La sintesi dell` ammoniaca

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La sintesi dell` ammoniaca
La sintesi dell' ammoniaca
Da quando, nel 1913, la BASF realizzò per la prima volta su scala industriale la sintesi
dell' NH3:
N2 + 3H2 ⇔ 2NH3 + 22kcal
le condizioni operative per la conduzione di questa reazione sono variate entro questi
limiti: temperatura compresa tra i 420 - 450 °C, pressione tra le 250 - 1000 atm,
rapporto reagenti stechiometrico, e si sono realizzate conversioni comprese tra 0.2
e 0.7.
La reazione per avvenire con cinetica apprezzabile richiede l'uso di un catalizzatore
che è il Fe0 ottenuto dalla riduzione dell' Fe3O4 secondo la reazione:
Fe3O4 + 4H2 ⇔ 3Fe 0 + 4H2O − 35.8kcal
Tale reazione viene normalmente fatta avvenire all'interno dello stesso reattore
nella fase iniziale di start-up ad opera dell'H2 contenuto nella miscela di sintesi.
La riduzione dell'Fe3O4 richiede una temperatura di poche centinaia di gradi ed è un
processo che deve essere fatto avvenire lentamente con un accurato controllo della
temperatura per l'ottenimento di una struttura porosa che sia il più possibile attiva
nei riguardi della reazione di sintesi (onde evitare i pericoli di sinterizzazione del
reticolo cristallino).
Il Fe0 così ottenuto è un prodotto sensibilissimo ai composti ossigenati (O2, CO, CO2,
H2O) la cui presenza nella corrente gassosa anche in percentuali bassissime
(dell'ordine delle centinaia di parti per milione) è sufficiente a provocarne la
riossidazione e quindi la riduzione o l'annullamento dell'attività catalitica. Si tenga
presente che tale ossidazione è un processo reversibile, ossia l'attività' catalitica
può essere ripristinata completamente, se e solo se l'azione ossidante è condotta per
un periodo di tempo non troppo lungo e/o se la concentrazione di composti ossigenati
nella corrente gassosa non supera le 50 - 100 ppm. E’ necessario inoltre ricordare
che il catalizzatore non è composto soltanto da Fe0 ma che tale elemento è sempre
accompagnato da altre sostanze, quali ad es. Al2O3 (che ha una struttura a spinello
simile a quella dell'Fe3O4) e K2O, dette promotori o attivatori, il cui compito è quello
di aumentare, se possibile, l'attività catalitica del ferro e di mantenerla stabile nel
tempo. In particolare il primo, alto fondente, impedisce la ricristallizzazione del Fe,
l'altro modifica le proprietà superficiali del catalizzatore (si ritiene che K2O
neutralizzi la acidità superficiale del catalizzatore che rallenta la velocità di
deadsorbimento dell'NH3).
Date le basse conversioni ottenibili nella reazione di sintesi, si pone il problema di
utilizzare completamente la carica iniziale dei reagenti per cui la scelta del reattore
è limitata a due tipi: reattori in serie e reattori con riciclo.
Nel primo caso ad un reattore iniziale, seguito da un separatore dell'NH3 prodotta,
fa seguito un secondo reattore con annesso separatore e così via. Nel caso invece di
reattore con riciclo la corrente gassosa in uscita dal separatore, composta da N2 ed
H2 non reagiti, viene riciclata in testa al reattore (si tenga presente che, quando si
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parla impropriamente di separatore, si intende l'impianto di separazione dell'NH3).
La scelta tra i due tipi di impianto ha riflettuto le variazioni nel corso del tempo
delle condizioni operative (soprattutto la pressione) per la condotta della reazione di
sintesi.
Infatti nel primo caso (reattori in serie) per avere conversioni finali accettabili senza
dover ricorrere ad un numero troppo elevato di reattori era necessario lavorare a
pressioni elevatissime (103 atm).
In questo caso in ogni reattore si avevano conversioni dell'ordine di 0.4 - 0.6 per cui
occorrevano 3 - 4 reattori per arrivare ad una conversione finale di circa 0.91.
Inoltre giocava a favore dei reattori in serie anche il fatto che gli spessori crescono
maggiormente col diametro all'aumentare della pressione2 per cui al posto di un unico
reattore conveniva utilizzare un certo numero di reattori più piccoli capaci di trattare
la stessa alimentazione.
Da queste considerazioni si svilupparono gli impianti Claude e Casale che lavoravano
alle condizioni limiti di resistenza del materiale dei reattori. Oggigiorno però si è
abbandonato lo schema di impianto dei reattori in serie per quello dei reattori con
riciclo che presenta il vantaggio di richiedere una minore pressione di esercizio (250 300 atm). L'unica limitazione nello schema con riciclo è data dal fatto che
l'alimentazione deve essere il più possibile esente da inerti (essenzialmente Ar e CH4)
ed il rapporto H2/N2 stechiometrico. Infatti gli inerti, come pure il reagente in
eccesso, si accumulerebbero all'interno del sistema e dovrebbero essere spurgati.
Si tenga presente che in entrambi i tipi di reattori, a causa delle condizioni operative
particolarmente severe, la scelta del materiale di cui è fatto il reattore è vincolata
all'uso degli acciai speciali in quanto N2, H2 e la stessa NH3 hanno tutte effetto
corrosivo. In particolare H2 è un decarburante dell'acciaio, cioè si lega al carbonio
della struttura cristallina per dare luogo a CH4, mentre l'N2 da' luogo alla formazione
di nitruri superficiali che rendono più dura ma anche meno elastica e meno resistente
alle sollecitazioni meccaniche la superficie metallica esposta ai gas.
Se si esaminano i vari tipi di reattori utilizzati per la reazione di sintesi si osserverà
in tutti una caratteristica comune, cioè una divisione tra una zona esterna, che si
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Si ricordi infatti che, chiamando x la conversione relativa ad ogni reattore, avremo:
n −n
x = IN OUT ⇒ nOUT = nIN ⋅ (1 − x )
nIN
e, poiché l’alimentazione di ogni reattore è costituita dalla miscela uscente dal reattore precedente:
nOUT
n -esimo reattore
= nIN
I ° reattore
⋅ (1 − x ) n
Per cui la conversione totale dell’impianto sarà:
nIN
− nOUT
xtot =
I ° reattore
nIN
n -esimo reattore
= 1 - (1 - x ) n
I ° reattore
2
La relazione tra spessore s e diametro D in un serbatoio in pressione è data da s =
P ⋅D
dove σs è il
2 ⋅ σs
carico unitario di sicurezza del materiale di cui è fatto il serbatoio.
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trova a bassa temperatura, da una zona interna, in cui è alloggiato il catalizzatore, che
essendo sottoposta alla temperatura di lavoro, andrà soggetta all'attacco da parte di
N2 e H2.
I gas freschi passano nell'intercapedine tra la struttura esterna portante e quella
interna, preriscaldandosi, e vengono quindi inviati nella zona catalitica interna. Perciò
la struttura esterna viene a trovarsi ad una temperatura nettamente inferiore a
quella di lavoro. In questi tipi di reattori lo strato esterno serve a reggere le elevate
pressioni e quello interno a resistere alla temperatura di processo.
Per realizzare il controllo della temperatura che sale man mano che la reazione evolve
si pone lo stesso problema che si ha nel caso della conversione SO2 SO3 e cioè come
eliminare la quantità di calore generato dalla reazione. Oggigiorno il raffreddamento
della massa catalitica viene effettuato per lo più mediante i gas freschi che si
preriscaldano scorrendo attorno a tubi nei quali è alloggiato il catalizzatore. In alcuni
tipi di reattore, per rendere più efficiente lo scambio termico, si realizzano doppi o
tripli passaggi dei gas freschi attorno ai tubi di reazione. In altri casi il catalizzatore
è alloggiato su ripiani (reattore a strati adiabatici) e la corrente gassosa è
raffreddata,tra uno strato e l'altro, o mediante un fluido refrigerante esterno (es.
acqua nel caso del reattore Fauser) oppure tramite immissione diretta di gas freschi.
Si ricordi comunque che il controllo della temperatura nella reazione di sintesi è
essenziale sia per l'ottenimento di conversioni più elevate sia, principalmente, per
proteggere il catalizzatore da pericoli di sinterizzazione.
Nei reattori è inoltre contenuto un dispositivo di riscaldamento con resistenze
elettriche per l'avviamento e negli impianti moderni ad alta potenzialità (500-1000
t/giorno), allo scopo di ridurre le perdite di carico, il flusso di reagenti sul
catalizzatore è radiale anziché longitudinale. Ciò implica l'impiego di strati catalitici
sistemati in modo concentrico nel tubo di forza.
Una volta prodotta, l'NH3 deve essere separata dalla corrente gassosa. Essendo le
differenze chimico-fisiche tra NH3 ed N2 e H2 notevolissime, la loro separazione si
può effettuare agevolmente mediante due procedure principali : 1) si sfrutta la
differenza di solubilità in acqua dell'NH3 rispetto ai reagenti, oppure, 2) si utilizza la
differenza delle tensioni di vapore dell'NH3 e dei reagenti. Le temperature di
condensazione, infatti, dell'N2 e H2 sono estremamente basse, mentre l'NH3
condensa, a p = 1 atm, a circa -33°C oppure a t ambiente se la pressione è 15 - 20 atm.
Si tenga presente che il primo metodo è utile quando sia necessario disporre di
soluzioni acquose di NH3 per successive reazioni in fase liquida, mentre comporta
notevoli spese per l'ottenimento di NH3 anidra o costi aggiuntivi se le successive
lavorazioni non vengono effettuate in loco ed è richiesto un trasporto.
Si ricordi infine che, per quanto riguarda il secondo metodo, un raffreddamento con
acqua industriale della corrente gassosa non consente, anche operando a pressioni
elevate, di ottenere la condensazione totale dell'NH3. Pertanto negli impianti moderni
si tende ad abbassare la temperatura della corrente gassosa sfruttando le frigorie
prodotte dalla laminazione dell'NH3 liquida.
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L'impianto tipo per la sintesi è costituito da un compressore che porta alla pressione
di esercizio i gas di alimentazione. Negli impianti tradizionali si utilizzano compressori
a pistoni, in quelli moderni ad alta potenzialità vengono utilizzati compressori
centrifughi che possono operare fino a 300 atm.
Sono macchine più compatte e che non danno luogo a trascinamento d'olio, ma
convenienti solo per grandi potenzialità dato che il loro rendimento aumenta al
crescere della portata.
All'uscita dal reattore i gas passano negli scambiatori e nei separatori nei quali viene
separata l'ammoniaca liquida. Questi gas subiscono in generale almeno due
raffreddamenti, l'uno con acqua e l'altro ottenuto per vaporizzazione di ammoniaca
liquida.
Dopo aver separato l'ammoniaca i gas non reagiti vengono riciclati nel reattore di
sintesi previa ricompressione per compensare le perdite di carico. Nei vecchi impianti
si utilizzano delle pompe di ricircolazione a pistone, negli impianti più moderni la resa
per passaggio sul catalizzatore è più elevata e di conseguenza è inferiore il rapporto
di riciclo, ciò consente di utilizzare degli eiettori. Sono macchine che non hanno organi
rotanti, non devono essere lubrificate e non danno luogo a trascinamento d'olio, sono
inoltre meno costose e d'esercizio più agevole.
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