi e, in mancanza, alle
mercuriali ed ai listini delle Camere di commercio ed alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti
d’uso.”.
Considerato che il valore di riferimento è “il prezzo o corrispettivo mediamente praticato”, risulta preclusa
ogni svalutazione qualora a diminuire siano i costi di produzione e non anche il valore di vendita. In concreto,
la svalutazione delle rimanenze di magazzino si potrà effettuare solo qualora il prezzo di mercato (valore
normale medio) si sia ridotto rispetto al costo.
In ambito fiscale, diversamente da quanto stabilito civilisticamente, la svalutazione del magazzino
costituisce una facoltà lasciata alla discrezionalità dell’impresa. Evidentemente, la svalutazione, qualora
operata, dovrà essere adeguatamente supportata da elementi oggettivi e sia dimostrabile che la stessa non
sia occasionale ma si sia determinata quantomeno14 nel corso dell’ultimo mese dell’esercizio, così come
sancito dal comma 5, dell’art. 92 del Tuir.
13
Si tenga presente che la regola del valore minimo non si applica: per i beni la cui valutazione viene effettuata a costi specifici (si tratta
dei c.d. "beni infungibili"); per l'attività di commercio al minuto; per le opere, le forniture e i servizi di durata ultrannuale;
14
Come si argomenterà più oltre, la determinazione del valore di mercato potrebbe evincersi anche dall’analisi dei prezzi medi praticati
nei mesi successivi e immediatamente a ridosso della fine dell’esercizio;
a cura di Fausto M. Tufariello - www. omniazucchetti.it
7
Una questione che merita di essere affrontata riguarda il mancato richiamo, nell’ambito dell’art. 92, comma
5, del Tuir, ai beni valutati a costo specifico e, di conseguenza, se la svalutazione in parola sia applicabile
anche ai suddetti beni.
Come osservato dall’Associazione Italiana Dottori Commercialisti15, il suddetto mancato richiamo ai beni
valutati a costo specifico, non preclude che, ai fini della valutazione al termine dell’esercizio, il loro valore
debba essere comunque confrontato con il valore normale di ciascuno di essi, per tale intendendo il valore
ad essi oggettivamente attribuibile, secondo la previsione dell’art. 9 del Testo Unico, applicando, in sede di
determinazione del reddito, ai sensi dell’art. 83 del D.P.R. n. 917/86, il minore fra i due importi, secondo il
principio stabilito dall’art. 2426, n. 9, del codice civile16. Pertanto, conclude l’autorevole Associazione “appare
coerente l’applicazione della regola del confronto con il valore normale anche all’ipotesi dei beni valutati a
costo specifico”.
Il richiamato comma 5 conclude la sua previsione stabilendo che il minor valore attribuito alle rimanenze vale
anche per gli esercizi successivi, sempre che le rimanenze non risultino iscritte nello stato patrimoniale per
un valore superiore. In altri termini, qualora l’impresa, essendo venuti meno i presupposti che avevano
legittimato la svalutazione, abbia proceduto a ripristinare i valori originari, (art. 2426, co. 1, n. 9, c.c.), il
plusvalore iscritto in bilancio derivante dal suddetto ripristino assumerà rilevanza anche fiscale col
conseguente impatto sulle imposte dell’esercizio, non essendo più consentito mantenere il minor valore
fiscalmente attribuito alle medesime17.
Le contestazioni dell’Amministrazione finanziaria
Nonostante la chiara previsione di cui al comma 5, dell’art. 92, del Tuir, non è raro assistere, in sede di
verifica, alla ripresa fiscale delle svalutazioni di magazzino operate dall’impresa, eccependo (nella generalità
dei casi) che il valore di mercato riferito all’ultimo mese dell’esercizio non sia supportato da evidenze
oggettive o non sia provato con sufficiente attendibilità. In sostanza, la mancanza della prova circa
l’effettivo valore di mercato che, ribadiamolo, deve essere riferito all’ultimo mese dell’esercizio (tipicamente,
dicembre), consente all’Amministrazione finanziaria di disattivare la previsione della norma in commento.
Infatti, qualora l’organo accertatore contesti la determinazione del valore normale utilizzato dal contribuente
nelle proprie valutazioni e pretenda l'applicazione del valore storico di costo, spetta al contribuente
dimostrare l'effettivo minor valore di mercato dei beni in magazzino18.
15
Nella norma di comportamento n. 168 del giugno 2007;
L’A.D.C. giunge a tale conclusione nella considerazione che l’art. 92, comma 5, primo periodo, del Testo Unico disciplina solo le
ipotesi di valutazione che sono poste dal legislatore tributario in deroga al principio ordinario di valutazione indicato al primo comma,
prima parte del secondo periodo dello stesso art. 92, coincidente con
la valutazione a costo specifico, cioè, i metodi cd. convenzionali retro evidenziati. Inoltre, tale conclusione discende dalla
considerazione che l’art. 92, nel disciplinare la valutazione coi metodi convenzionali, dispone il confronto per “masse” di beni, fra di loro
relazionate, ai fini valutativi, come “unità”, con un meccanismo, quindi, simile a quello applicabile per i beni “singoli”;
17
In questo senso la C.M. 27.5.94 n. 73/E (§ 3.26) secondo cui “la ripresa di valore ai fini civilistici comporta necessariamente
l’assoggettamento ad imposizione di tale rivalutazione”, stante il disposto del citato art. 92 co. 5 del TUIR;
18
In questo senso la Comm. Trib. Prov. Di Milano, Sez. XXXIV, 11/11/1996, n. 111;
16
a cura di Fausto M. Tufariello - www. omniazucchetti.it
8
Pertanto, prima di procedere alla svalutazione del magazzino, è auspicabile oltre che necessario,
documentare esaustivamente il prezzo o corrispettivo mediamente praticato nel corso dell’ultimo
mese dell’esercizio con molta oculatezza e giudizio.
C’è però da chiedersi se il riferimento temporale all’ultimo mese dell’esercizio, contenuto nella norma in
commento per verificare l’eventuale riduzione dei prezzi di realizzo, sia da interpretare rigidamente oppure
possa essere inteso come periodo più vicino alla data di chiusura dell’esercizio. In questo secondo caso,
potrebbe essere possibile riferirsi anche a periodi immediatamente successivi alla data di bilancio. Così, ad
esempio, potrebbero essere utili alla determinazione del valore netto di realizzo anche le riduzioni del prezzo
di vendita operate nei mesi di gennaio o febbraio successivi alla chiusura dell’esercizio.
Gli stessi principi contabili19 stabiliscono che “qualora i prezzi di vendita alla data di bilancio non sono stati
modificati per riflettere le mutate condizioni di concorrenza e quindi le quantità in giacenza non possono
essere vendute a quei prezzi, i prezzi concorrenziali devono essere utilizzati per la determinazione del valore
netto di realizzo. Di conseguenza se l'andamento dei prezzi nel periodo fra la data del bilancio e quella della
sua preparazione mostra che il valore netto di realizzo diminuisce ed il costo storico non può essere più
recuperato, tale minor valore netto di realizzo deve essere utilizzato ai fini della determinazione del
“mercato” per evitare di differire perdite con una errata valutazione della posta in bilancio”. Al contrario,
“qualora i prezzi di vendita nei giorni che precedono la data di bilancio erano stati ridotti temporaneamente
per ragioni promozionali, ai fini della determinazione del valore netto di realizzo dovranno essere utilizzati
normali prezzi di vendita che verranno effettivamente applicati per la vendita dei beni in giacenza”.
In conclusione, anche se una stretta interpretazione letterale del comma 5, dell’art. 92, del Tuir, porta
inevitabilmente a ritenere che il “valore normale medio” da contrapporre al costo sia quello praticato nel
corso dell’ultimo mese dell’esercizio, parrebbe possibile sostenere che l’impressa possa comprovare
l’effettivo minor valore utilizzando anche un riferimento temporale ricompreso fra la data del bilancio e quella
della sua preparazione. In questo modo risulterebbe comunque garantita la necessità di computare tutte le
componenti nell’esercizio di competenza, nel rigoroso rispetto da un lato, del precetto civilistico secondo cui
occorre tener conto di tutte le perdite ed i rischi anche se conosciuti soltanto fra la data di chiusura del
bilancio ed il giorno della sua compilazione e dall’altro, con l’esigenza di non addossare ai contribuenti un
adempimento talvolta impossibile da rispettare20.
Documento chiuso in redazione in data 11.01.2011
TUTTI I DIRITTI RISERVATI - VIETATA LA RIPRODUZIONE ANCHE
PARZIALE.
Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla
Zucchetti Spa.
L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non
può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o
inesattezze.
19
20
Documento n. 13, dell’OIC, al paragrafo D.VII.c);
In tal senso Lelio Cacciapaglia e Roberto Protani in “Il fisco” n. 15 del 2010;
a cura di Fausto M. Tufariello - www. omniazucchetti.it
9