Scienze cognitive 1 - Dipartimento di Scienze Umane per la

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Scienze cognitive 1 - Dipartimento di Scienze Umane per la
SCIENZE COGNITIVE
Mente Linguaggio Comunicazione
SCIENZE COGNITIVE
↓
Ricerche interdisciplinari finalizzate
allo studio scientifico della mente umana
SCIENZE COGNITIVE
↓
Ricerche interdisciplinari finalizzate
allo studio scientifico della mente umana
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Le scienze cognitive:
motivazioni e implicazioni
Perché scienze cognitive?
Qual è l’oggetto delle scienze cognitive?
La natura disciplinare della scienze cognitive
Le radici filosofiche delle scienze cognitive: le origini
storiche
I problemi fondamentali delle scienze cognitive
Alcune implicazioni filosofiche delle scienze cognitive
In tempi più recenti, lo studio scientifico della
cognizione, intesa come l’insieme dei processi di
acquisizione ed elaborazione di informazioni – sia
esterne sia interne – per vari fini (sopravvivenza,
adattamento, conoscenza, e così via), è stato esteso
dalla mente umana anche a sistemi biologici non umani
e a sistemi artificiali.
Se ci limitiamo agli esseri umani, le scienze cognitive studiano
facoltà cognitive ‘di base’ (percezione, memoria,
consapevolezza, attenzione, ecc.) o facoltà cognitive
‘superiori’ (pensiero, coscienza).
Tutte queste facoltà rappresentano particolari aspetti della
mente: l’attività delle scienze cognitive potrebbe essere
considerata come un contributo al programma generale di
costruire una teoria scientifica della mente.
Ma cosa significa fare una teoria scientifica di un oggetto così
particolare come la mente? Come emerge il concetto
moderno di mente?
Esso emerge a partire da una lunga tradizione filosofica, di
cui il concetto moderno di mente è soltanto un particolare
aspetto (quello più strettamente 'razionale').
Proprio questo aspetto è al centro della
riflessione filosofica sulla mente e la
soggettività di Cartesio (1596-1650).
Proprio la riflessione filosofica cartesiana sulla mente e la
soggettività pone una questione fondamentale per la moderna
scienza cognitiva: il ruolo svolto dalla rivoluzione scientifica.
Infatti la "mente" come autonomo oggetto di indagine
comincia ad avere un senso da quando la natura diventa
scientificamente autonoma.
Soltanto allora diventa sensato chiedersi: qual’è il posto della
mente nella natura (se ne ha uno)?
Con la rivoluzione scientifica, il mondo naturale è diventato
oggetto autonomo di indagine (con metodi propri, teorie
proprie, ecc.).
Ma lo sviluppo della scienza ha contribuito a fissare anche dei
criteri di ‘scientificità’, rispetto ai quali valutare altri oggetti di
indagine, in particolare la mente.
Cartesio ha svolto un ruolo di primo piano in questa fase,
perché ha operato sia sul piano della scienza sia sul piano
delle indagini filosofiche sulla "mente".
Sul piano della scienza
perché Cartesio ha dato un contributo fondamentale alla
cinematica moderna (oltre che alla matematica) e alla visione
meccanica (o meccanicistica) del mondo naturale.
Sul piano delle indagini filosofiche sulla ‘mente’
perché Cartesio ha dato la prima formulazione moderna di
mente come luogo esclusivo della razionalità (privato di
qualsiasi
carattere
vegetativo/vitalistico/emotivo)
affrontato in modo esplicito il rapporto mente/materia.
e
ha
La figura di Cartesio è un riferimento storico fondamentale
nella prospettiva delle scienze cognitive anche per una
ragione più generale:
Cartesio è infatti il filosofo che rifonda l’intera filosofia
occidentale moderna, ponendo la giustificazione della
conoscenza e dei fondamenti dell’attività razionale tra i
massimi obiettivi della riflessione filosofica in generale.
Inoltre, si deve a Cartesio l’introduzione del termine stesso di
MENTE in un senso vicino alla sensibilità contemporanea
Il termine viene usato nella versione latina di un’opera
fondamentale per la filosofia occidentale: le Meditazioni
metafisiche (1641)
In questo testo (che contiene il celebre argomento del cogito),
Cartesio ha come obiettivo la dimostrazione che
a) la mente esiste
b) la mente è indipendente dalla materia
Un’altra tappa cruciale è rappresentata dalla nascita di
una psicologia ‘scientifica’ all’inizio del XX secolo: si afferma
l’indirizzo
comportamentista
nella
psicologia
(Watson,
Skinner, Thorndike e altri).
L’oggetto privilegiato della psicologia non è la ‘mente’ del
soggetto, ma l’indagine sul suo comportamento osservabile,
analizzato nei termini della relazione stimolo/risposta.
Espressione, nel campo della psicologia, di un generale
atteggiamento empirista (centralità dell'aspetto empirico e
osservativo) sui fondamenti della conoscenza scientifica nella
prima metà del XX secolo.
“La psicologia come la vede il comportamentista è una
scienza naturale puramente oggettiva. Il suo fine teorico
è la predizione e il controllo del comportamento.
L’introspezione non costituisce una parte essenziale del
suo metodo, né il valore scientifico dei suoi dati dipende
dalla facilità con cui essi si prestano a essere interpretati in
termini di coscienza.”
John B. Watson
Modello comportamentista di analisi
INPUT
(stimolo)
↓
mente come
“scatola nera”
↓
OUTPUT (risposta comportamentale)
Questo modello si rivela particolarmente inadeguato
nell’analisi dell’apprendimento del linguaggio: i
comportamentisti non sono infatti in grado di spiegare
l’aspetto creativo tipico di ogni fenomeno di
apprendimento del linguaggio.
La linguistica moderna di Noam Chomsky nasce proprio
con l’obiettivo di risolvere problemi come questi: si
scopre che non è possibile lasciare la mente come
‘scatola nera’ e che le spiegazioni cognitive devono
prendere in considerazione il livello ‘mentale’ (cioè
‘interno’).
“La scienza cognitiva viene praticata nella convinzione
che sia legittimo – e anzi di fatto necessario – porre un
livello di analisi separato, che può essere chiamato il
livello della rappresentazione.
Uno scienziato, quando lavora a questo livello, lavora
intorno a entità rappresentative, come simboli, regole,
immagini – il materiale della rappresentazione, che si
trova in una posizione intermedia tra input e output [...]
Questo livello è necessario per spiegare la varietà del
comportamento umano, del pensiero come delle azioni.”
Howard Gardner, La nuova scienza della mente.
Storia della rivoluzione cognitiva
SCIENZE COGNITIVE
input (percettivo)
livello necessario:
ma in che senso?
rappresentazioni,
regole, ...
output (comportamentale)
Contributo della (allora nascente) informatica per lo sviluppo
delle scienze cognitive: la concezione computazionale della
mente.
Fatto storico (contingente). Le prime prove delle scienze
cognitive si rivolgono a compiti cognitivi ‘alti’ (scacchi,
logica formale), nei quali disporre di ampie risorse e
capacità computazionali è importante.
Motivazione concettuale (di principio). I computer sono
particolari realizzazioni di un modello di calcolo – la
Macchina di Turing (MT) – e la MT soddisfa una
proprietà cruciale dal punto di vista delle scienze
cognitive: la UNIVERSALITÀ (o VIRTUALITÀ).
Esistenza della MT universale (Turing 1936)
Esiste una macchina di Turing MTU (detta macchina di
Turing universale) tale che, per una generica macchina
di Turing MT, la MTU può simulare la computazione di
MT con argomento qualsiasi x.
In altri termini,
SE
il nastro di MTU può contenere come argomento la
codifica di qualsiasi possibile istruzione di MT,
ALLORA
per qualsiasi argomento x, il valore della computazione di
MTU è identico a quello di MT, cioè
MT(x) = MTU(x)
MT1
Nastro di MT1
|
|
possono essere scritte qui
Istruzioni di MT1
possono essere scritte qui
Nastro di MT2
MT2
|
|
MT1
Istruzioni di MT1
codifica (effettiva!) delle istruzioni di MT1
sul nastro di MT2
Ora, MT2 può fare tutto ciò che può fare MT1, perché
‘incorpora’ le istruzioni di MT1 (naturalmente i ruoli di
MT1 e MT2 possono essere invertiti).
In questo caso MT2 opera ‘da Macchina Universale’
rispetto a MT1.
Di fatto, MT2 si comporta come se fosse MT1.
“Qualunque calcolatore reale, se è fornito di una memoria
abbastanza capiente da svolgere il ruolo di nastro per la
manipolazione dei simboli, può recitare la parte della
macchina universale di Turing.
Per esempio, se un microcalcolatore domestico fosse
programmato per funzionare come una macchina
universale di Turing e se, come dati in ingresso, ricevesse
una descrizione codificata di un grande calcolatore
mainframe, esso simulerebbe il funzionamento del grande
calcolatore su qualunque successione di simboli di dati. “
J. Hopcroft
MT1
codifica
MT2
Conseguenza per la teoria della computabilità: è
irrilevante quale sia la particolare MT che calcola!
Implicazione epistemologica per i fondamenti delle scienze
cognitive (un'implicazione fondamentale per la
caratterizzazione computazionale delle ‘prime’ scienze
cognitive):
SE la mente ha una struttura computazionale
ALLORA la spiegazione delle sue proprietà è
indipendente (in linea di principio) dalle sue basi materiali
Due tesi fondamentali alle origini delle scienze
cognitive:
1. La natura computazionale della cognizione
2. Il carattere astratto delle computazioni
1. La natura COMPUTAZIONALE della cognizione
I processi cognitivi possono essere interpretati come
elaborazioni computazionali di informazioni.
2. Il carattere ASTRATTO delle computazioni
L’elaborazione computazionale delle informazioni non
dipende in modo essenziale dal supporto materiale nel
quale l’elaborazione stessa si realizza.
La tesi 2 implica il cosiddetto principio di realizzabilità multipla
(PRM): un processo cognitivo può essere realizzato da
molteplici sistemi cognitivi, sia umani sia artificiali
Il PRM favorisce il programma di ricerca
dell’IA (INTELLIGENZA ARTIFICIALE) cioè di
quel filone delle scienze cognitive che si
propone di ‘riprodurre’ mediante adeguati
programmi le capacità cognitive di una
mente
Slogan delle prime scienze cognitive
Hardware : Software = Cervello : Mente
Universalità delle MT
(quale sia l’hardware
che realizza il software
è indifferente)
Indipendenza della mente
dalla sua struttura materiale
Dimensione filosofica dell’approccio computazionale alla
scienza cognitiva e all’IA: il funzionalismo come tesi
sulla natura degli stati mentali, considerati come stati
funzionali di un processo computazionale.
Se la mente è una sorta di programma’ per il cervello,
allora possiamo evitare di ridurre la mente alla sua base
materiale, senza per questo doversi impegnare su quale
sia la natura autentica (se ce n’è una) della mente.
In questo senso, il funzionalismo 'aggira' la disputa tra
materialismo e dualismo sulla natura della mente.
“L’approccio ‘behavioristico’ [...] mira a fornire una
descrizione fisicalistica completa del comportamento
umano. Ciò corrisponde alla descrizione che un ingegnere
o un fisico farebbe di una macchina di Turing realizzata
fisicamente.
Ma sarebbe anche possibile perseguire una descrizione
più astratta dei processi mentali umani, in termini di ‘stati
mentali’ (la cui realizzazione fisica, se c’è, non è
specificata) e di ‘impressioni’ (che hanno il ruolo dei
simboli sul nastro della macchina).”
H. Putnam, Minds and Machines (1960)