Nel “Magazzino 18” per restituire la voce agli esuli

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Sei in: il Mattino di Padova Cronaca Nel “Magazzino 18” per restituire la voce agli esuli dimenticati
Nel “Magazzino 18” per restituire la voce agli esuli
dimenticati
PERSONE: i nomi
degli ultimi tre giorni
Per Simone Cristicchi un quarto d’ora di applausi a Trieste In Veneto la prima data il 29 gennaio al
Farinelli di Este
LUOGHI: la mappa
degli ultimi tre giorni
Tavola di Halloween, chic e
naturale
simone cristicchi magazzino 18
di Renato Malaman
TRIESTE. Sarà Este la prima data veneta di “Magazzino 18”, lo
spettacolo accompagnato da un grande successo di critica e di
pubblico che Simone Cristicchi ha dedicato all’esodo dei 350.000
istriani e dalmati dopo la cessione delle loro terre alla Jugoslavia,
all’indomani della seconda guerra mondiale. Spettacolo che la
settimana scorsa ha infiammato i triestini (quasi un quarto d’ora
di applausi ininterrotti anche sabato sera) nel corso delle prime
sei uscite al Politeama Rossetti, sette con il bis concesso
domenica pomeriggio.
Este ospiterà “Magazzino 18” il 29 gennaio al Teatro Farinelli:
l’accordo è stato concluso ieri. Prima di approdare nella città
atestina l’originale lavoro del cantautore romano farà una lunga
tournée nella penisola (Reggio Emilia, Brindisi, Siena, Bari,
Cuneo), con numerose date al Teatro Sala Umberto di Roma, una
tappa in Svizzera a Bellinzona e persino quattro date in Istria, fra
il 9 e il 12 dicembre, a Fiume, Pola, Rovigno e Buje.
«Il mio sogno» ha confessato lo stesso Cristicchi sabato sera
dopo lo spettacolo «è portare Magazzino 18 l’estate prossima
all’Arena di Pola».
Il segreto del grande successo dell’opera, scritta da Cristicchi con Jan Bernas, e diretta dall’esperto Antonio
Calenda, è l’aver raccontato le vicende del drammatico esodo della popolazione italiana dalle terre giuliane con
grande equilibrio e onestà intellettuale. Ma anche con grazia e leggerezza. Senza sottacere nulla, ma proprio
nulla. Dalle colpe del fascismo che aveva vessato le popolazioni di lingua slava a quelle di Tito, che in Istria
aveva prima seminato il terrore con le foibe (1943-45) e poi aveva punito per le loro posizioni filostaliniane
anche quel migliaio di entuasiasti giovani operai monfalconesi che erano emigrati in Jugoslavia per costruire il
“paradiso socialista” e che invece furono internati nel lager comunista di Goli Otok.
Cristicchi lo ripete fino all’ossessione: «Io sono sempre dalla parte di chi non ha voce. In questo caso di chi è
stato costretto al silenzio dalla storia. Per me l’undicesimo comandamento è sempre non dimenticare».
Lo spettacolo, preceduto dalle inevitabili polemiche di chi continua a giudicare tutto “di destra o di sinistra”, si
è invece imposto per la sua correttezza e il suo equilibrio. Che ha messo d’accordo tutti, esuli e “rimasti” (così
venivano chiamati gli italiani rimasti in Istria, gran parte dei quali non lo fecero certo per convinzioni
ideologiche). Cristicchi ha costruito il suo capolavoro partendo dagli oggetti lasciati dagli esuli nel Magazino 18
al Porto Vecchio di Trieste prima di partire per il calvario dei campi profughi o addirittura verso altri continenti.
Mobili, oggetti di uso quotidiano, libri, foto di famiglia, persino pagelle. «Quando entrai nel Magazzino 18» dice
Cristicchi, alzando la sedia che s’è portato anche in scena e che apparteneva all’esule Biasol Ferdinando «fui
investito da una sensazione strana. Quella montagna di oggetti accatastati e coperti di polvere sembravano lì
ad aspettarmi. Sembrava che volessero parlarmi di quella massa di povera gente che dovette abbandonarli lì, in
attesa di un improbabile ritorno. Soggetti, non oggetti».
Lo schietto racconto teatrale si esprime con tanti linguaggi: dalla recitazione, alla musica, alla proiezione di
immagini d’epoca. Straordinaria l’interpretazione dei bambini che Cristicchi ha voluto in scena: con grazia
hanno raccontato tragedie. Come la strage di Vergarolla, la spiaggia di Pola dove il 18 agosto 1946,
un’esplosione di mine uccise durante una festaoltre cento persone, fra cui molte donne e bambini. La più grave
strage che l’Italia abbia mai subito. E questo pochi italiani lo sanno. Fu proprio Vergarolla a costringere anche
i polesani più incerti al doloroso esodo.
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