Centro Sociale Culturale Ricreativo “Annalena Tonelli” Gli Studenti

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Centro Sociale Culturale Ricreativo “Annalena Tonelli” Gli Studenti
Centro Sociale Culturale Ricreativo “Annalena Tonelli”
Cultura e Tradizioni Bolognesi
Gli Studenti
Allegato alla conversazione del 3 novembre 2016 , “Nascita dell’Università”
A cura di Maurizio Cavazza – maurizio.cavazza8@alice .it
Chi voleva venire a Bologna a studiare si metteva in contatto per lettera o per interposta persona
con il docente informandosi se e quando avrebbe tenuto le lezioni.
Avuto l’assenso si metteva in viaggio per Bologna.
Viaggio spesso molto lungo.
Per venire da Basilea a Bologna occorrevano almeno tre settimane,(ad esempio) e questo era il
tempo occorrente per le lettere di informazione e conferma e per il trasferimento vero e proprio.
Quindi occorreva programmare il tutto con molto anticipo (l’insegnante poteva avere rifiutato
l’incarico, non essere soddisfatto del compenso proposto, etc….).
Lo studente che arrivava da noi era ben diverso da quelli attuali.
Poteva avere anche i 19 anni delle attuali matricole, ma era una persona nella piena centralità della
vita
Era certamente ricco e disposto ad investire molti denari per ottenere quella preparazione giuridica
che avrebbe permesso una lucrosa professione una volta ritornato in patria (giudice, avvocato,
notaio, funzionario di alto rango nella pubblica amministrazione o nella Chiesa).
Qualche volta era tutta una famiglia che investiva su uno studente.
Investire è il termine esatto: non tanto per il rischio che lo studente non riuscisse negli studi ( chi si
metteva in una impresa del tipo era al di sopra di questi rischi ), ma per i molteplici pericoli legati
al viaggio.
Rischi di infortunii, di rapine sulla strada, di furti negli alberghi (poche stelle, poche stelle !!) .
Nel 1224 il Comune occupò militarmente Medicina ed Argelato perché in quei luoghi molti
studenti erano stati derubati .
Ma anche in città c’erano ladri e rapinatori, giocatori d’azzardo e truffatori .
E fino al 1158 il diritto di rappresaglia .
Alcuni erano sposati e portavano la famiglia, molti almeno una persona di servizio, tutti almeno due
cavalcature (per sé , per il servitore e per i bagagli) .
Una volta arrivato e accordatosi col docente entrava per così dire nella “famiglia “ del magister.
Il quale era pagato direttamente dai singoli allievi ( “le collectae”) : che spesso erano in ritardo,
almeno nelle comuni lamentele dei docenti.
Soprattutto nei primi tempi la vita associativa degli studenti era composta di tanti gruppi quanti
erano i magister.
Una comunità (soprattutto dopo l’Habita) che il docente aveva anche il diritto-dovere di reggere.
Poi il ruolo associativo verrà svolto nell’ambito delle nationes.
Il fatto di vivere in comune anche fuori dalla lezione ( e molti erano anche “ a pensione “ presso i
docenti) oltre che a finalità sociali di integrazione con la vita della città consentiva anche
molteplici momenti, diciamo così, “seminariali”, di approfondimento degli argomenti delle lezioni.
E chissà quante idee saranno scaturite da queste discussioni, quante glosse saranno state concepite
in questi incontri che mettevano insieme su un piano di parità intellettuale i maestri (tecnici del
diritto) e gli allievi sempre, per conto loro, già dotti in altre materie : e tutti capaci di parlare latino
al massimo livello..
L’afflusso di studenti diventò un fenomeno di “ massa” : al tempo di Azzone si aggirava sulle mille
unità.
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Mille persone che si inserivano socialmente ed economicamente fra le duemila più ricche della
città, che ne contava allora circa 20-30 mila. ( inizio ‘200)
Queste persone andavano convenientemente alloggiate, vestite, nutrite, svagate : una pacchia per
proprietari immobiliari, artigiani del lusso, lenoni…, ma anche per servitori, stallieri, sarti,
maniscalchi etc…
Nel 1158 gli studenti rassicuravano l’imperatore che a Bologna c’era tutto quello che si poteva
desiderare e al giusto prezzo !!
Ma poiché lo Studium e il suo indotto erano diventati l’industria principale della città, la città cercò
di impossessarsi, per regolarla, della attività dello Studium ; anche perché gli studenti e i professori
avevano un’arma di ricatto importante: non essendo vincolati a niente, potevano andare in altre città
che favorissero condizioni migliori ; cosa che svariate volte accadde.
Quando il Comune (fine XII secolo) diventò l’autorità pubblica dominante impose ai docenti il
giuramento di non trasferirsi in altre città.
Questo legame fra docenti e Comune fu interpretato dagli studenti come una limitazione alle loro
libertà.
E nacquero le nationes ; i professori rinunciarono ai diritti – doveri della Habita dell’imperatore .
Il potere era ora del Comune.
Gli studenti cercarono e trovarono l’aiuto della Chiesa .
Onorio III li appoggiò ( la Chiesa non sopportava che una cosa così importante che coinvolgeva
anche tanti ecclesiastici restasse totalmente in un ambito laico) e da questo scaturì il potere dato
all’arcidiacono della Cattedrale di conferire ufficialmente le lauree .
Do ut des.
In questo gioco fra poteri l’affermarsi delle nationes e della universitas scholarium fu inevitabile.
Le nationes si divideranno in ultramontane (di là delle Alpi) e citramontane (la penisola italiana
in pratica) e si avranno due rettori
Nationes citramontane .: Lombardi ( alta Italia), Toschi, Romani (laziali e Marchigiani), Campani,
Siciliani
Nationes ultramontane : 13 . Aragona, Castiglia e Catalogna;
Provenza, Normandia, Turenna, Borgogna ,Piccardia, Maine.
Inghilterra , Germania, Polonia, Ungheria
Poi nel tempo le nationes aumentarono fino a circa trenta e nel 1595 fu introdotta la facoltà di avere
un proprio rappresentante nelle ultramontane anche alla “nazione degli Indiani o delle
Indie“(America).
E’ ancora riconoscibile nella volta della prima arcata dell’Archiginnasio l’affresco dedicato al
legato card.Giustiniani del primo Priore americano (1607): Don Didàco de Leon Garavito , che
veniva da Lima.
Le associazioni su base nazionale si collegarono in universitates.
L’Universitas scholarium ultramontanorum e quella degli scholarium
citramontanorum, ognuna col proprio rector dialogavano col Comune per mantenere i propri
diritti.
Si arrivò ad una intesa che garantiva ampia libertà :
- Gli studenti erano equiparati ai cittadini, ma non pagavano le stesse tasse e non avevano obblighi
militari.
– In caso di aggressione a studenti i colpevoli erano condannati sulla base della sola denuncia.
– Il commercio dei libri, il mercato degli alloggi e la gestione dei prestiti in danaro erano
regolamentati e calmierati.
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Le Universitates organizzano la vita dello Studium e i Rettori fanno applicare gli statuti che gli
stessi studenti si sono dati.
- Controllano che gli studenti siano registrati presso la natio ( pagavano una tassa per questo),
fissano gli orari e i programmi di insegnamento.
- Che vengano rispettate le disposizione sul traffico ( vendita, affitto, copiatura ) dei libri e delle
pecie.
- Sorvegliano i docenti
- Controllano l’amministrazione della giustizia penale verso gli studenti
- Controllano l’osservanza delle disposizioni sugli affitti
I rettori erano studenti e duravano in carica un anno: venivano eletti a suffragio universale fra gli
studenti; ruotavano fra le varie nationes e quelle più numerose ne eleggevano di più ; certamente
c’era un manuale Cencelli ante-litteram che faceva ruotare gli incarichi fra le nationes; ma pesava
anche la personale ricchezza dei candidati perché fare il rettore era prestigioso ma molto costoso.
Ai rettori prestavano giuramento di obbedienza sia gli studenti che i professori.
L’elezione a rettore era gradita solo ai più ricchi perché doveva provvedere di tasca propria alle
feste alle spese di rappresentanza agli omaggi agli ospiti: furono rettori un duca di Savoia, un
marchese del Baden, un duca di Borgogna.
Ai rettori veniva dato l’appellativo di dignissimo, ma dal 500 il titolo diventò magnifico : quello di
oggi.
Diventarono magnifici contemporaneamente alla perdita di ogni potere
Il potere dei rettori declinò poco a poco a favore degli organi pubblici (Riformatori dello Studio dal
1376 e poi Assunteria dello Studio, oggi si direbbe assessorato all’Università)
Le nationes , quelle più vaste e ricche, un poco si burocratizzano coi propri notai e i propri bidelli
, ma forniscono il servizio di guida del nuovo studente fra il labirinto delle scuole, dei corsi, dei
docenti facilitando il suo inserimento nella vita dello Studium e della città.
In estrema sintesi fu sempre un bilanciarsi di poteri fra studenti, Impero e chiesa prima e poi fra
studenti e città poi (con la Chiesa che vigilava); quando poi anche il potere civile passò alla
Chiesa il potere degli studenti come Universitas Scholrium finì del tutto.
La lezione e l’aula
L’affermarsi delle Universitates portò alla regolamentazione dell’attività didattica.
I corsi iniziavano il 18 di ottobre ( S.Luca) e finivano alla fine di agosto .
Le vacanze erano numerose per l’occasione delle tante feste per Cristo, Madonna e Santi.
Le lezioni erano ordinarie e straordinarie a seconda dei testi che si commentavano.
Le prime lezioni erano segnalate dal suono della apposita campana della cattedrale , la “Scholara”,
un’ora dopo l’alba.
Nel pomeriggio si tenevano le straordinarie; ad esse seguivano le “repetitiones “ che potevano
essere gestite da studenti anziani o giovani “assistenti”.
Le lezioni, la loro cadenza e loro contenuti erano stabilite e contrattate dalla Universitas, per essere
sempre funzionali alla preparazione professionale.
All’inizio, fino a che la materia era ancora fluida e in divenire, il peso degli interventi e dei
contributi degli studenti fu rilevante.
Andò scemando dopo il costituirsi della Magna glossa che diventò in modo rigido “il programma
di studio”.
Peraltro questo permetteva di sviscerare tutta la materia del diritto civile in 6-8 anni.
Nei giovedì di quaresima i maestri si esibivano nelle disputationes , pubblici dibattiti su questioni
intricate
Boncompagno da Signa agli inizi del 1200 scriveva :
“ L’aula sia costruita in uno spazio libero e sano.
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Sia lontano dal via vai delle donne, dal chiasso della piazza, dallo scalpiccio dei cavalli, dal
traffico, dai latrati dai cani, dai rumori molesti, dal fracasso dei carri e da ogni fetore.
Abbia larghezza e lunghezza uguali, ..sia pulita dalla polvere e da ogni sporcizia.
Non vi siano in essa quadri o pitture, piuttosto le pareti siano adornate di verde, nel colore e nella
luce.
Vi sia un solo ingresso e le scale non rendano difficoltoso l’accesso.
Vi siano due o tre finestre disposte in modo tale che il professore ogni tanto e specialmente col
bel tempo possa intravedere le zone circostanti, gli alberi, gli orti e i frutteti, poiché è nella
visione delle cose gradevoli che la memoria si irrobustisce “
Naturalmente una aula così non c’è mai stata; le aule erano sparse per la città e certamente prive di
tutte queste qualità.
All’inizio, quando il solo docente aveva il testo, la cattedra era al centro; poi col diffondersi delle
copie si spostò ad una estremità e gli scholari ebbero banchi con leggio : come oggi..
La maggior parte delle raffigurazioni delle aule ( Tomba dei Liuzzi, e di Rolandino dè Passeggeri
ad esempio) riporta questa ultima sistemazione.
Le lezioni all’inizio erano tenute presso le abitazioni dei docenti, ma in seguito ,anche per l’alto
numero di scolari, si spostarono in locali più adatti e anche nelle chiese o all’aperto ( il famoso
albero davanti alla Sancta Jerusalem…).
I luoghi dove tenevano lezione i giuristi erano nella zona S.Procolo-Farini-Cavour-Corte dei
Bulgari.
Le aule degli Artisti erano nella zona Piazza Galilei-Via 4 Novembre-S.Salvatore. Una piccola
lapide vicino a S.Salvatore ricorda l’insegnamento nei pressi di Guido Guinizelli.
Le lezioni di Medicina anche presso gli Hospitali della Vita e Della Morte.
Dal 1395 l’esame finale della scuola di Medicina si svolse in S.Salvatore
Nelle stesse strade si svolgeva il commercio dei libri; la parte della attuale via Farini da Piazza
Galvani a via D’Azeglio infatti si chiamava ( diversamente larga) via Dei Libri.
Durante il corso degli studi non c’erano esami e non c’era l’obbligo di frequenza.
Verso il compimento dell’iter di studio erano alcune prove.:
Il Principium : lo studente teneva una lezione davanti ai compagni e se se superava la prova
diventava Baccalarius (“Baccelliere”), poteva tenere repetitiones assistere il magister nelle
disputationes.
Dopo qualche tempo si rivolgeva ad un professore che facesse parete del Collegio dei Dottori per
essere sottoposto ad un lungo colloquio che ne saggiava la preparazione : il certamen.
Se l’esito era positivo il candidato veniva presentato all’arcidiacono della Cattedrale che aveva il
potere di concedere la licentia docendi.
Nella sagrestia della cattedrale alla presenza del Collegio Dottorale al completo il candidato
affrontava una “ prova tremenda e rigorosa” , come recitano gli statuti degli studenti.
Era un esame su un testo di legge scelto tramite l’apertura a caso di un volume.
Superata la quale lo studente era licentiatus in iure
Ma c’era un ulteriore passaggio per ottenere il titolo di doctor , la laurea in sintesi.
Questa prova era il conventus: una cerimonia esteriore concordata, quasi uno spettacolo, che si
concludeva con la consegna dei simboli dottorali ( anello, libro, berretto) e una festa con cortei,
musiche, banchetti, doni…
Era anche lo sfoggio di ricchezza da parte dei più agiati fra gli studenti.
Che erano tutti ricchi, rispetto alla media della popolazione, ma con diversi livelli.
Chi veniva a studiare a Bologna aveva alle spalle una famiglia o, se era chierico, delle rendite da
benefici ecclesiastici.
A Bologna avevano il problema del vitto e dell’alloggio; i più ricchi soprattutto se avevano famiglia
compravano casa e si servivano di personale o portato con sé o ingaggiato in loco.
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Altri andavano in affitto o a pensione ( anche dai docenti), e a seconda del grado di agiatezza
stavano da soli o in camere multiple ( non è cambiato molto anche oggi…).
I collegi (per studenti “poveri”) sorsero più tardi e furono in numero limitato.
Il problema dei libri era fondamentale.
Prima dell’invenzione della stampa e dell’uso comune della carta, un libro costava come una casa;
soprattutto i codici un pergamena, miniati, dei testi giuridici.
Gli statuti bolognesi previdero un particolare sistema di riproduzione dei codici.
Presso certi librai (stationarii) controllati dalle autorità si trovavano i testi consigliati, smembrati in
quaderni (pecie); queste potevano essere noleggiate a prezzo calmierato e riprodotte o dallo
studente o da un copista (scriptor) di fiducia.
Questo permetteva di avere più copie del testo, allo studente man mano di avere tutto il testo e di
poter portare a lezione solo quella parte che interessava e non tutto il pesante volume .
Come sempre accade qualche indefesso sgobbone c’era anche allora, ma la più parte degli studenti
la prendeva con calma, sfruttando ciò che di buono dava il vivere a Bologna ( e quasi tutti poi in
vecchiaia al loro paese rimpiangevano la città che li aveva ospitati, rimpiangendo in realtà
soprattutto la loro giovinezza…anche Petrarca fu tra questi)
Ma il vivere “bene “ a Bologna era costoso e molti furono i casi di studenti che si impoverirono per
aver condotto una vita al di sopra delle possibilità; conseguenza il ricorso a prestiti e ad usurai.
Secondo una cronaca del tempo i vizi tipici degli studenti erano :
manifesta fornicatio, gulositas , ebrietas , ludus , intemperantia expansorum , inconstantia ,
furtum, fermentum sodomiticum.
I rapporti con i cittadini furono sempre alterni ; aldilà dell’indole dei singoli, sempre ci fu una certa
alterigia e prepotenza da parte degli studenti, ricchi e privilegiati, nei confronti dei bolognesi da
molti di loro considerati, e non sempre a torto, delle vere sanguisughe.
E poi ci furono i tanti casi di seduzione delle donne bolognesi che eccitarono l’animo dei traditi, le
risse, le zuffe per insulti, le diatribe trascese in rissa con i librai, i fornitori.
E anche casi di omicidio di cui il più famoso è quello del 1294 : un albergatore uccise uno studente
tedesco sorpreso a letto con la moglie.
Ma nonostante le intemperanze e il costante attentato alle virtù delle fanciulle bolognesi ( tutte
“santemariegoretti “??) gli studenti erano ben visti dalla popolazione sia per motivi di atavica
ospitalità (10% ?), che per partici motivi economici, dati i notevoli introiti che derivavano alla città
dalla presenza degli studenti.( 90%)
Come negli anni 60-80 la città di Torino amava la FIAT….
Si può concludere che gli studenti forestieri trovavano buone scuole di diritto, un ambiente ricco di
servizi, abbastanza accogliente ma anche difficile e con qualche rischio : una palestra di vita.
Accanto alla scienza qui si apprendeva anche a vivere.
Quanti furono nelle varie epoche gli studenti ?
Ai tempi di Azzone (inizio 1200 si ha notizia di circa 1000 studenti in una città di circa 20-30
mila abitanti.
Una successiva notizia afferma che a metà del Trecento gli studenti erano 12.000.
In una città di non più di 50 mila abitanti : assurdo !.
Fonti principali
R.Greci “Gli studenti nel Medioevo”
R.Passeri “ I 900 anni della Università di Bologna”
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