Dieci anni fa la liberazione del primo orso

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Dieci anni fa la liberazione del primo orso
Dieci anni fa la liberazione del primo orso
Il 26 maggio 1999 Masun, il primo orso portato dalla Slovenia, fu liberato nel Parco
Naturale Adamello Brenta
Dieci anni fa la liberazione del primo orso
Il progetto “Life Ursus” è da tempo concluso, ma l’impegno del Parco nella protezione
dell’orso, nella comunicazione e nella ricerca sul plantigrado continua
Dieci anni fa, il 26 maggio 1999, portato dalla Slovenia, fu liberato, nel Parco Naturale Adamello
Brenta, Masun, il primo orso del progetto “Life Ursus”, destinato a ridare un futuro alla specie
ancora presente nel Parco, ma ormai in via di estinzione. Negli anni seguenti, fino al 2002,
furono liberati altri 9 orsi. I nuovi abitanti del Parco si sono adattati bene all’ambiente di vita,
dando origine ad una popolazione che oggi conta, in un territorio che va dal Trentino fino alla
Lombardia e all’Alto Adige, circa 25 esemplari. Il progetto “Life Ursus” è da tempo concluso, la
gestione ordinaria dell’orso è in capo alla Provincia Autonoma di Trento, ma l’impegno del
Parco nella protezione dell’orso, nella comunicazione e nella ricerca sul plantigrado continua.
Anche perché il ritorno definitivo della specie sulle Alpi è ancora lontano. Nonostante l'idoneità
ambientale di gran parte dell'Arco Alpino, il futuro dell'orso è infatti fortemente legato allo
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sviluppo di una cultura di convivenza tra uomini e orsi.
“Dobbiamo fare ancora molto – spiega il presidente del Parco Antonello Zulberti – sia
nell’ambito del monitoraggio della specie, sia per quanto riguarda le attività di comunicazione.
Nel contesto dell’indispensabile attività di comunicazione legata all’orso, oggi il nostro compito
non è più quello di raccontare i perché dell’orso o i motivi della reintroduzione. Dal momento
che i plantigradi sono una presenza ormai consolidata nel Parco, ottimisticamente contiamo
che, in futuro, lo saranno sempre di più anche tra la gente. Siamo infatti giunti a quella fase che
potremmo definire di “normalizzazione” nella percezione della specie sul territorio: occorre, in
altre parole, comunicare la “normalità” dell’orso nei nostri boschi, fornendo maggiore
consapevolezza sulla specie”. “Si tratta – aggiunge il direttore del Pnab Claudio Ferrari – di
proporre una “Cultura dell’orso”, che è poi il fine ultimo del nostro lavoro, ai giovani, ai turisti e
ai residenti, per molti dei quali la conoscenza della specie è tutt’oggi basata più su miti e
leggende che su conoscenze di ordine biologico ed ecologico. Nonostante la storia di
convivenza con il plantigrado che caratterizza il nostro territorio e a dispetto delle svariate
centinaia di incontri tra uomini e orsi documentati negli ultimi dieci anni senza il minimo accenno
di aggressività da parte di questi ultimi, per molti un orso nel bosco rimane qualcosa di più
estraneo di una motoslitta. E, paradossalmente, anche tra la nostra gente esistono persone per
le quali è meno traumatico abituarsi ai quad che non al ritorno del plantigrado. Da questa
considerazione deve riprendere il nostro lavoro: per far crescere una cultura di conoscenza e di
rispetto”.
Il progetto “Life Ursus”. Tra il 1996 e il 2004, il Parco Naturale Adamello Brenta ha promosso un
progetto per la conservazione dell’orso bruno, realizzato in collaborazione con la Provincia
Autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi ISPRA) grazie al
co-finanziamento dell’Unione Europea attraverso i fondi Life Natura (“Life Ursus –Protezione
della popolazione di orso bruno del Brenta” e “Life Ursus – Seconda fase della protezione della
popolazione di orso bruno del Brenta”). Obiettivo finale del progetto era la ricostituzione di una
popolazione vitale di orso bruno sulle Alpi Centrali.
La fase operativa è stata realizzata tra il 1999 e il 2002 ed ha portato al rilascio di 7 orsi
femmine e 3 maschi, di età compresa tra i 3 e i 6 anni, tutti provenienti dalla Slovenia. Il numero
di plantigradi rilasciati era considerato come il contingente minimo necessario per ricostituire
sulle Alpi Centrali, nel medio-lungo termine (20-40 anni), una popolazione di orsi di 40-50
individui (minima popolazione vitale). Ciascun orso è stato dotato, al momento del rilascio, di
radio-collare e di marche auricolari radio-trasmittenti per seguirne gli spostamenti nel periodo
successivo al rilascio. I dati radiotelemetrici raccolti tra il 1999 ed il 2003 hanno confermato
l’adattamento degli orsi al nuovo territorio di vita e il buon andamento del progetto: prima del
Life Ursus rimanevano solo 2 o 3 orsi autoctoni (ultima riproduzione accertata: 1989), mentre a
dicembre 2008 la popolazione era stimata in almeno 24 orsi, grazie a ben 16 eventi riproduttivi
documentati tra il 2002 e il 2008.
Concluso il “Life Ursus”, un progetto, dal punto di vista scientifico e della gestione naturalistica,
molto importante e di carattere internazionale, è nato il “Progetto orso” che il Parco Naturale
Adamello Brenta sta tuttora conducendo. Entrambi i progetti, in questi dieci anni, hanno dato
modo ai faunisti che operano in Trentino di approfondire le proprie conoscenze e di acquisire
nuove competenze. Lavorando, presso il Parco, nell’ambito del “Life Ursus” e del “Progetto
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Orso”, numerosi giovani ricercatori si sono formati e hanno iniziato la loro carriera.
Il “Progetto orso”. Le attività attualmente in corso nell’ambito del “Progetto Orso” del Parco
prevedono l'approfondimento delle conoscenze sulla popolazione del Trentino Occidentale
attraverso il monitoraggio delle tane, lo studio relativo al disturbo antropico nei confronti della
specie e l’indagine sugli incontri uomo-orso. Viene inoltre portata avanti una costante azione di
divulgazione e comunicazione (a breve, in edizione speciale italiano/inglese, uscirà il nuovo
numero dell’apprezzata newsletter “ I fogli dell’orso ” curato dall’Ufficio Faunistico del Pnab) e si
collabora con enti ed associazioni interessate al perfezionamento delle strategie di
conservazione del plantigrado (in particolare la Provincia di Trento).
Dopo aver contribuito a donare alla specie un nuovo futuro, il “Parco dell’orso” non ha dunque
smesso di impegnarsi per favorire la conservazione del plantigrado sulle Alpi Centrali. La
speranza è che, tramite le attività di ricerca scientifica e di sensibilizzazione promosse, sia
possibile sperimentare un modello esemplare di convivenza tra uomini e orsi utile anche al di
fuori dei confini dell’area protetta.
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