Leishmaniosi canina in Triveneto: quali novità?

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Leishmaniosi canina in Triveneto: quali novità?
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canina in
Leishmaniosi
Triveneto: quali novità?
R. Cassini
M. Pietrobelli
Università
di Padova
F. Montarsi
A. Natale
G. Capelli
I.Z.S. delle Venezie
Legnaro (PD)
P. Beraldo
Università di Udine
A. Sinigaglia
Azienda U.S.S.L 17
Regione Veneto
G. Moresco
A.S.S. 6, Regione
Friuli Venezia Giulia
Introduzione
La leishmaniosi è una zoonosi protozoaria
presente con diverse forme cliniche e
altrettanto differenti caratteristiche epidemiologiche in molte aree dell’Europa, dell’Asia, dell’Africa e del centro e sud America. In Italia l’unica specie di Leishmania
segnalata è L. infantum, agente responsabile della della leishmaniosi canina e della leishmaniosi viscerale e di quella cutanea nell’uomo, oltre che della leishmaniosi canina. L’unico serbatoio riconosciuto
della malattia è il cane e i vettori responsabili della trasmissione sono alcune specie di insetti ematofagi del genere Phlebotomus, chiamati comunemente pappataci. In alcune Regioni del centro e del
sud Italia la malattia è conosciuta da tempo, sia nel cane che nell’uomo, mentre le
prime segnalazioni di focolai autoctoni
per quanto riguarda il nord Italia risalgono
alla metà degli anni ’90; negli ultimi dieci
anni anche in questa parte d’Italia la malattia sta assumendo sempre maggiore
importanza.
Il Triveneto non è rimasto indenne da questa tendenza e negli ultimi anni si sono
susseguite varie segnalazioni nel cane, che,
grazie ad indagini appositamente predisposte, hanno portato alla luce l’esistenza
di veri e propri focolai autoctoni della malattia con circolazione del protozoo all’interno della popolazione canina locale,
compresa quella che non aveva mai effettuato viaggi verso aree a rischio.
A partire dal primo focolaio segnalato
nella zona della Valpolicella a Verona nel
1994, una sorveglianza sierologica ed entomologica delle aree limitrofe compiuta
negli anni seguenti e fino al 2002 ha dimostrato che il focolaio originale era ancora
attivo e che l’infezione si stava espandendo a nord-ovest, verso il lago di Garda.
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Contributi pratici
Inoltre sono stati individuati focolai nell’area a nord-est di Verona), nella zona di
Arco di Trento e nella zona di Vittorio
Veneto Considerando la tendenza al diffondersi dei focolai e il rischio di una loro stabilizzazione, negli ultimi due anni
(2005-2006) si è cercato, compatibilmente con le risorse disponibili, di monitorare l’evolversi dell’infezione nel Triveneto
attraverso indagini sierologiche ed entomologiche realizzate in alcune aree appositamente selezionate opportunamente individuate.
Basandosi sulla segnalazione di sospetti
casi autoctoni di leishmaniosi canina, nell’arco dei due anni, sono state prese in
considerazione 3 aree, una in Veneto
(Colli Euganei) e due in Friuli Venezia Giulia (Comuni di Majano e Caneva).
Per quanto riguarda l’area dei Colli Euganei, erano già state condotte indagini entomologiche negli anni 2002 e 2003 nella
zona settentrionale.
Forse anche a causa delle condizioni climatiche avverse, erano stati trovati solo 4
flebotomi (3 P. perniciosus e 1 Sergentomya minuta) nel 2002 e nessuno nel
2003. Questa presenza, anche se minima, confermava il sospetto che l’area dei
Colli Euganei fosse idonea dal punto di
vista climatico e ambientale allo svilup-
po di questi insetti, possibili vettori di
leishmaniosi. Per quanto riguarda invece
il Friuli Venezia Giulia, non risultava essere mai stato segnalato alcun focolaio autoctono di leishmaniosi.
Nella fig. 1 viene visualizzata la distribuzione geografica dei focolai già precedentemente descritti e quella delle aree
considerate nel presente studio.
Materiali e metodi
Anno 2005
Le metodiche utilizzate sono quelle già
ampiamente descritte in precedenti.
Per le indagini entomologiche sono state
utilizzate trappole adesive (sticky trap) e
trappole a luce (CDC light trap), mentre
le analisi sierologiche sono state eseguite secondo la tecnica dell’immunoflourescenza indiretta (IFI), considerando il
valore di 1:40 come cut-off (citare cosa?), indicativo non tanto di infezione in
atto, ma di un avvenuto “contatto” con un
flebotomo infetto, informazione preziosa per la definizione della circolazione
del protozoo in una determinata area.
Nel 2005, sulla base della segnalazione
di un probabile caso autoctono è stata
organizzata una giornata di campiona-
Fig. 1 - Focolai di leishmaniosi descritti nel Triveneto (1=Verona-Valpolicella, 2=Verona-nordovest, 3=Arco di Trento, 4=Verona-nordest, 5=Vittorio Veneto) e aree prese in considerazione nel presente studio (A=Majano, B=Colli Euganei, C=Caneva)
mento gratuito aperta a tutti i proprietari
di cani del Comune di Majano (UD) ed
eventuali proprietari interessati dei Comuni limitrofi. In tutto sono stati raccolti
e analizzati 193 campioni.
In questa area non è stato possibile procedere alla ricerca entomologica.
Sempre nel 2005, in seguito alla segnalazione di 2 casi positivi autoctoni, uno in
località Calaone - Comune di Baone (PD)
ed uno in località Stevenà - Comune di
Caneva (PN), si è proceduto ad effettuare una ricerca entomologica presso la
residenza dei proprietari dei cani positivi e presso luoghi idonei nelle vicinanze.
In tutto sono stati individuati 2 siti a Baone e 3 siti a Caneva.
Nel caso di Baone sono state effettuate
in tutto 27 catture mediante sticky trap,
durante il periodo giugno-settembre.
In parallelo sono stati individuati altri due
siti di cattura sempre all’interno del territorio dei Colli Euganei.
Un primo sito in località Ponte della Torre
- Comune di Este (PD) - ed un secondo
in località Teolo alto - Comune di Teolo
(PD). Presso questi due siti sono state effettuate rispettivamente 4 e 7 catture, mediante CDC light trap.
Nel caso di Caneva, invece, sono state
effettuate in tutto 36 catture mediante
sticky trap e 4 catture mediante CDC light
trap nel periodo giugno-ottobre.
Le catture sono state effettuate, quando
possibile, con cadenza settimanale.
Per tutti i flebotomi raccolti si è proceduto ad una diagnosi di specie mediante
chiarificazione in clorallattofenolo e osservazione al microscopio ottico dopo
montaggio su vetrino di preparati permanenti a base di fenolo-balsamo.
Anno 2006
Durante l’anno 2006 è stato deciso di
concentrarsi nelle due aree di Baone e
Caneva dove, oltre ad essere stati segnalati i casi positivi autoctoni, era stata verificata la presenza del vettore grazie alle
ricerche entomologiche.
Per quanto riguarda Baone è stata organizzata una giornata di prelievi gratuiti sui
cani per i residenti del Comune stesso e
dei Comuni limitrofi nel mese di maggio
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(fig. 2), durante la quale sono stati raccolti 201 campioni. Sui
campioni risultati positivi al test sierologico è stato prelevato, a
distanza di circa un mese, un secondo campione di siero per
la conferma della positività ed è stato effettuata, quando possibile, la ricerca diretta mediante puntato linfonodale (colorazione Hemacolor®) e tramite analisi PCR.
Sempre durante il mese di maggio, veterinari liberi professionisti del territorio hanno raccolto 40 campioni di siero provenienti da cani residenti in diversi Comuni della zona sud dei
Colli Euganei. Durante i mesi di luglio, agosto, settembre e ottobre si è poi proceduto al monitoraggio entomologico.
In tutto sono stati individuati 7 siti per un totale di 60 catture,
sia mediante sticky trap che CDC light trap (fig. 3).
Il sito di Teolo alto è stato nuovamente monitorato per un totale di 4 catture mediante CDC light trap. Nel caso di Caneva è
stata organizzata una analoga giornata di prelievi nel mese di
giugno durante la quale sono stati prelevati 365 soggetti.
Anche in questo caso i positivi sono stati prelevati una seconda volta, dopo circa un mese, per la conferma della positività
sierologica e per la ricerca diretta del parassita tramite PCR.
La ricerca entomologica ha interessato 8 siti per un totale di 83
catture, dal mese di giugno fino al mese di ottobre.
Anche in questo caso tutti i flebotomi raccolti sono stati identificati secondo quanto precedentemente descritto.
Fig. 2
Giornata di campionamento
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Fig. 3
CDC light trap posizionata
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Contributi pratici
Tabella 1 - Risultati delle analisi sierologiche nelle 4 aree di campionamento
Tabella 2 - Dati anamnestici e risultati delle analisi per i 20 cani positivi del comune di Baone
Tabella 3 - Numero e densità dei flebotomi catturati in zona Colli Euganei
Risultati
Indagine sierologica
Nella tabella 1 vengono riportati i risultati delle indagini sierologiche.
Sul totale dei 193 campioni raccolti a
Majano nel 2005, sono risultati positivi 2
soggetti (1,0%), entrambi al limite della
soglia (1:40). I due cani positivi, che dai
dati anamnestici risultavano non essere
mai stati in aree a rischio, sono stati in
seguito prelevati nuovamente a distanza
di circa 1 mese. Solo un soggetto è risultato nuovamente positivo al titolo soglia
di 1:40. Per quanto concerne i 20 cani
positivi di Baone, ben 18 non riportavano esperienze di viaggio in aree a rischio.
Sul totale dei positivi, inoltre, 15 soggetti vivevano in località Calaone in una area
collinare situata tra i 175 m e i 250 m sul
livello del mare. Gli altri 5 soggetti risiedevano tutti in Comune di Baone, ma in
altre località generalmente in zona pedecollinare, e per la maggior parte sono risultati positivi al limite della soglia (2 soggetti si sono negativizzati al secondo
prelievo). Il dettaglio degli accertamenti
indiretti tramite test sierologico IFI (con
rispettivo titolo) e gli accertamenti diretti tramite puntato linfonodale per i soggetti di Baone risultati positivi vengono
presentati nella tabella 2.
Solo per 11 soggetti è stato possibile eseguire l’esame PCR, che è risultato positivo per 2 campioni. Sul totale dei 40 cani prelevati dalla zona di Monselice da
veterinari liberi professionisti, 2 soggetti
sono risultati positivi al limite della soglia,
ma non sono stati confermati al secondo
prelievo. I 3 soggetti positivi di Caneva
sono risultati essere 2 cani conviventi in
località Stevenà – Comune di Caneva
(entrambi 1:2560 al primo prelievo e
1:640 al secondo) ed un cane residente
in Comune di Polcenigo (1:40 ad entrambi i prelievi). Per tutti non risultava dalla
anamnesi alcun viaggio in zone a rischio.
Due campioni su 3 sono risultati positivi
all’analisi PCR.
Indagine entomologica
Nelle tabelle che seguono vengono riportati i risultati delle ricerche entomologiche. Nelle tab. 3 - 4 e - 5 sono riporta-
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ti il numero di flebotomi trovati per ogni
sito di cattura e la densità stimata sulla
base del numero di sticky traps posizionate, rispettivamente per la zona dei
Colli Euganei e per la zona di Caneva.
Nella tabella 5 è riportata la divisione per
specie. Le specie riscontrate sono 3 (P.
perniciosus, P. neglectus e Sergentomya
minuta) ma per alcune femmine non è
stato possibile arrivare ad una identificazione di specie.
A parte alcuni rari esemplari di S. minuta, flebotomo erpetofilo privo di significato vettoriale, le due specie con importanza epidemiologica (P. perniciosus e
P. neglectus) rappresentavano la quasi la
totalità degli identificati per i siti dei Colli
Euganei (il 94,4% sia nel 2005 che nel
2006) e la totalità per i siti di Caneva.
Nelle due figure che seguono sono riportati gli andamenti della densità dei
flebotomi durante la stagione di cattura
2006. Nella figura 4 sono evidenziati gli
andamenti dei due siti più produttivi e
quello totale della zona del Comune di
Baone, mentre nella figura 5 l’andamento
del sito più produttivo e quello totale
della zona del Comune di Caneva.
Discussione
Le attività di monitoraggio effettuate in
questi ultimi due anni hanno confermato
il trend di diffusione dei focolai di leishmaniosi in Italia nord-orientale, segnalando individuando, per la prima volta, casi
autoctoni in Friuli Venezia Giulia.
In particolare, per quanto riguarda l’area
dei Colli Euganei, il riscontro di sieroprevalenze decisamente alte per un’area fino ad oggi considerata indenne e la presenza dei vettori dell’infezione con una
densità che nel mese di agosto 2006 ha
superato il valore di 8 soggetti/m2), fa
presupporre che si sia stabilito in località
di Calaone un focolaio autoctono e che
l’infezione possa diffondersi anche ad
altre aree dei Ccolli Euganei.
La circolazione del patogeno è stata confermata anche dalle positività riscontrate
sia all’esame del puntato linfonodale che
alla PCR. Non è stato possibile però condurre questi esami in maniera metodica
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Tabella 4 - Numero e densità dei flebotomi catturati in zona di Caneva
Tabella 5 - Divisione per specie dei flebotomi catturati
Fig. 4 - Andamento della densità dei flebotomi nella zona di Baone (Colli Euganei)
su tutti gli animali sospetti. Si vuole comunque ribadire che, per indagini di tipo epidemiologico, l’esame sierologico
rimane l’esame di riferimento, in quanto
consente di stimare, con adeguata accuratezza e costi limitati, la percentuale di
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cani che è entrata in contatto con il patogeno all’interno di una specifica popolazione e di trarre importanti considerazioni a riguardo. L’approccio da seguire
in questa situazione, come in altri nuovi
focolai che si sono manifestati recente-
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Fig. 5 - Andamento della densità dei flebotomi nella zona di Caneva
mente e che si possono manifestare in
futuro nelle aree del nord Italia fino ad
ora considerate indenni, è tecnicamente
teoricamente semplice, ma complicato
dal punto di vista operativo, perché necessita il coinvolgimento di più attori in
grado di agire in modo coordinato.
Da un lato infatti deve muoversi l’autorità
sanitaria (ASL e Comune), ma al tempo
stesso alcune attività (terapia, profilassi,
controllo sierologico) possono o devono essere fatte dai veterinari liberi professionisti del territorio o garantite dalla
disponibilità di adeguati presidi sanitari
a livello locale. La popolazione, ed in
particolare i proprietari di cani, devono
essere informati correttamente sulla malattia e sulle possibili attività di profilassi
da mettere in atto, ma resta a discrezione del singolo realizzare quanto consigliato. Dal momento però che attuare o
meno determinate azioni profilattiche (registrazione all’anagrafe della popolazione canina, monitoraggio sierologico dei
cani e trattamento tempestivo dei positivi, uso di presidi anti-parassitari durante
il periodo di rischio) hanno conseguenze di interesse generale, il Comune può
potrebbe decidere di rendere obbligatori alcuni di questi interventi. Nel caso
del Comune di Baone sono stati realizzati degli incontri di sensibilizzazione rivolti alla popolazione e si è cercato di
promuovere un uso diffuso di mezzi di
profilassi, in particolare i presidi antiparassitari attivi nei confronti dei flebotomi.
Molti autori concordano nel sostenere
che l’uso da parte di molti proprietari in
contemporanea di presidi antiparassitari
(in particolare i collari) siano un mezzo
che in determinate situazioni può ridurre
notevolmente il rischio di trasmissione
del parassita. Altro punto cardine rimane
il trattamento tempestivo dei cani positivi. A questo risultato ci si può arrivare solo mantenendo regolarmente monitorati
i cani che vivono in zone potenzialmente a rischio. Sarebbe consigliabile proporre ai proprietari un controllo sierologico annuale dei cani da effettuarsi nel
periodo primaverile, in modo da poter
individuare anche quei soggetti infetti
che però non hanno ancora manifestato
alcun sintomo.
Ricordiamo che anche i cani asintomatici
sono in grado di trasmettere il protozoo
ai vettori, anche se con efficienza minore rispetto ad un cane sintomatico.
Chiaramente dal punto di vista della sanità pubblica il cane infetto rimane il rischio da evitare e, se non è possibile la
sterilizzazione tramite trattamento, da associarsi all’uso di presidi antiparassitari
protettivi nei confronti dei flebotomi, o il
trasferimento del cane in zone dove non
siano presenti i vettori della leishmaniosi, l’ultima possibilità è quella della soppressione del cane, da applicare soprattutto in caso di soggetti gravemente malati, per i quali assume anche un significato eutanasico.
Nella zona di Caneva, al contrario di
quella di Baone, non sembra che in questo momento si stia sviluppando un vero
e proprio focolaio autoctono, ma il riscontro di anche solo due soggetti positivi ad alto titolo e senza storie di viaggio
in zone a rischio rappresenta comunque
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un campanello d’allarme.
Il patogeno, infatti, probabilmente sta
circolando anche se con una velocità ed
una diffusione minore rispetto ai Colli Euganei. Questa ipotesi è supportata anche dal riscontro, in questa area, di densità di flebotomi più basse.
In definitiva la situazione somiglia è simile a quanto riportato per la può essere
paragonata a quella osservata nella limitrofa area di Vittorio Veneto e sarebbe
opportuno valutare con maggiore attenzione se la bassa sieroprevalenza non
sia dovuta ad un effetto diluizione.
Stante la classica distribuzione della leishmaniosi a macchia di leopardo, potrebbero esistere infatti delle piccole
aree con valori di sieroprevalenza decisamente maggiori allo 0,8% riportato
per l’insieme dei 365 soggetti testati.
Conclusioni
L’approccio mantenuto in questi anni è
sempre stato similare, basandosi si è
sempre basato su ricerche entomologiche e su indagini sierologiche mirate a
specifiche aree, scelte sulla base di segnalazioni di casi positivi autoctoni.
Si vuole perciò rammentare quanto sia
importante la segnalazione da parte dei
liberi professionisti dei casi di leishmaniosi, ed in particolare di quei casi di leishmaniosi in cui non risulti dalla anamnesi uno spostamento in area a rischio. Tale
segnalazione è peraltro prevista dal Regolamento di Polizia Veterinaria (D.P.R.
320/1954) e rappresenta il primo fondamentale passo per poter iniziare un
monitoraggio attivo del territorio e di
conseguenza una efficace attività di controllo. Le attività di monitoraggio in futuro potrebbero trarre vantaggio da un
approccio maggiormente integrato e
basato sull’utilizzo di moderni sistemi di
visualizzazione geografica ed analisi
spaziale dei dati. Tale approccio è già
stato suggerito per altre zone d’Italia
dove il problema leishmaniosi è sicuramente più sentito perché endemico.
La bibliografia è disponibile sul sito
www.ilprogressoveterinario.it