Panoramica del primo trimestre 2011
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Panoramica del primo trimestre 2011
Milano, 15 Aprile 2011 Panoramica del primo trimestre 2011 Con la fine del 2010 si è chiuso un periodo piuttosto convulso per l’economia mondiale, mentre il 2011 si annunciava come una fase con meno turbolenze. Le incertezze riguardo alla tenuta della ripresa si stavano dissolvendo grazie al calo della disoccupazione negli Stati Uniti e alla normalizzazione delle politiche monetarie nei paesi emergenti. Ma non si erano fatti i conti con la voglia di libertà che ha infiammato la Tunisia, l’Egitto e la Libia, dove i prezzi dei generi alimentari saliti alle stelle hanno fatto traboccare il vaso già colmo per l’oppressione esercitata dai rispettivi governi. E nemmeno si era tenuto conto dei sommovimenti della crosta terrestre nel Pacifico, che hanno devastato alcune zone del Giappone. L’incognita delle conseguenze dell’incidente nucleare di Fukushima e dei prezzi del petrolio hanno proiettato un’ombra d’incertezza sullo scenario macroeconomico che resta, peraltro, favorevole. ECONOMIA Stati Uniti In linea con il quarto trimestre 2010 caratterizzato da una crescita sostenuta (+3.1%), l’economia statunitense continua a mostrare un forte dinamismo. Sia a livello d’industria che nei servizi, gli indici di attività continuano ad avanzare. L’indice ISM manifatturiero è salito ai massimi dal 2004. Il dinamismo dell’attività ha finito per riflettersi anche nella crescita occupazionale. Alcuni indicatori avevano già mostrato segni di miglioramento alla fine dell’anno scorso ma per vedere il tasso di disoccupazione scendere sotto il 9% e la creazione di posti di lavoro accelerare è stato necessario aspettare i primi mesi del 2011. La ripresa delle assunzioni era l’ultima condizione necessaria per assicurare il perdurare della ripresa dell’attività, grazie al sostegno dei consumi. L’unica eccezione è il mercato immobiliare, rimasto sotto pressione a causa del livello ancora alto delle case invendute da ricollegarsi ai frequenti pignoramenti. In ogni modo, i timori di deflazione che in autunno avevano spinto la Fed a lanciare il secondo programma di alleggerimento quantitativo si sono dissolti. Gli indici d’inflazione, in discesa nel 2010, sono ora orientati verso l’alto e non solo a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime. L’aumento dei prezzi della benzina (quasi il 20% durante il trimestre), conseguente alla fiammata del prezzo del barile, ha ovviamente provocato un’accelerazione dell’aumento degli indici dei prezzi. Questo movimento getta un’ombra sulla fiducia dei consumatori e in particolare sulle loro anticipazioni, che in marzo hanno mostrato un peggioramento. Il fenomeno mette in luce il rischio che rappresenta un prezzo del petrolio elevato per un’economia ancora convalescente. Fortunatamente, per avvertire le ripercussioni al di fuori degli indici di fiducia, i prezzi dovrebbero restare alti per un periodo prolungato. Per il momento, le prospettive restano favorevoli per l’economia statunitense, come dimostra l’apertura del dibattito sulla normalizzazione della politica monetaria della Fed, una volta che, in giugno, sarà terminato il programma di quantitative easing. Zona euro Nel primo trimestre l’attività economica è rimasta molto sostenuta, fatta eccezione per le economie periferiche, penalizzate delle severe misure di rigore imposte dal grave dissesto delle loro finanze pubbliche. Il dinamismo osservato in buona parte della zona euro si manifesta con indici di attività che continuano a crescere nonostante i livelli già alti. In particolare, l’economia tedesca continua a essere la locomotiva europea: la fiducia delle aziende ha raggiunto i livelli record degli ultimi venti anni. La conseguenza di questo dinamismo quasi ininterrotto e dell’impennata dei prezzi dell’energia è stata la marcata accelerazione dell’inflazione, salita in marzo al 2.6%. Sebbene sia dovuto a fattori momentanei, il movimento è bastato a convincere la BCE ad annunciare in maniera molto esplicita l’imminente rialzo dei tassi guida. La banca centrale ha assunto questo orientamento per mantenere la sua credibilità in termini di controllo dell’inflazione ma anche per affermare, nei confronti dei dirigenti europei, la sua intenzione di concentrarsi nuovamente sulla sua primaria funzione, dare attuazione alla politica monetaria, dopo che, nel 2010, si è ritrovata ad essere l’ultima ratio nella crisi del debito sovrano. Le trattative sulla cornice istituzionale da dare alla zona euro affinché sia in grado di gestire le situazioni di eccessivo indebitamento pubblico sono proseguite per tutto il trimestre. Alle speranze suscitate dalle prime emissioni, in gennaio, del fondo europeo per la stabilità finanziaria, sono seguite le incertezze nate dagli sviluppi politici in Irlanda (cambio di governo) e in Portogallo (bocciatura del piano di austerità del primo ministro). Anche le pressioni a livello interno nei paesi contrassegnati dalla tripla A (in particolare Germania e Finlandia) hanno contribuito ad impedire che il vertice dell’Unione Europea, alla fine di marzo, sfociasse su una risposta chiara, che era quella che si aspettavano gli investitori. Europa extra zona euro Nel Regno Unito, mentre l’attività industriale è rimasta bene orientata grazie al vigore del ciclo mondiale, i settori più dipendenti dalla domanda interna hanno invece mostrato segni di indebolimento in seguito all’entrata in vigore delle misure di austerità (in particolare, l’aumento dell’IVA dal 1 gennaio). I consumi delle famiglie risentono anch’essi dell’accelerazione dell’aumento dei prezzi che erode il potere d’acquisto, in un quadro caratterizzato da una disoccupazione tuttora alta. Il tasso annuale d’inflazione, infatti, ha continuato ad accelerare anche nel primo trimestre, rafforzando la pressione sulla Banca d’Inghilterra in vista di un rialzo del tasso guida. Sebbene sia cresciuto il numero dei membri del comitato di politica monetaria favorevoli ad una decisione in tal senso (3 su 9, contro solo 1 alla fine del 2010), il passo non è ancora stato compiuto. Prima di decidere, la BoE preferisce misurare l’impatto sull’attività, e quindi sulle pressioni inflazionistiche sottostanti, delle misure di rigore di bilancio e dell’aumento del prezzo del petrolio. La Banca Nazionale Svizzera non deve affrontare questo dilemma poiché a dispetto di una crescita economica tuttora sostenuta l’inflazione resta quasi nulla (0.5% all’anno). Se da un lato la forza del franco svizzero erode la competitività delle attività rivolte all’export, dall’altro agisce come ammortizzatore dell’aumento di prezzo delle importazioni, in particolare dell’energia. Di conseguenza, la BNS ha mantenuto una politica monetaria di stampo accomodante. Giappone All’inizio del 2011 l’economia giapponese mostrava segni tangibili di ripresa grazie al contributo delle aziende esportatrici, sostenute dall’accelerazione della crescita mondiale in atto dalla fine dell’anno scorso. Il sisma dell’11 marzo e i danni subiti dalla centrale nucleare di Fukushima hanno brutalmente interrotto questa dinamica. Anche nelle zone risparmiate dal terremoto, l’attività ha subito pesanti contraccolpi a causa delle interruzioni della fornitura di energia elettrica. Economie emergenti Nei paesi emergenti, i primi mesi del 2011 sono stati all’insegna della normalizzazione monetaria. La maggior parte delle banche centrali di questi paesi, in particolare India, Brasile e Cina, hanno preso la decisione di rialzare i tassi d’interesse. Per non frenare bruscamente l’attività, l’inasprimento della politica monetaria è avvenuto in maniera progressiva. L’espansione è quindi rimasta solida, trainata dalla crescita della domanda americana, mentre l’inflazione si è stabilizzata a livelli che restano tuttora alti. MERCATI Azionari Durante il periodo in esame i mercati azionari hanno mostrato un andamento positivo. Le buone sorprese sul piano congiunturale, il temporaneo dissolversi dei timori per il debito sovrano nella zona euro e la stagione dei risultati favorevole hanno compensato l’effetto del quadro geopolitico scosso dagli avvenimenti in Nord Africa. Barometro del morale dei mercati, il differenziale sui tassi fra il debito tedesco e quello spagnolo si è ristretto, a conferma di un relativo ritorno della fiducia. In seguito alla catastrofe che ha colpito il Giappone e all’intervento delle forze alleate in Libia il mese di marzo si è dimostrato più volatile. Fra gennaio e marzo l’indice MSCI World in monete locali ha guadagnato il 3.1%. Ancora una volta, i titoli americani sono riusciti a mettersi in luce rispetto a quelli del vecchio continente. Lo S&P 500 e il DJ Stoxx 600 hanno rispettivamente chiuso il periodo a +5.4% e +0.03%. I titoli del comparto tecnologico americano hanno risentito in positivo di una stagione dei risultati nel complesso superiore alle previsioni. Il NASDAQ ha segnato una progressione trimestrale del 4.8%. Penalizzate dai timori d’inflazione, le borse dei paesi emergenti (MSCI Emerging markets) hanno perso terreno e negli ultimi tre mesi rosa di +0.3% in monete locali. Il mercato giapponese (Topix) ha subito in pieno il contraccolpo dei tragici eventi di marzo e durante il periodo ha ceduto -3.27%. Obbligazionari I mercati obbligazionari hanno iniziato il 2011 in linea con la tendenza emersa alla fine del 2010, orientandosi nettamente verso il basso. Le prospettive economiche favorevoli e le anticipazioni di rialzo dei tassi da parte della banca centrale giustificavano questo peggioramento, fino a che gli avvenimenti geopolitici non sono venuti a riaccendere l’avversione al rischio e l’interesse per i titoli a rendimento fisso. Per la performance delle obbligazioni a lungo termine il bilancio del trimestre è da neutro a leggermente negativo. All’interno della zona euro, la prospettiva di un rialzo dei tassi della BCE in anticipo rispetto alle previsioni ha pesato sulle obbligazioni degli emittenti più solidi. Dal canto loro, le emissioni dei paesi periferici hanno riscosso alterno successo in quanto la Spagna si è distaccata dal gruppo degli emittenti più a rischio avvicinandosi all’Italia, mentre lo spread dei tassi greci, irlandesi e portoghesi rispetto al Bund tedesco si è allargato toccando nuovi record. Cambi Sul mercato dei cambi il trimestre è stato caratterizzato da un generale indebolimento del dollaro, provocato dal differenziale dei tassi sempre più sfavorevole al dollaro rispetto alla maggior parte delle altre monete. L’indice « trade-weighted » del dollaro ha sfiorato i minimi ai quali era sceso nel primo semestre 2008 e nei confronti del franco svizzero il biglietto verde è sceso a un nuovo record storico (0.8941 USD/CHF). Il dollaro ha perso quota anche nei confronti delle monete legate alle materie prime e alla crescita mondiale, come il dollaro australiano e il real brasiliano, salite a nuovi record. L’euro, dal canto suo, ha beneficiato del sostegno derivante dalle anticipazioni di rialzo dei tassi della BCE e ha guadagnato terreno sia contro il dollaro (a 1.42 EUR/USD) che contro il franco svizzero (a 1.30 EUR/CHF). Infine, il brusco apprezzamento dello yen dopo il sisma, da ricollegarsi alle anticipazioni di rimpatrio di capitali da parte delle compagnie assicurative giapponesi, è stato rapidamente bloccato da un intervento concertato delle principali banche centrali. Banca Albertini Syz & C. S.p.A