Hashim Thaci, il pesce grosso di Pristina

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Hashim Thaci, il pesce grosso di Pristina
Coordinamento Adriatico
Hashim Thaci, il pesce grosso di Pristina
Inviato da Paul Lewis, «The Guardian», 25/01/11
martedì 25 gennaio 2011
Secondo fonti delle intelligence militari occidentali, il primo ministro kosovaro Hashim Thaçi sarebbe stato identificato
come «il pesce più grosso» della criminalità organizzata del suo paese. Documenti della Nato indicano che gli Usa e le
altre potenze occidentali che sostengono il governo del Kosovo sono a conoscenza da anni dei suoi rapporti con la
criminalità organizzata. Anche un altro politico di spicco del governo di Tirana è risultato avere legami con la mafia
albanese. Il rapporto “Usa Kfor” offre una panoramica dettagliata sulle reti della criminalità organizzata in
Kosovo: le sue pagine illustrano l’estensione geografica delle varie associazioni a delinquere, i presunti rapporti
familiari e i legami con attività varie. [Il 25 gennaio] il Consiglio d’Europa dovrebbe chiedere ufficialmente
l’avvio di un’inchiesta che appuri se Thaçi è stato effettivamente a capo di una rete di stampo mafioso,
responsabile di traffico illegale di armi, sostanze stupefacenti e organi umani durante e dopo la guerra in Kosovo del
1998-99.
Fonte: Presseurop
Le accuse di traffico di organi sono contenute in un documento redatto da una commissione di inchiesta ufficiale e
pubblicato a dicembre da Dick Marty. Il rapporto accusa Thaçi e altre figure di spicco dell’Uck, l’esercito di
liberazione del Kosovo, di avere legami con la criminalità organizzata. Sempre dal rapporto emerge che Thaçi avrebbe
esercitato un controllo «brutale» sul traffico di eroina, e paiono confermate anche le voci secondo le quali al termine del
conflitto con la Serbia la sua cerchia sarebbe stata a capo di una banda che uccise alcuni prigionieri serbi per venderne
gli organi sul mercato nero. Il Kosovo è stato un protettorato delle Nazioni Unite dalla fine del conflitto fino al 2008,
quando dichiarò la propria indipendenza dalla Serbia. Thaçi, rieletto primo ministro un mese fa, è stato fortemente
appoggiato dalla Nato. Il suo governo ha liquidato il rapporto Marty come parte di un complotto serbo-russo che mira a
destabilizzare lo stato nascente.
Tuttavia gli ultimi documenti sono stati resi noti dalla Kfor, la missione Nato responsabile della sicurezza del Kosovo. Si
tratta del medesimo contingente intervenuto in Kosovo nel 1999 per fermare la campagna di pulizia etnica avviata dai
serbi di Slobodan Milosevic. Nei documenti Thaçi è descritto come un membro del cosiddetto «triumvirato» di «pesci
grossi» negli ambienti della criminalità organizzata. Altrettanto si dice di Xhavit Haliti, ex responsabile della logistica
dell’Uck e amico intimo del primo ministro. I rapporti della Nato lasciano intendere che, dietro alla sua facciata di
politico, Haliti in realtà sia un esponente di alto grado della criminalità organizzata, che gira armato e gode di notevole
influenza sul primo ministro. Descrivendolo come «il potente che sta dietro Hashim Thaçi», il rapporto indica che Haliti ha
forti legami con la mafia albanese e il servizio segreto kosovaro, il KShiK. Oltre a ciò Haliti ha «più o meno amministrato»
un fondo per la guerra del Kosovo alla fine degli anni novanta, attingendovi a piene mani per scopi personali. «In
conseguenza di ciò, Haliti si è rivolto alla criminalità organizzata su vasta scala», si legge ancora nel rapporto, ed «è
coinvolto nello sfruttamento della prostituzione e nel traffico di armi e stupefacenti». Haliti funge anche da consigliere
politico e finanziario del primo ministro, ma secondo il rapporto di fatto sarebbe lui «il vero boss».
Morti sospette
Haliti utilizza un passaporto falso per viaggiare all’estero, in quanto in molti paesi, Stati Uniti inclusi, è considerato
persona non grata. È collegato inoltre alle presunte intimidazioni degli avversari politici in Kosovo e in due casi di omicidi
avvenuti alla fine degli anni ’90. Uno era un avversario politico trovato morto alla frontiera del Kosovo, a quanto
sembra in seguito a un litigio. La descrizione di un altro presunto omicidio – quello di un giovane giornalista
albanese – contiene un riferimento esplicito al primo ministro, ma nessuna accusa circostanziata: «Ali Uka era
favorevole al movimento indipendentista, ma lo criticava nei suoi articoli. È stato brutalmente sfigurato con una bottiglia e
un cacciavite nel 1997. Il suo compagno di stanza all’epoca era Hashim Thaçi».
Di Haliti si parla anche nel rapporto Marty, nell’elenco dei più intimi alleati di Thaçi, e si dice abbia ordinato
– e in alcuni casi controllato di persona – «assassinii, incarcerazioni, pestaggi e interrogatori» durante e
dopo la guerra. Haliti non ha voluto commentare la notizia, ma in un’intervista concessa la settimana scorsa a
Balkan Insight ha liquidato il rapporto Marty come «politicizzato e fatto ad arte per screditare l’Uck». «Non sono
rimasto stupito dal rapporto. Seguo queste vicende da anni e posso affermare che è strumentalizzato a fini politici» ha
detto, pur ammettendo che verosimilmente il Consiglio d’Europa darà via libera alle inchieste della missione per la
giustizia dell’Ue (Eulex).
Rispondendo al rapporto, un portavoce del governo kosovaro ha detto: «Si tratta di accuse che circolano da oltre dieci
anni. Si basano su voci infondate e su intelligence serbe inventate di sana pianta. Il primo ministro ha comunque invitato
Eulex a svolgere indagini e ha ribadito la propria disponibilità a collaborare. Il governo continua a dare il suo pieno
appoggio al rafforzamento della legalità in Kosovo; noi tutti auspichiamo la cooperazione dei nostri partner internazionali
per garantire che la criminalità non abbia parte alcuna nel processo di sviluppo del Kosovo». (traduzione italiana di Anna
Bissanti)
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