E` stata aggiornata l`età di pensionamento in base alla speranza di

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E` stata aggiornata l`età di pensionamento in base alla speranza di
E’ stata aggiornata l’età di pensionamento in base alla speranza di vita.
Il Ministero dell’Economia, di concerto con il Ministero del Lavoro, ha emanato il Decreto 16
dicembre pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre, con cui adegua i requisiti di accesso
al pensionamento all’accertamento della speranza di vita da parte dell’Istat.
L’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita costituisce uno dei due meccanismi
automatici di “correzione” (l’altro è costituito dalla revisione periodica dei coefficienti di
trasformazione in rendita del metodo di calcolo contributivo), previsti nel nostro sistema
previdenziale per garantirne la sostenibilità finanziaria nel lungo periodo, in un quadro di generale
e progressivo invecchiamento della popolazione.
L’innalzamento dell’età pensionabile, in particolare, era stato introdotto nel nostro ordinamento dal
decreto legge 3 agosto 2009 prevedendosene l’applicazione dal 1° gennaio 2015; la legge n.
111/2011 l'aveva anticipato al 2013 (l’incremento accertato è stato di 3 mesi), con cadenza
triennale. La riforma Fornero, infine, ha lasciato inalterate le regole fino al 2019, stabilendo che in
seguito l'adeguamento dovrà avere cadenza biennale e non più triennale.
E’ stato previsto inoltre che se l’incremento delle variazioni demografiche non dovesse produrre a
partire dal 2021 un’età di pensionamento almeno pari a 67 anni, essa verrà applicata in
automatico.
L’Istituto Nazionale di Statistica ha rilevato con una nota del 21 novembre scorso che la variazione
della speranza di vita all’età di 65 anni, relativa alla media della popolazione residente in Italia tra
l’anno 2010 e l’anno 2013 è pari a 0,3 decimi di anno; questo dato, rapportato in dodicesimi di
anno, equivale ad una variazione di 0,4 che, a sua volta arrotondato in mesi, corrisponde ad una
variazione pari a 4 mesi. Considerando queste variazioni, quindi, a decorrere dall’1 gennaio 2016,
i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici sono ulteriormente incrementati di 4 mesi.
Per le pensioni anticipate saranno allora necessari, per gli uomini, 42 anni e dieci mesi di
contributi, mentre per le donne, 41 anni e dieci mesi di contributi.
Per la pensione di vecchiaia i requisiti sono poi differenti per le donne del settore privato rispetto
agli uomini e alle donne del settore pubblico (in base alla riforma Fornero l’equiparazione avverrà
nel 2018). Gli uomini, dipendenti o lavoratori autonomi e le donne del pubblico impiego dovranno
raggiungere i 66 anni e sette mesi di età.
Per le lavoratrici del settore privato l'aumento della speranza di vita si combina invece proprio con
l'innalzamento dei minimi fissati dalla riforma previdenziale per arrivare a parificare i requisiti di
accesso alla pensione di vecchiaia, quindi, per le dipendenti del settore privato occorreranno 65
anni e sette mesi, per le autonome 66 anni e un mese. In parallelo s’innalzeranno anche i requisiti
di età per le pensioni calcolate con il contributivo puro (63 anni e sette mesi).
Per coloro, poi, cui si applica ancora il sistema delle quote, primi fra tutti i lavoratori occupati in
attività usuranti, la somma tra contributi ed età anagrafica s’innalzerà di altri quattro mesi e così
pure l'età minima per accedere al trattamento previdenziale. Va anche ricordato che, di
conseguenza, si allungherà anche il periodo di permanenza nei fondi pensione giacché il diritto alla
prestazione della previdenza complementare nei fondi pensione (art. 11 dlgs 252/2005) si
acquisisce al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni stabiliti nel
regime obbligatorio di appartenenza, con almeno cinque anni di partecipazione alle forme
pensionistiche complementari.