Geni, ambiente, evoluzione - Facoltà di Scienze della Formazione

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Geni, ambiente, evoluzione - Facoltà di Scienze della Formazione
Geni, ambiente, evoluzione
Tratto dal capitolo
LE BASI BIOLOGICHE DEL COMPORTAMENTO
di Fred Toates
nel volume di M. W. Eysenck – Psicologia generale – ed. Idelson, Napoli 2005
I geni e la riproduzione
Le cellule del corpo umano, che siano neuroni o meno, hanno delle caratteristiche comuni. Ogni cellula contiene
un nucleo (che non deve essere confuso con lo stesso termine usato per designare un raggruppamento di neuroni
nel cervello), una sorta di centrale di controllo esecutivo per l'organizzazione dei processi interni alla cellula. Ad
eccezione delle cellule spermatozoiche nell'uomo e delle cellule-uovo nella donna, il nucleo umano contiene 46
strutture definite cromosomi. I cromosomi rappresentano la base fisica per i nostri geni. Le cellule
spermatozoiche contengono solo 23 cromosomi, come anche le cellule-uovo. Al momento del concepimento
questi due gruppi di 23 cromosomi si congiungono e ne formano insieme 46. Dal momento del concepimento i
geni agiscono in interazione complessa prima con il loro ambiente fisico (all'interno dell'utero) e poi con
l'ambiente fisico e sociale, per determinare l'andamento dello sviluppo dell’individuo. I geni agiscono in gruppi,
e insieme all'ambiente, influenzano la struttura del corpo e il suo funzionamento, come ad esempio, l'altezza e il
colore dei capelli.
Una volta i geni erano considerati programmi preformati per lo sviluppo: il termine, come nella progettazione di
un aereo, suggeriva un piano fisso e predeterminato che viene seguito fedelmente. Questa analogia diminuisce
l’importanza del ruolo dell'ambiente che agisce in complessa interazione con i geni nel determinare lo sviluppo.
Sarebbe più esatto descrivere il gene come una 'fonte di informazione' per lo sviluppo.
Immaginiamo che un ovulo sia stato fecondato per produrre una cellula con 46 cromosomi. Sì, questo eravamo
in origine, una cellula singola! Il fatto che noi siamo ora un po’ più sofisticati e più grandi è dovuto al processo
di replicazione cellulare. La cellula iniziale si divide in due. Queste due si dividono successivamente in quattro
cellule e così via finché siamo completamente sviluppati. Ogni volta che la cellula si divide, il materiale genetico
nel suo nucleo è riprodotto, in modo che tutte le cellule hanno la stessa informazione genetica contenuta nella
loro cellula preliminare. Non c'è dubbio che il ruolo compiuto dalla cellula, ad esempio un neurone o una cellula
renale, conterrà una riproduzione totale di tutto il materiale genetico originale. La replicazione è pertanto un
processo che è intrinseco ad un dato organismo individuale. La riproduzione invece è un processo che riguarda
due individui, nel quale uno spermatozoo ed un ovulo si uniscono per produrre un nuovo individuo.
Nella processo di replicazione, il materiale genetico di ogni cellula è un'esatta copia della cellula preliminare.
Invece, dopo la riproduzione, il materiale genetico della nuova cellula non è un'esatta copia dell'altra, quella
della madre o del padre. Mettendo insieme il materiale genetico dalla madre e dal padre, viene prodotta una
nuova combinazione. Certo, la novità è piuttosto relativa poiché il bambino spesso porta una somiglianza
misteriosa ad uno o all'altro genitore pur non essendo identici. Perché la comprensione di tali processi è
importante per gli psicologi? I sistemi nervosi sono composti da cellule la cui struttura e ruolo dipendono
dall'interazione tra i geni e l'ambiente, ovvero dallo sviluppo. Successivamente, il comportamento è determinato
dal sistema nervoso che agisce in complessa interazione con l'ambiente. Il comportamento è messo in atto dai
muscoli, la cui attività è determinata dall'attività interna al sistema nervoso.
I geni e l'ambiente
Se non siamo attenti, il linguaggio che noi comunemente usiamo può provocare un fraintendimento sui temi
relativi ai geni e all’ambiente. Purtroppo, le discussioni si basano su questioni del tipo: “Dipende dai geni o
dall’ambiente?' o 'L'aggressione è contenuta nei geni?' Considerazioni di tipo ‘politico’ dall’una e dall’altra parte
spesso servono ad infiammare la discussione, piuttosto che a portare chiarezza.
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Il gene porta l'informazione necessaria alla formazione di strutture chimiche complesse definite proteine, le quali
sono costituenti fisiche del corpo. Senza i geni noi non avremmo un corpo. Allo stesso modo, senza un ambiente,
prima nell'utero e poi fuori da esso, un individuo non potrebbe esistere. Perciò, la struttura del nostro sistema
nervoso dipende dai geni e dall'ambiente e, naturalmente, il comportamento dipende dal sistema nervoso in
interazione con l’ambiente. Quindi, quando si discute su di un particolare tratto del comportamento, domande del
tipo “cosa è più importante, il fattore genetico o quello ambientale?” sono sostanzialmente senza senso.
Sono domande ingenue come il chiedersi “qual è il fattore più importante dell’area di un rettangolo, l’altezza o la
lunghezza?”
Un'altra analogia che può essere utile è quella della preparazione di una torta. Senza gli ingredienti non ci può
essere una torta. Senza la cottura, non ci può essere la torta. Il concetto di “torta” implica necessariamente una
interazione.
Comunque, ha senso chiedere se le differenze tra gli individui sono dovute alle differenze nei loro geni o alle
differenze negli ambienti ai quali essi sono esposti. Per restare nell’analogia, se due rettangoli hanno un’area
diversa, ha senso chiedere se questo è dovuto alle differenze nella loro altezza o lunghezza, o in entrambe. Se
due torte sono diverse, questo potrebbe dipendere dalle differenze degli ingredienti o della cottura, o entrambi. Il
grado secondo cui le differenze tra due individui rispetto ad una caratteristica sono dovute alle differenze
genetiche, è chiamato ereditarietà di tale caratteristica.
Negli anni ’60 e ’70, vi furono diverse discussioni su tale argomento, in particolare sul contributo della genetica
nel determinare diversi livelli di intelligenza negli individui. Bisogna, però, essere attenti a non cadere in un
tranello. Supponiamo che, all'interno di una determinata popolazione, l'ereditarietà di una caratteristica sia alta.
Quindi le differenze tra gli individui sono largamente dovute alle differenze nei geni. Consideriamo ora un'altra
popolazione all'interno della quale l'ereditarietà è anche alta. Ora supponiamo che le popolazioni 1 e 2
differiscano nella caratteristica in questione. E' allettante pensare che questo è dovuto alle differenze genetiche
tra di esse. Questo presupposto non è necessariamente giustificato: una persona pone la sua mano nel sacco di
semi e ne tira fuori a caso una manciata, che pone in un appezzamento di terreno. Poi prende una seconda
manciata e la pone in un appezzamento diverso. Il pezzo del terreno a sinistra è uniformemente ricco e quello a
destra è uniformemente povero. Perciò, le differenze tra le piante all'interno di ciascun appezzamento
dipendono dalle differenze genetiche, poiché ogni pezzo di terreno è uniforme al suo interno. Al contrario, le
differenze tra i due appezzamenti dipendono dalle differenze ambientali. Questo non è l’unico esempio di
fraintendimento possibile quando si parla di genetica e ambiente. I ricercatori che studiano gli animali ogni tanto
fanno alcune errate affermazioni in questo campo. In alcuni casi, i comportamenti sono stati definiti come
naturali (cioè geneticamente determinati), mentre in altri come appresi (ambientalmente determinati). Non è
difficile capire perché. Vedere un uccello che costruisce facilmente un nido caratteristico della sua specie nel suo
primo periodo della nutrizione, suggerisce che il comportamento è naturale (o 'istintivo'). L'uccello non è passato
per un processo laborioso per prove ed errori, né imita un altro uccello. Un ratto che resta immobile la prima
volta che nota la presenza di un predatore, suggerisce l’idea che anche questo sia un processo innato.
Al contrario, un animale che impara i giochi del circo sembrerà chiaramente agire come risultato di un
apprendimento, piuttosto che per un ipotetico ‘istinto dei giochi del circo’.
Questa distinzione linguistica particolare probabilmente non andrà via. Comunque, essa necessita un'attenta
qualificazione. Nessun comportamento è puramente innato poiché dal momento del concepimento un animale
reagisce agli eventi nel suo ambiente e perciò quasi sicuramente impara qualcosa di importante che influirà sul
suo comportamento. Le abilità di un uccello nella costruzione di un nido, senza dubbio dipendono molto dalle
esperienze acquisite precedentemente, attraverso la manipolazione di oggetti con l’ausilio del suo becco. I
sistemi percettivi hanno subito anch’essi una evoluzione. E poi, un animale che mostra ciò che ha appreso usa
strutture del sistema nervoso che sono codificate geneticamente. In altre parole, l'abilità nell'imparare è in parte
geneticamente determinata.
Un possibile modo per risolvere questo problema consiste nel descrivere un comportamento come speciespecifico o 'comportamento tipico della specie', come, ad esempio, la reazione del 'restare immobile' del ratto
(Bolles 1970). Tale definizione si riferisce al fatto che è mostrato dalla maggior parte, se non da tutti i membri di
una particolare specie, nel caso di una normale storia evolutiva. I geni dell'animale devono, per esempio,
codificare un sistema nervoso che abbia un'alta probabilità di produrre un comportamento. Non possiamo
affermare che l'apprendimento non sia pertinente alla produzione di questo comportamento poiché l'intera vita di
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un animale ha a che fare con l'apprendimento. Comunque, possiamo affermare che tale comportamento non si
manifesta lentamente dopo un’esperienza per prove ed errori in certe situazioni. L'opportunità di imparare per
prove ed errori sembrerebbe essere limitata poiché il primo errore potrebbe anche essere l'ultimo! E'
probabilmente giusto considerare i comportamenti su un continuum, o come più o meno specie-specifico,
piuttosto che in termini rigidamente alternativi.
I geni e l'evoluzione
La teoria dell'evoluzione sostiene che le forme di vita complesse si siano sviluppate a partire da forme più
semplici come risultato di un processo di evoluzione. Come è accaduto ciò? La spiegazione è più chiara se viene
suddivisa per fasi. Prima consideriamo che, per una determinata specie, la capacità di riprodurre è di solito
maggiore rispetto al numero di prole in grado di sopravvivere. Questo dipende dai fenomeni predatori, dalla
scarsità di cibo e dalla competizione per le risorse, come il cibo, l'acqua e la ricerca di un rifugio. Alcuni
individui saranno più attrezzati di altri rispetto alle abilità necessarie per sopravvivere e riprodursi.
Nella fecondazione, vengono prodotte nuove combinazioni di geni che successivamente vengono sottoposte a
verifica nel loro ambiente. Alcune combinazioni avranno più successo di altre. Alcune combinazioni non
sopravviveranno. Inoltre, ogni tanto, nel processo della produzione o di un ovulo o di uno spermatozoo, si
verifica un mutamento. Questo significa che i geni che hanno contribuito alla riproduzione da parte di uno dei
due sessi, cambiano leggermente. Ora supponiamo che il cambiamento è tale che il gene modificato trasmette
l'informazione che aumenta le possibilità di sopravvivenza e di riproduzione per la prole. Potrebbe codificare
una maggiore altezza dell’animale in modo tale che possano essere raggiunti meglio gli alberi più alti per
ottenere cibo, o potrebbe codificare un sistema nervoso che abbia una capacità di apprendimento più veloce.
Questa particolare prole avrà un vantaggio rispetto agli altri individui che non hanno avuto il mutamento. La
forma mutata del gene tenderà ad essere riprodotta nelle generazioni. Un esempio di processo che dopo un lungo
periodo di tempo si è evoluto dalle forme più semplici a quelle più complesse riguarda la caccia. Supponiamo
che un maschio1 e una femmina1 si accoppiano per riprodurre una prole1. Il maschio2 e la femmina2 riproducono
una prole2. La prole2 ha una velocità di caccia leggermente più veloce della prole1 e quindi è in vantaggio.
Saranno i discendenti della prole2 che tenderanno ad aumentare la loro frequenza all'interno della popolazione
rispetto alla prole1.
Le spiegazioni causali e funzionali
Quando consideriamo un aspetto del comportamento, possiamo spiegarlo in due modi, complementari tra loro.
Finora abbiamo fornito solo spiegazioni causali. Un evento provoca qualcosa che accade in un secondo
momento, ad esempio una spina si conficca nel piede e causa il riflesso del ritiro dell'arto.
Questa sezione si occupa della funzione. La spiegazione funzionale cerca di rispondere ad una domanda
diversa: come ha contribuito un comportamento particolare al successo riproduttivo di un animale nella sua
storia evolutiva? Il successo riproduttivo è misurato considerando l’ampiezza della prole. Supponiamo di
considerare in questo senso il riflesso di ritiro dell'arto. Sembra ragionevole suggerire che un animale con tale
riflesso è in vantaggio poiché riduce le possibilità di dover sopportare il dolore di una ferita. La ferita potrebbe
portare all'infezione e la conseguente malattia sarebbe di sicuro dannosa per le sue possibilità di riproduzione.
Prendiamo un altro esempio. Quando delle galline selvatiche stanno covando le uova, il loro peso diminuisce
poiché non si nutrono. Come può questo aumentare le probabilità di successo produttivo? Lasciare le uova per
procurarsi il cibo aumenta le possibilità di essere divorati dai loro predatori, quindi è chiaro il vantaggio nel non
muoversi. L'esempio ci permette di illustrare un numero di caratteristiche legate alla spiegazione funzionale,
come segue.
Primo, non è un vantaggio fisico per la femmina rimanere sulle uova. La sua sopravvivenza potrebbe meglio
essere assicurata lasciandoli per procurarsi il cibo. Comunque, le probabilità che la sua rappresentazione genetica
venga riprodotta nelle generazioni future aumenta con l'incubazione, poiché essa potrebbe covare diverse uova,
ognuna contenente copie dei suoi geni.
Secondo, non dovremmo supporre che i volatili in questione abbiano alcuna consapevolezza di tramandare i
propri geni. I loro geni sono stati “aiutati” dall'evoluzione. L'evoluzione, in questo senso, è definita “cieca”.
Il terzo punto, collegato al secondo, è che nel chiedersi come è organizzato tale comportamento, dobbiamo stare
attenti a non confondere le spiegazioni causali e quelle funzionali. Affermazioni del tipo “il volatile agisce in
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questo modo perché ha bisogno di riprodurre”, sono ingannevoli e presuppongono un'intenzione conscia da parte
dell'uccello. A livello causale, dovremmo semplicemente parlare dei sistemi motivazionali di incubazione e di
nutrizione, ammettendo un legame inibitorio dell’incubazione rispetto alla nutrizione.
La sociobiologia
La sociobiologia sostiene che alcune caratteristiche della vita sociale degli esseri umani, (ad esempio, assistere
alle funzioni religiose in chiesa, manifestare altruismo) che sono state considerate come legate alle influenze
culturali, devono essere in realtà spiegate biologicamente. A volte si usano definizioni del tipo 'un gene per
l'adulterio' o 'un gene per l'essere religioso'. Ma è necessario chiarire un punto. I geni codificano solo le strutture
fisiche. Comunque, in linea di massima, i geni potrebbero codificare un sistema nervoso che abbia una tendenza
anche verso un tratto complesso del comportamento sociale. Tale discussione contiene un messaggio sociale
importante. Uno dei motivi per cui la sociobiologia è controversa, è perché sembra suggerire un determinismo
rigido. Se è 'nel gene', possiamo fare poco o nulla. Un altro aspetto che ha acceso l'immaginazione popolare è
connesso a ciò che la sociobiologia afferma riguardo a specifici argomenti, come le differenze nel
comportamento tra i sessi.
Gli scienziati sociali spesso discutono su argomenti come quello relativo al fatto che gli uomini fanno più uso
della prostituzione e della pornografia rispetto alle donne. Si potrebbe supporre che questo sia un riflesso di
norme culturali e di proibizioni per le donne profondamente inculcate nelle nostre istituzioni. Al contrario, i
sociobiologi suggerirebbero che tali differenze tra i sessi riflettono diverse strategie di accoppiamento
determinate biologicamente. La strategia ottimale per un uomo di perpetuare i suoi geni è diversa da quella di
una donna. Un rapido e relativamente indiscriminato eccitamento sessuale accompagnato dalla promiscuità può
essere un vantaggio per la perpetuazione genetica della specie da parte del maschio perché aumenta le sue
possibilità riproduttive. Una certa ritrosìa e riservatezza femminile, invece, potrebbe rappresentare un vantaggio
genetico, poiché in questo modo la donna può selezionare l’uomo ottimale con il quale condividere la propria
capacità riproduttiva, per circa nove mesi.
Certamente, pochi uomini frequentano le prostitute con l'intenzione conscia di perpetuare i loro geni, ma nessuno
suppone che le intenzioni consce abbiano avuto molto a che fare con l'evoluzione della sessualità. Ciò che si
vuole sostenere è che i geni tendono a codificare queste strategie che in generale sono servite ad assolvere
interessi 'egoistici'. In termini evolutivi, una combinazione di geni in grado di promuovere la promiscuità
dell'uomo, è considerata una combinazione riuscita. Non tutti gli uomini sono promiscui. I sociobiologi non
sostengono che dovrebbero esserlo, come non affermano che tutte le donne dovrebbero mostrare riservatezza e
fedeltà. I geni non costituiscono modelli preformati. Semplicemente, è possibile individuare una base biologica
nella differenza tra i sessi in questa direzione.
La sociobiologia sostiene alcune predizioni che possono essere testate, e una di questa riguarda la gelosia.
Consideriamo il caso degli esseri umani. Cosa succede ad un individuo se il partner si mostra infedele? Il prezzo
da pagare per un uomo potrebbe essere caro, poiché significherebbe che la sua partner riproduce generando altri
geni maschili, e quindi il maschio perde la propria opportunità di trasmissione genetica. Per la donna, il prezzo
dell'infedeltà del partner sembra essere inferiore. La donna almeno può essere sicura che i bambini che lei mette
alla luce sono in parte geneticamente suoi! L'uomo può riacquistare la sua potenza sessuale velocemente e con
essa la sua capacità nel fornire i geni per la riproduzione con la sua partner stabile. Comunque, per la donna c'è
una minaccia derivante dalla presenza di altre donne e che proviene dal rischio di essere abbandonata. Il pericolo
potrebbe essere segnalato dall'uomo che mostra, in maniera anormale, un grande interesse verso lo stato di
benessere emotivo di un'altra donna, mostrando calore emozionale ed empatia. Se ciò dovesse succedere, la
donna potrebbe essere messa in un serio svantaggio. Perciò, potrebbero esserci delle differenze nell’attivazione
della gelosia, con uomini provocati fortemente dall'infedeltà sessuale fine a se stessa e le donne dall'infedeltà
emozionale.
Buss et al. (1992) hanno ideato un test su questo tema. I ricercatori ponevano delle domande ai soggetti,
invitandoli ad immaginare varie scene e a valutare la ampiezza dei sentimenti negativi che venivano evocati.
Questi scenari riguardavano il proprio compagno (1) che ha rapporti sessuali con un altro e (2) che crea un
profondo attaccamento emozionale con un'altra persona. L'85% delle donne riteneva che fosse il secondo
scenario a destare le emozioni più negative, mentre il 60% degli uomini era infastidito più dal primo. La
sociobiologia ritiene che ci sia una differenza in questo senso.
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Con questo abbiamo completato il discorso sui tre basilari ambiti dell’approccio biologico. Le sezioni
successive forniranno alcuni esempi di comportamento e sebbene l'enfasi sia posta sui meccanismi causali, dove
possibile, verranno fornite informazioni su diverse ipotesi di spiegazione al fine di fornire una prospettiva
completa.
La plasticità
I sistemi nervosi hanno una proprietà definita plasticità. Ciò significa che i collegamenti tra i neuroni non sono
sempre fissi e immutabili, ma possono cambiare in funzione dello sviluppo e dell'apprendimento.
Conformemente alla plasticità della sua base biologica, anche il comportamento può essere modificato. Nello
sviluppo, alcuni collegamenti sinaptici sono rinforzati, mentre altri preesistenti vengono indeboliti o persi. I
collegamenti sinaptici funzionanti possono esercitare un effetto auto-rinforzante mentre le sinapsi silenti
potrebbero diventare inefficaci. Per esempio, la stimolazione visiva proveniente da un ambiente ricco di stimoli
può attivare e rinforzare le sinapsi presenti nel sistema visivo con conseguenze sulla percezione successiva.
L'apprendimento rappresenta un esempio di plasticità. La reazione alle diverse situazioni cambia in funzione
dell'esperienza dell'organismo, e il famoso studio di Pavlov rappresenta un buon esempio. Grazie alle proprietà
del loro sistema nervoso, tutti i cani tendono a salivare in presenza del cibo nella bocca. Nell’esperimento di
Pavlov, venne associato per un certo numero di volte un campanello all'offerta del cibo, e quindi il cane salivava
anche alla sola presenza del campanello. Tradotto in un contesto naturale, il valore funzionale di questa capacità
non è difficile da comprendere. Supponiamo che un segnale come la cattura di una preda preceda la presenza di
cibo nella bocca. L'animale che saliva e produce succhi gastrici in risposta allo stimolo della cattura della preda
preparerebbe il suo apparato digestivo all'arrivo del cibo, favorendo la digestione.
Come potrebbe essere spiegato tutto questo in termini di neuroni? Immaginiamo che un neurone sia attivato dal
cibo presente nella bocca e tenda a dare avvio alla salivazione. Supponiamo che un altro neurone sia attivato dal
campanello, ma normalmente non riesca a provocare la salivazione. Potrebbe esserci un collegamento che si
forma come prodotto della attivazione parallela di questa coppia di neuroni, in modo che il campanello sia in
grado di provocare la salivazione.
Gli animali apprendono informazioni relative al cibo e alle conseguenze della sua ingestione (Garcia 1989). Un
assaggio può provocare l'ingestione o la reazione di rigetto/disgusto. Alcune ingestioni hanno conseguenze sulla
successiva valutazione attribuita a tale assaggio. Se le conseguenze sono positive (per esempio, il cibo è
nutriente e non porta malattie) la tendenza ad ingerirlo ancora e l'avvicinamento ad esso saranno rinforzati. Quel
cibo sarà apprezzato. Se un nuovo e particolare assaggio ingerito provoca disturbi di digestione, il cibo di questo
sapore tenderà successivamente ad essere rigettato e a suscitare una reazione di disgusto. Gli esseri umani
solitamente provano disgusto anche solo pensando al cibo mal digerito. Tale fenomeno è definito
apprendimento dell'avversione al gusto o effetto Garcia. Chiaramente ciò ha un valore funzionale, poiché il
cibo con tale gusto potrebbe essere contaminato e nocivo. Evitarlo in futuro potrebbe favorire la sopravvivenza.
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