about a boy - Canossa Campus
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ABOUT A BOY Paul Weitz / Chris Weitz - Gran Bretagna/USA, 2002 About a Boy un ragazzo racconta la storia di un uomo - un'affascinante, ricca, superficiale, egocentrica, irresistibile canaglia - e del suo rapporto d'amicizia con un ragazzo incontrato per caso nel tentativo di conoscere la madre di un altro bambino. Il film è l'adattamento del celebre romanzo di Nick Hornby del 1998, che ha venduto più di un milione di copie soltanto nel Regno Unito e ha conquistato il primo posto nelle classifiche inglesi dei libri più venduti. Will (Hugh Grant - Il diario di Bridget Jones), è uno scapolo solo, senza figli, ricco, che passa le sue giornate alla ricerca di donne. Fingendo di essere un padre single, comincia a frequentare le riunioni di un centro sociale, dove tutti i genitori single cercano di aiutarsi a vicenda: il suo scopo, però, è quello di trovare nuove "prede". Il suo piano tuttavia, deve fare i conti con un imprevisto, Marcus (Nicholas Hoult), dodicenne, figlio di una signora per nulla attraente, hippy e costantemente depressa. Il rapporto con il ragazzo inizia quasi per caso, ma ben presto Will, cinico, pieno di sé e fermamente convinto a restare per tutta la vita "un'isola", ne resta coinvolto. Marcus va a casa di Will ogni giorno, dopo la scuola e poco a poco fra i due si instaura un rapporto di amicizia: il ragazzino riuscirà ad affrontare i compagni di scuola che lo deridono per il suo modo di vestire e di pettinarsi, Will riuscirà ad affrontare e superare le sue paure. Con queste premesse, il film potrebbe sembrare poco interessante, invece non è così. About a Boy è una commedia ricca di scene esilaranti, toccanti, simpatiche, drammatiche, insomma c'è un miscuglio di emozioni che rendono tutta la storia vera e piacevole. Hugh Grant è in forma smagliante, ritorna ad essere la simpatica canaglia che avevamo conosciuto in "Quattro matrimoni e un funerale". È affascinante, spigliato, e con un nuovo taglio di capelli che gli danno finalmente quell'aria da uomo vissuto che sinceramente gli mancava. Interpreta un trentottenne che ha terrore di ogni impegno, che è privo di ambizioni, che non analizza assolutamente le situazioni che gli capitano. Will è un egoista, vive frequentando caffè e ristoranti alla moda, guardando quitz televisivi, non lavora, ma si mantiene grazie alla rendita dei diritti d'autore di una stupida canzoncina natalizia, che lui odia, scritta da suo padre molti anni prima. Nicholas Hoult è formidabile, perfettamente calato nella parte della piccola peste che però riesce a risolvere tutto con un sorriso. Marcus è un ragazzino che abita da solo con una mamma molto particolare, che lo costringe a vestirsi stile anni '70 e che gli taglia i capelli come Nicolas de "La famiglia Bradford". È però molto sensibile e dotato di una straordinaria capacità di adattamento e di autocritica. Il film è tratto dal romanzo "Un ragazzo", di Nick Hornby ed è, come lo stesso romanzo, una pellicola leggera, divertente, che scorre talmente veloce da non rendersi conto del tempo che passa. Come giustamente afferma il regista Paul Weitz, la forza del film sta nella straordinaria combinazione di ironia e situazioni emozionanti. Infatti nonostante affronti temi delicati come l'isolamento, la famiglia, i rapporti affettivi, About a boy è un film molto divertente. Teresa Lavanga Da: http://filmup.leonardo.it/aboutaboy.htm ABOUT A BOY di Sara Troilo Gli ingredienti del film: l'omonimo romanzo di Nick Hornby, il regista di "American Pie" (Paul Weitz), la colonna sonora di Badly Drawn Boy, Hugh Grant (non proprio Un ragazzo) e i produttori de "Il diario di Bridget Jones"; una squadra anglo-americana piuttosto omogenea dà vita a un film che, pur rientrando nell'inesauribile filone di cui si nutrono avidi gli ego dei trentenni, mantiene la leggerezza che promette senza cedimenti in terribili autocompiacimenti. Will Freeman (Hugh Grant) ha trentotto anni e la convinzione forte di essere un'isola, ma di tendenza, insomma Will è convinto di essere Ibiza e teorizza la propria concezione di vita insulare arrivando persino a smentire (dopo averlo scambiato per Bon Jovi) John Donne e il suo "no man is an island": nessuna implicazione con il resto del mondo, collegamenti saltuari con la terraferma, traghetti impossibili da dirottare e, soprattutto, nessun interesse al gemellaggio con le altre isole o niente che duri più di un paio di mesi, in ogni caso. Unica pecca all'interno di questo rigido e studiatissimo sistema volto a preservare se stesso nel corso del tempo sono le lacrime delle donne che Will abbandona regolarmente allo scadere del secondo mese di relazione, ma la vita che si dice aiuti gli uomini coraggiosi, in questo caso farà un'eccezione e mostrerà al protagonista, pavido come pochi altri, la soluzione: giovani madri tornate single, profondamente deluse dagli uomini e come tali non intenzionate a costruire rapporti duraturi. La ricerca inizia immediatamente, ma ciò che Will ottiene, suo malgrado, è l'amicizia di un bambino, Marcus (Nicholas Hoult) figlio di madre hippy depressa (Toni Collette, sugli schermi anche con "Ipotesi di reato") e molto determinato a ricreare in famiglia l'originario nucleo composto da tre persone; la frustrazione delle intenzioni di entrambi li porterà a rivedere le proprie convinzioni con il risultato di farci assistere a un divertente passaggio di consegne generazionale in linea maschile; Marcus diventa esso stesso ponte, impedendo a Will di continuare a essere isola, ma si spingerà più in là rispetto all'attempato amico prendendo il polso alla situazione sociale e dichiarando la morte clinica della coppia come istituzione. Le musiche che accompagnano i riti iniziatici del percorso di costruzione del sé maschile sono fondamentali e molto ben inserite nel tessuto narrativo, tanto da farci pensare con fatica ad un accompagnamento differente rispetto ai brani di Badly Drawn Boy e il ricorrere di "Killing me softly", quasi un mantra per Marcus e la madre, ci riporta all'importanza dei testi delle canzoni molto note nell'immaginario collettivo di una nazione; ricordiamo inoltre che Will non ha mai dovuto lavorare perché vive grazie ai diritti di una canzone di Natale scritta dal padre. Il ritmo è notevole nonostante non sia serrato e gli attori danno corpo ai personaggi senza cadute sebbene il giovane Hoult (Marcus) esordisca dicendo che gli piacerebbe essere come Macaulay Culkin, ma che non lo sarà mai (e glielo si augura per il suo bene futuro). Hugh Grant è a proprio agio nei panni dello sciupafemmine nullafacente determinato a rimanere tale e a fare della mancanza di responsabilità l'unico motivo di vita e lo sguardo benevolo degli autori di film e romanzo nei suoi confronti fa in modo che anche gli spettatori (persino le spettatrici) riescano a seguire la sua storia senza detestarlo o a limitare la stizza nei confronti delle numerose strizzate di occhi (no, non metaforiche ruffianerie, ma anatomici vezzi d'attore). Il risultato, una volta messi insieme gli ingredienti citati sopra, avrebbe potuto essere privato di qualche minuto senza problemi, ma nel complesso tratteggia senza moralismo né installazioni temporanee di piedistalli creati per trentenni (vuoi vedere che Muccino ha solo bisogno di qualcuno che gli consigli di guardarsi un paio di volte "American Pie" se non proprio questo "About a boy", di modo che il paragone non sussista con il suo collega americano?) una storia senza mai scadere nella banalità né nella ricerca a tutti i costi dell'originalità e del colpo di scena. Da: http://www.cinezoom.it/nellesale.php?ID=4&c=1