Da Lissa alla vittoria in Adriatico
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Da Lissa alla vittoria in Adriatico
Grande Guerra A sinistra, un’immagine sicuramente irripetibile ai giorni nostri: il Golfo della Spezia nel 1910, letteralmente “invaso” dalle unità della Squadra Navale: in primo piano cacciatorpediniere e torpediniere e – sullo sfondo – numerose unità maggiori tra cui si distinguono alcuni incrociatori corazzati tipo “Garibaldi” e corazzate appartenenti alle classi “Re Umberto”, “Emanuele Filiberto”, “Regina Margherita” e “Regina Elena” (Foto “Pucci”, La Spezia - coll. M. Brescia) Paradossalmente, per l’Italia in particolare, la prima Convenzione navale della Triplice Alleanza fu stipulata soltanto nel dicembre del 1900, ben otto anni dopo la firma del trattato iniziale. La convenzione prevedeva la divisione dei mari secondo “l’interesse preponderante” di ciascuna parte contraente: la Germania avrebbe controllato il Mare del Nord, il Mar Baltico e gli accessi atlantici del continente europeo, mentre all’Italia era assegnato il Mediterraneo occidentale e all’AustriaUngheria il Mare Adriatico. Il Mediterraneo orientale era zona di operazioni comune tra l’Austria-Ungheria e l’Italia; l’Italia otteneva la copertura austriaca delle proprie coste orientali, potendo quindi dispiegare a ponente la Regia Marina in funzione antifrancese, ma il teatro adriatico continuava a costituire sempre più motivo di attrito tra l’Italia e l’Impero. Da Lissa alla vittoria in Adriatico La Regia Marina tra il 1915 e il 1918: uomini mezzi e attività Maurizio Brescia - Segretario Gruppo di Savona D opo il conseguimento dell’unità nazionale, i quindici anni successivi alla battaglia di Lissa consentirono alla Regia Marina di rinnovare i quadri del naviglio e la sua struttura tecnico-organizzativa; nel contempo, il Regno d’Italia consolidava la sua posizione in ambito internazionale, assumendo una maggior rilevanza politica in Europa e nel Mediterraneo e dando avvio ad una propria politica coloniale. Nel 1881, con l’occupazione francese della Tunisia, l’Italia si trovò, per la prima volta, coinvolta in una crisi mediterranea dal marcato carattere navale: le potenzialità di Biserta come base navale erano inoltre 6 Marinai d’Italia Luglio 2016 accresciute dai forti stanziamenti accordati dal bilancio dello Stato francese, a partire dal 1878, alla Marine Nationale. La politica del cancelliere tedesco Bismarck, tendente a isolare la Francia in Europa, portò alla costituzione della Triplice Alleanza, firmata a Vienna il 20 maggio 1882, tra Austria, Germania e Italia. Quest’ultima, a discapito dei sentimenti irredentistici antiaustriaci, con indubbio pragmatismo dava maggior importanza alla contrapposizione nel Mediterraneo con la Francia, visti anche gli aspetti difensivi degli accordi tra le tre potenze. Allo stesso tempo, l’Italia cercò di mantenere buone relazioni con l’Impero britan- L’incrociatore corazzata Carlo Alberto (qui in un’immagine risalente ai primi anni del Novecento) venne trasformato in trasporto truppe nel 1917 e radiato nel 1920 (Coll. G. Parodi) In particolare, nel 1908, l’annessione della Bosnia e dell’Erzegovina da parte dell’Austria-Ungheria portò a un punto critico le relazioni tra Roma e Vienna, e la guerra italo-turca del 1911, con le conseguenti acquisizioni territoriali italiane in Libia e nell’Egeo, rese sempre più fragili gli equilibri “adriatici” tra le due potenze. Mentre venivano stipulati i rinnovi (prima quinquennali e poi triennali) della Triplice Alleanza e delle sue convenzioni in campo marittimo, gli ambienti navali mondiali stavano vivendo un momento di grande trasformazione dovuto all’avvento della corazzata “monocalibra”. Sino ai primissimi anni del Novecento, l’armamento principale delle corazzate delle varie Marine era composto da artiglierie di calibri diversi, con una conseguente riduzione del numero dei pezzi più potenti. Il concetto di “nave da battaglia” - il cui armamento principale avrebbe dovuto essere composto da sole artiglierie del massimo calibro imbarcabile - traeva La corazzata Sicilia nel Golfo della Spezia attorno al 1910, in una fotografia dello Studio “Pucci” della Spezia. Le tre unità di questa classe (Re Umberto, Sicilia e Sardegna) entrarono in servizio tra il 1893 e il 1895; ormai obsolete all’inizio della Grande Guerra, furono impiegate in ruoli di seconda linea durante il primo conflitto mondiale e vennero radiate tra il 1919 e il 1920. (Foto Pucci, La Spezia - coll. M. Brescia) nico anche quando l’originario favore di Londra nei confronti della Triplice Alleanza andò via via sfumando, a causa dell’espansione coloniale tedesca (avviata attorno al 1895), trasformandosi infine in aperta ostilità. Proprio il contrasto anglo-tedesco portò all’ “Entente Cordiale” dell’Inghilterra con la Francia (1904) e alla nascita della Triplice Intesa (1907) comprendente anche la Russia. L’Inghilterra poteva in tal modo controllare al tempo stesso la politica franco-russa e contrapporre un formidabile blocco oceanico e continentale alle potenze della Triplice Alleanza. Marinai d’Italia Luglio 2016 7 Grande Guerra L’incrociatore corazzato Varese della classe “Garibaldi” in allestimento al Cantiere Orlando di Livorno, il 19 novembre 1899. La Regia Marina immise in servizio due altre unità della classe (Giuseppe Garibaldi e Francesco Ferruccio) anch’esse ancora in servizio nel 1915, e altre sette furono vendute a paesi esteri: quattro all’Argentina (General Garibaldi, General Belgrano, Pueyrredon e San Martin), due al Giappone (Kasuga e Nisshin) e una alla Spagna (Cristobal Còlon) (Foto Cantieri Orlando, Livorno - coll. M. Brescia) pezzi da 305/45 e dodici da 150/50, cui furono assegnati i nomi di Tegetthoff (unità capoclasse), Prinz Eugen, Viribus Unitis e Szent Istvan. Si trattava di unità dalle caratteristiche simili a quelle delle coeve navi da battaglia italiane, con un apparato motore meno potente ed una velocità di poco inferiore, bilanciata peraltro dalla più razionale disposizione su quattro torri trinate, due a prora e due a poppa, dell’armamento principale. All’appuntamento del 24 maggio 1915 le Marine italiana ed austro-ungarica allineavano cinque e tre “dreadnought” rispettivamente, in quanto Andrea Doria e Szent Istvan sarebbero entrate in servizio soltanto nel 1916. Il sommergibile Glauco nel 1905 (Coll. M. Brescia) origine da uno studio sviluppato dall’italiano Vittorio Emanuele Cuniberti e pubblicato sulle pagine dell’edizione del 1903 del già allora autorevole “Jane’s Fighting Ships”. In un primo tempo, la Regia Marina non dimostrò particolare interesse per la “dreadnought” e le unità che la seguirono, e solo nel 1909 impostò la Dante Alighieri, prima corazzata monocalibra italiana, che – a differenza delle unità britanniche – presentava innovative soluzioni in particolare per quanto riguardava l’armamento. I dodici cannoni da 305/46 dell’armamento principale (realizzati nello stabilimento napoletano della Armstrong) erano difatti raggruppati in quattro torri trinate disposte sulla mezzeria, in modo tale da consentire il tiro su bersagli posti al traverso con tutti i pezzi dell’armamento principale. 8 Marinai d’Italia Luglio 2016 Ad essa seguirono, tra il 1910 e il 1916, le tre “Cavour” (Conte di Cavour, Giulio Cesare e Leonardo da Vinci) e le due “Duilio” (Caio Duilio e Andrea Doria ) che, ad eccezione del Leonardo da Vinci perduto durante la Grande Guerra, dopo estesi lavori svolti nel corso degli anni Trenta prestarono servizio anche durante il conflitto 1940-45. L’armamento dei “Cavour” e dei “Duilio” era composto da tredici cannoni da 305/46 su tre torri trinate (di cui una centrale) e due binate, con queste ultime in posizione sopraelevata. L’armamento secondario, all’entrata in servizio, comprendeva sedici cannoni da 120/50 sui “Cavour” (152/45 sui “Duilio”) e numerosi pezzi di calibri inferiori. Nel 1908, anche la Marina austro-ungarica avviò la realizzazione di una classe di quattro “dreadnought” armate con dodici La contrapposizione tra l’Italia e l’AustriaUngheria nel teatro balcanico e adriatico continuava nel frattempo ad assumere sempre maggiore rilevanza, accresciuta quando – una volta scoppiato nell’agosto 1914 il conflitto europeo – l’Italia mantenne, peraltro secondo quanto previsto dal trattato della Triplice Alleanza, uno stato di ferma neutralità. Non è necessario, nell’ambito di questo articolo, soffermarci sulle modalità del “passaggio” italiano dall’alleanza con la Germania e l’Austria-Ungheria all’accordo con le potenze dell’Intesa. Basterà evidenziare che il “patto di Londra” del 26 aprile 1915 con gli anglo-francesi consentiva finalmente al Regno d’Italia di dare attuazione, nella pratica, a tensioni nazionaliste, irredentiste e antiaustriache da tempo fatte proprie dalla grande maggioranza della popolazione, a cominciare dalla media borghesia presso la quale gli ideali del Risorgimento erano più radicati. Le convenzioni navali del patto, stipulate il 10 maggio 1915, sancivano la preminenza italiana nel comando delle operazioni in Adriatico, risultato che si affiancava ai compensi territoriali che sarebbero stati garantiti all’Italia nel caso di vittoria contro gli Imperi Centrali. All’inizio delle ostilità, alle cinque corazzate monocalibre italiane si affiancavano altre otto “pre-dreadnought”, mentre nove similari unità facevano parte della squadra da battaglia austro-ungarica, insieme alle tre “dreadnought” ricordate più sopra. Tuttavia, nel teatro adriatico le unità maggiori non ebbero occasione di operare in un contesto strategico (e soprattutto tattico) di ricerca, contrasto e distruzione di similari navi avversarie; anzi, prima dell’entrata in guerra dell’Italia, in quel teatro la Marina francese aveva subito consistenti perdite, con l’affondamento di due unità maggiori e il danneggiamento di una terza, ad opera di torpediniere e sommergibili. In Adriatico - come scriverà il Maffi nel 1919 - si combatté spesso una “guerriglia” navale, costituita da “... un’oscura serie di aspre fatiche, di sforzi silenziosi, di lunghissime vigilie, di ardui colpi di mano (...) inframmezzati da azioni leggendarie. Per analogia, il fronte adriatico può venire considerato come una “trincea marittima”, con connotazioni del tutto analoghe a quelle delle contemporanee trincee terrestri presenti su tutti i fronti della guerra. L’operatività della Regia Marina nella Grande Guerra può venire riassunta nei fondamentali compiti che le furono assegnati: • protezione del fianco destro dell’esercito che si batteva sulla linea dell’Isonzo (e difesa del fronte a mare dopo Caporetto); • blocco strategico dell’Adriatico con lo sbarramento fisso e mobile del Canale d’Otranto; • protezione dei convogli mercantili; • difesa costiera del litorale adriatico (comprendente batterie fisse, treni armati, sbarramenti minati ecc). Venne inoltre attuata una doppia strategia di vigilanza delle forze navali nemiche e di “battaglia in porto” per danneggiare nelle loro basi le unità austriache. Secondo il classico concetto della “fleet in being”, il nucleo delle navi da battaglia andava mantenuto sempre pronto ad un’eventuale scontro risolutivo, qualora se ne fosse presentata l’occasione. Tanto la Regia Marina quanto la Marina austro-ungarica applicarono questi principi con rigore, se non quasi con rigidezza, e ciò è dimostrato dal fatto che entrambi gli schieramenti persero tre corazzate ciascuno, ma nessuna venne affon- data ad opera di similari unità avversarie. Le corazzate italiane Benedetto Brin e Leonardo da Vinci affondarono in porto (la prima a Brindisi il 27 settembre 1915, e la seconda a Taranto il 2 agosto 1916) per esplosioni interne, dovute ad atti di sabotaggio; il Regina Margherita andò perduto a Valona l’11 dicembre 1916 per urto contro le mine di uno sbarramento nemico. Il sommergibile Medusa in un bacino dell’Arsenale della Spezia a giugno del 1912 (g.c. Associazione Venus - Archivio Fotografico Navale Italiano, La Spezia) 15 ottobre 1911: la nave da battaglia Giulio Cesare scende in mare dallo scalo di costruzione dei Cantieri Ansaldo di Genova Sestri Ponente (Coll. M. Brescia) Marinai d’Italia Luglio 2016 9 Grande Guerra ebbe luogo uno dei pochi scontri navali del conflitto tra unità maggiori, quando gli esploratori italiani Bixio e Quarto – scortati da numerosi cacciatorpediniere – ingaggiarono un combattimento contro l’esploratore Helgoland, a sua volta scortato da alcune siluranti. Il 1916 fu un anno in cui gli schieramenti navali contrapposti fecero sempre maggior uso di unità leggere e siluranti: per la Regia Marina vanno ricordati il forzamento del porto di Durazzo (7 giugno), quello del Golfo di Parenzo (12 giugno) e quello del porto di San Giovanni di Medua (16 giugno). Il 15 maggio 1917, nel tratto di mare compreso tra Brindisi e Durazzo, un gruppo navale italo-inglese intercettò alcune unità austro-ungariche dirette ad attaccare lo sbarramento del Canale d’Otranto; nel corso del combattimento furono danneggiati gli esploratori Saida e Helgoland e, da parte alleata, si dovette registrare la perdita del cacciatorpediniere italiano Borea e il danneggiamento dell’incrociatore britannico HMS Dartmouth. Verso la fine del 1917, successivamente ai fatti di Caporetto (che videro arretrare La darsena interna dell’Arsenale della Spezia all’inizio del Novecento. La presenza di una corazzata classe “Regina Elena” in allestimento, al centro della foto, consente di datare l’immagine al 1906-08, quando era in corso il completamento delle due unità della classe (Regina Elena e Roma) lì costruite (Coll. M. Brescia) Il “pre-dreadnought” Regina Margherita in transito in uscita dal canale navigabile a Taranto, nell’inverno 1912-13 (Coll. M. Brescia) Analogamente, due corazzate austroungariche furono affondate in porto in seguito ad attacco di MAS (la Wien) e di mezzi d’assalto (la Viribus Unitis), ed una (la Sentz Istvan) fu silurata e affondata in navigazione, sempre per attacco di MAS. 10 Marinai d’Italia Luglio 2016 Il principale sostenitore della scuola di pensiero che privilegiava l’utilizzo di cacciatorpediniere e unità veloci e insidiose era il Capo di Stato Maggiore delle Regia Marina, ammiraglio Paolo Thaon di Revel, che ebbe particolari possibilità di applicare nella pratica queste teorie quando, La nave da battaglia Dante Alighieri, prima “dreadnought” italiana, negli anni immediatamente precedenti lo scoppio della Prima Guerra Mondiale (Coll. M. Brescia) il fronte sino al Piave, con Venezia quale immediata retrovia), l’attività della Marina consistette in un primo tempo nell’appoggio costiero alle operazioni dell’Esercito, tanto nella laguna veneta quanto alle foci del Piave. L’11 novembre, due MAS (al comando del C.F. Costanzo Ciano e del T.V. Berardinelli) attaccarono al largo di Cor- tellazzo le corazzate austriache Wien e Budapest, facendole desistere dall’azione di bombardamento contro le posizioni italiane sulla costa. Il successivo 10 dicembre il T.V. Luigi Rizzo (al comando del Mas 9 ), insieme ad un’altra silurante, forzò il porto di Trieste, affondando la corazzata Wien. Fu questa L’incrociatore corazzato Amalfi in uscita dalla Spezia nel 1914 (Coll. M. Brescia) tra l’ottobre 1915 e il febbraio 1917, fu comandante del Dipartimento e della Piazza marittima di Venezia. Il 24 maggio 1915 gruppi navali austroungarici bombardarono Porto Corsini, Rimini, Senigallia e Ancona; lo stesso giorno andò perduto il cacciatorpediniere Turbine, prima unità italiana affondata durante la guerra. Analoghi bombardamenti costieri furono svolti da unità italiane a Ragusa, Lissa, Lagosta e Monfalcone tra il 5 e il 9 giugno successivi; tuttavia l’alto Adriatico si dimostrò un teatro d’operazioni molto pericoloso per le grandi unità della Regia Marina, che dovette lamentare la perdita ravvicinata nel tempo degli incrociatori corazzati Amalfi e Garibaldi (il 7 e il 18 luglio 1915), entrambi silurati da sommergibili nemici. Il 29 dicembre 1915, nel basso Adriatico, Marinai d’Italia Luglio 2016 11 Grande Guerra una delle prime azioni “d’assalto” che, sul finire del conflitto, consentirono di infliggere notevoli perdite alla Marina austro-ungarica e che possono essere considerate tra i più arditi e gloriosi fatti navali di tutta la Prima Guerra Mondiale. Lo stesso Rizzo, il 10 giugno 1918, si sarebbe reso protagonista al largo dell’isola di Premuda dell’azione contro un gruppo navale austro-ungarico durante la quale, con il Mas 15 e con il Mas 21 (quest’ultimo al comando del G.M. Aonzo), silurò e affondò la corazzata austro-ungarica Szent Istvan. Notevole fu anche l’apporto dell’Aviazione della Regia Marina alle operazioni navali in Adriatico. Il 24 maggio 1915 i mezzi a disposizione erano piuttosto scarsi: due aeronavi e trenta velivoli, di cui alcuni in non buone condizioni di efficienza. Nel corso del tempo vennero posti in servizio centinaia di aeroplani che – soltanto dal 1° gennaio 1917 al 4 novembre 1918 – avrebbero effettuato 2.177 missioni di bombardamento, 3.467 di ricognizione e scorta, 1.107 di caccia, 9.433 di esplorazione e ben 10.385 per la difesa del traffico. Tra l’ottobre 1915 e il febbraio 1917, l’ammiraglio Thaon di Revel assunse le funzioni di Comandante in Capo del Dipartimento e della Piazza marittima di Venezia. Questo periodo “veneziano” dell’ammiraglio è indicato dai suoi biografi come uno dei più proficui della sua carriera: Thaon di Revel fu onnipresente in laguna, ispezionando mezzi e fortificazioni, sempre vicino al personale ed assicurandosi in ogni momento che le disposizioni da lui emanante venissero rispettate ed applicate. L’ammiraglio entrò in collaborazione con Gabriele d’Annunzio (ufficiale volontario dell’Esercito, ottenne per suo Organizzazione delle Forze Navali italiane ad agosto del 1914 Corazzata Regina Margherita (C.I.C. vice amm. Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi) 3ª sq. torp.: Cigno, Calliope, Clio, Cassiopea, Centauro, Canopo Squadra da battaglia (Taranto) 1ª div. n.b.: Dante Alighieri (n.a.), Giulio Cesare, Leonardo da Vinci, espl. Nino Bixio 1ª sq. ct.: Animoso, Audace, Ardito, Ardente 2ª sq. ct.: Impavido, Intrepido, Indomito, Irrequieto, Impetuoso, Insidioso 2ª div. cr.: Vittorio Emanuele (n.a.), Roma, Napoli, Regina Elena, espl. Quarto 5 sq. ct.: Nembo, Borea, Turbine, Espero, Aquilone, Fulmine 3ª div. cr.: Benedetto Brin (n.a.), Ammiraglio di Saint Bon, Emanuele Filiberto, espl. Agordat 6 sq. ct.: Euro, Ostro, Strale, Lampo, Dardo 4ª div. incr. cr.: Pisa (n.a.), Amalfi, San Giorgio, San Marco, espl. Marsala 3 sq. ct.: Artigliere, Garibaldino, Lanciere, Corazziere, Bersagliere 5ª div. incr.: Vettor Pisani (n.a.), Francesco Ferruccio, Varese, Carlo Alberto, Libia Torpediniere 2ª sq.: Airone, Alcione, Arpia, Ardea, Albatros, Astore 5ª sq.: Calipso, Climene, Pegaso, Perseo, Pallade, Procione Posamine incr.: Liguria, Puglia, Minerva, Partenope Navi ausiliarie Vulcano (n. off.), Bronte (n. cist.), Eridano e Tevere (cist. acqua), Titano (rim. d’alt.), Verbano (n. trasp.) Forze leggere assegnate a vari Comandi di Dipartimento 4 sq. ct. (Venezia): Carabiniere, Pontiere, Zeffiro, Fuciliere, Ascaro, Alpino La corazzata Napoli poco dopo l’entrata in servizio (Foto Pucci, La Spezia - coll. G. Parodi) 12 Marinai d’Italia Luglio 2016 1ª sq. torp. (Taranto): Olimpia, Orfeo, Orsa, Orione 6ª sq. torp. (Taranto, a Gaeta): 6 tipo “OS” 7ª sq. torp. (La Maddalena): 6 tipo “AS” 8ª sq. torp. (La Spezia): 5 tipo “PN” 9ª sq. torp. (Taranto, a Messina): 6 tipo “OS” 10ª sq. torp. (Venezia): 6 tipo “PN” 11ª sq. torp. (Taranto, a Venezia): 6 tipo “PN” Sommergibili (n. appoggio: incr. Lombardia alla Maddalena) 1ª sq. (Messina-La Maddalena): Jalea, Salpa, Zoea, Jantina 2ª sq. (La Spezia-La Maddalena): Medusa, Velella, Fisalia, Atropo 3ª sq. (Brindisi- La Spezia): Nereide, Nautilus, Argo, Pullino, Ferraris 4ª sq. (Venezia): Squalo, Otaria, Delfino, Narvalo, Glauco, Foca, Tricheco Naviglio dislocato oltremare Albania: cr. Dandolo, ct. Dardo (da 6ª sq.); cann. Misurata Rodi: rim. Atlante Tripolitania: ct. Ostro, Lampo (da 6ª sq.); torp. Astore, Albatros (da 2ª sq.); n. cist. acq. Pagano Cirenaica: ct. Euro, Strale (da 6ª sq.); n. cist. acq. Brenta Mar Rosso: cann. Giuliana, rim. Lido Istanbul (staz.): cann. Archimede Estremo Oriente (Staz.): inc. Marco Polo (in sosta con Calabria); cann. Sebastiano Caboto Naviglio in riserva o ai grandi lavori La Spezia: n.b. Conte di Cavour; cr. Sardegna, Sicilia Napoli: incr. Campania, Basilicata (in all.) Brindisi: incr. torp. Tripoli Taranto: incr. Bausan, Etruria; espl. Coatit Venezia: incr. cr. Giuseppe Garibaldi; incr. Etna, Piemonte; torp. Gabbiano; pm. Castore; cann. lag. Brondolo, Marghera * da: E. Bagnasco, A. Rastelli, Navi e marinai italiani nella Grande Guerra, op. cit. in bibliografia 18 agosto 1910: l’incrociatore corazzato San Marco poco dopo l’entrata in servizio. Si notino i quattro fumaioli affiancati e le sovrastrutture poco voluminose; appena varati, San Giorgio e San Marco avevano fumaioli più alti, poi abbassati nel primo ciclo di lavori di manutenzione cui furono sottoposti (Coll. M. Brescia) (dal solo punto di vista amministrativo, pochi giorni prima era stata trasferita alla neo-costituita Marina iugoslava). Questa breve cronistoria delle operazioni “speciali” della Regia Marina non sarebbe completa senza ricordare l’azione dell’11 febbraio 1918 passata alla storia come “Beffa di Buccari”. I Mas 96 (C.C. Luigi Rizzo, con a bordo Gabriele D’Annunzio), ‘95 e‘94 lasciarono Venezia sotto forte scorta e rimorchiati ciascuno da una torpediniera. Raggiunto il Golfo del Quarnaro, nei pressi dell’Isola di Cherso iniziarono la navigazione autonoma e penetrarono all’interno del Golfo di Buccari. I fatti sono noti: pur non portando all’affondamento delle unità nemiche alla fonda, l’azione ebbe enormi valenze propagandistiche, anche in virtù del famoso messaggio vergato da D’Annunzio, lanciato nelle acque di Buccari, col quale si irrideva alla “ ... cautissima Flotta Austriaca occupata a covare senza fine entro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa ... ”. Il cacciatorpediniere Fuciliere, della riuscita classe “Soldato” del 1905-10, all’ormeggio in un sorgitore nazionale nei primi mesi di guerra (Coll. M. Brescia) Il cacciatorpediniere Espero, appartenente alla classe “Nembo” ed entrato in servizio nel 1905, in entrata nel Mar Piccolo a Taranto nella primavera del 1915 (Coll. M. Brescia) tramite l’autorizzazione a compiere missioni anche per conto della R. Marina) e, soprattutto, avviò la realizzazione delle prime serie di MAS, costruiti dalla S.V.A.N. – Società Veneziana Automobili Nautiche. Il C.V. Costanzo Ciano, all’epoca Ispettore dei MAS, dispose inoltre l’innovativa realizzazione in due esemplari della “torpedine semovente“ con uno dei quali il capitano del Genio Navale Raffaele Rossetti e il tenente medico Raffaele Paolucci, nella notte sul 1° novembre 1918, affondarono nella rada di Pola la nave da battaglia austro-ungarica Viribus Unitis Marinai d’Italia Luglio 2016 13 Grande Guerra In due rare immagini a colori dell’epoca, le navi da battaglia Leonardo da Vinci, Giulio Cesare e Cavour in allestimento a Genova nel 1914 (Coll E. Bagnasco) Bibliografia La guerra navale terminò, come sul fronte terrestre, il 4 novembre 1918, ma – da un punto di vista ideale – l’atto finale del conflitto marittimo in Adriatico ebbe luogo il 24 marzo 1919 quando, con equipaggi italiani, giunsero nel bacino di San Marco a Venezia numerose unità austro-ungariche quali preda bellica: un’ottima operazione, anche di immagine, condotta dalla Regia Marina per mezzo della quale, tra il tripudio dei veneziani, si ormeggiarono in laguna le navi da battaglia Tegetthoff e Erzherzog Franz Ferdinand, l’esploratore Admiral Spaun, cacciatorpediniere, torpediniere e quattro sommergibili. Questo articolo trae ispirazione dal saggio La Regia Marina a maggio del 1915, del medesimo autore, pubblicato sul fascicolo di maggio 2015 della “Rivista Marittima” nell’ambito di un numero speciale dedicato agli aspetti navali dell’entrata in campo italiana nella Grande Guerra. Navi da battaglia italiane in navigazione nel Mar Ionio nel 1916, durante un’esercitazione. Da destra a sinistra, un’unità classe “Cavour”, la Dante, un’altra corazzata classe “Cavour” e uno dei due “Dulio” (Coll. M. Brescia) 14 Marinai d’Italia Luglio 2016 E. Bagnasco, A. Rastelli, Navi e marinai italiani nella Grande Guerra, Parma, Albertelli, 1997 F. Bargoni, Tutte le navi militari d’Italia 1\861-2011, Roma, Uff. Storico della Marina Militare, 2012 R. Bernotti, Il potere marittimo nella grande guerra, Livorno, Giusti, 1920 B. Brin, La nostra Marina Militare, Roma, Fratelli Rocca, 1881 L. Campo Fregoso, Del primato italiano nel Mediterraneo, Torino, Loescher, 1872 L. Donolo, Storia della dottrina navale italiana, Roma, Uff. Storico della Marina Militare, 1996 E. Ferrante, Benedetto Brin e la questione marittima italiana, 1866-1898, Roma, Rivista Marittima, 1983 E. Ferrante, Il grande ammiraglio Paolo Thaon di Revel, Roma, Rivista Marittima, 1989 Id., Il potere marittimo – evoluzione ideologica in Italia 1861-1939, Roma, Rivista Marittima, 1982 Id., La Grande Guerra in Adriatico nel LXX anniversario della Vittoria, Roma, Uff. Storico della Marina Militare, 1987 A. Fraccaroli, Italian Warships of WW I, Londra, Ian Allan, 1967 M. Gabriele, Le convenzioni navali della Triplice, Roma, Uff. Storico della Marina Militare, 1969 Id., Marina e diplomazia a metà Ottocento, Roma, Rivista Marittima, 1996 G. Giorgerini, A. Nani, Almanacco storico delle navi militari italiane, Roma, Uff. Storico della Marina Militare, 1994 M. Maffi, La vittoria sull’Adriatico, Milano, Alfieri e Lacroix, 1919 R. Greger, Austro-hungarian Warships of WW I, Londra, Ian Allan, 1976 G. Po, Il grande ammiraglio Thaon di Revel, Torino, Lattes, 1936. A. Rastelli, Le navi degli sconfitti, in “Storia Militare”, aprile 1995, pagg. 13-23 A. Rastelli, A. 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