Il Leader: discepolo di Gesù - Parrocchia S. Maria Goretti

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Il Leader: discepolo di Gesù - Parrocchia S. Maria Goretti
Il Leader: discepolo di Gesù
Introduzione
La dimensione del discepolato è essenziale nella vita cristiana, del battezzato e nel ministero di leader.
Chi vuole annunciare il vangelo non può farlo se prima non lo accoglie, ogni giorno e non si sforza di
viverlo ponendosi in una situazione di continuo discepolato, un discepolato permanente.
Essere discepoli di Gesù è il presupposto per poi poter essere apostoli, per poter essere mandati in tutto il
mondo ad annunciare il vangelo. Se non si dimora nel suo amore non si può essere sale e luce della terra.
Risponderemo a due domande:
1)Chi è il discepolo? Per rispondere leggeremo Gv 15,1-17
2)Quali sono alcune caratteristiche del vero discepolo di Gesù?
Per rispondere leggeremo Gv 1,35-39
1. Chi è il discepolo?
Che cosa non è?
Il discepolo non è un alunno. Il rapporto con Gesù non è di tipo scolastico o accademico.
Il discepolo non è uno schiavo. Il rapporto con Gesù non è basato solo sul fare o sul servire.
1. 1 Il discepolo è colui che vive una relazione di amicizia con Gesù.
In Gv 15,1-17 questa relazione di amicizia ci viene indicata nell’immagine del tralcio unito alla vite. Gesù
dice chiaramente che il tralcio deve essere unito alla vite per vivere la sua chiamata e portare molto frutto.
Nell’istituzione dei 12 apostoli che troviamo nel vangelo di Mc 3,13-15
“13Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui.
chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare”
14
Ne costituì Dodici – che
È chiara la motivazione principale della chiamata. I dodici sono chiamati a vivere una relazione stretta
con il maestro, a stare con lui, a dimorare nella sua casa, nel suo cuore e subito dopo vengono mandati a
predicare.
In Gv 1,35-39
I discepoli di Giovanni rispondendo alla domanda di Gesù: Che cercate? Dicono: Maestro dove dimori?
E Gesù disse loro: Venite e Vedrete. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno
rimasero con lui.
Dopo la morte di Gesù, nello smarrimento, nella delusione e nella tristezza i due discepoli di Emmaus
dopo che Gesù spezza loro la Parola chiedono al Risorto: Resta con noi Signore.
“28
29
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano.
Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per
rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo
diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista.” (Lc
24,28-31)
1.2 Il discepolo è colui che vive una relazione di amicizia con Gesù che rimane
L’amicizia con Gesù è chiamata a rimanere.
Molti sono quelli che iniziano, tanti quelli che continuano, pochi quelli che perseverano. Nell’amicizia
con Gesù è importantissima la perseveranza. Rimanere nel suo amore significa continuare a vivere da
discepolo, a camminare secondo i suoi comandamenti.
“Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del
Padre mio e rimango nel suo amore 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i
propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando.” (Gv 15,10.13-14)
“Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici,
perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho
scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga;” (Gv 15,15-16)
Nella relazione di amicizia con Gesù è importante sapere che il primo ad amarci è Lui. Il primo a
rimanere nel suo amore è Lui.
Il nostro rimanere sarà sempre una risposa al suo. L’iniziativa è la sua.
“Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi.”
“In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo
Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.” (1Gv 4,10)
La perseveranza di Gesù
La sua è un’amicizia che rimane sino alla fine.
“Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al
Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.” (Gv 13,1)
L’amicizia con Gesù si nutre di ascolto della sua parola e della condivisione della sua stessa vita.
(L’Eucaristia). Tutto questo si renderà visibile nell’osservanza dei suoi comandamenti, nella
conformazione della vita del discepolo a quella del maestro. Conformazione del pensiero, del cuore e
della volontà.
Eb 12,1-2
Corriamo con perseveranza tenendo fisso lo sguardo su Gesù.
2. Alcune caratteristiche del vero discepolo di Gesù
Leggiamo insieme Gv 1,35-39
35
Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù
che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono
Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli
risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete».
Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del
pomeriggio.” (Gv 1,35-39)
“
Elenco solo alcune caratteristiche che mi sembrano importanti per fare di un battezzato un vero discepolo,
un vero evangelizzatore, un vero leader.
Esistono tante altre caratteristiche che ci vengono dal confronto con la Parola di Dio ma queste mi
sembrano molto importanti per vivere in maniera autentica la nostra chiamata all’evangelizzazione.
1) Il vero discepolo fissa Dio senza perdere di vista l’uomo.
Giovanni Battista fissando lo sguardo su Gesù che passava si rivolge ai discepoli e dice: Ecco l’agnello di
Dio!. Questo mi sembra un particolare molto importante. Giovanni fissa Dio ma il suo sguardo non si
distoglie dai suoi discepoli. L’uomo è il beneficiario del suo fissare Gesù. Fissando Gesù lui dice ai
discepoli: Ecco l’agnello di Dio!. E’ un indicazione chiara per il bene dei discepoli. Il suo rapporto con
Gesù è messo al servizio degli uomini perché scoprano in Gesù l’amore di Dio.
La vera fede non mi fa andare mai oltre l’uomo. (buon samaritano) Dio non lo trovo oltre l’uomo ma
nell’uomo.
San Josemaria Escrivà parla di una “materializzazione” della vita spirituale a cui corrisponde una
spiritualizzazione della vita materiale. Nell’incarnazione le due nature si uniscono nell’unica persona di
Cristo Gesù.
Unificare la vita.
“Siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature. Così
affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci
siete diventati cari.” (1Ts 2,7-8)
“L’opera dell’evangelizzazione suppone nell’evangelizzatore un amore fraterno sempre crescente verso
coloro che egli evangelizza. Il Signore attende da ciascun predicatore del vangelo e da ogni costruttore
della chiesa tale affezione.” (EN 79)
2) Il vero discepolo non porta a se ma a Dio.
Giovanni non è preoccupato di aumentare le fila dei suoi discepoli, anzi indica in maniera chiara chi è
Colui che devono seguire. Il vero evangelizzatore è libero da ogni autoaffermazione, da ogni “successo”
personale. Non vuole servirsi del nome di Dio per innalzare se stesso. Non si serve dei fratelli per la
propria realizzazione e tanto meno di Dio, ma cerca Dio che passa nella sua vita e lo indica ai fratelli per
il loro bene. Le persone non sono mai un mezzo, ma il fine della vera evangelizzazione.
“Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia,”
(2Cor 1,24)
3) Il vero discepolo fissa Gesù che “passa”.
Gesù nella vita del vero discepolo non sta fermo ma passa, passa avanti, dice cose sempre nuove. La vita
spirituale del vero discepolo non è statica ma dinamica, in cammino di crescita e di comprensione sempre
più grande della Verità di Dio che sarà sempre avanti e mai indietro, sarà sempre una metà da raggiungere
e mai un traguardo già raggiunto. Il vero evangelizzatore non è un arrivato ma un uomo in cammino con
gli uomini, un discepolo.
Dio non lo possiede nessuno, neppure la Chiesa. Ma Dio ci possiede, la verità ci possiede. Noi siamo
umili servitori della Verità. (Bruno Forte)
4) Il vero discepolo è un uomo di poche parole.
Giovanni è un uomo di poche parole perché lascia parlare Colui che è la Parola. Lui è la voce che si mette
al servizio della Parola. Dice in tutto quattro parole ma così cariche di significato, di fede e di amore che i
suoi discepoli sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Il vero discepolo non corre ma fa correre la
Parola di Dio. Il vero evangelizzatore sa che l’annuncio del vangelo non è una questione di parole ma di
come, di quanto cuore si mette nell’annunciare la Parola. Quello che si dice con il linguaggio non verbale
è molto più importante perché dà significato e credibilità alle parole e arriva direttamente al cuore.
Gesù nel buio di una mangiatoia quando è nato non ha detto tante parole, nella sua vita nascosta (30 anni)
non ha detto tante parole, nel buio della croce non ha detto tante parole. La vergine Maria lo stesso.
L’amore non ha bisogno di molte parole, ma si nutre di sguardi. “Non sprecate parole come i pagani…”
Il vero discepolo si riconosce dallo sguardo.
5) Il vero discepolo è più proteso a fare domande che a dare risposte.
La prima cosa che fa un vero discepolo, sull’esempio di Gesù, non è quella di dare risposte ma di fare
domande. Che cosa cercate? Domanda Gesù agli uomini. Non una domanda retorica come quando si dice
alle persone: come stai? E subito, senza aspettare la risposta si inizia a parlare. Ma la domanda
dell’evangelizzatore vero è vera, procede da un cuore interessato al bene dell’altro, al suo cuore. E’ una
domanda che si vuole fare carico dei pesi dell’altro, che procede da un cuore compassionevole e pieno di
amore. E’ una domanda che dice la predisposizione all’ascolto e all’accoglienza dell’evangelizzatore, la
sua umiltà. E’ una domanda che vuole far prendere consapevolezza all’altro di che cosa lo muove, della
sua identità. E’ una domanda che inizia un cammino di liberazione verso la conoscenza di se e quindi di
Dio. Il cammino verso Dio implica sempre un cammino verso se stessi e verso gli altri.
Dove sei? Che cosa cercate? Dov’è tuo marito? Perché piangi? Di che cosa discutevate lungo il
cammino? Cosa vuoi che io faccia per te? Perché mi percuoti? Volete andarvene anche voi? Quanti pani
avete? Perché avete paura? Chi ti ha condannato? Ecc.
6) Il vero discepolo ha una “casa”, una comunità
Il soggetto vero dell’evangelizzazione è una famiglia. Il vero discepolo deve poter dire: venite e vedrete.
Il luogo dove si dimora sono le relazioni fraterne di coloro che hanno la stessa “casa” perché figli dello
stesso Padre. L’evangelizzatore vero deve poter dire a tutti coloro che non hanno “casa”: vieni e vedi.
Vieni e vedrai come ci vogliamo bene, vieni e vedrai come la nostra “casa” sarà la tua “casa”, perché tu
sei nostro fratello.
Gesù ha detto chiaramente: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni
per gli altri».” (Gv 13,35) La fraternità è un cammino sempre da ricercare, una meta mai completamente
raggiunta. Ma per essere suoi veri discepoli bisogna camminare verso questa meta.
La vita si trasmette con la vita, non con le parole. A fondamento della vita c’è sempre la relazione tra due
persone che si amano e solo li è possibile incontrare e conoscere il vangelo: Gesù. A fondamento
dell’evangelizzazione c’è sempre una comunità, una comunione di vita che trasmette la vita.
La beata vergine Maria, stella dell’evangelizzazione, modello di fede e di verità, interceda per noi e ci
sostenga nel nostro cammino verso la verità. Ci doni nuovo zelo, entusiasmo ed ardore nel rispondere in
maniera vera alla nostra vocazione battesimale di annunciare il vangelo fino agli estremi confini della
terra.