Grano - spazioniscemi

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Grano - spazioniscemi
Il Grano nello Zodiaco
IL SEGNO DELLA VERGINE
Nell’iconografia zodiacale la Vergine Alata si distende in tutta la sua Venusta lungo
l’Eclittica: nella mano destra tiene in alto, ondeggiante al vento siderale, un ramoscello;
nella sinistra, capovolta verso il basso, una spiga, che si sovrappone alla stella omonima, la
Spica, la più splendente della costellazione della Vergine, essendo una stella di prima
magnitudine. In questo tipo di rappresentazione è esplicitamente presente il tema del ciclo
vegetativo: il flessuoso ramoscello è il grano ancor verde; la spiga, gravida di chicchi, è il
grano
maturo,
destinato
ad
essere
reciso,
raccolto,
immagazzinato.
E il mito connesso alla Vergine è il mito di Demetra ( Da-mater=Terra e madre, Dea Terra ),
una delle divinità più popolari e venerate nella Grecia arcaica e classica (Cerere per i
Romani): è lei che ha donato agli uomini i cereali, è con lei che è nata l’agricoltura, è da lei
-dal suo amplesso con l’eroe Iasion sul maggese tre volte arato-che nasce Pluto, la
ricchezza, ovverosia il raccolto abbondante.
Ma prima che si instaurasse questo ordinato ciclo naturale, quanta solitudine, quanta pena,
quanto tetro, irato silenzio! Ma cominciamo la storia dall’inizio. Demetra, figlia di Rea e di
Crono (il re dei Titani), ebbe da Zeus, suo fratello, una figlia: Persefone, chiamata anche
Kore=la fanciulla, la vergine. E tale sarebbe rimasta, legata com’era alla madre, se di lei non
si fosse innamorato lo zio: Aidoneo ( o Ade, o Plutone ), il signore degli Inferi. Era il
maggio odoroso, straripante di fiori e di effluvi, e Kore con le bionde chiome al vento
s’aggirava felice fra rose, giacinti, iridi e viole. Questo magnifico tappeto erboso, c’è chi lo
pone nei pressi di Enna e c’è chi lo distende sulla piana di Nisa, in Beozia; fatto sta che
Kore, fra i tanti fiori che lambivano le sue caviglie sottili e il florido seno, fu sopraffatta
dalla bellezza del giallo narciso, un narciso gigante, che apriva il suo occhio su di lei e la
invitava a specchiarvisi. Protende le due mani Kore per svellerlo. Ma la radice, da cui era
nato quel fiore dall’insistente, magnetica pupilla, era profonda, oh sì!, tanto profonda, da
raggiungere il Regno sotterraneo dei Morti. E tutto succede in un momento, e tutto si
confonde e si rovescia: “il bel giocattolo”, “il mirabile fiore raggiante” - come dice l’Inno
Omerico - che sta per essere suo, si confonde con un’altra immagine, un’altra nera, muta
pupilla: Ade dalle nere chiome è già di fronte a lei e il suo cocchio d’oro manda abbacinanti
riflessi. Da lì il grido per il rapimento, non udito da nessuno, la corsa precipitosa verso il
mondo sotterraneo, l’addio ai prati in fiore, al cielo stellato, al mare “dalle molte correnti”.
Demetra, la madre, lo sentì, ma era lontana e non potè difendere la figlia dalla violenza.
Demetra, tutta chiusa nell’angoscia del suo dolore, non tocca più nettare e ambrosia, non si
immerge nei lavacri e muta il suo augusto, venerando aspetto in quello di una vecchia
“carica d’anni”. Così, accoccolata sotto un fico, su una strada polverosa, Demetra viene
vista dalle figlie di Celeo, il sovrano di Eleusi, e invitata alla loro casa: esse hanno un
fratellino appena nato, Demofonte, frutto tardo e contro ogni speranza dei loro genitori. A
Demetra viene affidato l’incarico di allevare il tenero, e ultimo germoglio della stirpe di
Celeo. Essi non sanno quale potente dea si aggiri nella loro casa: essi vedono solo come
magicamente Demofonte cresca vigoroso, pur non toccando cibo mortale, pur non
succhiando il latte. Demetra infatti lo sta allevando per l’immortalità e l’eterna giovinezza:
di giorno lo unge d’ambrosia e ogni notte lo espone alla fiamma. E qui il dramma nel
dramma. La madre del piccolo spia, una notte, la dea e, inorridita, grida, interrompendo il
rito sacro, peggio, annullandolo. Tutto è perduto: Demofonte non potrà diventare immortale
e ad Eleusi si dovrà erigere un tempio per placare la dea offesa e irata. E sarà lei stessa a
fissare il rito per ovviare alla stoltezza dei mortali. Si ritira Demetra nel suo santuario ed ora
sì, lascia libero corso al suo dolore. E’ un dolore che assomiglia ad una muta depressione, in
cui ha largo spazio, oltre al pensiero ossessivo della figlia perduta, il risentimento nei
confronti degli dei. Essi, Zeus in testa, sono correi del rapimento e vanno puniti e
perpetuamente ripudiati. La dea corrucciata ed infelice non solo decide di non tornare più
sull’Olimpo, ma di rendere tutti languenti ed infelici. E decide di ritirare dalla terra i suoi
doni, le splendide spighe dorate, dispensatrici di vita per gli uomini, fedeli officianti degli
dei. La Madre Terra è diventata sterile, simile alla giovane sua figlia, vergine rapita. E allora
l’Olimpo s’affanna a mandare ambascerie per blandirla e solo Ermes, l’Ulisse fra gli dei,
riesce a convincerla ( Ermes è il Mercurio dei Romani e Mercurio è il pianeta che governa il
Segno della Vergine ), a farla recedere dai suoi drastici propositi e accettare un
accomodamento (Ermes astuto e dall’acuta mente): Persefone potrà stare con la madre per
2/3 dell’anno e per 1/3 se ne starà sotto terra, dividendo con Ade, suo legittimo sposo, il
trono dei morti. A settembre, ogni settembre, Persefone tornerà ad abbracciare la madre e il
santuario spalancherà le sue porte e alla luce delle fiaccole - il rito è notturno - il popolo
accorrerà ad invocare le dea. Rivolgendosi prima verso il cielo e poi verso la terra il
mistagogo griderà “ue, kue - scendi pioggia! concepisci!”, vieni cioè a fecondare il seme
appena interrato. Si sentirà allora provenire dall’interno del sacrario come un suono di
temporale: è lo ierofante, che colpendo una lastra di bronzo, annuncia l’epifania della Kore.
E subito dopo si spalancano anche le porte del sacrario e in un’immensa fiamma di luce
compare lo ierofante con in mano una spiga: Kore è tornata! Kore ha concepito la nuova
vita! Lontane dalla folla, nel tempio a loro dedicato, ridono le due Demetre, guardandosi di
nuovo negli occhi e l’acqua della prima pioggia di settembre si confonde con le loro lacrime
di felicità.
Bibliografia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Eclittica
http://it.wikipedia.org/wiki/File:AxialTiltObliquity.png
http://it.wikipedia.org/wiki/Spica
http://it.wikipedia.org/wiki/File:Virgo_constellation_map.png
http://it.wikipedia.org/wiki/Magnitudine_apparente
Scheda e progetto grafico a cura di Annamaria Giugno - spazioniscemi - . © Riproduzione riservata
L'eclittica è il percorso apparente che il Sole compie in un anno rispetto allo sfondo della sfera
celeste.
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Spica (o Spiga, α Virginis) è una stella brillante di prima magnitudine situata nella costellazione della
Vergine.
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venustà
[ve-nu-stà] s.f. inv. lett.
Bellezza (in partic. femminile); grazia, leggiadria
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svellere
-le-re] verbo transitivo (pres. io svèllo; pass. rem. io svèlsi, tu svellésti; part. pass. svèlto)
1. tirare via qualcosa fissato al suolo: Esempio: svellere una pianta Sinonimi: sradicare
2. estirpare, togliere: Esempio: svellere un pregiudizio.
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Mistagogo[mi-sta-gò-go]
s.m.(pl.-ghi)
Nell'antica Grecia, sacerdote che iniziava ai misteri religiosi
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Iconografia
[i-co-no-gra-fì-a]
s.f. (pl. -fìe)
1 Studio delle immagini, in relazione al periodo storico in cui furono eseguite, allo stile, alla
tecnica: i. sacra medievale
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siderale
1 (agg.) Riguardante gli astri, le stelle. ~ astrale, celeste. <> terreno, terrestre.
Sinonimi: astrale, celeste, stellare
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Prima magnitudine
La scala con cui sono misurate le magnitudini affonda le sue radici nella pratica ellenistica di
dividere le stelle visibili ad occhio nudo in sei magnitudini. Le stelle più luminose erano dette di
prima magnitudine (m = +1), quelle brillanti la metà di queste erano di seconda magnitudine, e così
via fino alla sesta magnitudine (m = +6), al limite della visione umana (senza un telescopio o altri
aiuti ottici). Questo metodo piuttosto rozzo di indicare la luminosità delle stelle fu reso popolare da
Tolomeo nel suo Almagesto, e si pensa che sia stato inventato da Ipparco. Il sistema prendeva in
considerazione solo le stelle, e non considerava la Luna, il Sole o altri oggetti celesti non stellari.
Nel 1856, Pogson formalizzò il sistema definendo una stella di prima magnitudine come una stella
che fosse 100 volte più luminosa di una stella di sesta magnitudine. Perciò, una stella di prima
magnitudine si trova ad essere 2,512 volte più luminosa di una stella di seconda. La quinta radice di
100 (2,512) è conosciuta come rapporto di Pogson. La scala di Pogson fu fissata in origine
assegnando alla stella Polare una magnitudine di 2. Gli astronomi hanno in seguito scoperto che la
Polare è leggermente variabile, e non è quindi all'altezza del compito. Oggi Vega viene usata come
stella di riferimento.
Il sistema moderno non è più limitato a sei magnitudini. Oggetti molto luminosi hanno magnitudini
negative. Per esempio Sirio, la stella più brillante della sfera celeste, ha una magnitudine apparente
posta tra -1,44 e -1,46. La scala moderna include la Luna e il Sole. La prima, quando è piena, è di
magnitudine -12, mentre il secondo raggiunge la magnitudine -26,7. Il Telescopio Spaziale Hubble
e il Telescopio Keck hanno registrato stelle di magnitudine +30.
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Pluto, spesso confuso e identificato con il fratello di Zeus Plutone (divinità degli inferi
corrispondente ad Ade), è una figura della mitologia greco-romana, dio della ricchezza. Da esso
deriva anche la parola plutomania ovvero la bramosia della ricchezza o dell'oro. Era figlio di
Demetra e Iasione, nipote di Dardano fondatore di Troia. Gli antichi lo rappresentavano: obeso per
l'intrinseca abbondanza; bendato per l'imparzialità e la casualità nel distribuire le ricchezze;
zoppicante per la lentezza dell'accumulo; alato per la rapidità del dispendio.
Nella Divina Commedia, Dante lo pone come guardiano del IV cerchio dell'Inferno (Canto VII), in
cui vengono puniti avari e prodighi. La sua descrizione è molto vaga (non si sa nemmeno se il poeta
si confondesse con Plutone), ma gli fa recitare uno dei versi più famosi dell'intero poema:
http://it.wikipedia.org/wiki/Pluto_%28mitologia%29
http://it.wikipedia.org/wiki/File:Inferno_Canto_7_lines_8-9.jpg
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Aggettivo
abbacinato m (pl: abbacinati)
1. accecato
2. che ha sguardo lucido per febbre o altro
o visi gialli, distrutti, con cert' occhi incantati, abbacinati (Manzoni)
3. (senso figurato) confuso
4. (senso figurato) smarrito
o era tutto lurido e un po' anche abbacinato (Panzini)
5. (basso uso) eclissato
6. (basso uso) velato
Voce verbale
abbacinato
1. participio passato di abbacinare
Sillabazione
ab | ba | ci | nà | to
Etimologia / Derivazione
derivato da abbacinare
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Ierofante
Il termine Ierofante (anche nella variante Gerofante) indica un soggetto che, in un particolare
ambito o ambiente, è o si è investito di grande autorità e prestigio. Un sacerdote, un politico, un alto
responsabile possono essere definiti "ierofanti" per via della carica che ricoprono e dell'influenza
che hanno.
http://it.wikipedia.org/wiki/Ierofante
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Corrucciato
Definiz: Add. da Corrucciare. Lat. iratus. Gr. ὀργισθείς.
Esempio: Accecati d'ira, cioè modi di profferire, che fa l'uomo quando è corrucciato.
http://www.lessicografia.it/CORRUCCIATO
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Languente
Definiz:Che languisce. Lat. languens. Gr. ὁ παρακμάζων.
Esempio: Sì è di grandissimo sollievo a' miseri infermi languenti
Esempio: Ebbe compassione della povera femmina languente
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blandire
[blan-dì-re]
(blandìsco, -sci, -sce, blandìscono; blandiènte, raro; blandìto)
v. tr.
1 Lusingare: lo blandisce per fargli fare quel che vuole lei
‖ Secondare, incoraggiare: b. le passioni, gli istinti di qualcuno
http://dizionari.hoepli.it/Dizionario_Italiano/parola/blandire.aspx?idD=1&Query=blandire&lettera=B
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epifania [e-pi-fa-nì-a] s.f.
1 Apparizione, rivelazione della divinità
2 Nella religione cristiana, la prima manifestazione di Gesù, che avvenne davanti ai Magi
nella grotta di Betlemme; festa del 6 gennaio che ricorda tale fatto
http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/E/epifania.shtml
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Iasion
Nella mitologia greca, Iasione o Giasione era generalmente considerato uno dei figli di Elettra e
Zeus, fratello di Dardano fondatore di Troia.
Iasione si accoppiò con Demetra in un campo arato tre volte, e quindi fu padre di due gemelli Pluto
e Polimelo (inventore dell'aratro), e di un altro figlio chiamato Coribante. Per il suo rapporto con la
dea dei campi Iasione fu ucciso da Zeus con una folgore.
(Odissea V, 125-128)
« E allor che venne, inanellata il crine,
Cerere a Giasïon tutta amorosa,
E nel maggese, che il pesante aratro
Tre volte aperto avea, se gli concesse,
Giove, cui l'opra non fu ignota, uccise
Giasïon con la folgore affocata. »
(Odissea V, 125-128)
http://it.wikipedia.org/wiki/Iasione
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