Auschwitz Diario di un corvo nero
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Auschwitz Diario di un corvo nero
Testi non letterari Prova 1 Testimoni Riaffiora dopo decenni in Israele l’orrore assoluto, nel racconto di un ebreo obbligato a lavorare nel crematorio. La voce di una vittima dimenticata. Auschwitz Diario di un corvo nero Il campo di stermino di Auschwitz-Birkenau, l’inferno in terra, ha inghiottito vite e con esse nomi e storie, intere famiglie di ebrei. L’orrore prodotto dagli uomini contro gli uomini ha superato ogni possibile immaginazione e tuttavia proprio questo centro dell’esperienza dello sterminio sembrava fosse destinato, per sempre, al silenzio.. (…) Ebbene, oggi questo centro ha trovato il suo cantore: Salmen Gradowski, un giovane ebreo sionista nato nel 1910 a Suwalki (città polacca al confine con la Lituania) che venne deportato ad Auschwitz-Birkenau nel dicembre del 1942, dove fu subito selezionato per entrare a fare parte del Sonderkommando, la squadra speciale di detenuti, per lo più ebrei, obbligati a compiere il loro lavoro all’interno dei crematori e delle camere a gas. Insieme a lui altri giovani tra i diciotto e i venticinque anni, strappati alle loro famiglie, rasati, torturati, frustati e poi portati a suon di bastonate nella zona segreta dove scoprivano improvvisamente tutto: fosse comuni, montagne di cadaveri aggrovigliati e lividi che irrompono dalle porte delle camere a gas. Corpi straziati tra i quali riconoscevano la madre, la sorella, il figlio, gli amici o i conoscenti arrivati al campo con loro da poche ore. Il giovane Gradowski dapprima si dispera, come altri che non sopportando quell’orrore si gettano nel fuoco dei crematori vivi, ma decide di vivere e testimoniare. Così come racconta il suo compagno di prigionia, Shlomo Dragon, “Quando il tempo del lavoro lascia spazio al riposo, diventa un cronista scrupoloso della catastrofe.” Il manoscritto di cui pochissimi compagni di sventura di Gradowski erano al corrente e che “descrive l’intero processo di morte” verrà sepolto tra le ceneri e la terra del crematorio IV poco prima che lo stesso autore guidando la rivolta contro i nazisti venga ucciso in quell’unico atto di resistenza armata che il campo di sterminio di Auschwitz conosca. Quel testo “sacro” come lo definisce Elie Wiesel1 sarà ritrovato dopo la guerra da Haim Wollerman, un ebreo polacco trasferitosi in Israele nel 1947, e da quel momento nessuno ne saprà più nulla. La voce dei Sonderkommando, per molti anni, sarà considerata come la parola dei fratelli che hanno collaborato con i nazisti: “i corvi neri del crematorio”. Così, dopo il rifiuto di diversi editori a pubblicarne il testo, Wollerman decide di stamparlo in poche copie a sue spese, per realizzare un impegno morale: restituire al mondo il racconto dell’inferno. Ma ancora una volta il documento di Gradowski, pubblicato a Tel Aviv nel 1977, scompare tra gli archivi di Yad Vashem e di qualche altro museo e non raggiunge il pubblico. Oggi, dopo quasi sessant’anni di silenzio, il desiderio dell’autore di far conoscere a tutti quel che è accaduto nella terra di Birkenau si realizza. L’oblio è spezzato. Salmen Gradowski, come i suoi compagni del Sonderkommando, vissuti nella morte e rimasti per sempre ancorati alla comunità umana, può di nuovo essere un uomo tra gli uomini e compiere la sua missione estrema: dirci del male assoluto, del bisogno di altri uomini di infliggere violenza, ma anche della volontà di vivere e di amare. Frediano Sessi [Tratto da «Il Corriere della Sera», venerdì 8 giugno 2001] 1 Elie Wiesel, (1928) scrittore americano di origine romena e di famiglia ebraica, nel 1986 è stato insignito del premio Nobel per la pace, per l’impegno di lotta “in favore di tutti gli oppressi di tutte le razze”. 1. Sintetizza il testo utilizzando al massimo 100 parole. 2. Immagina di essere Haim Wollermann e scrivi una lettera (di circa 150 parole) ad un direttore di una casa editrice con la quale presenti il manoscritto di S. Gradowski e illustri i motivi per cui deve essere pubblicato. 3. Leggi il seguente testo, tratto da Se questo è un uomo di Primo Levi. “…non appena, al mattino, io mi sottraggo alla rabbia del vento e varco la soglia del laboratorio, ecco al mio fianco la compagna di tutti i momenti di tregua, del Ka-Be2 e delle domeniche di riposo: la pena di ricordarsi, il vecchio feroce struggimento di sentirsi uomo, che mi assalta come un cane all’istante in cui la coscienza esce dal buio. Allora prendo la matita e il quaderno, e scrivo quello che non saprei dire a nessuno.” Scegli una delle tre tracce e scrivi un testo di almeno 150 parole. a) Anche per Primo Levi, come per Salmen Gradowski, lo scrivere diventa una necessità. Quali sono stati, secondo te, i motivi che hanno spinto alcuni sopravvissuti all’inferno dei campi di concentramento, a scrivere i loro ricordi?. Esponi le tue considerazioni. b) Nell’estratto P. Levi manifesta la necessità di usare “la matita e il quaderno” per esprimere quello che non avrebbe il coraggio di dire. Nell’ambito della letteratura italiana e tedesca conosci altri autori che hanno dato un significato particolare alla scrittura? Parlane in proposito. c) Il rapporto con la scrittura riveste particolari significati: si scrive per comunicare con gli altri, per lavoro o per il piacere di farlo, per capire meglio, per organizzarsi le idee. Qual è il tuo rapporto con la scrittura? Esprimi le tue considerazioni in merito. 2 Ka-Be, abbreviazione di Krankenbau, l’infermeria, per i prigionieri del lager.