Mugnai:«Sullefoibenonpossiamoabbassare
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Mugnai:«Sullefoibenonpossiamoabbassare
Mugnai: «Sulle foibe non possiamo abbassare la guardia, è una questione di dignità nazionale» ANNO LXII N.35 Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Annamaria Gravino Per un attimo, parlando del Giorno del Ricordo, Franco Mugnai dismette i panni istituzionali di presidente della Fondazione An e spiega: «A parlare di quella tragedia ancora mi commuovo, per questo mi accaloro». Poi, dopo esplicita richiesta, racconta: «Alla fine degli anni Sessanta, durante la mia giovinezza anagrafica e di militanza ho conosciuto tanti esuli, che portavano viva sulla loro pelle la dimensione di quel dramma. Mai a nessuno di loro ho sentito pronunciare parole dʼodio. Ho sempre sentito solo parole dʼamore per lʼItalia. Anche uno dei miei migliori amici proviene da quella tragedia…». È storia personale, quella di Mugnai, ma insieme è anche storia collettiva perché, come lui, generazioni di giovani militanti del Msi prima e di An poi hanno vissuto il dramma delle foibe come un dramma dellʼitalianità, quindi come un dramma che li riguardava direttamente in quanto italiani. Non a caso proprio allʼiniziativa di An si deve lʼistituzione, dieci anni fa, del Giorno del Ricordo. Presidente, come le sono sembrate le celebrazioni di questo decimo anniversario? Segnate ancora da moltissime ombre. Ci sono stati momenti di autentica commozione, come il concerto di Uto Ughi al Senato, ma registro ancora una forte resistenza psicologica, un persistente negazionismo. Questa è una ferita ancora viva non solo nel ricordo, ma anche nella carne, nel sangue, nelle lacrime di coloro che hanno vissuto quella tragedia, rei soltanto di essere italiani. Cosa si può fare per contrastare questi fenomeni? Direi cosa si deve fare… continuare a parlarne, a raccontare, a WWW.SECOLODITALIA.IT far emergere quella verità che per troppi anni è stata tenuta sotto una coltre di silenzio. Per questo, come Fondazione An, abbiamo deciso che il Giorno del Ricordo, per noi, durerà unʼintera settimana. Abbiamo aspettato la fine delle commemorazioni istituzionali, ritenendo doveroso non sovrapporci, ma ora vogliamo mettere in campo una serie di azioni di convinto, non retorico omaggio alle vittime di quel dramma, che – voglio ribadirlo – fu un dramma dellʼitalianità, di tutta la nazione. In cosa consisteranno queste } Il Dramma vissuto dagli “italiani dell’Est” non è finito totalmente nell’oblio grazie al Msi e ad An d’Italia azioni? Innanzitutto in un lavoro di informazione e sensibilizzazione. Un lavoro che, di fatto, sta anche nel nostro mandato di Fondazione. Il fatto che il dramma vissuto dagli “italiani dellʼEst” non sia finito totalmente nellʼoblio si deve al Msi e ad An, si deve alla destra italiana. Lʼistituzione del Giorno del Ricordo è stato un successo della nazione firmato dalla destra, ma quello che è accaduto in questi giorni dimostra che non si può abbassare la guardia, che cʼè ancora chi cerca di riportarci agli anni in cui le foibe erano solo “cavità carsiche”. Per questo, in collaborazione con il Secolo dʼItalia, abbiamo deciso di continuare ad approfondire il tema dei massacri e dellʼesodo. Continueremo a fare quello che abbiamo sempre fatto, unʼoperazione verità, che è dovuta alle vittime, al Paese e anche alla nostra storia politica. Non crede che questo rischi di alimentare la schematizzazione per cui il ricordo delle foibe sarebbe “di destra”? Guardi, oggi leggevo unʼintervista di Pansa in cui giustamente ricordava come per decenni si è accettata la vulgata titina per cui tutti gli italiani erano collusi col fascismo e quindi, di per sé, non solo da considerare mercoledì 12/2/2014 nemici, ma da perseguitare in ogni modo. Quello che è avvenuto è stato un tentativo di cancellare ogni traccia di italianità da quelle terre, che storicamente e culturalmente erano italiane. Io sono cresciuto in un partito che faceva dellʼamor di patria e della dignità della nazione il proprio faro. Fu in questʼottica che il Msi e An si impegnarono, alla fine riuscendo nel proprio intento, perché quella tragedia non venisse dimenticata. Qui non si tratta né di parti politiche, né di retoriche nazionaliste. Qui si parla della dignità del nostro popolo, del fatto che tutti gli italiani possano finalmente sentirsi parte di una medesima comunità nazionale, in cui tutti gli orrori sono orrori e tutti sono da ricordare e condannare, senza cercare strumentalizzazioni a fini politici. Mi auguro che si possa trovare la serenità necessaria per arrivare a questo obiettivo. Certamente, è quello che cercheremo di fare noi come Fondazione An. Le sembra che lʼItalia di oggi sia un Paese che difende la dignità del suo popolo? Pensiamo alla vicenda dei marò, anche quella è – a suo modo, con le sue dimensioni – una tragedia dellʼitalianità. Anche lì vediamo lʼincapacità di difendere la dignità del nostro popolo. Vedere degli appartenenti alle forze armate italiane che rischiano di essere sottoposti a una normativa scritta per i terroristi è qualcosa che qualunque Paese non solo non può accettare, ma non dovrebbe nemmeno lasciar ipotizzare. Quindi, mettiamola così, mi sembra che lʼItalia, oggi, sia un Paese in cui ognuno deve fare la sua parte per difendere la dignità del nostro popolo. È quello che cerchiamo di fare anche noi, come Fondazione. Perché è vero che non siamo più un partito, ma è vero anche che manteniamo un ruolo politico. Un consigliere di Milano su Facebook: nelle foibe cʼè ancora posto 2 Secolo d’Italia MERCOLEDì 12 FEBBRAIO 2014 Elkann a Della Valle: «Hai unʼazienda nana». La replica: «Vieni a farci uno stage, almeno lavori» Redazione ”Nelle foibe cʼè ancora posto”: è il messaggio choc lasciato su Facebook, alla vigilia del Giorno del Ricordo delle vittime, dal capogruppo della Sinistra per Pisapia in Consiglio di Zona 9 a Milano, Leonardo Cribio. ”Sono frasi decontestualizzate, non mi riferivo ai martiri”, si difende Cribio. Il post è stato cancellato dallʼamministrazione del social network, ma non è sfuggito a un esponente di Zona della Lega che ha fotografato le scritte. ”Facebook – scrive lo stesso Cribio in un altro messaggio sulla sua bacheca – cancella un mio stato perché qualche fascistello è rimasto turbato dalla verità sulle foibe. Non so siano più patetici gli amministratori o il coglione in questione”. Sempre di quei giorni è un altro post: ”A tutti quelli che piangono per qualche infame finito nelle foibe. Un parente legato a mio nonno (partigiano e di famiglia socialista-comunista) fu fucilato in quanto fascista. Sai che vi dico? C…i suoi, giusto così. Peccato non lʼabbiano ammazzato prima, il maiale, amen”. A denunciare il fatto è stato, sempre sul web, Alberto Belli, consi- gliere di Zona in quota Lega, che ha fotografato i messaggi e li ha pubblicati. ”Mi vergogno di sedere nello stesso Consiglio con persone che esternano e istigano allʼodio – afferma lʼesponente del Carroccio -, auspico che la Presidente del Cdz 9 prenda provvedimenti, e non solo lei”. ”Sono frasi decontestualizzate – spiega al telefono Cribio – da una discussione che ho avuto con alcuni fascisti. Mi riferivo ai collaborazionisti. Da parte mia non cʼera nessuna intenzione di offendere i martiri delle foibe. Sono frasi uscite in una discussione online con alcuni fascisti che strumentalizzavano il Giorno del Ricordo”. Una giustificazione che non convince nessuno, visto che subito dopo Cribio ha rivendicato il post che avrebbe turbato qualche “fascistello”. Per non parlare del fatto che, sempre su Fb, si vanta nel giorno del Ricordo di onorare la memoria del maresciallo Tito, grande “presidente del popolo”. E ancora sostiene che il 10 febbraio è la giornata giusta per ricordare i crimini dei fascisti italiani. E tanto per sottolineare il concetto rilancia il delirante comunicato dei Giovani comunisti di Milano contrari a ricordare le vittime delle foibe perché “non tutti i morti sono uguali”. Un degno erede dellʼantifascismo militante. La stessa ottusità, gli stessi avvilenti pregiudizi. Francesco Signoretta La verità, solo la verità, nientʼaltro che la verità. Senza processi sommari e tribunali del popolo. Solo la pura e semplice verità perché tutti hanno il diritto di sapere che cosa sia accaduto in Italia in quegli oscuri mesi del 2011, prima del crollo, prima della spallata, prima del maledetto spread di cui, fino a qualche giorno prima, nessuno sapeva niente e poi, per mesi, chiunque ne parlava con gli occhi sbarrati – al bar, nei circoli e persino in curva allo stadio – senza avere la minima idea di che cosa fosse. È bene che qualcuno parli, anche solo per eliminare sospetti, non cʼè cosa peggiore – in una democrazia – del temere che le re- gole non siano state rispettate e che ci siano stati grandi manovratori, di cui si fanno i nomi e che danno risposte poco convincenti. Di fronte a uno scenario così di fuoco è impensabile cavarsela con il fumo, solo fumo esclamato da Napolitano. Comodo, troppo comodo. Ormai è famoso il ragionamento fatto a Monti nel giugno dellʼannus horribilis, che può essere sintetizzato in poche parole – «tieniti pronto per sostituire Berlusconi» – e che quindi è uno scacco matto irrituale, un golpe bianco, perché un presidente del Consiglio eletto con i voti della maggioranza degli italiani non può essere mandato via attraverso una congiura di palazzo. Così comʼè irrituale, anzi gravissimo che un presidenmte della Repubblica faccia consultazioni segrete. Alla fine le rivelazioni del libro di Alan Friedman non sono stati solo ceffoni in pieno viso a tutti i “congiurati” ma hanno fatto giustizia. Perché chi allʼepoca parlava di complotto era etichettato come matto o come servo del padrone. E invece alla fine quei servi si sono dimostrati liberi, mentre i liberi si sono dimostrati sudditi. Non solo della Merkel, non solo dei poteri forti, ma soprattutto della loro pochezza. Perché, come dimostrano le Idi di Marzo, nella storia resta chi è stato vittima della congiura e non chi ha pugnalato, fregandosene del quoque tu Brute, fili mi. Chi organizzò la congiura contro Berlusconi confessi. Per rispetto degli italiani Redazione «Non posso pensare che Della Valle abbia preoccupazioni su Rcs, penso che la Todʼs lo preoccupi. La Todʼs va male, è giù del 20 da inizio anno. Rispetto ai suoi concorrenti Prada, Armani, Lvmh e Kering è un nano. Unʼazienda di dimensioni piccole e non sta andando bene». Risponde a brutto muso il presidente della Fiat John Elkann, dopo lʼiniziativa su Rcs dellʼimprenditore marchigiano filtrata nei giorni scorsi. Della Valle ha infatti inviato una lettera al consiglio di amministrazione di Rcs in cui minaccia azioni legali stigmatizzando la recente gestione del gruppo editoriale, dallʼaumento di capitale, allʼaccordo sulla gestione della pubblicità nazionale della versione cartacea e online della Stampa, passando per la recente cessione dellʼimmobile Rcs in centro a Milano. Fiat è il primo azionista della casa editrice del Corriere della Sera con il 20,5% del capitale. Della Valle ne possiede il 9%. A margine di una iniziativa della Fondazione Agnelli con le scuole, Elkann si è detto invece «molto soddisfatto» del piano Rcs, «come lo sono e dovrebbero essere tutti gli azionisti di Rcs. Da quando lʼaumento di capitale è avvenuto il titolo è cresciuto del 25%, le azioni del management sono state molto efficaci, la società oggi è gestita bene, il cda è indipendente e prende decisioni nellʼinteresse della società». Piccata la replica di Mr Todʼs che invita Elkann in azienda: «Potrebbe anche rimanere per uno stage, visto che ha molto tempo libero, così potrà imparare cosa vuol dire lavorare per davvero». Lʼattacco è nei confronti di tutta la famiglia Agnelli: «Con un Paese che vive una situazione drammatica, invece di essere pronta a dare il massimo appoggio, è scappata nella penombra per sistemare al meglio i propri affari personali. Chi si comporta in questo modo non merita nessun rispetto». La sintesi più efficace su questo scambio di convenevoli arriva da Gad Lerner, che su Twitter ha commentato: «Gli scambi di insolenze vanagloriose, al limite del bullismo, fra Elkann e Della Valle, rivelano lo stato di salute del capitalismo italiano». Si fa strada lʼipotesi di una staffetta Letta-Renzi: si decide tutto in 48 ore MERCOLEDì 12 FEBBRAIO 2014 Secolo 3 d’Italia Crosetto (FdI): dal governo nessun sussulto di dignità politica Luca Maurelli «Il governo così com'è aiuta le riforme o no? Il tema è politico". All'indomani del colloquio al Quirinale con il presidente Giorgio Napolitano, Matteo Renzi accelera i tempi di una decisione del Pd sul destino dell'esecutivo di Enrico Letta. Anticipa a domani la riunione della direzione Pd, inizialmente convocata per il 20, per fare "chiarezza" sul prosieguo della legislatura. Mentre alla Camera il Pd, "vista la delicatezza" del momento, chiede un rinvio di 48 ore sulla legge elettorale. In mattinata il presidente del Consiglio è salito al Colle per un "rapido incontro" sulle "questioni urgenti del governo" prima della partenza di Napolitano per il Portogallo, dove si tratterrà fino a domani. «Nelle prossime ore - ha poi rilanciato Letta da Milano presenterò una proposta di patto di coalizione che convincerà tutti i partiti, anche il Pd con al centro il "rilancio dell'economia». Ancora "ogni scenario è aperto", spiegano i renziani all'ora di pranzo, mentre il segretario è di ritorno nella sua Firenze. Ci si trova davanti a un bivio: conferma del sostegno del Pd a Letta o approdo di Renzi a Palazzo Chigi. Si annunciano 48 ore di contatti tra i partiti e i leader. Angelino Alfano oggi riunirà i suoi. Mentre i due protagonisti, Renzi e Letta, potrebbero sentirsi già in serata. Nell'attesa di dipanare la nebbia che avvolge le sorti del governo, si va intanto verso un rinvio della legge elettorale. La richiesta arriva proprio dal Pd, che finora aveva insistito per ritmi sostenuti. Il capogruppo in commissione Emanuele Fiano chiede 48 ore di tempo prima dell'inizio delle votazioni in Aula alla Camera. La partita parlamentare del resto è delicata, per il rischio che deriva dalle decine di votazioni segrete che potrebbero far saltare l'accordo tra Renzi e Berlusconi sull'Italicum. Di buon mattino, in un'assemblea con i deputati Pd, Renzi ha avvertito: «Mi fido del Pd. Il Pd ne esce solo come una squadra unita. Se non portiamo a casa questo passaggio salta l'Italia e l'Italicum». Il segretario ha ribadito che il testo "non può essere modificato in modo unilaterale". E alla minoranza che insiste sull'emendamento Lauricella, per vincolare la legge elettorale alla riforma del Senato, ha risposto: "All'esigenza di tenere insieme legge elettorale e riforme non basta rispondere con un emendamento. La domanda è: il governo così com'è aiuta le riforme?". Ancora 48 ore per una risposta. Redazione Cacciato dal Parlamento, per non uscire di scena Antonio Di Pietro è tornato ad indossare la toga di avvocato. E come sempre il nemico da combattere, in Parlamento come in aula di giustizia, è Silvio Berlusconi. L'ex-deputato si è presentato ieri mattina al tribunale di Napoli per assistere l'Italia dei Valori che si è costituita parte civile al processo contro il Cavaliere per la presunta compravendita di senatori. «Rimetto la toga dopo Mani pulite – ha detto in aula – sto per la prima volta dallʼaltra parte come difensore di parte civile. Ed è anche il primo processo con il Senato parte civile. Mi piacciono le prime, è come i tempi di Tangentopoli». Nellʼaula 110 del tribunale partenopei si sono costituiti anche i pm Henry John Woodckock e Francesco Vanorio. La prima udienza è stata dedicata alle schermaglie procedurali. I legali di Silvio Berlusconi, imputato con Valter Lavitola e Sergio De Gregorio, hanno evidenziato problemi di mancata notifica di atti. Gli avvocati del Cavaliere, Niccolò Ghedini e Michele Cerabona, hanno eccepito una serie di presunti difetti di notifica. Secondo gli avvocati le irregolarità si riferiscono al fatto che la notifica dell'udienza è avvenuta ad Arcore e non a palazzo Grazioli, dove di recente il Cavaliere ha trasferito la sua residenza. Inoltre l'atto è stato consegnato nelle mani di Marinella Brambilla, segretaria di Berlusconi. Di Pietro rivitalizzato dal ruolo ha sostenuto che a suo avviso c'è stato addirittura un "eccesso" di notifiche, visto che l'atto è stato ricevuto dai due avvocati del Cavaliere e che la Brambilla è da vent'anni la sua segretaria. Durante la pausa dellʼudienza, mentre i giudici si sono ritirati in camera di consiglio per decidere sulle eccezioni della difesa, l'ex-pm ha giocato a fare la star e ha puntato dritto agli obiettivi delle telecamere per "concedersi" ai microfoni, ai flash di fotografi e alle troupe televisive. Di Pietro torna ad indossare la toga. Contro Berlusconi Redazione «Il governo Letta è giunto al capolinea. Vergin di servo encomio, come Fratelli d'Italia vorremmo astenerci da un facile e codardo oltraggio. Il presidente del Consiglio prenda atto di ciò che sta accadendo fuori da Palazzo Chigi ed abbia un sussulto di dignità politica ed umana», ha affermato il coordinatore nazionale di Fratelli d'Italia, Guido Crosetto. «Esiste una maggioranza formale ma ormai le uniche forze politiche che lo sostengono sono Scelta civica, peraltro spacchettata, e Nuovo Centrodestra. Tutte le altre forze, in primis il Pd, danno tutti i giorni segnali di insofferenza su ogni tema e, cosa grave, non consentono all'esecutivo di poter assumere alcuna decisione. E poiché un governo senza possibilità di governare è una contraddizione in termini – prosegue – non capisco cosa stia aspettando Letta. O meglio lo capisco perfettamente ma non posso accettarlo: sta cercando di allungare la sopravvivenza per gestire centinaia di nomine importanti. Se si ostinerà, qualcuno, chi può, deve staccare la spina. E solo uno può farlo, il segretario del principale azionista di questa strana maggioranza: Matteo Renzi. Tanto più che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha iniziato dei “colloqui” che assomigliano molto a delle consultazioni, ma che sono chiamate in un altro modo per poter escludere qualcuno». Effetto-valanga in Europa dopo il referendum sugli immigrati votato dagli svizzeri 4 Secolo d’Italia Antonio Pannullo Effetto-valanga in Europa dopo il referendum in cui la Svizzera ha detto «no» all'immigrazione incontrollata: ora il Partito del Progresso, una delle due formazioni che compongono il governo di destra della Norvegia, ha chiesto ufficialmente la tenuta di un referendum analogo alla consultazione che in Svizzera ha visto prevalere i favorevoli ad una restrizione dei flussi. Il portavoce per l'immigrazione della formazione populista guidata da Siv Jensen, Mazyar Keshvari, ha rivelato al giornale Vg di essere favorevole a una consultazione in stile elvetico anche se, ha precisato, «il partito non ha ancora una posizione precisa sulle quote.... ciò di cui sono sicuro però - ha aggiunto - è che una buona metà dei norvegesi è certamente favorevole ad una restrizione dei flussi migratori». Cavallo di battaglia della destra norvegese, la lotta all'immigrazione è stato uno dei temi più discussi delle ultime elezioni politiche che in autunno hanno scalzato i socialdemocratici di Jens Stoltenberg – al potere da quasi un decennio – per instaurare un governo di destra. La Norvegia non è membro Ue, ma è legata al resto del continente da accordi derivanti dalla sua appartenenza allo Spazio economico europeo e al trattato di Schengen: in questo senso l'eventuale tenuta di un referendum restrittivo sull'immigrazione non presenterebbe problemi concreti per il resto dell'Europa, ma darebbe un segnale alle altre formazioni che hanno esultato per il risultato del voto svizzero. Anche l'estrema destra austriaca invoca, sull'esempio svizzero, un referendum anti-immigrazione anche per l'Austria. «Sarebbe ragionevole fare un referendum come quello in Svizzera'', ha detto Heinz-Christian Strache, capo del partito Fpoe in un'intervista sul tabloid Oesterreich. Il leader del Fpoe Strache si è detto convinto che il risultato in Austria sarebbe simile a quello che si è registrato in Svizzera. «Lo scopo - ha continuato - è evitare una immigrazione di massa dei cittadini extraeuropei». D'altra parte lunedì anche la Lega Nord aveva manifestato analoga opinione: «Vorrei che una simile iniziativa si facesse anche da noi, perché chi governa deve sempre fare i conti con la realtà che cambia», anche se «quello della libera circolazione tra persone è un principio di civiltà acquisito e da cui non si può tornare indietro». Così infatti il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, ha detto alla Radio della Svizzera Italiana dell'esito del referendum elvetico sull'immigrazione. Maroni ha parlato di grande rispetto per il voto popolare anche se costringe le istituzioni italiane a intervenire a tutela dei lavoratori transfrontalieri. Il governatore lombardo ha ribadito la sua richiesta di essere coinvolto nel tavolo di trattativa Roma-Berna e ha chiesto al governo italiano «di concedere alla Lombardia la possibilità di istituire delle zone franche dal punto di vista fiscale» per rendere competitiva l'economia. Redazione Era già noto da mesi che in Siria vi sono migliaia di mercenari europei qaedisti che combattano contro il governo di Damasco, ma finalmente se ne ha l'ufficialità: le autorità di Londra hanno infatti confermato che il primo terrorista suicida britannico si è fatto esplodere in Siria. Secondo la Bbc, l'uomo si sarebbe lanciato la scorsa settimana con un camion imbottito di esplosivo contro il carcere di Aleppo. La notizia era già stata diffusa nei giorni scorsi da alcuni media britannici. Il volontario jihadista, conosciuto solo col nome di battaglia di Abu Suleiman al-Britani, dovrebbe arrivare dal Sussex, Inghilterra del sud-est. Su internet sono stati pubblicati video e foto del camion corazzato, con lui probabilmente alla guida, che si è scagliato contro i cancelli della prigione ad Aleppo, liberando, secondo fonti dei ribelli siriani, centinaia di detenuti. I mercenari stranieri attuano una lotta terrorista, con attentati esplosivi in luoghi pubblici e mezzi lanciati contro obiettivi governativo, costringendo il regime di Assad a un giro di vite sul piano della sicurezza. Intanto il mediatore internazionale per il conflitto in Siria, Lakhdar Brahimi, incontrerà venerdì prossimo a Ginevra i rappresentanti di Stati Uniti e Russia, prima di recarsi a New York per fare rapporto al Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon. Lo ha detto a Ginevra lo stesso Brahimi in una breve conferenza stampa al termine del secondo giorno del nuovo round di colloqui tra le delegazioni siriane nell'ambito di Ginevra 2. «Venerdì avremo un incontro trilaterale con il vice ministro degli esteri russo Gennady Gatilov e il sottosegretario Usa per gli affari politici Wendy Sherman. E la settimana prossima, o in ogni caso molto presto, sarò a New York per fare rap- porto al Segretario generale dell'Onu e anche, probabilmente, al Consiglio di sicurezza», ha aggiunto Brahimi. Dopo una prima tornata di colloqui tra le delegazioni del governo e dell'opposizione alla fine del mese scorso, lunedì è cominciato un secondo round di discussioni. Ma già l'opposizione, che sul campo, ossia in Siria, è dilaniata da combattimenti intestini, ha avvertito che non parteciperà a una eventuale terza tornata di riunioni se non verrà compiuto alcun progresso. «Se non ci saranno progressi, penso che sarebbe una perdita di tempo prendere in considerazione un terzo round di negoziati», ha detto il portavoce dell'opposizione, Louay Safi, spiegando che la sua delegazione ha sollevato la questione con il mediatore delle Nazioni Unite, Lahkdar Brahimi, all'inizio della secondo tranche di negoziati. Siria, è ufficiale: terrorista suicida inglese si è fatto esplodere ad Aleppo MERCOLEDì 12 FEBBRAIO 2014 Iraq, l'Onu lancia lʼallarme: centinaia di migliaia di profughi per i combattimenti Redazione Sono 300.000 gli iracheni che hanno dovuto abbandonare le loro case in Iraq a causa dei combattimenti delle ultime sei settimane nell'ovest del Paese tra insorti qaedisti e di altri gruppi sunniti e le forze governative. Lo ha reso noto l'Unhcr. I rifugiati sono stati costretti a lasciare le loro case a causa delle violenze intorno alle città di Falluja e Ramadi, nella provincia di Al Anbar, che dall'inizio dell'anno sono state investite da un'offensiva dei miliziani qaedisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis). I 300.000, che si aggiungono a una popolazione già esistente di 1,1 milioni di rifugiati interni, sono ospitati in maggior parte presso scuole, moschee, edifici pubblici e hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria, sottolinea il comunicato dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati. Si è appreso poi che 15 soldati sono stati uccisi in un attacco di miliziani armati contro una caserma nel nord del Paese. L'assalto, ha precisato una fonte della polizia, è avvenuto a Hammam al Alil, 20 chilometri a sud da Mosul. I corpi decapitati dei 15 soldati sono stati trovati da una pattuglia della polizia in un piccolo distaccamento dell'esercito. La località si trova nella provincia di Ninive, che insieme a quella di Al Anbar, è tra le più colpite dall'offensiva delle forze qaediste dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante e di altri gruppi armati sunniti che si battono contro le forze governative del primo ministro sciita Nuri al Maliki. Salta lo stop alle cartelle esattoriali per le aziende che hanno crediti con la Pa MERCOLEDì 12 FEBBRAIO 2014 Secolo d’Italia Redazione Salta lo stop alle cartelle esattoriali per le aziende che hanno crediti con la Pubblica Amministrazione ma un successivo decreto attuativo dovrebbe permettere la loro compensazione nel 2014. Lo stabilisce un emendamento al dl Destinazione Italia approvato alla Camera con 395 voti a favore e 7 contrari e che ha ricevuto il voto favorevole del governo e di tutti i partiti. Il nuovo articolo demanda ad un decreto attuativo del ministero dell'Economia le modalità per la compensazione delle cartelle esattoriali per i crediti «non prescritti, certi, liquidi ed esigibili». In particolare, nel nuovo testo viene sottolineato che il decreto dovrà essere emanato «entro 90 giorni» dall'entrata in vigore della legge e «nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica». Ovviamente la compensazione ha luogo «qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato» dalle aziende nei confronti della Pubblica Amministrazione. Con lo stesso decreto il ministero del Tesoro individuerà «gli aventi diritto, nonché le modalità di tra- smissione dei relativi elenchi all'agente della riscossione». L'emendamento, riscritto dalla Commissione Bilancio per esigenze di "copertura", modifica la precedente formulazione che bloccava le cartelle. L'aula della Camera, dopo i rilievi arrivati dalla Ragioneria Generale dello Stato, ha infatti approvato un emendamento, su indicazione della Commissione Bilancio, che "depotenzia" in parte la norma originariamente inserita nel decreto Destinazione Italia durante i lavori delle Commissioni Finanze ed Attività produttive. Un emendamento approvato la scorsa settimana, a pochi minuti dal via libera definitivo delle Commissioni, stabiliva infatti per quest'anno la sospensione delle cartelle esattoriali per le imprese titolari di crediti con la Pubblica Amministrazione. Una norma apertamente bocciata dalla Ragioneria, secondo la quale la sospensione avrebbe comportato «minori entrate per il 2014 non quantificate e prive di copertura finanziaria», tali da non far avere alla disposizione «ulteriore corso». La sollecitazione della Ragioneria Generale dello Stato era stata immediatamente recepita in Parlamento. Governo e Commissione Bilancio avevano infatti optato per una riformulazione che anziché la sospensione prevedesse appunto la compensazione tra cartelle e crediti e rigorosamente «nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica». Redazione Se “bad bank" sarà, non sarà a carico né dei contribuenti né dell'Unione Europea. Dopo 48 ore si delineano meglio i contorni di un possibile progetto per un veicolo di sistema dove convogliare la massa dei 300 miliardi di crediti deteriorati, di cui oramai le sofferenze hanno superato i 150 miliardi. Il Tesoro in una nota chiarisce di apprezzare l'idea di consorzi fra banche private e promette l'appoggio del governo ma avvisa che l'impiego di fondi pubblici o europei, come visto in Spagna, «non è necessario». Nella sua “apertura" a una bad bank di sistema, sabato al convegno degli operatori finanziari Forex il governatore della Banca d'Italia era stato generico e si era limitato a chiedere più ambizione nelle ini- ziative per cedere i crediti deteriorati in modo da liberare risorse senza entrare nel dettaglio. Sin da subito comunque era trapelato che una soluzione con fondi pubblici era difficile sia per lo stato dei conti pubblici sia per i paletti dell'Ue la quale richiede condizioni rigide e un sistema di controlli periodici come è avvenuto nel caso della Spagna dove i 40 miliardi Ue sono stati usati per nazionalizzare le banche e conferire gli attivi, specie immobiliari, a un veicolo pubblico (Sareb). Aiuti che comunque hanno impattato sul debito statale di Madrid mentre il Sareb stenta ancora a decollare vista la continua crisi del mercato immobiliare spagnolo che solo ora mostra segni di ripresa. In più le grandi banche si erano mostrate tiepide quando non addirittura contrarie come nel caso dell'ad di Unicredit, Ghizzoni, che sotto al palco del Forex aveva sin da subito detto che le grandi erano in grado di fare da sole. Un concetto espresso in maniera più tranchant a Genova: serve per le medie a noi no, «noi andiamo avanti per la nostra strada» che, secondo le indiscrezioni, vede un progetto comune con Intesa Sanpaolo. Al quadro si era aggiunto anche l'Ft che domenica, citando fonti di Palazzo Chigi, aveva riportato la contrarietà del premier, preoccupato per possibili riflessi sul rating sovrano. Il Tesoro approva la “bad bank” (ma niente fondi pubblici) Chrysler è tutta della Fiat, non ci sono più impegni in sospeso 5 Redazione Chrysler è tutta di Fiat, con il fondo Veba non ci sono più impegni in sospeso. Sergio Marchionne l'ha sottolineato annunciando il regolamento delle operazioni di finanziamento per 5 miliardi di dollari e il rimborso integrale dell'obbligazione a a favore del Veba Trust. Il risparmio di costi per interessi che il Lingotto si attende di realizzare è pari a circa 134 milioni di dollari annui, per il periodo dal 2014 al 2016. «Questa operazione – ha detto Marchionne – porta a positivo compimento e prima del previsto il percorso che ha condotto i governi statunitense e canadese, lo Uaw e il Veba, insieme a Fiat, ad assumersi il compito di fare sì che Chrysler tornasse ad essere una azienda automobilistica vitale. Con l'integrale e anticipata restituzione dei finanziamenti governativi nel 2011, l'acquisizione da parte di Fiat della partecipazione del Veba in Chrysler a gennaio di quest'anno e la totale monetizzazione dell'obbligazione verso il Veba circa nove anni prima della sua scadenza, Fiat e Chrysler hanno insieme soddisfatto tutti gli impegni finanziari che furono assunti per Chrysler nel 2009. Nessuno rimane in sospeso». Per il manager del Lingotto, «tutto ciò è semplicemente la testimonianza del duro lavoro delle persone di Chrysler negli ultimi cinque anni e pone le basi per una nuova fase di rafforzamento della nostra presenza a livello globale come parte di Fiat Chrysler Automobile». Piano sanitario della Toscana: via alla bozza Scaramuccia ferma da tre anni 6 Secolo d’Italia Redazione Pugno di ferro di Enrico Rossi – e pure senza guanto di velluto – sul Piano sanitario e sociale integrato della Regione Toscana (Pssir), approvato l'altra sera da una Giunta con la sordina innescata, che ha dato il via sostanzialmente alla vecchia bozza Scaramuccia, datata 2011 e che già allora appariva obsoleta. Figuriamoci adesso. Eppure... «Incalzato dagli atti, con un nostro question time che chiedeva tempi e modi per superare lʼormai intollerabile ritardo sulla programmazione sanitaria, denunciato negli ultimi giorni con forza anche dal presidente del Consiglio Monaci, e dinanzi a un conflitto istituzionale senza precedenti – analizza il presidente del gruppo Nuovo Centrodestra Alberto Magnolfi – Rossi si è sentito punto sul vivo e ha pensato di poter mettere una toppa formale sulla questione. Questo gli consentirà di risponderci in aula con una carta in mano. Ma che carta? Possibile che un piano, rimasto in sonno per quasi tre anni perché già poco convincente e superato dai fatti, ritrovi oggi grazie al solo corredo di sette linee-guida (che in realtà lo bignamizzano e basta) uno smalto così fulgido da esser varato in fretta e furia, quasi alla chetichella?. È chiaro – prosegue Magnolfi – che su questa operazione esprimiamo le più vive riserve sia di merito, per i contenuti specifici che non calzano di sicuro sulla realtà attuale, sia di metodo, dal momento che quanto approvato dalla Giunta è esattamente ciò che il Consiglio (presidente, opposizione e buona parte della maggioranza) chiedeva di non fare. Siamo davanti allʼennesimo sgarbo istituzionale, secondo una condotta non nuova a Rossi ma che noi abbiamo sempre stigmatizzato, così come tante volte avevamo denunciato in sede politica lʼassenza di programmazione sanitaria divenuta adesso anche una questione di relazioni istituzionali. Oggi Rossi può dire di avere le carte in regola, lasciando la sostanza alle ortiche. È la stessa pratica che quattro anni fa gli consentì di fondare la sua campagna elettorale da governatore sul vanto di una contabilità sanitaria in pareggio, proprio mentre si stava sviluppando la voragine nelle casse della Asl 1 di Massa Carrara, in seguito non rimasta caso isolato pur senza raggiungere quelle dimensioni di dissesto. Chi si contenta gode. Ma noi no davvero». Redazione «Durante le analisi dei terreni prelevati nei cantieri della Tav vicino Brescia sono state rinvenute ingenti quantità di scorie nocive contenenti nichel, cromo esavalente e arsenico, tutte sostanze che possono causare gravi danni alla salute umana e all'ambiente circostante. La direttrice dell'Arpa della stessa città ha dichiarato che nel caso del cromo la concentrazione presente nel sottosuolo sarebbe addirittura 1.400 volte oltre il limite consentito. La Commissione Europea ne è al corrente?». Lo chiede Sergio Berlato, deputato al Parlamento europeo del Ppe/Fi in unʼinterrogazione alla stessa Commissione in merito allo smaltimento illegale di rifiuti tossici nei pressi della linea ferroviaria ad alta velocità Lione–Trieste e precisa: «Sono state le Procure della Repubblica di Brescia e di Treviso ad avviare un'indagine volta a verificare l'esistenza del reato di smaltimento illegale di rifiuti tossici in prossimità di alcuni importanti tratti autostradali e ferroviari italiani, in particolare, appunto, rispetto all'autostrada A4 e al tratto ferroviario Milano-Venezia, che fa parte del Corridoio europeo Tav n°5 Lione-Treviso». Berlato domanda poi se, «trattandosi dei cantieri riguardanti un tratto del Corridoio europeo, la Commissione sia in grado di intervenire per verificare il corretto utilizzo dei fondi europei e l'assenza di il- legalità. Per ciò che concerne la salute pubblica e la tutela dell'ambiente – conclude il deputato europeo di Forza Italia – la stessa Commissione può infine assicurare, di concerto con le autorità italiane, la rimozione di tutte le sostanze nocive?». Smaltimento di rifiuti tossici nei cantieri della Tav a Brescia: interrogazione alla Ue MERCOLEDì 12 FEBBRAIO 2014 Roma, doppio cantiere sulla Gianicolense: traffico insostenibile Redazione «È aperta la caccia al genio che ha autorizzato l'apertura di due cantieri paralleli sulla circonvallazione Gianicolense, in prossimità della stazione Trastevere, a Roma, che stanno causando un congestionamento del traffico senza precedenti. Un cantiere è aperto nella corsia preferenziale per la sostituzione delle rotaie del tram, l'altro è uno scavo laterale per il passaggio dei cavi, posto sulla carreggiata diretta verso viale Trastevere. Questo assetto comporta che, assieme al traffico veicolare imbottigliato in una sola corsia, si aggiungano anche gli autobus, compresi i mezzi della linea sostitutiva del tram 8 colmi come i carri bestiame». Lo dichiara Marco Giudici, consigliere di La Destra e presidente della commissione Trasparenza del Municipio XII, che aggiunge: «Non è possibile continuare ad aprire cantieri senza un criterio, senza incrociare le agende delle società private che operano sulle strade con quelle degli uffici tecnici che realizzano le opere pubbliche. Accade troppo spesso che le strade vengano asfaltate dall'amministrazione e dopo poco vengano riaperte dalle società di servizi e riasfaltate da queste con materiali di dubbia qualità. Questo meccanismo genera danni enormi alle amministrazioni. Perciò invito l'assessore Improta a rimediare a questo problema e a spiegare ai cittadini perché in Campidoglio non si sono accorti della presenza di due cantieri». Addio a Shirley Temple, insuperabile “bambina prodigio” degli anni Trenta Secolo MERCOLEDì 12 FEBBRAIO 2014 d’Italia Priscilla Del Ninno Con la morte di Shirley Temple, avvenuta a Woodside, in California, per cause naturali, se ne va uno dei miti della Hollywood in bianco e nero, entrata a passi di tip tap nell'immaginario collettivo cinematografico. L'attrice si è spenta a 85 anni, dopo una vita di impegno su più fronti, da quello spettacolare a quello politico, vissuta sempre nel segno di una proverbiale discrezione. Una riservatezza che non ha certo sminuito il suo successo conquistato grazie a quella sua eterna smorfia birichina. A quel suo sorriso smaliziato. A quei boccoli biondi che le incorniciavano il visetto paffuto e impertinente, e che avrebbero indotto i cultori dei suoi film a ribattezzarla proprio “Riccioli d'oro”. Un'immagine, insomma, distante da quella della Shirley Temple adulta, al debutto nella sua carriera politica, intrapresa alla fine degli anni Quaranta. Anni in cui i fotogrammi di quel faccino accigliato, da monella imbronciata e sorridente, hanno abdicato a quello sguardo diplomatico, a quella postura ingessata in castigati tailleur, che le cronache del periodo ci hanno consegnato, con l'attrice ormai lontana dal set, alle prese con il suo ruolo di ambasciatrice. Delegata degli Stati Uniti allʼAssemblea Generale dellʼOnu nel 1969, la Temple è diventata ambasciatrice Usa in Ghana nel 1974, pronta ad assumere solo due anni dopo, il ruolo di capo del protocollo alla Casa Bianca, nominata dal presidente Gerald Ford. Lei, espressione di quell'America ingenua e pudica, avrebbe portato nel mondo il suo rassicurante sorriso e l'impegno di un'amministrazione repubblicana fermamente tradizionalista. Del resto, anche quando era una diva in erba di Hollywood non ha mai destato scalpore. Semmai ha creato scompiglio tra i suoi adulti colleghi. Divi del calibro di Clark Gable, Bing Crosby, Carole Lombard, Robert Taylor, Gary Cooper e Joan Crawford, hanno dovuto contendersi infatti la scena e l'amore del pubblico con quella irresistibile enfant prodige che aveva debuttato nel 1932 con un cortometraggio di una serie per bambini Our gang, che rivelò subito le caratteristiche del suo personaggio. Un perso- 7 naggio che sarebbe poi esploso in tutto il suo potenziale spettacolare in pellicole come Riccioli d'oro e Shirley Aviatrice, o come La reginetta dei monelli e Zoccoletti olandesi, strepitosi successi che, si disse all'epoca, contribuirono al salvare la Twenty Century Fox dal fallimento rischiato in seguito alla Grande depressione. Uno dei tanti meriti di Shirley Temple, amata protagonista del Novecento americano. Patty Pravo in scena a Roma, tra Vasco Rossi, Lou Reed e Paolo Conte Bianca Conte Successi di ieri, brani di sempre. E tra ricordi e omaggi, la scaletta del concerto di Patty Pravo all'Auditorium Parco della Musica di Roma ha rievocato un mondo musicale intramontabile. Uno stile personalissimo che l'ex ragazza del Piper ha saputo negli anni declinare a nuovi linguaggi melodici, a diverse contaminazioni di generi. L'ultima dimostrazione l'esibizione dell'altra sera, in cui Patty Pravo si è presentata sul palco della capitale in look total black, con uno spolverino laminato dai riflessi argento (poi sostituito con uno rosso), circondata da luci stroboscopiche e dalla band che la accompagna nel tour La luna. Ed è stata proprio la canzone omonima, scritta per lei da Vasco Rossi, una delle più applaudite del concerto, insieme a E dimmi che non vuoi morire e Un senso: tris di capolavori che portano la firma del rocker di Zocca, che Patty ama definire il suo «alter ego maschile». Tra ospiti vip e fans appassionati, in mezzo agli striscioni, sempre più rari ai concerti, specie nei teatri, appariva in evidenza la scritta: «La leonessa di Venezia, orgoglio italiano». In scaletta, allora, non solo Vasco, ma anche Unisono di Giuliano Sangiorgi, Les etrangers con testo di Lucio Dalla, I giardini di Kensington, cover di un brano di Lou Reed, e ancora Tripoli '69, scritta per lei da Paolo Conte, e il ricordo di Lucio Battisti con Io ti venderei: alcuni dei momenti più intensi della serata. E ancora Se perdo te, La bambola in versione spagnola, Ragazzo triste («forse è una delle ultime volte che la canto», ha annunciato l'artista, con evidente disappunto del pubblico) e così via, fino alla travolgente Il Paradiso, sulle cui note anche le prime file hanno ceduto alla tentazione di alzarsi in piedi e ballare cantando. Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale Editore SECOLO DʼITALIA SRL Fondatore Franz Turchi d’Italia Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Consiglio di Amministrazione Tommaso Foti (Presidente) Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato) Alessio Butti Antonio Giordano Antonio Triolo Ugo Lisi Pensiero stupendo ha chiuso la scaletta del concerto ma, prima del bis, Patty ha cercato di portare sul palco Gregorio, un fan di soli sei anni che le ha scritto una email raccontando che a casa ascolta solo le sue canzoni. La sua preferita? Pazza idea, come noto. Il bis, naturalmente, è stato dedicato al più giovane fan della sala Sinopoli, simbolo di un successo che non conosce soste. Vicedirettore Responsabile Girolamo Fragalà Redazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] Amministrazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/688171 mail: [email protected] Abbonamenti Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250