Universit`a degli Studi di Salerno

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Università degli Studi di Salerno
Domenico Prezioso
Soluzioni esatte di modelli alla Friedmann in Loop
Quantum Cosmology e loro stabilità
ii
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Indice
Introduzione
i
1 Modello cosmologico classico
1.1 Introduzione alla teoria della Relatività Generale
1.2 Cosmologia di Big Bang . . . . . . . . . . . . . .
1
1
9
1.3
Il problema della singolarità iniziale . . . . . . . . 19
2 Cosmologia quantistica
23
2.1 Quantizzazione canonica della Gravità . . . . . . 23
2.2 Equazione di Wheeler-de Witt per la cosmologia . 26
2.3 Problemi della WdW . . . . . . . . . . . . . . . . 29
3 Loop Quantum Cosmology
31
3.1 Breve introduzione alla Loop Quantum Gravity . 32
3.2 Applicazione alla cosmologia . . . . . . . . . . . . 35
3.3 Modelli cosmologici . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
4 Soluzioni statiche in LQC in regime semiclassico 51
4.1
4.2
Studio dei punti di equilibrio del sistema con k=1 53
Studio dei punti di equilibrio del sistema con k=0 54
iv
Indice
4.3 Studio dei punti di equilibrio del sistema con k=-1 55
Conclusioni
59
Appendici
63
A La costante cosmologica
65
B Introduzione ai sistemi dinamici
69
Bibliografia
73
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Introduzione
Oggetto della cosmologia è lo studio della struttura, dell’origine e dell’evoluzione dell’Universo. Il fondamento della cosmologia moderna è il cosiddetto principio cosmologico [1], secondo il
quale l’Universo deve essere fondamentalmente omogeneo (il suo
aspetto non dipende dal punto di osservazione) ed isotropo (il
suo aspetto è il medesimo in tutte le direzioni) su grande scala
e soggetto ovunque alle stesse leggi fisiche, in modo tale che un
qualsiasi osservatore, posto in un qualsiasi punto di esso, sia in
grado di osservarne le medesime caratteristiche e di giungere ai
medesimi risultati. Si tratta, se vogliamo, di un’estensione del
principio copernicano secondo il quale la terra non è un luogo
privilegiato del nostro sistema solare. Il principio cosmologico
non è una legge dimostrabile, ma un’esigenza razionale del nostro intelletto, il quale non potrebbe fare oggetto di una conoscenza di tipo scientifico un Universo non soggetto ovunque alle
medesime leggi di natura. Una diretta conseguenza del principio
cosmologico è che l’Universo, per rispettare le condizioni di omogeneità ed isotropia, deve essere statico o caratterizzato da un
moto (espansione o contrazione) omogeneo. I dati sperimentali
raccolti negli anni ’20 confermano tale previsione dimostrando
ii
Introduzione
che l’Universo si trova in uno stato di espansione omogenea.
Il termine omogenea non si riferisce alla velocità di espansione
(che in effetti, come vedremo, diminuisce con il tempo), ma al
fatto che l’espansione interessa in modo uniforme l’intero Universo (non vi è una porzione che si espande più velocemente di
un’altra).
Il formalismo matematico che permette di descrivere la dinamica e la cinematica dell’Universo è costituito dalle equazioni
della relatività generale. E’ però notevole che applicando all’Universo la teoria newtoniana della gravitazione si giunga, come
dimostrarono [2] E.A. Milne e W.H. McCrea nel 1934, a risultati
formalmente analoghi, anche se dal significato fisico diverso. I
primi tentativi di descrivere l’intero Universo tramite gli strumenti della Relatività si devono allo stesso Einstein, il quale nel
1917 aveva formulato le equazioni relativistiche ottenendo come
risultato un Universo non in equilibrio, ma in contrazione. Ma
fino agli anni ’20 si riteneva che l’Universo fosse statico. Einstein introdusse pertanto un termine correttivo, la cosiddetta
costante cosmologica, con effetti repulsivi, per evitare che l’Universo collassasse sotto la spinta della attrazione gravitazionale
prodotta dalla materia in esso contenuta. In quello stesso anno Willem De Sitter trovò un’altra soluzione delle equazioni di
Einstein (sempre utilizzando la costante cosmologica) che descrivevano un Universo vuoto di materia caratterizzato da un
moto di espansione.
Se Einstein avesse applicato le sue equazioni all’Universo senza introdurre la costante cosmologica avrebbe potuto anticipare
la scoperta di un Universo dinamico, in evoluzione. Il risultato
si deve invece allo scienziato Aleksandr Aleksandrovič Friedmann il quale nel 1922 ottenne una soluzione dinamica delle
equazioni originarie di Einstein (senza la costante cosmologica). Facendo l’ipotesi che la materia potesse considerarsi diffusa
in modo omogeneo all’interno dell’Universo, egli trovò che esso
doveva essere caratterizzato da un’espansione uniforme. Friedmann giunse ad una descrizione, che oggi riteniamo corretta,
della dinamica dell’Universo, ma le sue equazioni non ebbero
alcuna eco in occidente, fino a quando non vennero riscoper-
Introduzione
iii
te in modo indipendente nel 1927 da George Lemaı̂tre, il quale
suggerı̀ che l’espansione avrebbe prodotto uno spostamento verso il rosso delle righe spettrali osservate, fatto poi confermato
sperimentalmente dall’astronomo Hubble nel 1929. Nel 1935 i
modelli di Friedmann trovarono una definitiva formalizzazione
grazie ai lavori di Robertson e Walker. Oggi i modelli cosmologici basati sulle soluzioni di Friedmann, Robertson e Walker
sono spesso indicati come cosmologie FRW. Essi corrispondono,
anche dal punto di vista formale, ai tre modelli newtoniani ottenuti in precedenza, infatti il modello con k = 0 è noto anche
come modello di Einstein - De Sitter.
Finora i fisici sono riusciti a descrivere i primi istanti di vita
dell’Universo risalendo fino al tempo 10−43 s (tempo di Planck).
A tempi inferiori gli effetti gravitazionali si intrecciano a tal
punto con gli effetti quantistici da rendere necessaria una teoria
unificata della gravità quantistica.
La cosmologia quantistica è l’applicazione della teoria quantistica all’Universo inteso come sistema. A prima vista può sembrare un approccio privo di logica in quanto la meccanica quantistica si utilizza prevalentemente in ambito micro e nanoscopico
e non considera mai un sistema unico bensı̀ l’interazione con
un sistema osservatore. Queste incomprensioni possono essere
chiarite dal fatto che proprio la teoria quantistica impone ad
ogni sistema di essere collegato allo spazio che lo caratterizza
e quindi l’intero Universo non può fare eccezione. Inoltre nella
cosmologia quantistica il riferimento alla meccanica quantistica
classica non è da ritenersi in senso stretto, in quanto, rispetto alla scuola di Copenhagen, la cosmologia estrae il tipo di
formalismo e lo considera applicandolo a concetti di Relatività
Generale. In linea di principio la cosmologia quantistica non è
necessariamente associata alla teoria quantistica della gravitazione. Comunque siccome la gravità è l’interazione dominante
in sistemi a larga scala è oltremodo ragionevole ritenere che essa
debba essere alla base di un qualsivoglia modello plausibile di
cosmologia quantistica.
La cosmologia quantistica ebbe inizio nel 1967 quando Bryce DeWitt [39] applicò una procedura di quantizzazione ad hoc
iv
Introduzione
ad un modello di Universo di Friedmann chiuso e con materia,
introducendo anche il concetto di minisuperspazio. Egli suggerı̀
inoltre che la singolarità potesse essere evitata nel suo modello
quantistico che sarà esposto in seguito. Nel loro modello canonico Wheeler e deWitt imposero condizioni al contorno in modo
che il funzionale d’onda dell’Universo si annullasse nella regione in cui classicamente fa la sua comparsa la singolarità dando
origine cosı̀ al primo modello in approssimazione semiclassica
nell’ambito della cosmologia quantistica. Nel 1983 Hartle e Hawking diedero inizio ad una nuova fase della teoria quantistica cosmoloica introducendo atre condizioni al contorno per la
fuzione d’onda.
Recentemente grazie ad alcune idee di A. Ashtekar, C. Rovelli ecc. è stata intrapresa una nuova strada per ottenere una
teoria quantistica della gravità detta Loop Quantum Gravity.
In seguito M. Bojovald ne ha considerato l’applicazione alla Cosmologia dando il via alla Loop Quantum Cosmology, permettendo cosı̀, tramite l’introduzione di nuove variabili fondamentali che conducono ad una nuova equazione differenziale per la
funzione d’onda dell’Universo e all’eliminazione della singolrità
iniziale. Nella Loop Quantum Gravity, la Relatività Generale è
vista come teoria fondamentale da quantizzare in un framework
Hamiltoniano. La Loop Quantum Gravity ha riportato alcuni
considerevoli successi; in particolare, ha reso possibile implementare negli stati quantistici il vincolo di Gauss per diffeomorfismi. Essa permette di ottenere inoltre lo spettro discreto di
importanti operatori, come area e volume, che in questa teoria
sono analiticamente calcolati. La comprensione del vincolo Hamiltoniano non è tuttavia completa. Uno studio del parametro
di Barbero-Immirzi e del limite semiclassico della teoria chiarificherà la teoria e la sua applicazione alla cosmologia. Le implicazioni di questo modo di studiare la natura portano a nuove
ed inaspettate fenomenologie dell’Universo primordiale fino alla
riconsiderazione riguardo l’origine della natura e la natura del
tempo.
In questo lavoro ci occuperemo di studiare le soluzioni statiche
delle equazioni cosmologiche di Friedmann-Raychauduri modifi-
Introduzione
v
cate da termini di correzione dovuti alla Loop Quantum Gravity
in regime semiclassico. Il lavoro di tesi sarà cosı̀ strutturato:
Nel primo capitolo verranno richiamati concetti principali della teoria della Relatività Generale di Einstein con implicazioni
alla geometrodinamica tramite il principio di equivalenza forte
ed alla metrica con le equazioni tensoriali. Il capitolo conterrà
una breve introduzione alle equazioni di Einstein e quindi le
equazioni delle geodetiche. In seguito, dopo un’introduzione alla teoria del big bang verranno introdotti i vettori di Killing e
tramite il principio cosmologico verranno esaminate le tipologie
di topologie di Universo variabili in funzione del parametro di
curvatura k = 0, ±1. Quindi si scriveranno le equazioni cosmologiche di Friedmann nel caso classico e la naturale evoluzione
delle loro soluzioni a ritroso verso la singolarità iniziale. Singolarità che alla scala di Planck può essere evitata solo facendo
ricorso alla meccanica quantistica.
Nel secondo capitolo sarà introdotta la foliazione dello spaziotempo ed una volta ottenute le variabili dinamiche coniugate
sarà espressa la teoria nel formalismo Hamiltoniano. Sarà quindi
riportata l’equazione di Wheeler-DeWitt, elaborata in un primo
tentativo di quantizzare in maniera naive la gravitazione, descrivendone inoltre i limiti ed i punti innovativi rispetto alla teoria
classica.
Il terzo capitolo contempla una introduzione al formalismo di
base della loop quantum gravity con la comparsa delle nuove variabili connessione e triade alla loop quantum cosmology fino ad
individuare le grandezze fisiche da quantizzare ovvero quelle che
diventeranno l’operatore area e l’operatore volume. L’applicazione alla cosmologia della Loop Quantum Gravity, introducendo i vincoli Hamiltoniano e Gaussiano e gli operatori olonomia
della connessione e flusso della triade, permette quindi di giungere a descrivere, con un’equazione differenziale lineare del primo
ordine, la dinamica cosmologica. Ottenute quindi le equazioni di
Friedmann-Raychauduri modificate da termini quantistici se ne
studia l’evoluzione analitica nel caso di Universo chiuso aperto
e piatto graficandone i risultati.
Nel quarto ed ultimo capitolo verranno considerate le equazio-
vi
Introduzione
ni di Friedmann-Raychauduri modificate, derivanti dalla Loop
Quantum Cosmology in regime semiclassico, per i modelli cosmologici aperto chiuso e piatto. Queste equazioni insieme all’equazione di conservazione dell’energia verranno studiate come
un sistema dinamico. Di tale sistema saranno individuati i punti critici statici e le condizioni per la loro esistenza. L’equilibrio
delle soluzioni trovate sarà caratterizzato tramite lo studio degli autovalori del sistema linearizzato corrispondente, valutati ai
punti critici statici. Verrà mostrato che i termini di ordine superiore presenti nelle equazioni fanno in modo che nuove soluzioni
statiche siano possibili rispetto al caso della pura Relatività Generale. Tali soluzioni presentano interessanti proprietà di equilibrio. In particolare verrà mostrato che, a differenza del caso di
pura Relatività Generale, una soluzione statica esiste anche per
modelli di Universo aperto per valori della costante cosmologica
non negativi purché inferiori ad un certo parametro caratteristico, generalizzando la soluzione nota come Einstein statico e
suggerendo di approfondire lo studio di modelli aperti anche in
altre teorie modificate della gravità.
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1
Modello cosmologico classico
1.1 Introduzione alla teoria della Relatività
Generale
Il principio di Relatività ristretto alle trasformazioni di Lorentz
stabilisce l’equivalenza di tutti i sistemi di riferimento inerziali.
Tuttavia al fine di ottenere una descrizione globale della natura è necessario prendere in considerazione anche i sistemi non
inerziali, in cui l’accelerazione gioca un ruolo cruciale nello stabilire le caratteristiche del moto rendendo cosı̀ necessarie delle
modifiche alla teoria. Il celeberrimo gedanken experiment dell’ascensore di Einstein pone l’attenzione sul fatto che, come per
il principio d’inerzia, un corpo in uno stato di quiete o di moto
rettilineo uniforme permane in assenza di forze esterne in tale
stato, cosı̀ i risultati di un esperimento non gravitazionale sono
indipendenti dalla velocità e dalla posizione del laboratorio “In
un laboratorio non ruotante, isolato da forze di natura elettromagnetica e che si trovi in caduta libera, le leggi della fisica
e il loro contenuto numerico sono indipendenti dalla posizione
del laboratorio”. In tale laboratorio, inoltre, tutte le particelle,
abbastanza piccole da poter trascurare su di loro l’effetto del-
2
1. Modello cosmologico classico
le forze mareali e libere da forze non gravitazionali, si muovono
senza accelerazioni. Per descrivere il moto di tali sistemi bisogna
fare ricorso alla geometria, sviluppata nel corso del diciottesimo secolo da Gauss-Lobacevskij prima e Christoffel e Riemann
poi, degli spazi non-euclidei in cui le grandezze fisiche non sono
più semplici numeri bensı̀ quantità tensoriali. Riemann estese
le idee di Gauss, sulle proprietà delle superfici indeformate, ad
un numero maggiore di dimensioni dando origine alla geometria
Riemaniana.
In Relatività Generale il modello matematico che si utilizza
per descrivere lo spazio-tempo è una coppia (M, g) dove M è
una varietà differenziale e g una metrica Lorentziana su M con
segnatura -2 , cioè g è un campo tensoriale simmetrico non degenere di tipo (0, 2) (ovvero gαβ = gβα e det (gαβ ) != 0) che, con
una opportuna scelta delle basi, in ogni punto della varietà può
assumere localmente la seguente espressione in componenti:
g = diag(1, −1, −1, −1).
(1.1)
La metrica g rappresenta la distanza tra due eventi xα e xα +dxα
sulla varietà. Inoltre il campo gravitazionale non è più descritto
dalla generica accelerazione di gravità g ma da un tensore ben
più complesso Gµν sulla cui natura torneremo in seguito. Su una
generica varietà M si possono considerare diversi oggetti matematici definiti unicamente attraverso la struttura della varietà
stessa, mentre altri richiedono strutture supplementari[4]. La
struttura supplementare che ora vogliamo introdurre è una connessione su M. Essa rappresenta il modo in cui vengono connessi
gli spazi tangenti la varietà. Una connessione lineare ∇ di classe
C r su una varietà differenziale M di classe C k con k ≥ r + 2
è una regola che, ad ogni campo vettoriale X di classe C h con
h > 1 associa un campo di tensori di tipo (1, 1) di classe C h−1 ,
detto derivata covariante di X ed indicato con ∇X, per la quale
valgono le regole di linearità e di Leibnitz. L’espressione di ∇X
in una base generica eµ sarà data dalla relazione
ν
∇µ X ν = X;µ
= eµ (X ν ) + γ νµσ X σ ,
(1.2)
1.1 Introduzione alla teoria della Relatività Generale
3
dove le γ νµσ , chiamate coefficienti della connessione, sono funzioni del punto che dipendono, fissata la base, dalla particolare
connessione scelta. La conoscenza delle γ νµσ in corrispondenza
di ogni campo di basi caratterizza completamente la connessione. Evidentemente esse non si trasformano come tensori. In
particolare scegliendo una base di coordinate eµ = ∂x∂µ i coefficienti della connessione vengono indicati con il simbolo Γγµσ e la
precedente relazione diventa
ν
∇µ X ν = X;µ
= ∂µ X ν + Γγµσ X σ .
(1.3)
Dati due campi vettoriali X e Y su M definiamo la derivata
covariante di X nella direzione di Y come il prodotto tensoriale contratto tra Y e ∇X, che indichiamo con il simbolo ∇Y X.
Sottolineiamo, senza soffermarci ulteriormente su questo concetto, che la definizione di derivata covariante può essere estesa
a tensori di rango qualunque.
Data una connessione ∇ di classe C r è possibile definire un
campo tensoriale T di tipo (1,2) di classe C r−1 , tramite la
relazione
T (X, Y) ≡ ∇X Y − ∇Y X − [X, Y]
(1.4)
dove X e Y sono due campi vettoriali di classe C r . Tale tensore
è detto detto tensore di torsione e in una base di coordinate
assume la seguente espressione in componenti:
γ
Tµν
= Γγµν − Γγνµ .
(1.5)
Nel caso in cui il tensore di torsione sia identicamente nullo la
connessione si dice simmetrica, ciò accade se e solo se, data una
generica funzione f , le derivate covarianti seconde di f commutano. Quindi il tensore di torsione misura la non commutatività
delle derivate covarianti seconde di funzioni.
Mediante la connessione ∇ di classe C r è inoltre possibile
definire il tensore (di curvatura) di Riemann nel modo seguente. Siano X, Y, e Z campi vettoriali di classe C r+1 , definiamo il campo tensoriale di classe C r−1 di tipo (3,1) mediante la
relazione
R(X, Y)Z ≡∇X ∇Y Z − ∇Y ∇X Z − &[X,Y] Z.
(1.6)
4
1. Modello cosmologico classico
In una base di coordinate tale tensore è espresso, in termini dei
coefficienti della connessione, dalla relazione
ρ
Rσµυ
= Γρνσ ,µ −Γρµσ ,ν +Γρµγ Γγνσ − Γρνγ Γγµσ .
(1.7)
E’ inoltre possibile ricavare per questo tensore la seguente relazione
ρ
σ
∇µ ∇ν Z ρ − ∇ν ∇µ Z ρ = Rσµυ
Z σ − Tµν
∇σ Z ρ .
(1.8)
Essa ci mostra chiaramente che, anche se la connessione è simmetrica, le derivate covarianti di un campo di vettori non commutano e quindi ci consente di affermare che il tensore di Riemann fornisce una misura di questa non commutatività. Nel
caso di connessioni piatte sia il tensore di torsione che quello di curvatura sono identicamente nulli; in tal caso le derivate
covarianti commutano sia sulle funzioni che sui vettori.
Il tensore di curvatura gode delle seguenti simmetrie:
ρ
ρ
• Rσµυ
= −Rσυµ
ρ
ρ
ρ
• Rσµυ
+ Rνσµ
+ Rµνσ
=0
ρ
ρ
ρ
• Rσµυ;γ
+ Rσγµ;ν
+ Rσυγ;µ
=0
(identità di Bianchi)
Si chiama tensore di Ricci il tensore di tipo (0,2) ottenuto
dalla contrazione del tensore di Riemann:
ρ
Rσυ ≡ Rσρυ
.
(1.9)
I concetti di tensore metrico e di connessione su una varietà
si introducono indipendentemente. D’altra parte, assegnata la
metrica g sulla varietà M, esiste su M un’unica connessione di
Levi-Civita definita dalle seguenti condizioni:
1. T = 0
2. ∇g = 0
(in coordinate Γγµν = Γγνµ )
(in coordinate gµν;σ = 0)
1.1 Introduzione alla teoria della Relatività Generale
5
Una connessione definita in questo modo preserva il prodotto
scalare definito dalla metrica g.
I coefficienti di una connessione definita in questo modo sono
i ben noti simboli di Christoffel e sono espressi in funzione del
tensore metrico dalla relazione
!
"
1 µν ∂gνρ ∂gνσ ∂gρσ
µ
Γρσ = g
+
−
.
(1.10)
2
∂xσ
∂xρ
∂xυ
Il tensore di Riemann della connessione definita dalla metrica
gode di proprietà di simmetria che non sono valide per una connessione generica e che quindi si aggiungono a quelle precedentemente viste: Rρσµυ = −Rσρυµ , Rρσµυ = Rµυρσ . Quest’ultima
implica la simmetria del tensore di Ricci. Si chiama scalare di
curvatura la funzione ottenuta dalla traccia del tensore di Ricci:
R ≡ Rµµ = g µν Rµν .
Contraendo le identità di Bianchi con il tensore metrico si ha
[5]:
#
$
δ
δ
δ
0 = g µν ∇δ Rµνρ
+ ∇ν Rµρδ
+ ∇ρ Rµδν
⇒
# µν δ $
# µν δ $
# µν δ $
∇δ g Rµνρ + ∇ν g Rµρδ + ∇ρ g Rµδν = 0.
(1.11)
(1.12)
Poichè
δ
g µν Rµνρ
= g µν g αβ Rβµνρ = g µν g αβ Rµβνρ = = g αβ Rβρ = Rρα
(1.13)
avremo anche che
δ
g µν Rµρδ
= g µν Rµρ g µν Rµν = R,
(1.14)
per cui l’equazione 1.12 diventa
∇δ 2Rρδ − ∇ρ R = 0
che può anche scrtta nella forma:
!
"
1 αρ
αρ
R − g R
= 0.
2
;ρ
(1.15)
(1.16)
6
1. Modello cosmologico classico
Il tensore
1
(1.17)
Gµν ≡ Rµν − gµν R
2
viene chiamato tensore di Einstein. Esso soddisfa identicamente
la relazione:
Gµν;µ = 0.
(1.18)
Quindi il modello matematico che descrive lo spazio-tempo è
una coppia (M, g) dove M è una varietà differenziale e gµν una
metrica Lorentziana su M con segnatura −2. Questa assunzione
condiziona i possibili tipi di spazio-tempo ma non ne fissa uno
in particolare; infatti si assume che la geometria non sia unica
ma vari dinamicamente al variare della distribuzione di materia.
In altri termini ciò significa che la materia modifica la geometria
e, come vedremo tra breve, questo meccanismo viene descritto
dalle equazioni di Einstein.
I possibili campi fisici presenti sulla varietà M, come ad esempio i fluidi relativistici, il campo elettromagnetico, il campo dei
neutrini etc., descrivono il contenuto di materia dello spaziotempo. Le equazioni che governano i campi materia devono rispettare i principi di causalità locale e di conservazione locale
dell’energia e dell’impulso. Ciò si formalizza matematicamente
dicendo che i campi materia sono descritti da un tensore simmetrico T αβ , chiamato tensore energia-impulso, che dipende dai
campi, dalle loro derivate covarianti, dalla metrica, e che deve
rispettare le seguenti proprietà:
1. T αβ si annulla se e solo se i campi materia sono nulli,
2. T αβ soddisfa la relazione ∇α T αβ = 0.
Le equazioni di campo che forniscono il legame tra i campi
materia e il campo gravitazionale, rappresentato dalla metrica gµν , sono equazioni tensoriali e che coinvolgono la materia
solo attraverso il suo tensore energia-impulso. Le equazioni di
Einstein sono le seguenti:
1
8πG
Rµν − gµν R = 4 Tµν
2
c
(1.19)
1.1 Introduzione alla teoria della Relatività Generale
7
dove Tµν è il tensore energia-impulso della materia, G è la costante di gravitazione universale, c è la velocità della luce.
Dato che entrambi i membri delle (1.19) sono tensori simmetrici, le equazioni di Einstein formano un sistema di equazioni
differenziali non-lineari alle derivate parziali nelle dieci funzioni
incognite gµν e nelle loro derivate prime e seconde. In realtà le
equazioni differenziali indipendenti non sono dieci bensı̀ sei, a
causa dalle identità di Bianchi
α
α
α
∇ν Rβρσ
+ ∇σ Rβνρ
+ ∇ρ Rβσν
= 0.
(1.20)
Questo significa anche che quattro delle dieci componenti della metrica possono essere assegnate arbitrariamente cioè che si
hanno quattro gradi di libertà di gauge per effettuare trasformazioni di coordinate. In seguito questa proprietà verrà ampiamente sfruttata.
Le (1.19) possono essere poste nella forma equivalente
Rµν
8πG
= 4
c
!
"
1
Tµν − gµν T ,
2
(1.21)
dunque, in uno spazio-tempo vuoto (T αβ = 0) si riducono alle
equazioni
Rµν = 0.
Poiché tali equazioni sono non lineari, in generale il principio di sovrapposizione non è valido per il campo gravitazionale.
Vedremo che il principio di sovrapposizione è valido in modo approssimato per campi deboli quando le equazioni possono essere
scritte in forma lineare (è ovvio pensare in particolare ai campi gravitazionali nel limite classico Newtoniano). In riferimento
allo schema originale di Einstein l’equazione (1.19) andrebbe
modificata aggiungendo la costante cosmologica (appendice A).
Infatti le soluzioni di tali equazioni conducono ad un Universo
non statico, in contrasto con la visione filosofica contemporanea
alla sua elaborazione.
Da tali equazioni si evince il rapporto con cui reciprocamente
la massa-energia curvi la geometria e come la curvatura della
8
1. Modello cosmologico classico
geometria modifichi il moto delle particelle: tale moto si sviluppa seguendo delle traiettorie note come curve geodetiche. In
Relatività Generale il moto di un punto materiale di massa m
è determinato dal principio di minima azione e avrà per traiettoria una linea estremale o geodetica; ovviamente, poiché in
presenza del campo gravitazionale lo spazio-tempo non è piatto,
questa linea non sarà una retta.
Le equazioni del moto ottenute dal suddetto principio sono le
seguenti:
ρ
σ
d2 xµ
µ dx dx
+
Γ
=0
(1.22)
ρσ
ds2
ds ds
dove le Γµρσ sono i simboli di Christoffel definiti dalla (1.10)
Il moto di una particella in un campo gravitazionale è determinato dalle grandezze Γµρσ ; possiamo quindi interpretare la
ρ dxσ
grandezza −Γµρσ dx
come la quadriforza agente sulla particelds ds
la per cui il tensore gµν assume il ruolo di potenziale del campo
gravitazionale.
Supponiamo allora di voler seguire il moto di questa particella
per cercare di capire se essa è in presenza di un campo gravitazionale. Con una scelta opportuna del sistema di coordinate
è sempre possibile annullare tutti i Γµρσ in un punto qualsiasi
dello spazio-tempo (infatti essi non sono grandezze tensoriali).
Ciò avviene proprio scegliendo il sistema di riferimento solidale
con la particella; la possibilità di tale scelta è l’espressione del
principio di equivalenza enunciato precedentemente.
Nel linguaggio della geometria differenziale le forze mareali
sono identificate con le deviazioni geodetiche cioè variazioni del
quadrivettore che connette punti corrispondenti su due geodetiche vicine. E’ da osservare che, cosı̀ come la connessione determina le geodetiche e quindi le traiettorie delle particelle libere, il
tensore di curvatura determina le forze mareali e quindi l’accelerazione relativa tra particelle libere vicine. Mentre è possibile
annullare tutti i simboli di Christoffel con una scelta del sistema
di coordinate, in uno spazio non piatto non è possibile annullare
tutte le componenti del tensore di Riemann.
Le equazioni di Einstein sono molto difficili da risolvere e quindi ci sono poche speranze di trovare una soluzione generale a
1.2 Cosmologia di Big Bang
9
causa della loro nonlinearità. Per questa ragione è importante
trovare un modo per semplificare le equazioni senza compromettere la teoria generale. Un modo per costruire un modello
semplificato è sfruttare le simmetrie [18], [20], [?].
Lo strumento di base per studiare le simmetrie di una varietà
nella Relatività Generale sono i campi di Killing [21].
Sia (M, g) una varietà Riemaniana. Un campo vettoriale X è
definito essere un campo di Killing se:
LX g = 0,
dove LX è la derivata di Lie rispetto ad X; in una base olonoma
(ea = ∂x∂ a , X = X a ea ) questa equazione, se ∇ è a torsione nulla,
diventa:
∇a X b + ∇b X a = 0.
(1.23)
Ad esempio, se in una base olonoma X a = δa4 abbiamo ∂x∂ 4 gab =
0, allora il tensore metrico non dipende da x4 cioè la metrica è invariante per traslazioni lungo x4 . Inoltre X è proprio il
generatore infinitesimo delle traslazioni lungo x4 .
Si può dimostrare che un campo di Killing è un generatore
infinitesimo di un gruppo continuo di simmetrie di (M, g), che
campi di Killing di una data varietà metrica formano una algebra di Lie e che le simmetrie continue di una varietà metrica
formano un gruppo di Lie. L’algebra di Lie di una determinata
varietà spazio-tempo (M, g) sarà indicata come Kil(g), mentre G
indicherà una sottoalgebra. Un’algebra di Lie può essere identificata con lo spazio tangente all’origine del gruppo di Lie G
e, con il meccanismo dell’esponenziazione essa ricopre la parte
semplicemente connessa di G.
1.2 Cosmologia di Big Bang
Per Einstein la densità di materia presente nell’Universo condiziona la geometria dello spazio ed in uno spazio curvo la geometria euclidea non può più essere utilizzata. A ciascuno dei tre
modelli di espansione è quindi possibile associare una caratteristica curvatura spazio temporale ed in definitiva una particolare
10
1. Modello cosmologico classico
geometria. Fino agli inizi dell’Ottocento l’unica geometria conosciuta era quella formalizzata da Euclide a partire da cinque
postulati, tra cui il quinto, noto anche come postulato delle parallele. Tuttavia già nel ’700 il padre gesuita Gerolamo Saccheri,
tentando di dimostrare il quinto postulato aveva costruito una
geometria fondata sui primi quattro, che violava volutamente
il quinto. Egli sperava cosı̀ di ottenere una costruzione priva
di coerenza interna in modo da arrivare ad una dimostrazione
per assurdo del quinto postulato. Ottenne invece una geometria
lontana dal senso comune, ma perfettamente coerente. Fu solo
nella prima metà dell’Ottocento che si fece strada l’idea che altre
geometrie fossero possibili. Fu soprattutto ad opera di Gauss,
Riemann, Bolyai e Lobacevskij che si arrivò ad accettare l’idea
che geometrie non-euclidee, cosı̀ sono dette le geometrie che violano il quinto postulato, potevano essere formalizzate fondandosi
puramente sul principio di non contraddizione. Esistono due tipi fondamentali di geometrie non-euclidee. Le prime affermano
che per un punto esterno ad una retta data non passa alcuna
parallela (geometria ellittica o sferica - Riemann). Le seconde
affermano che per un punto esterno ad una retta data passano
infinite parallele (geometria iperbolica - Lobacevskij). A Gauss
e Riemann si deve invece un’altra importante generalizzazione
del concetto di geometria: la geometria a tre dimensioni che può
essere infatti considerata come un caso particolare di geometrie
costruite con un numero qualsivoglia di dimensioni. Nasce dunque l’idea di una geometria in grado di descrivere spazi curvi a
più dimensioni. Quando si lavora su superfici curve le distanze
non possono più essere considerate come intervalli separati in
linea retta, ma tramite linee curve. Su una superficie piana la
retta rappresenta la distanza più breve tra due punti. Su una
superficie curva la distanza più breve tra due punti è una linea
curva detta geodetica. Le rette sono le geodetiche delle superfici
piane.
L’origine della cosmologia osservativa moderna si deve all’astronomo E. Hubble il quale [17] osservò il fenomeno della recessione delle galassie dando cosı̀ spunto a svariate riflessioni.
La formulazione del modello di Big Bang (BB) ebbe inizio nel
1.2 Cosmologia di Big Bang
11
1940 quando lo scienziato G. Gamow e suoi collaboratori, nell’intento di spiegare la possibilità che l’abbondanza relativa degli
elementi in natura avesse una spiegazione cosmologica, provarono a fromulare la proposta secondo cui l’Universo stesso avesse avuto in origine le condizioni per sviluppare la nucleosintesi
ovvero temperatura e pressione elevatissime.Tale proposta che
sarebbe divenuta la teoria del big-bang [23], ritiene essenziale
che la distribuzione di materia si presenti disposta in condizioni
particolari. Sebbene la Relatività Generale Relatività Generale
permetta di determinare la cosmologia che scaturisce da qualsivoglia distribuzione di materia, per quanto concerne il nostro
modello di Universo è essenziale che la materia sia distribuita
in modo da rispettare il principio cosmologico, ovvero che l’Universo si debba presentare ad un osservatore come omogeneo
ed isotropo; tutte le posizioni spaziali devono essere equivalenti.
Nel 1948 Alpher ed Herman come evidenza di questo modello
predissero la presenza di una distribuzione di una radiazione primordiale alla temperatura di circa 3K[22] aspetto che divenne
una prova a suffragio del modello nel 1965 ad opera di Penzias
e Wilson [24]che scoprirono la cosiddetta radiazione cosmica a
microonde CMBR (Cosmic Microwave Background Radiation).
Per descrivere le condizioni di omogeneità ed isotropia [25] in
maniera più rigorosa è possibile scrivere ciò che segue:
Una n-varietà (M, g) è detta massimamente simmetrica se
ha il massimo numero di campi di Killing, cioè se ammette
un gruppo completo Gn(n+1)/2 di isometrie. Naturalmente essa
è omogenea.
Il gruppo delle isotropie o stabilità di un punto p è un sottogruppo Hp di Gr che lascia p invariato. La varietà è detta
isotropa intorno a p se dim Hp = n. Si dimostra che se una
varietà è di tipo spazio, allora Hp = SO(n).
Una varietà isotropa in ogni punto è isotropa.
1) una varietà massimamente simmetrica (M, g) ha curvatura
costante e vice versa.
2) Una varietà metrica (M, g) a curvatura costante è isotropa
e vice versa
Quindi una varietà massimamente simmetrica è isotropa e a
12
1. Modello cosmologico classico
curvatura costante.
Parlando di omogeneità abbiamo trascurato una difficoltà, ossia che l’Universo non è statico, come è messo in evidenza dal
redshift cosmologico. Perciò quando si dice “ Universo omogeneo” si sottintende che il confronto fra elementi di materia presenti in diversi punti dello spazio venga fatto a tempi uguali,
e noi sappiamo che la Relatività Generale non ci autorizza a
parlare di un tempo assoluto. Quello che sarebbe più giusto dire
nel caso specifico è che stiamo in realtà facendo un’ipotesi più
complessa: assumiamo che si possa individuare, nella varietà
che costituisce lo spazio-tempo, una foliazione in sottovarietà 3dimensionali, su ciascuna della quali vale l’omogeneità richiesta.
Tutto questo si riassume nell’enunciato del principio cosmologico: è possibile definire nello spazio-tempo una foliazione, tale che
su ciascuna foglia di Universo valgano le stesse proprietà fisiche
in tutti i punti e in ogni direzione. Fino a questo punto è però
rimasta imprecisata la legge di evoluzione temporale dell’Universo. Determinare tale evoluzione (la dinamica cosmologica)
richiede due ulteriori informazioni:
a) una legge del moto; questa discende dalle equazioni di
Einstein, che ora conosciamo;
b) un’equazione di stato per la materia: infatti occorre sapere come variano la densità e la pressione durante l’evoluzione
dell’Universo.
Le equazioni di Einstein legano il tensore di Einstein (dipendente dalla metrica) al tensore energia-impulso (dipendente
dalle proprietà fisiche della materia presente). Grazie alle suddette ipotesi il principio cosmologico ci permette di descrivere
la geometria e la dinamica dell’Universo mediante due quantità contenute nella metrica di Friedmann-Lemaitre-Robertson–
Walker di un sottospazio tridimensionale di uno spazio-tempo a
4 dimensioni .
%
&
dr 2
2
2
2
2
2
2
2
dτ = dt − a (t)
+ r dθ + r sin θdϕ
(1.24)
1 − kr 2
a2 (t) prende il nome di fattore di scala e la costante k assume
valori determinanti per la dinamica. La metrica di Friedmann
1.2 Cosmologia di Big Bang
13
valida per le varietà massimamente simmetriche viene usata nei
modelli cosmologici; è interessante notare come gli elementi del
tensore metrico siano collegati col fattore di scala della teoria
infatti
a2
1 − kr 2
gθθ = r 2 a2 ;
= r 2 sin θa2
grr =
gϕϕ
(1.25)
(1.26)
(1.27)
con k = 0, ±1 il termine k evidenzia un tipo di comportamento
diverso a seconda del valore che assume
1. superfici sferiche e Universo chiuso k > 0
Le superfici sferiche sono superfici a curvatura costante positiva. Le
geodetiche di una superficie sferica sono archi di cerchio
massimo (un cerchio massimo si ottiene intersecando la
superficie con piani passanti per il centro). Non esistono
due geodetiche parallele poiché tutte si intersecano in due
punti opposti. Tale superficie deve essere dunque descritta
tramite una geometria non euclidea (ellittica). Costruendo un triangolo con tre archi di geodetica si può facilmente verificare che la somma degli angoli interni è sempre
maggiore di 180◦ . Muovendosi lungo una geodetica si può
ritornare al punto di partenza. L’Universo sarebbe caratterizzato da una geometria di questo tipo, naturalmente
con tre dimensioni spaziali, se la sua densità effettiva fosse maggiore della sua densità critica. La densità critica
ρc secondo il modello cosmologico di Einstein-DeSitter è
la quantità di materia necessaria affinché l’Universo sia
esattamente piatto (k = 0) ed è una funzione del tempo, al tempo presente è definita come, una densità critica
dell’Universo superata la quale il collasso della materia
è inevitabile, il valore preciso di tale densità secondo la
teoria della Relatività Generale di Einstein è:
ρc =
3H02
8πG
≈ 10−30 g/cm3
14
1. Modello cosmologico classico
FIGURA 1.1. Esempi di geometria Euclidea (piano) e di geometrie
non Euclidee
2. superfici iperboliche e Universo aperto k < 0 Le superfici iperboliche sono superfici a curvatura costante negativa. Possiamo immaginarle come una superficie a sella.
In queste superfici esistono infinite geodetiche che passano per un punto esterno ad una geodetica data senza mai
intersecarsi con questa. Tale superficie deve essere quindi
descritta tramite una geometria non-euclidea (iperbolica).
Costruendo un triangolo con tre archi di geodetica si può
verificare come la somma degli angoli interni è minore di
180◦. L’Universo sarebbe caratterizzato da una geometria
di questo tipo, naturalmente con tre dimensioni spaziali,
se la sua densità effettiva fosse minore della sua densità
critica.
3. superfici piane e Universo piatto o euclideo k = 0 Le
superfici piane sono superfici a curvatura nulla. In esse vale
la geometria euclidea. L’Universo sarebbe caratterizzato
da una geometria di questo tipo, naturalmente con tre
dimensioni spaziali, se la sua densità effettiva fosse uguale
alla sua densità critica.
Guardiamo ora la questione più da vicino, le equazioni di
1.2 Cosmologia di Big Bang
15
Friedmann non sono altro che le soluzioni delle equazioni di
campo di Einstein per la metrica suddetta.
I termini delle connessioni di Christoffel non nulli saranno
Γtij = aȧgij
ȧ i
δ
Γitj =
a j
!
"
1 # −1 $il ∂gti ∂glk ∂gjk
i
Γjk =
g
= Γ̃ijk
+
−
2
∂xk
∂xj
∂xl
(1.28)
(1.29)
(1.30)
dove i termini tilde si riferiscono al sottospazio a 3-d; di conseguenza il tensore di Ricci avrà i seguenti elementi:
Rtt = 3
ä
a
Rti = 0
#
$
Rij = R̃ij − aä + 2ȧ2 gij
(1.31)
(1.32)
(1.33)
siccome lo spazio individuato dalla metrica gij è massimamente
simmetrico dotato cioè del massimo numero di vettori di Killing,
allora avremo che
R̃ij = −2kgij
(1.34)
per cui l’equazione che individua il termine spazio-spazio del
tensore di Ricci diventa
#
$
Rij = − aä + 2ȧ2 − 2k gij .
(1.35)
Ora definiamo il tensore di massa-energia contenuto nelle equazioni di campo di Einstein. E’ comune assumere come materia
contenuta nell’Universo un fluido perfetto,
Tµν = pgµν + (p + ρ) uµ uµ
(1.36)
dove le grandezze ρ e p sono caratteristiche della distribuzione e
tipo di materia presente nel modello di Universo in considerazione, vedremo in seguito che al variare di tali elementi troveremo
soluzioni differenti per la dinamica cosmologica. Riconsiderando
quindi le equazioni di Einstein
1
Rµν + Rgµν = 8πGTµν + Λgµν
2
(1.37)
16
1. Modello cosmologico classico
con la metrica di Robertson-Walker prendono forma le equazioni
di Friedmann, equazioni fondamentali della cosmologia
! "2
ȧ
k
+ 2 = 8πGρ + Λ
(1.38)
3
a
a
Λ 4πG
ä
=
−
(ρ + 3p)
(1.39)
a
3
3
ρ̇ = −3H (ρ + p)
(1.40)
la terza equazione, in cui H = ȧa è il parametro di Hubble,
si ottiene dalle prime due e rappresenta la conservazione della
massa-energia. Interpretando ak2 come l’energia totale e trascurando la grandezza Λgµν vediamo come la dinamica dell’Univer# $2
so sia governata da un conflitto tra il termine cinetico aȧ ed
il termine potenziale che tende ad arrestare l’espansione 8πGρ.
In ultima analisi la sorte dell’Universo è tutta nel fattore k cui
abbiamo accennato in precedenza
1. k = 1 l’Universo ricollasserebbe in un tempo finito
2. k = 0, −1 l’Universo si espanderebbe in maniera indefinita
Oltre al parametro di Hubble sarebbe opportuno definire alcuni parametri cosmologici. Ad esempio la densità critica:
3H 2
(1.41)
8πG
Il parametro densità ΩT OT = ρρ è definito come la densità di
c
energia riferita al valore critico, l’equazione di Friedmann si puo
quindi riscrivere come:
ρc =
k
= H 2 (ΩT OT − 1)
(1.42)
2
a
da cui è immediato notare che il parametro che determina se sia
di tipo aperto o chiuso la geometria dell’Universo diventa ΩT OT ,
quindi potremo scrivere:
ΩT OT > 1 k = +1 Universo chiuso
ΩT OT < 1 k = −1 Universo aperto
ΩT OT = 1 k = 0 Universo piatto
(1.43)
1.2 Cosmologia di Big Bang
17
Per una descrizione esaustiva della cosmodinamica bisogna specificare come il contributo di materia ed energia possano dominare alternativamenete o in congiunzione l’evoluzione del sistema, per fare ciò è doveroso introdurre il parametro di Zel’dovic
p
w= .
ρ
(1.44)
Si presuppone ora che il valore del termine relativo alla distribuzione della materia-energia dia origine a diverse cosmologie
a seconda di tale parametro nel sistema Universo. Sostituendo
l’equazione (1.44) nella (1.40) troviamo:
ȧ
ρ̇ = −3 (1 + w) ρ
a
(1.45)
ρ ∝ a−3(1+w)
(1.46)
che integrata ci da:
Inserendo tale risultato nelle equazioni di Friedmann (1.38) possiamo avere una stima del fattore di scala in funzione del tempo:
2
a (t) ∝ t |3(1+w)| + t0
(1.47)
Detto ciò si possono distinguere due modi di descrivere il fluido
che permea l’intero Universo; esso può essere:
a) materia: il termine materia sta ad indicare la cosidetta
materia non relativistica e si riferisce ad ogni tipo di materia che produce una pressione pressochè trascurabile tale
da permettere la approssimazione p = 0 → w = 0 cosı̀ da
permettere un modello cosmologico in cui si trascurano
tutte le interazioni ad eccezione di quelle gravitazionali;
posto quindi p = 0 la soluzione dell’equazione (1.45) sarà
1
.
(1.48)
a3
Chiaramente il risultato rispecchia il fatto che la densità varia
proporzionalmente al volume, inoltre tramite la prima equazione
di Friedmann possiamo anche stabilire ora come tale densità vari
ρ∝
18
1. Modello cosmologico classico
con il tempo per stabilire poi la dinamica dell’Universo secondo
questo modello
8πGρ0 1
ȧ2 =
,
(1.49)
3 a
ρ0 è una grandezza di riferimento (costante di integrazione) e
rappresenta la densità di materia attuale; al che:
! " 23
2
t
a (t) =
H = t,
(1.50)
t0
3
per cui l’Universo cresce con un fattore che tende a diminuire
nel tempo.
b) radiazione: naturalmente la radiazione luminosa presente
nell’Universo primordiale genera la cosiddetta pressione
di radiazione che contribuisce ai termini delle equazioni
con p = 3ρ → w = 13 in questo caso la soluzione 1.48
va come ρ ∝ a14 in quanto contribuisce un termine come 1q
che è dovuto all’energia di particelle relativistiche (redshift
cosmologico), quindi avremo
! " 12
t
1
(1.51)
a (t) =
H= ;
t0
2t
Un caso particolare che vale la pena considerare [44] è quello
in cui si ha un’energia di vuoto V0 che predomina e che agisce
come una costante cosmologica non trascurabile Λ = 8πGN V0
con equazione di stato
w = −1.
(1.52)
In questo caso l’equazione di Friedmann ha soluzione del tipo
√Λ
a ∝ e 3t
(1.53)
la quale descrive un’espansione esponenziale del fattore di scala
a in cui stavolta l’andamento dell’Universo dipenderà dal fattore
Λ la ben nota costante cosmologica. Se ad esempio si avesse
Λ < 0 l’Universo potrebbe ricollassare indipendentemente dal
segno della variabile k mentre per Λ molto grandi anche un
Universo chiuso potrebbe espandersi all’infinito.
1.3 Il problema della singolarità iniziale
19
1.3 Il problema della singolarità iniziale
Se il destino dell’Universo è di espandersi è ragionevole domandarsi se e come esso abbia avuto un inizio. Sappiamo che,
assumendo
ρ + 3p > 0,
(1.54)
e
ä
4πG
=−
(ρ + 3p)
(1.55)
a
3
l’Universo è in decelerazione per cui si deduce che se valgono le
condizioni di omogeneità ed isotropia, esso deve aver avuto in
un tempo remoto ma finito un inizio. Supponiamo che esso non
deceleri e nonostante ciò si espanda con velocità
a(t) = const × (t − t0 )
(1.56)
ciò implica che a t = t0 il fattore di scala si deve annullare;
dalla formula H = aȧ risulta che il tempo a cui si annullerebbe
il fattore di scala è inversamente proporzionale ad H0 , indicato
come tempo di Hubble, tuttavia siccome le verifiche sperimentali
ci confermano la recessione delle galassie vediamo, come è illustrato in figura 1.2 [10], che il tempo a cui il fattore di scala si
annulla è precedente al tempo di Hubble H0 .
Questo istante prende il nome di Big-Bang (BB) dal lavoro
di G. Gamow del 1940. Al tempo del BB tutto il materiale contenuto nell’Universo si sarebbe trovato addensato in un singolo
punto descritto da densità e curvatura infinite e dove le geodetiche sono incomplete, tali condizioni vengono definite singolarità
forti, condizioni in cui le leggi della fisica come le conosciamo
non descrivono completamente il comportamento della materia;
per tale motivo uno scenario di questo tipo prende il nome di
singolarità iniziale. In tutti i casi a t = 0 è presente una singolarità, e si potrebbe verificare, tramite il tensore di Riemann,
che si tratta di una singolarità reale. Del resto la cosa è ovvia
se si pensa che a è il raggio di curvatura delle sezioni spaziali, e
quando questo si annulla non c’è dubbio che ci si debba trovare
in una singolarità della geometria. A rigore occorrerebbe qualche precisazione. In primo luogo per k = 1 le singolarità forti
20
1. Modello cosmologico classico
FIGURA 1.2. Evoluzione del fattore di scala a in funzione del tempo
sono due: quella a t = 0 (big bang) e quella a t = πa nel modello
di Friedmann ovvero a t = 2a in quello di Tolman (big crunch).
Anche negli altri casi sarebbe stato possibile dare delle soluzioni
in cui a è funzione decrescente di t , e termina in una singolarità
nel futuro; però queste soluzioni hanno ȧ < 0 a tutti i tempi,
e quindi contrastano con le osservazioni. Più in generale, è immediato concludere dall’equazione a(t) = const × (t − t0 ), che
per qualunque k, esiste nel passato un t al quale ȧ si annulla.
La cosa è ovvia per k = 0 o k = −1, perchè ȧ non si annulla mai. Ma anche se k = 1, considerato che va almeno come
1
, si vede che nel passato ȧa era maggiore del valore attuale,
a3
che è positivo. L’esistenza delle singolarità potrebbe comunque
essere una peculiarità di questi modelli, che hanno un’elevata
simmetria, discendente dal principio cosmologico. Si potrebbe
sospettare che scostamenti anche piccoli dalla simmetria facciano scomparire le singolarità: in parole povere, se le geodetiche
della materia non sono più tutte radiali (nel senso della varietà
4-dimensionale) non è detto che debbano passare tutte per uno
stesso punto. Una risposta a questo problema è stata data negli
anni ’60 dal lavoro di Hawking e Penrose [30][31], i quali hanno
mostrato che sotto ipotesi precise e sufficientemente ragionevoli
1.3 Il problema della singolarità iniziale
21
dal punto di vista fisico una singolarità è inevitabile. L’unica
via per evitarla è dunque quella di modificare le equazioni. La
Relatività Generale non considera effetti quantistici, e questi
diventano importanti quando la densità è sufficientemente alta
(ρP = 5.2 · 1093 gcm−3 ). Introducendo questa condizione in entrambi i modelli si trova un tempo dello stesso ordine: vicino al
cosidetto tempo di Planck
'
!G
= 5, 39 × 10−44 s
(1.57)
TP ≡
5
c
'
!c5
EP l ≡
= 1, 22 × 1019 GeV.
(1.58)
G
E’dunque certo che la Relatività Generale cade in difetto per
tempi vicini alla supposta singolarità, e quindi i teoremi di singolarità di Hawking–Penrose non sono applicabili. La via d’uscita sarebbe quella di avere una teoria quantistica della gravità:
obbiettivo che si presenta sempre piu vicino.
22
1. Modello cosmologico classico
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2
Cosmologia quantistica
2.1 Quantizzazione canonica della Gravità
Per ovviare agli infiniti (singolarità forti) presenti nella teoria cosmologica determinata dalla Relatività Generale bisognerà prendere a prestito le nozioni sviluppate all’inizio del ventesimo secolo da Schrodinger, Heisemberg ecc. e che hanno portato ad
una descrizione più approfondita della natura con la formulazione della meccanica quantistica prima e della teoria quantistica dei campi poi. Per costruire una quantizzazione della gravità si dovranno individuare delle nuove veriabili coniugate e,
una volta individuato lo spazio delle configurazioni, utilizzare la
formulazione Hamiltoniana.
Fissata una topologia nello spazio-tempo R × M 3 , dove M 3
è una varietà compatta, consideriamo una foliazione in ipersuperfici di tipo spazio.
Per ogni scelta della coordinata temporale x0 che parametrizza la foliazione avremo una foglia. Per ciascun punto della
ipersuperficie avremo i vettori di base costituiti da tre vettori
tangenti alla superficie stessa Xiα e dal versore normale nα
gµν Xiµ nν = 0
gµν nµ nν = −1
(2.1)
24
2. Cosmologia quantistica
FIGURA 2.1. Foliazione della varietà M
con i = 1, 2, 3. Il vettore di deformazione connette i punti con le
stesse coordinate locali xi su due superfici contigue x0 , x0 + dx0
#
$
N α = ∂0 X α x0 , xi
(2.2)
N α = Nnα + N i Xiα .
(2.3)
e può essere espresso nella base locale di vettori {nα , Xiα }come
Le proiezioni su tale base sono le funzioni di lapse N e di shift N j
e descrivono lo spostamento locale in senso tangenziale e normale alla famiglia di ipersuperfici parametrizzata da x0 = const,
ovvero descrivono come si modifica la geometria estrinseca su
una superficie di tipo spazio a tre dimensioni immersa in uno
spazio-tempo rappresentato da una varietà a dimensione quattro. Proiettando il campo parallelamente e perpendicolarmente
alla superficie vedremo che la prioiezione non nulla sarà quella
parallela:
hij = gµν Xiµ Xjν
(2.4)
anche
hij = gij + ni nj
(2.5)
2.1 Quantizzazione canonica della Gravità
25
fatto ciò possiamo riscrivere la metrica ds2 = gµν dX µ dX ν
come :
#
$
ds2 = − N 2 − N j Nj dt2 + 2N i dxi dt + hij dxi dxj
(2.6)
Tutto questo è noto anche come formalismo ADM [26](Arnowitt,
Deser, Misner).
!
"
− (N 2 − N j Nj )
Nj
(2.7)
gµν =
Nj
hij
Come detto in precedenza non tutti e dieci le componenti indipendenti del tensore metrico diverranno variabili dinamiche,
essendo gli N e Nj caratterizzanti delle ipersuperfici quindi grandezze con derivata spaziale, essi non faranno parte delle vere variabili dinamiche. I momenti coniugati alle variabili dinamiche
hij saranno:
√
$
h # ij
ij
π =
h K − K ij ,
(2.8)
16πG
dove K ij rappresenta la curvatura estrinseca delle ipersuperfici.
L’hamiltoniana sarà
( )
(
*
#
$
ij ij
ij i
i
3
H=
π ḣ + π Ṅ + π Ṅ − £ dx =
NH0 + N i Hi dx3
(2.9)
dove
£ ≡ £ (N, Ni , hij )
è la densità di lagrangiana e
ij
kl
H0 = 16πGGijkl π π −
(2.10)
√
hR
16Gπ
(2.11)
2∇j π ij
(2.12)
16πG
sono i vincoli hamiltoniani. Dai vincoli primari scrivendo le
rispettive parentesi di Poisson si ottengono i vincoli dinamici
δ
π̇ = − {H, π} =
H=0
(2.13)
δN
δ
H=0
(2.14)
π̇ i = − {H, πi } =
δN i
H0 = Hi = 0
(2.15)
Hi = −
26
2. Cosmologia quantistica
Le equazioni di Einstein nel vuoto si ottengono cosi da questi
G00 = Gi0 = 0
δ
H
ḣij =
δπ ij
δ
π̇ ij = −
H
δhij
(2.16)
(2.17)
(2.18)
In tali equazioni è contenuta tutta la geometrodinamica; infatti,
assegnati su di una foglia le variabili dinamiche hij ed i momenti
coniugati π ij che rispondono ai vincoli dell’equazione dei vincoli dinamici, dalle equazioni di Einstein in forma di Hamilton
si possono verificare i vincoli su ogni altra foglia. Le variabili hij π ij che soddisfano i vincoli su qualsiasi ipersuperficie sono
esse stesse soluzioni delle equazioni di Einstein.
2.2 Equazione di Wheeler-de Witt per la
cosmologia
Nella varietà fissata M 3 , le variabili canoniche sono hij e π ij e
per formulare la rappresentazione alla Schrodinger vanno trasformate in operatori. Tali operatori devono soddisfare le regole
di commutazione:
+
,
(3)
ĥij (x) , π̂kl (x# ) = iδ kl
(x, x# )
(2.19)
ij δ
+
,
ĥij , ĥkl = 0
(2.20)
- ij kl .
(2.21)
π̂ , π̂ = 0
con
$
1# k l
δ i δ j + δ li δ kj
(2.22)
2
Gli operatori cosı̀ ottenuti vanno sostituiti nei vincoli H0 ed
Hi definiti in precedenza trasformando questi in operatori che
agiranno su di una funzione di stato |Ψ,
δ kl
ij =
Ĥ0 |Ψ, = 0
Ĥi |Ψ, = 0
(2.23)
(2.24)
2.2 Equazione di Wheeler-de Witt per la cosmologia
27
Nella rappresentazione metrica la |Ψ, diventa un funzionale delle configurazioni metriche: Ψ = Ψ [hij (x)] che descrive lo stato
del campo gravitazionale. La rappresentazione degli operatori
sarà:
ĥij = hij
δ
δN i
δ
= −i
δNi
δ
= −i
δhij
(2.25)
π̂ = −i
(2.26)
π̂ i
(2.27)
π̂ ij
(2.28)
Nonostante il tempo non compaia in maniera esplicita nelle
equazioni dei vincoli la teoria non descrive un Universo statico
in quanto la teoria della Relatività è una teoria parametrizzata
in cui il parametro tempo può esere considerato contenuto nei
termini hij . L’equazione di Wheeler -de Witt (W − dW ) può
quindi essere scritta:
/
0
√
hR
16πG∇2 +
Ψ [hij (x)] = 0
(2.29)
16πG
dove
∇2 = Gijkl
δ δ
δ
+ γ ij
.
δhij δhkl
δhij
(2.30)
Ricordando che la Relatività Generale è una teoria invariante
per diffeomorfismi si può dimostrare che il funzionale Ψ [hij (x)]
dipende solo dalla geometria e non dalle coordinate scelte per
descriverla; ovvero in una 3-geometria il funzionale deve essere
lo stesso#per$due metriche connesse da un diffeomorfismo hij →
hij + D χij .
Possiamo introdurre ora il superspazio che è lo spazio delle
configurazioni dell’Universo ovvero lo spazio di tutte le possibili 3-metriche G = Riem (M 3 ), a meno dei loro diffeomorfismi
Dif f (M 3 ) i cui generatori in M 3 sono proprio i vincoli hamiltoniani descritti in precedenza. Nella Relatività Generale e quindi
28
2. Cosmologia quantistica
nella rappresentazione alla W-dW si dimostra l’invarianza per
riparametrizzazione del tempo ovvero per scelte delle superfici
di tipo spazio nella foliazione. Il superspazio[32][38][3] è infinitodimensionale, include al bordo tutte le 3-geometrie singolari e
la quantità Gijkl può essere usata come metrica locale nel superspazio; si può definire inoltre un prodotto scalare interno di
due spostamenti δhij e δh#ij
#
δhij , δh#ij
$
=
(
d3 Gijkl δhij δh#kl
(2.31)
dove Gijkl è il tensore metrico nel superspazio (anche chiamato
tensore supermetrico) ed è l’inverso di Gijkl definito in precedenza per i vincoli hamiltoniani
GijklGklmn = δ ij
mn
(2.32)
Si può pensare quindi tramite l’equazione di W-dW, iperbolica nel superspazio, di specificare la propagazione del funzionale
Ψ [hij (x)] da una ipersuperficie all’altra; in questo senso l’equazione stessa implementa la meccanica quantistica. Nell’approccio canonico il superspazio è associato ad una varietà M 3 fissata, tuttavia sono stati effettuati alcuni tentativi di considerare
cambi di topologia [33]. L’intera teoria è limitata alle cosmologie chiuse in virtù del fatto che nella densità di lagrangiana per
questo modello cosmologico:
√
#
$
hN K ij Kij − K 2 − R(3)
£ (N, Ni , hij ) =
+
(2.33)
16Gπ
+
)
*
)
*, 

√
√
√
∂0
hN + ∂i
hhij Nj − hKN i

+ −2
16Gπ
(
√
+
N hhij (∇j hik − ∇k hij ) dsk .
∂M 3
Il terzo termine si annulla [13][36][39] nel caso in cui la varietà
sia rappresentativa di un Universo chiuso.
2.3 Problemi della WdW
29
Abbiamo mostrato come la dinamica sia descritta dall’equazione di Wheeler-deWitt e come la sua soluzione rappresenti la
funzione d’onda dell’Universo. Ovviamente tutto ciò pone il problema dell’ interpretazione fisica di tale concetto. Ad esempio
non abbiamo piu uno spazio di Hilbert in quanto il prodotto
scalare derivato in precedenza è indipendente dalla scelta della
superficie ma non è necessariamente definito positivo.
Molti tentativi sono stati fatti [46][34][38] per costruire una
teoria che non presentasse soluzioni arbitrarie e la cui verifica
di correttezza, o quantomeno di coerenza, potesse essere ottenuta sviluppando l’approssimazione semiclassica anche perchè non
siamo in grado di ottenere dati concernenti le energie in gioco
per il regime di cosmologia quantistica (scala di Planck). Siccome il superspazio è infinito dimensionale, il formalismo della
gravità quantistica presenta ingenti difficoltà. A causa di questo, la risoluzione dell’equazione di W-dW richiede la riduzione
delle variabili dinamiche dell’Universo ad un numero finito. Cosı̀
facendo, congelando cioè alcuni gradi di libertà, si otterrà uno
spazio delle configurazioni finito dimensionale chiamato anche
minisuperspazio [36]. Si potrebbe pensare al minisuperspazio
come ad un toy model piuttosto che ad una approssimazione;
infatti esso conserva integri alcuni aspetti della teoria completa e ne trascura altri, cosicchè si possano studiare solo alcune
caratteristiche di una teoria per avenre dei risultati significativi
[33][38].
2.3 Problemi della WdW
Uno dei problemi più ardui è decidere cosa significhi in termini fisici la soluzione dell’equazione di WdW. In particolare le
nozioni di tempo e di evoluzione temporale debbono essere introdotte con particolare cautela: l’idea centrale è che il tempo
venga definito come una proprietà interna al sistema gravità più
campo materia piuttosto che essere identificato come parametro esterno nell’Universo. Se pensiamo all’equazione di Wheeler
deWitt come ad un analogo dell’equazione di Schrodinger la dif-
30
2. Cosmologia quantistica
ferenza più evidente è la mancanza di una derivata prima con
un fattore immaginario. Questo è ciò che in meccanica quantistica distingue lo spazio dal tempo: il tempo è rappresentato da
un numero reale mentre le variabili coniugate da un operatore. Cosı̀ anche in teoria quantistica dei campi lo spazio-tempo
giuoca il ruolo di una struttura esterna mentre i campi dinamici
sono rappresentati da operatori. In quantum gravity lo spaziotempo scompare e restano solo i campi quantistici definiti nella
varietà. Nell’equazione di WdW quindi non abbiamo un parametro prediletto per l’evoluzione; questo è solitamente chiamato il
problema del tempo [76]. Una delle principali difficoltà presentate
dalla quantizzazione canonica della gravità consiste nell’assenza
di un parametro esterno di tipo tempo e nella non-unitarietà di
variabili temporali interne. Si può cercare di ovviare a questi inconvenienti ricercando una forma simile all’equazione di Schrodinger, riparametrizzando l’equazione dei vincoli e riscrivendo il
superhamiltoniano come
H = (PA + hA )(PA − hA ) = 0 → PA + hA = 0,
(2.34)
ma cosı̀ facendo si finirebbe per parametrizzare il tempo in maniera arbitraria e non univoca, con una tecnica discutibile e che
presenta difficoltà anche concettuali [74] .
Un altro modo sarebbe di definire il tempo in una condizione
di post-quantizzazione ma in questo caso il prodotto interno
!
"
5(
δ ijkl
3
ijkl δ
-Ψ|Φ, = i
dM Ψ [hij (x)] G
−
G
Φ [hij (x)]
δhij
δhij
x
M3
(2.35)
dato da due soluzioni dell’equazione non può definire in maniera
valida uno spazio di Hilbert in quanto non è definito positivo.
Si potrebbe cercare allora un campo vettoriale che sia un vettore di Killing per la metrica di DeWitt ma si può dimostrare
[77][78] che la varietà di Riemann su cui sono definite le soluzioni non ammette tale vettore; queste difficoltà unite al fatto
1
che, ad esempio, il termine di potenziale |g| 2 R abbia una ambiguità riguardo al segno, porta alla conclusione che il modello
di quantizzazione ad hoc o canonico deve essere riconsiderato.
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3
Loop Quantum Cosmology
Quando il fattore di scala arriva allo zero, la densità di energia
ed il valore della curvatura divergono per cui le leggi della fisica
non sono pù in grado di descrivere del tutto il comportamento
dinamico dell’Universo [45]. Per ovviare alle imprecisioni della
quantizzazione alla W-dW è stato introdotto un nuovo sistema
per la teoria quantistica della gravitazione. Questa teoria prende
il nome di Loop Quantum Gravity (LQG) ed è una teoria non
perturbativa e indipendente dal background [51] per cui un substrato dello spazio-tempo classico continuo è costituito da una
geometria quantistica. Essa consiste nel quantizzare opportunamente le nuove variabili ovvero le olonomie delle connessioni
ed il flusso delle triade alle quali faremo riferimento in seguito.
La discretizzazione della geometria è fondamentale per garantire, quando si è alla scala di Planck, una nuova fisica in grado
di porre rimedio alle singolarità del modello di BB[67][68]; in
modelli chiusi piatti ed aperti [69][71][72] con o senza costante
cosmologica.
32
3. Loop Quantum Cosmology
3.1 Breve introduzione alla Loop Quantum Gravity
Nella geometria della Relatività Generale sulle superfici parametrizzate è definita la metrica qab ed i momenti canonici vengono espressi in termini della curvatura estrinseca come visto nel
modello canonico di Wheeler-deWitt; per parametrizzare tali
superfici (le foglie della varietà) occorre stabilire dei vincoli hamiltoniani invarianti per diffeomorfismi. Possiamo però descrivere una geometria mediante una triade eai ovvero tre campi
vettoriali ortogonali tra loro e normalizzati che obbediscono alle
seguenti condizioni
eai eib = η ba ;
(3.1)
in ogni punto inoltre q ab = eai ebj δ ij è l’inverso della metrica. La
differenza tra la trattazione metrica e la trattazione mediante
triadi è che la triade possiede delle libertà di gauge per la rotazione e per riflessione. Per quantizzare la teoria canonica facciamo riferimento al metodo di Dirac [48] cercando di costruire un
algebra di Poisson per le variabili canoniche coniugate per poi
arrivare alla costruzione di uno spazio di Hilbert. Le nuove variabili canoniche sono state introdotte come una formulazione
6
6 per
a
b 6−1 a
6
triade ma considerando la densità di triade Ei = det ei
ei
che mantiene comunque la libertà di gauge per rotazione e riflessione, garantendo quello che in seguito sarà definito vincolo
di Gauss.
La densità della triade è collegata alla curvatura estrinseca
a
Ki da
7 a
8
Ki (x) , Ejb (y) = 8πGδ bi δ aj δ (x, y) .
(3.2)
La curvatura estrinseca Kai viene sostituita dalla connessione di
Ashtekar Aia = Γia + γKai dove γ è il parametro di BarberoImmirzi [52] il cui valore può essere minore dell’unità e che rappresenta una grandezza inversamente proporzionale all’entropia
di buco nero, dato che il suo valore 0, 24 può essere determinato tramite la termodinamica dei buchi neri stessi [60][61]. Cosı̀
si ottiene una relazione alla Poisson tra i due nuovi insiemi di
variabili dette variabili di Ashtekar [49][50][52]
7 i
8
Aa (x) , Ejb (y) = 8πGδba δ ij δ (x, y) ;
(3.3)
3.1 Breve introduzione alla Loop Quantum Gravity
33
inotre riguardo alla geometria si ottiene che
Eia Eib = q ab det q,
(3.4)
Ora possiamo scegliere lo spazio delle connessioni di Ashtekar
come spazio delle configurazioni. Data la sua struttura, tale spazio permette una quantizzazione indipendente dal background.
Per evitare di avere un’algebra in cui compaiono le funzioni δ,
possiamo introdurre una modifica nelle variabili fondamentali
ottenute in precedenza, mantenendo sempre l’indipendenza dal
background della teoria. Invece che su una regione a tre dimensioni la connessione di Ashtekar viene integrata lungo una linea
chiusa e ed esponenziata seguendo un percorso ordinato
R
he (A) = P ee
τ i Aia ėa dt
;
(3.5)
questa nuova variabile prende il nome di olonomia della connessione; tale olonomia deve essere un oggetto covariante e nella
sua forma gauge invariante costituisce, a meno di un fattore di
normalizzazione, un loop di Wilson
Trhe (A)
(3.6)
da cui prende origine il nome della teoria [53]. In maniera simile, un altro integrale, questa volta attraverso una superficie
bidimensionale, dà origine ad una nuova variabile ricavata dalla
triade, tale variabile è
(
FS (E) = τ i Eia na d2 y
(3.7)
S
e prende il nome di flusso della triade. Ora un’algebra di Poisson
può essere definita e quindi possiamo formare una rappresentazione in uno spazio di Hilbert in cui deve essere mantenuta una
invarianza per il gruppo dei diffeomorfismi, sia per le trasformazioni che concernono le linee chiuse sia per le superfici. Si
può dimostrare [55][56][57][59] che con questi vincoli vi è sempre un’ unica rappresentazione che definisce lo spazio di Hilbert
34
3. Loop Quantum Cosmology
(cinematico). Cosı̀ facendo si può costruire uno spazio in cui gli
stati dipendono dalla connessione usando l’olonomia he (A) come operatore
di creazione
degli stati [54]. Lo spazio di Hilbert
#
$
H = L2 Ā, dµAL è lo spazio delle funzioni a quadrato sommabile delle connessioni in cui la misura di Ashtekar-Lewandowski
dµAL permette una naturale invarianza per diffeomorfismi delle trasformazioni [64] ed in cui il sottospazio Ā è la compattificazione, alle sole funzioni continue, dello spazio originario
A delle connessioni infinito dimensionale. In questo sottospazio
con opportune considerazioni a margine [63] possiamo definire
il prodotto interno:
-f |g, =
(
dµAL (A) f (A)∗ g (A) =
Ā
=
(
SU (2)n
n
5
(3.8)
dµH (hi ) f (h1 , ...., hn )∗ g (h1 , ...., hn ) ,
i=1
dove dµH è la misura di Haar nello spazio duale, spazio cotangente G. Si può dimostrare inoltre [62] che lo spazio Ā è un
sottoinsieme di misura nulla in A.
Dagli operatori di base si possono costituire degli operatori
piu articolati che occorrono per determinare ulteriori stati nella
teoria ad esempio l’operatore area
( 9
AS =
Eia na Eib nb d2 y
(3.9)
S
e l’operatore volume
VR =
( :
det |Eia |d3 x.
(3.10)
R
A livello quantistico si verifica che, come i flussi, l’area ed il volume presentano uno spettro discreto, mostrando che la geometria
spaziale stessa è discreta.
3.2 Applicazione alla cosmologia
35
3.2 Applicazione alla cosmologia
Dal contributo della Loop Quantum Gravity si può pensare ragionevolmente di riferire i concetti di olonomie delle connessioni
e flusso della triade come nuove variabili dello spazio-tempo in
ambito cosmologico per provare se questa nuova trattazione può
scongiurare le immani difficoltà che scaturiscono dalla formulazione precedente (Wheeler-deWitt). La strategia è di porre lo
spazio delle fasi in termini di variabili di Ashtekar come variabili coniugate di modo che la discretizzazione dello spazio-tempo
permetta, alla scala di Planck, di generare un effetto di rimbalzo
delle dimensioni caratteristiche dell’Universo in luogo della singolarità causata dalle divergenze di curvatura ed energia. Tale
comportamento è avvalorato da ulteriori indagini numeriche su
modelli con o senza campo scalare massivo e con o senza costante cosmologica [67][68][71][73]. Per introdurre il nuovo metodo
di quantizzazione definiremo nel caso di k = 0 le nuove variabili che poi quantizzeremo opportunamente e generalizzeremo in
funzione del parametro di curvatura. Posta una varietà spaziale
Σ = R3 fisseremo un settore cubico elementare che chiameremo
ν per ;costruire
delle fasi . Il volume di tale celletta sarà
√ 3 lo spazio
ab
V0 =
q̊d x dove q̊ è la metrica indotta. Date le simmetrie
ν
della metrica FRW possiamo scrivere che:
: −2
−1
Ejb (y) = p q̊V0 3 e̊ai
Aia (x) = cV0 3 ẘai
(3.11)
Una volta riparametrizzate le nuove variabili in modo da riferirsi
alle grandezze cosmologiche osservabili come a ed ȧ, vedremo che
la triade p e la connessione c soddisfano la seguente relazione:
8
{c, p} = πGγ,
3
(3.12)
dove γ è il parametro di Barbero-Immirzi visto in precedenza. In cosmologia il valore delle triadi e delle connessioni è
strettamente legato al fattore di scala a come accennato in
precedenza
2
1
|p| = V03 a2
c = γV03 ȧ
(3.13)
36
3. Loop Quantum Cosmology
Il vincolo gravitazionale in funzione delle nuove variabili può
essere scritto come segue:
) 2* 1
; 3
E ai E bj
2
k
√
(3.14)
Cgrav = −γ d x,ijk
Fab = − γc 2 |p| 2
ν
det|E|
Cmat = 8πG
p2ϕ
3
p2
(3.15)
Dall’equazione dei vincoli, risolvendo in termini di c si ottengono
le equazioni della cosmologia di Friedmann-Raychauduri.
! "2
ȧ
8
= πGρ
a
3
4πG
ä
=−
(ρ + 3p) .
a
3
(3.16)
(3.17)
Le variabili elementari usate in Loop Quantum Cosmology (LQC)
sono come abbondantemente detto, le olonomie delle connessioni e i flussi delle triadi ottenute tramite una funzione di prova
sul contorno della celletta di riferimento ed attraverso una sezione della superficie della stessa. Il contorno verrà definito come
−1
λeak di lunghezza λV0 3 e l’olonomia sarà data da:
! "
! "
λc
λc
(λ)
I + 2 sin
τk
(3.18)
hk = cos
2
2
dove I è una matrice unità 2 × 2 e τ k è una base in un’algebra
di Lie per un gruppo SU(2) con proprietà τ i τ j = 12 ,ijk τ k − 14 δ ij
e dove quindi τ k = − 21 σ k con σ i matrici di Pauli. L’integrale
di flusso diventa proporzionale a p tramite una costante il cui
valore dipende dalla scelta della celletta. Gli elementi della oloλc
nomia e 2 = Nµ formano un’algebra la cui rappresentazione può
essere trovata nello spazio di Hilbert che abbiamo mostrato nel
paragrafo precedente mentre gli elementi Nλ formano una base ortonormale -Nλ1 Nλ2 , = δ λ1λ2 . In questo spazio di Hilbert
possiamo fare una costruzione degli stati per l’operatore p̂:
8
p̂ |µ, = πγlP2 l µ |µ,
6
(3.19)
3.2 Applicazione alla cosmologia
37
L’operatore olonomia agisce invece come
1
1
(λ)
ĥk |µ, = (|µ + λ| + |µ − λ|) I + (|µ + λ| − |µ − λ|) τ k .
2
i
(3.20)
Come nella LQG la strategia è la medesima ovvero scrivere i
vincoli classici in termini delle nuove variabili (di Ashtekar) e
quantizzare il termine del vincolo che comprende l’inverso della
triade.
Il termine:
(
E ai E bj i
2
Cgrav = −γ
d3 x,ijk :
Fab
(3.21)
det |E|
ν
coinvolge la curvatura intrinseca della teoria, mentre il termine
di campo materia
p2phi
Cmat = 8πG 3 .
(3.22)
p2
considera la curvatura estrinseca. Poichè
1 7 i 8
Aa , V
(3.23)
eia =
4πGγ
ed
8
1 7 d ijk
Al ,,̊ ,abc Eia Eib Ekc = 3,ijl ,abd
(3.24)
8πGγ
3
e il volume della celletta è V = |p| 2 possiamo anche scrivere:
=
> *
)
< (sgn p)
E ai E bj
(λ)−1
(λ)
abc k
h
,ijk :
,̊
ẘ
T
r
h
,
V
τi
=
1
c
k
k
3
det |E|
k 2πγGλV0
(3.25)
dimostrando che il termine inverso della triade contiene i termini
della curvatura intrinseca tramite le olonomie delle connessioni
di Ashtekar.
In maniera equivalente consideriamo un loop intorno al perimetro laterale della celletta di lato i − j che forma un pianosezione, attraverso il quale verrà calcolato il flusso per determii
nare il valore del termine Fab
ovvero:
? (λ) (λ) (λ)−1 (λ)−1 @
hi hj hi
hj
k
Fab
= −2 lim T r
.
(3.26)
2
loop→0
λ2 V03
38
3. Loop Quantum Cosmology
Infine possiamo scrivere il vincolo:
0
/
)
=
> *
sgnp <
(λ)
(λ)−1
, V τ i sin (λc)
T r hk hk
lim sin (λc)
loop→0
2πGγ 3 λ3 k
(3.27)
La grandezza di tale area sarà limitata
inferiormente ed il suo
√
2
valore verrà espresso da . = 2 3πγlP l > 0, impedendo cosı̀
la nascita delle fastidiose singolarità. Avremo quindi due nuove
variabili per lo spazio delle fasi
c
β=: ,
|p|
|ν| =
V
2πγlP2 l
(3.28)
con {β, ν} = !2 e gli elementi delle olonomie potranno essere
scritti come eiλβ β
Il vincolo hamiltoniano potrà essere scritto come
Ĉgrav Ψ (ν, ϕ) =
(3.29)
0
@
?
/
6πlP2 l
|ν| ||ν + λβ | − |ν − λβ || sin (λβ β) Ψ (ν, ϕ)
=
sin (λβ β)
γλ3β
Analogamente possiamo scrivere un’equazione Hamiltoniana per
il campo materia:
6
6
2
2 63
27 1
6
3 − |ν − λ | 3
|ν
+
λ
|
V̂ −1 Ψ (ν, ϕ) =
6
β
β 6 Ψ (ν, ϕ) =
64 2πγ 3 λ3
= B (ν) (ν, ϕ)
(3.30)
)
*
Ponendo Ĉgrav + Ĉmat Ψ (ν, ϕ) = 0 possiamo scrivere un’equazione differenziale agli autovalori simile a quella di Schrodinger per la meccanica quantistica ordinaria:
∂ϕ2 Ψ (ν, ϕ) = Θ̂Ψ (ν, ϕ)
(3.31)
le osservabili fisiche saranno il momento del campo scalare
p̂ϕ = −i"
∂
Ψ (ν, ϕ)
∂ϕ
(3.32)
3.2 Applicazione alla cosmologia
39
e il volume della celletta ad un tempo stimato sarà
√
|ν̂|ϕ = ei
Θ(ϕ−ϕ0 )
|ν| .
(3.33)
Tramite un opportuno algoritmo e conoscendo la forma del vincolo gravitazionale si può intervenire in modo numerico determinando il comportamento dinamico del sistema [67][68][69]. Le
principali caratteristiche sono:
• Gli stati semi-classici seguono traiettorie classiche come
nel modello di BB fino a valori di grandezze dell’ordine di
Planck, ad esempio la teoria classica è una buona approssimentre per
mazione fino a valori della curvatura R ∼ 0,3π
2
lP
l
valori maggiori tale approssimazione è insoddisfacente; il
rimbalzo non-singolare avviene ad
√
3
−13, 12
= 0, 82ρP l
→ ρ = ρcr =
R = Rcr =
2
2
lP l
16π G2 γ 3 "
(3.34)
• Gli stati del funzionale Ψ (ν, ϕ) rimangono strettamente
piccati durante l’evoluzione. La dispersione relativa delle
osservabili rimane ridotta sia prima che in seguito al rimbalzo che sostituisce il BB e finanche all’interno di tale
stato l’approssimazione semi-classica è possibile.
• Al confronto gli stati che evolvono in base al modello di
WdW seguono le traiettorie fin dentro la singolarità
In LQC si può scrivere [68] una Hamiltoniana anch’essa semiclassica che descrive la dinamica quantistica con approssimazione eccellente e si può ricavare l’equazione di Friedmann
modificata:
"!
"
!
Λ
k
ρ
Λ
k
κ
2
ρ+ − 2
1−
(3.35)
H =
−
+
3
3
a
ρcr κρcr κρcr a2
dove κ = 8πG = 8π/MP2 l , ρcr = 0, 82MP2 l è la densità critica
di energia in LQG e k è il termine di curvatura del modello. Si
vede che
"
!
Λ
3k
ρ
(3.36)
−
+
ρcr κρcr κρcr a2
40
3. Loop Quantum Cosmology
è il termine di correzione quantistica e quando ρcr tende ad
infinito ciò che è contenuto in parentesi tende ad 1 e ritroviamo il
termine classico dell’equazione di Friedmann. L’equazione per la
conservazione dell’energia invece rimane equivalente al modello
classico
ρ̇ = −3Hρ (1 + w)
(3.37)
in quanto abbiamo trascurato le correzioni all’equazione che governa il campo materia. Anche l’equazione di Raychauduri viene modificata nel modello a loop della gravità quantistica ed
abbiamo:
!
"
κ
2ρ
2Λ
(3.38)
Ḣ = − ρ (1 + w) 1 −
−
2
ρcr κρcr
%
&
2ρ
6
2Λ
3ρ (1 + w) 1
+ 1−
+
−
+
2
ρcr kρcr
ρcr
a
κρcr a4
Lo studio delle soluzioni statiche di queste equazioni verrà approfondito nel quarto capitolo.
3.3 Modelli cosmologici
In base al valore del parametro k = 1 , k = 0 e k = −1 la dinamica cosmologica può cambiare. Nelle equazioni relativistiche k
rappresenta una misura della curvatura dello spazio-tempo ed è
detto indice di curvatura.
Nella LQC sono stati compiuti approcci per elaborare la teoria, onde evitare la singolarità iniziale [73][68][72] considerando
l’indice di curvatura nei casi k = 0, ±1.
Nel caso k = 0 la 3-varietà M è del tipo R3 sulla quale è definita una metrica q̊ab . Lo spazio delle fasi per la Relatività Generale
è una coppia di campi (Aia , Eia ) su M dove Aia è una connessione
su SU (2) ed Eia una triade ortonormale di coordinate; possiamo
scrivere:
:
(3.39)
A = c̃ω̊ i τ i
E = p̃ q̊e̊i τ i ,
dove c̃ e p̃ sono costanti. Si fissa una cella ν i cui valori di
riferimento sono collegati alla connessione e alla triade tramite
3.3 Modelli cosmologici
q̊ab . Posto
2
1
c = V03 c̃ e p = V03 p̃
41
(3.40)
la struttura gravitazionale simplettica sarà
Ω2grav =
3
dc ∧ dp
8πγG
(3.41)
dove V0 è il volume della celletta elementare.
In termini delle nuove coordinate c e p possiamo scrivere le
parentesi di Poisson {c, p} = 8πγG
e le grandezze :
3
) 1*
) 1 *
1
1
−
e
ω ia = (sgnp) |p| 2 V0 3 ω̊ ia
eai = (sgnp) |p |− 2 V03 e̊ai
(3.42)
che sono dette triade e co − triade.
Nella quantizzazione le variabili c e p sono definite analogamente alle variabili canoniche x e p della meccanica quantistica
non relativistica; per la teoria quantistica a loop di Wilson della
gravità le olonomie sono
(µ)
hk = cos
µc
µc
I + 2 sin τ k
2
2
(3.43)
Lo spazio di Hilbert sarà Hcin = L2 (RBohr , dµBohr ) con una base
ortonormale data da funzioni della connessione.
A µc
B
µc
µ! c
N (µ) = e 2 t.c. -N (µ) | N (µ# ), = e 2 | e 2 = δ µµ! .
(3.44)
Un generico elemento dello spazio di Hilbert può essere espresso
come
<
Ψ (c) =
αk N (µk )
(3.45)
k
dove
<
k
|αk |2 < ∞.
(3.46)
Gli operatori fondamentali sono
N̂ (µ) Ψ (c) = exp
iµc
Ψ (c)
2
e pΨ (c) = −ı̀
8πγlP2 l d
Ψ (c)
3 dc
(3.47)
42
3. Loop Quantum Cosmology
µc
esprimendoli in notazione alla Dirac e ponendo eı̀ 2 =< c | µ >
gli autostati di p̂ sono:
p̂ |µ, =
8πγlP2 l
µ |µ, .
3
(3.48)
Tenendo conto del vincolo Cgrav + Cmat = 0 possiamo scrivere
l’equazione:
∂2
Ψ = −Θ̂Ψ (µ, φ)
(3.49)
∂φ2
9
|µ|
3
dove φ = 16πG
ln |µ∗|
+ φ0 e Θ̂ è un operatore alle differenze il
cui spettro è limitato superiormente a π3 G.
La soluzione generale dell’equazione è
(+∞+
,
(s)
−(s)
Ψ (µ, φ) =
Ψ̃+ (k) ek (µ) eiωφ + Ψ̃− (k) ek (µ) e−iωφ dk;
−∞
(3.50)
tale soluzione è simmetrica ed ammette una decomposizione
in una componente progressiva Ψ̃+ ed una regressiva Ψ̃− appartenenti allo spazio di Hilbert L2 (R, dk). Possiamo scrivere
inoltre
√
∂
±i Ψ± = ΘΨ± .
(3.51)
∂φ
Quindi, assunto come parametro iniziale Ψ (µ, φ0 ) = f± (µ) si
può scrivere la soluzione:
√
Ψ± (µ, φ) = e±ı̀
Θ(φ−φ0 )
f± (µ, φ) .
(3.52)
Lo spazio fisico delle soluzioni è costituito dalla parte positiva
(s)
della decomposizione per cui in termini degli autovalori ek (µ)
possiamo scrivere la soluzione esplicita
(+∞
(s)
Ψ (µ, φ) =
Ψ̃ (k) ek (µ) eiωφ
−∞
dove ω 2 =
16π
G
3
# 2
k +
1
16
$
.
(3.53)
3.3 Modelli cosmologici












 
43






























FIGURA 3.1. Evoluzione del modulo della funzione d’onda Ψ in funzione degli autovalori dell’operatore volume µ µo e del campo scalare
φ che gioca il ruolo del tempo.
Il prodotto interno dello spazio fisico è
-Ψ1 | Ψ2 , =
<
B (µ) Ψ̄1 (µ, φ0 ) Ψ2 (µ, φ0 ) . (3.54)
µ∈{±|ε|+4nµ0 ;n∈Z}
Possiamo vedere l’equazione come un problema ai valori iniziali nella variabile tempo φ e risolverlo studiando l’evoluzione
mediante simulazione numerica [69]; il risultato è riportato in
figura 3.1:
Nel caso k = 1 il modello FRW è accoppiato ad un campo
scalare non massivo. Come nel precedente caso il campo scalare può essere utilizzato come tempo emergente e si possono
costruire uno spazio di Hilbert ed una parentesi di Poisson con
le variabili elementari. Gli stati che si vengono a costruire sono
semi-classici per grandi valori della variabile µ. Anche in questo
caso le variabili del modello sono le connessioni Aia = Γia + γKai
dove γ è il parametro di Barbero-Immirzi e la triade Eia . Per
costruire i loops del modello si possono utilizzare le curve integrali della triade di coordinate. La metrica di riferimento per la
44
3. Loop Quantum Cosmology
celletta ν è q̊ab = ω̊ ia ω̊ jb Kij . Le connessioni e la triade sono
:
(3.55)
Aia = c̃ω̊ ia l0−1
e
Eia = p̃ q̊e̊ai l0−2 ,
1
dove l0 = V03 è il lato della celletta di riferimento e la variabile
a2 l2
p è collegata al fattore di scala a mediante la |p| = 4 0 e la
parentesi di Poisson è {c, p} = 8πγG
. La curvatura intrinseca è
3
1
Ωkab = − εkij ω̊ ia ω̊ jb .
4
(3.56)
Lo spazio di Hilbert sarà Hcin = L2 (RBohr , dµBohr ) dove gli
autostati di p̂ sono numerati tramite µ ∈ R in modo che risulti
-Ψ1 | Ψ2 , = δ µ1 µ2 . Uno stato generico può essere identificato
come segue
< (n)
|Ψ, =
c̄1 | µn >
(3.57)
n
dove le c̄(n) C
sono coefficienti complessi. Il prodotto interno è
(n) (n)
-Ψ1 | Ψ2 , = c̄1 c2 e gli operatori fondamentali sono:
n
p̂ |µ, =
8πγlP2 l
µ |µ,
3
ed
exp
iλc
|µ, = |µ + λ, (3.58)
2
L’olonomia delle connessioni per il segmento λl0 tangente ad eak
viene indicata come
µc
µc
(µ)
(3.59)
hk = cos I + 2 sin τ k
2
2
ed il corrispondente operatore
(λ)
ĥk |µ, =
1
1
[|µ + λ, + |µ − λ,] I + [|µ + λ, − |µ − λ,] τ k
2
i
(3.60)
A differenza del modello precedente il loop non può essere realizzato mediante curve
del campo vettoriale e̊ai in quanto
- aintegrali
.
nel caso in esame e̊i ,e̊aj != 0. Con un prodigio geometrico [82]
si ottiene comunque un operatore
"
&
%
!
1
l
k
2 λl0
2
− sin
εkij ω̊ ia ω̊ jb
(3.61)
F̂ab =
2 sin λ c −
2
2
(λl0 )
3.3 Modelli cosmologici
45
Ottenere un’azione esplicita di tale operatore sullo spazio di
Hilbert è però un’operazione articolata [70] per cui per risolvek
re l’eventuale incongruenza che si porrebbe per l’operatore F̂ab
nel caso k = 0 e l = 0, è più conveniente porre le variabili dell’operatore volume espresso in una base |v, ortonormale completa
tale che:
"3
!
8πγ 2 |v| 3
l |v,
(3.62)
V̂ |v, =
6
K Pl
dove a meno di costanti l’autovalore v#è collegato
alla variabile p̃.
$
Si evince la dipendenza dal fattore λ c − l20 per la connessione
mentre il loop ottenuto intorno alla variabile olonomia si ottiene
utilizzando entrambi i campi vettoriali invarianti sia di destra
che di sinistra per cui l’operatore quantistico diventa:
3
2
p̂ Ψ (v) =
!
6
8πγlP2 l
" 23
B (v) Ψ (v)
(3.63)
6
6
# $3
1 63
1
6
dove B (v) = 23 K (v) 6|v + 1| 3 − |v − 1| 3 6 .
L’equazione dinamica del modello è
∂2
Ψ (v, φ) = −Θ̂Ψ (v, φ)
(3.64)
∂φ2
= −Θ̂0 Ψ (v, φ)
πG 1
Θ̂1 [|v − 1| − |v + 1|] Ψ (v, φ)
+
2 B (v)
dove Θ̂ è l’operatore alle differenze. Rispetto al modello precedente lo spettro è discreto e gli autovalori sono non-degeneri
Θ̂ ln (v) = ω 2n ln (v). Θ̂0 è l’operatore relativo al caso k = 0
mentre
/
0
!
" ! "2
6 v 61
µl
µ̄l
1
3
6 6
0
0
Θ1 = 3K sin2
−
|v| − l02 γ 2 6 6
2
2
3
K
(3.65)
46
3. Loop Quantum Cosmology




































FIGURA 3.2. Evoluzione del modulo della funzione d’onda Ψ.
è l’operatore caratteristico del modello k = 1. Una generica
soluzione può essere scritta
,
< + (n)
iωnφ
n
−(s)
−iωnφ
Ψ (v, φ) =
Ψ̃+ (k) e(s)
(v)
e
+
Ψ̃
(k)
e
(v)
e
.
n
−
n
n
(3.66)
Anch’essa può essere decomposta in una serie regressiva Ψ̃n− ed
(n)
una progressiva Ψ̃+ . Esse si possono accoppiare√in una equa∂
zione differenziale agli autovalori ∂φ
Ψ± (v, φ) = ΘΨ± e assumendo il valore iniziale Ψ (v, φ0 ) = f± (v) possiamo scrivere la
soluzione:
√
Ψ± (v, φ) = e ± Θ (φ − φ0 ) f± (v, φ) .
(3.67)
Il prodotto interno dello spazio delle soluzoni è
<
-Ψ1 | Ψ2 ,ε =
B (v) Ψ̄1 (v, φ0 ) Ψ2 (v, φ0 ) . (3.68)
v∈{±|ε|+4n;n∈Z}
L’evoluzione del modello mediante simulazione numerica è riportato in figura 3.2.
Nel caso k = −1 curvatura aperta, il modello a larga scala
può essere costruito partendo dal limite isotropo di una cosmologia di tipo Bianchi V e quindi si può quantizzare impiegando
3.3 Modelli cosmologici
47
tecniche già utilizzate per quantizzare modelli a simmetria sferica. Il modello classico si basa, in maniera equivalente ai precedenti, sulle variabili connessione-triade. Nel modello di Bianchi
la metrica omogenea è
ds2 = −N 2 (t) dt2 + αij (t) ω̊ ia ω̊ jb dxa dxb
dove N (t) è detto funzione di lapse e rappresenta la libertà di
riparametrizzare il tempo mentre ω̊ in sono basi determinate dalla
struttura del gruppo di simmetria cui fa riferimento il modello
in modo che risulti:
1
dω̊ ia = − cihk ω̊ h ∧ ω̊ k .
(3.69)
2
Studiando il limite isotropo[80][81] del modello Bianchi V si
ottiene la metrica:
ds2 = −dt2 + a2 δ ij ω̊ ia ω̊ jb dxa dxb =
#
$
= −dt2 + a2 dx2 + e−2x dy 2 + e−2x dz 2 ,
(3.70)
dove, date le coordinate di base del modello di Bianchi
e̊1 = ∂x ,
e̊2 = ex ∂y ,
e̊3 = ex ∂z ,
(3.71)
ed un algebra di Lie
[e̊i ,e̊j ] = ckij e̊k
(3.72)
troviamo le relazioni tra la metrica omogenea ed i campi vettoriali
(3.73)
e̊ai ω̊ ja = δ ji .
L’insieme canonico delle variabili è formato da una triade ortonormale di coordinate Eia che racchiude l’informazione relativa
alla geometria spaziale del sistema e da una connessione Aia
simmetrica per SU (2). La triade risulta essere
:
Eia = q̊p2 (t)e̊ai
(3.74)
dove e̊ai è la triade fisica ovvero √
la base del modello di Bianchi
cui ci si riferiscementre il fattore q̊ si ricava dalla metrica q̊ab =
ω̊ ia ω̊ ib . La variabile p inoltre è collegata al fattore di scala a
|p̃| = a2 .
(3.75)
48
3. Loop Quantum Cosmology
La connessione è determinata dalla dinamica della metrica spaziale, essa è:
Aia = c̃ (t) ω̊ ia = γKai + Γia
(3.76)
dove Kai è la curvatura estrinseca, γ è il parametro di BarberoImmirzi e Γia = Γij ω̊ ia è la connessione di spin. La connessione Aia
e la triade Eia sono canonicamente coniugate per cui possiamo
ottenere le parentesi di Poisson delle coordinate
7 i
8
Aa (λ) , Eja (µ) = ξγδ ba δ ij (x − y)
(3.77)
che diventa
1
(3.78)
3V0
Rispetto al modello piatto (k = 0) e chiuso (k = 1), il vincolo
di Gauss
{c̃, p̃} = ξγ
Gi ≡ ∂a Eia + εkij Aja Eka =
2V0
p̃ (c̃2 − 1) δ i1
ξγ
(3.79)
non si annulla, per cui riscalando le variabili relativamente alla
1
2
celletta di riferimento di volume V0 si ottiene p = V03 p̃ e c = V03 c̃
e quindi:
2
1
{c, p} = ξγ
e
p = V03 a2 .
(3.80)
3
Grazie a questo, ora possiamo definire il volume della celletta di
riferimento in relazione al fattore di scala:
3
Vcell = V0 a3 = |p| 2 .
(3.81)
Passando alla quantizzazione del modello risulta che l’olonomia
è equivalente ai modelli precedenti (k = 0) e (k = 1) ovvero
hi = cos
µc
µc
I + 2 sin τ i
2
2
(3.82)
dove τ i sono i generatori del gruppo di simmetria SU (2) tali
che [τ i , τ j ] = εkij τ k . Lo spazio di Hilbert può essere costruito
dall’operatore p̂ in modo che
!
" ! " 23
ξγ"
|v|
p̂ |v, =
|v,
(3.83)
6
K
3.3 Modelli cosmologici
49
mentre gli autostati dell’operatore volume saranno
V̂cell |v, =
!
ξ"γ
6
" 23
|v|
|v, .
K
(3.84)
Un generico elemento dello spazio può essere definito come segue
( <
|Ψ, =
Ψ (v, φ) |v, φ,
(3.85)
v
L’equazione del modello quantistico è un equazione differenziale
agli autovalori del tipo:
)
*
∂2
Ψ (v, φ) = −Θ̂Ψ (v, φ) = − Θ̂0 − Θ̂−1 Ψ (v, φ) ,
∂φ2
(3.86)
dove Θ̂0 è l’equivalente dell’operatore Θ̂ nel caso k = 0. La
generica soluzione può essere scritta come segue:
Ψ (v, φ) =
(+∞!
−∞
e
−(ω−ω ∗ )2
2σ2
iωφ∗
e
iωφ
eω (v) e
"
dω
(3.87)
Un grafico descrivente l’elusione della singolarità iniziale che
compare nella teoria classica (non-quantistica) è riportato in
figura 3.3, in esso si evidenzia un’evoluzione degli stati semiclassici mediante una simulazione numerica.
50
3. Loop Quantum Cosmology

!#!






Ν
Φ



FIGURA 3.3. Evoluzione del modulo della funzione d’onda Ψ.
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4
Soluzioni statiche in LQC in regime
semiclassico
Nel limite semiclassico le equazioni della dinamica cosmologica
descritte in precedenza (3.35)−(3.38) possono essere viste come
le equazioni classiche di Friedmann-Raychaudury modificate da
termini correttivi. In questo capitolo studieremo tali equazioni
e verificheremo l’esistenza di soluzioni statiche. Studieremo tali soluzioni come punti critici del sistema dinamico non lineare
preso in considerazione, ne caratterizzeremo la stabilità e descriveremo come i sistemi fisici di partenza evolvono verso condizioni statiche oppure verso punti di singolarità. Esamineremo
quindi il caso di Universo di tipo Einstein statico.
Il modello Einstein statico in Relatività Generale (RG) è un
modello chiuso di Friedmann–Robertson–Walker (FRW). E’ noto che tale soluzione è instabile per perturbazioni omogenee [83]
mentre risulta neutralmente stabile per perturbazioni scalari
non omogenee e per perturbazioni vettor-tensoriali [84]. Tale
modello è stato recentemente riconsiderato nell’ambito del cosiddetto modello di emergent universe per il seguente motivo.
Il modello cosmologico standard presenta una geometria piatta
dopo un periodo iniziale di inflazione, preceduto dalla singolarità del big bang. Le osservazioni non consentono tuttavia di
52
4. Soluzioni statiche in LQC in regime semiclassico
scartare l’ipotesi che l’Universo primordiale potrebbe avere avuto curvatura spaziale non nulla. Il modello di emergent universe
generalizza il modello elaborato da Eddington–Lemaıtre [85]; in
esso la singolarità iniziale viene evitata e l’andamento asintotico al passato conduce ad una soluzione statica di Einstein che
dunque risulta fondamentale per tale modello.
Lo studio dell’esistenza e della stabilità della soluzione Einstein statico e di sue generalizzazioni è stato considerato recentemente in teorie modificate della gravità alla Gauss-Bonnet
[88], in teorie f (R) [86][87] ed in ambito di teorie tipo HoravaLifshitz[89][90].
Considerando studi gia presenti in letteratura [75] come punto
di riferimento, saranno esaminati modelli cosmologici con geometria di tipo chiuso (k = 1) verificandone i punti critici. Si procederà quindi ad uno studio dettagliato dei modelli cosmologici
nei casi k = 0 e k = −1 al fine di ottenere una visione panoramica completa. Una volta trovati i nuovi punti critici del sistema
ne evidenzieremo le condizioni d’esistenza. Passeremo quindi a
studiarne la stabilità tramite il teorema di Hartman-Grobmann
(Appendice B) che permette di caratterizzare la dinamica di un
sistema non lineare tramite il relativo sistema linearizzato; a tale scopo si procede alla linearizzazione del sistema dinamico ed
all’analisi del sistema linearizzato tramite lo studio degli autovalori della matrice Jacobiana. Infatti, in base agli autovalori che
tale matrice fornisce, i punti critici in esame manifesteranno una
dinamica differente. Le soluzioni tipiche verranno espresse sotto
forma di esponenziali con argomento che dipende dagli autovalori. Essa può variare dall’essere di tipo stabile per autovalori
con parte reale negativa, instabile per autovalori con parte reale
positiva o neutra (indifferente) oscillante se dovessero emergere
autovalori puramente immaginari uguali ed opposti.
4.1 Studio dei punti di equilibrio del sistema con k=1
53
4.1 Studio dei punti di equilibrio del sistema con
k=1
Il sistema di partenza risulta:
"!
"
!
1
ρ
Λ
3
κ Λ
2
+ − 2
1−
−
−
(4.1)
H =
3
3
a
ρcr κρcr κρcr a2
ρ̇ = −3H (p + ρ) = −3Hρ (1 + w)
(4.2)
!
"
κ
2ρ
2Λ
Ḣ = − ρ (1 + w) 1 −
+
(4.3)
−
2
ρcr κρcr
&
%
2Λ
3ρ (1 + w) 1
6
2ρ
+
−
−
+ 1−
2
ρcr κρcr
ρcr
a
κρcr a4
Lo spazio delle configurazioni di questo sistema è uno spazio in
tre dimensioni 3-d nelle variabili a, ρ e H .
Il sistema ammette le seguenti soluzioni statiche (ȧ = Ḣ =
ρ̇ = 0):
ρGR =
ρLQ =
2Λ
κ(1+3w)
2(Λ−κρc )
κ(1+3w)
a2GR =
a2LQ =
2
κρGR (1+w)
2
κρLQ (1+w)
la prima rappresenta l’Universo statico Einstein della Relatività
Generale mentre la seconda rappresenta una nuova soluzione
ottenuta dall’introduzione della LQC. Le condizioni affinchè tali
soluzioni esistano sono le seguenti:
GR
LQ
Λ>0
Λ<0
Λ < κρcr
Λ > κρcr
w > − 13
−1 < w < − 13
−1 < w < − 13
w > − 13
e seguono imponendo che ρ > 0 e a2 > 0.
Possiamo notare che nell’ambito della LQC è possibile che
esista una soluzione di tipo Einstein statico anche in presenza
di una costante cosmologica nulla, infatti per Λ = 0 i punti
fissi nel caso di nuova formulazione sono comunque presenti ma
instabili [75].
Riscriviamo il sistema riducendo il numero di equazioni a due,
trovando a2 = f± (ρ, H) dall’equazione di Friedmann modificata
54
4. Soluzioni statiche in LQC in regime semiclassico
per la LQC e sostituendo nella (??rienmann)). Tale procedimento ci permette di considerare il sistema come localmente planare
ovvero di passare dallo spazio delle configurazioni iniziale 3-d ad
un sottospazio 2-d grazie all’implementazione dell’equazione di
vincolo (?? rienmann)):
con
LQ ρ̇ = −3Hρ (1 + w) Ḣ = F+ (ρ, H)
GR ρ̇ = −3Hρ (1 + w) Ḣ = F− (ρ, H)
!
"
κ
2ρ
2Λ
6
−
+
+
F± (ρ, H) = − ρ (1 + w) 1 −
2
ρcr κρcr
κρcr f± (ρ, H)
%
&
1
2ρ
2Λ
3ρ (1 + w)
+
1−
(4.4)
−
+
f± (ρ, H)
ρcr κρcr
ρcr
Lo studio degli autovalori della matrice Jacobiana del sistema
linearizzato intorno ai punti fissi porta ai seguenti risultati:
:
(4.5)
λLQC = ± (κρcr − Λ) (1 + w)
:
λGR = ± Λ (1 + w)
(4.6)
Per cui la soluzione corrispondente all’Universo statico di Einstein della Relatività Generale è instabile (punto di sella) quando Λ > 0 e w > − 31 oppure neutralmente stabile quando Λ < 0 e
−1 < w < − 31 esattamente come accade in Relatività Generale.
Invece, la soluzione statica derivante dalle correzioni di loop
quantum cosmology è instabile (punto di sella) quando Λ < κρcr
e −1 < w < − 13 oppure neutralmente stabile quando Λ > κρcr
e w > − 13 .
4.2 Studio dei punti di equilibrio del sistema con
k=0
Il modello a geometria piatta è un modello interessante poiché
presenta in sé tutte le principali caratteristiche dovute ai termini
correttivi introdotti dalla LQC. Le equazioni cosmologiche di
riferimento sono le seguenti:
4.3 Studio dei punti di equilibrio del sistema con k=-1
"!
"
ρ
Λ
κ Λ
+
1−
−
H =
3
3
ρcr κρcr
ρ̇ = −3H (p + ρ) = −3Hρ (1 + w)
!
"
κ
2ρ
2Λ
Ḣ = − ρ (1 + w) 1 −
−
2
ρcr κρcr
!
2
55
(4.7)
(4.8)
(4.9)
In particolare, è per questo modello che viene definito il parametro ρcr in termini dei parametri fondamentali della teoria; il
suo valore in unità di masse di Planck alla quarta è ρcr 3 0.82.
Come si vede dall’equazione (4.7) quando ρ = ρcr l’Universo
manifesta un rimbalzo (bounce) evitando la singolarità iniziale.
Tuttavia essendo k = 0, esso ovviamente si differenzia dai casi
k = ±1 per l’assenza di tutti i termini in cui il fattore di scala compare esplicitamente. Tale sistema non ammette soluzioni
statiche.
4.3 Studio dei punti di equilibrio del sistema con
k=-1
Il sistema di partenza risulta:
"!
"
!
1
ρ
Λ
3
κ Λ
2
1−
(4.10)
+ + 2
−
+
H =
3
3
a
ρcr κρcr κρcr a2
ρ̇ = −3H (p + ρ) = −3Hρ (1 + w)
(4.11)
!
"
κ
2ρ
2Λ
Ḣ = − ρ (1 + w) 1 −
−
−
(4.12)
2
ρcr kρcr
&
%
2Λ
3ρ (1 + w) 1
6
2ρ
+
(4.13)
−
+
− 1−
2
ρcr κρcr
ρcr
a
κρcr a4
ammette due soluzioni statiche:
(1)
2Λ
κ(1+3w)
cr −Λ)
− 2(κρ
κ(1+3w)
ρ ES =
(2)
ρLQ =
(1+3w)
(1) 2
aES = − Λ(1+w)
(1+3w)
(2) 2
aLQ = κρ +κρ
cr
cr w−Λ−Λw
Seguendo il procedimento adottato nel paragrafo precedente è
facile mostrare che tali soluzioni sono punti critici del sistema
56
4. Soluzioni statiche in LQC in regime semiclassico
(4.12)-(4.13) una volta implementato il vincolo (4.11). Anche
in questo caso l’implementazione del vincolo passa attraverso
la soluzione dell’equazione di Friedmann per a2 , permettendo
di suddividere lo spazio delle fasi in due sottospazi ognuno dei
quali conterrà un punto critico. In figura (4.1) è rappresentata
la superficie bidimensionale individuata dall’equazione di Friedmann per una determinata scelta dei parametri, al di sopra ed
al di sotto di essa sono rappresentate (opportunamente traslate per renderle più evidenti) le due superfici in cui essa viene
suddivisa. Di seguito sono riportate le condizioni necessarie per
FIGURA 4.1. Splitting della superficie di Friedmann nel caso
k = −1, Λ = −100, w = −2, κ = 25.13274123, ρcr = 0.82.
garantire l’esistenza di punti critici:
(1)
Λ<0
(2) Λ < κρcr
w < −1
w < −1
La soluzione contraddistinta dall’indice (1) trova riscontro anche
nella teoria classica, essa è la soluzione Einstein statico. Sebbene
sia storicamente definita per k = 1, essa esiste anche nel caso
di universi di tipo aperto. Probabilmente ciò è dovuto al fatto
che tale soluzione richiede una costante cosmologica negativa e
un’equazione di stato lineare con w < −1, la cosiddetta phantom
energy.
4.3 Studio dei punti di equilibrio del sistema con k=-1
57
La soluzione contraddistinta dall’indice (2) è totalmente nuova ed è presente esclusivamente in LQC. E’ interessante notare
come, a differenza del caso classico, tale soluzione esista anche
per valori Λ positivi ma comunque inferiori a κρcr .
Lo studio degli autovalori della matrice Jacobiana del sistema
valutato nei punti critici può essere effettuato anche in questo
caso. Esso porta ad ottenere due coppie di equazioni dalle quali
scaturiscono i seguenti risultati:
:
(4.14)
λ(1) = ± Λ (1 + w)
:
λ(2) = ± κρcr + κρcr w − Λ − Λw.
(4.15)
Gli autovalori λ(1) sono reali ed opposti quando Λ < 0 e w < −1.
dunque il punto fisso (1) esiste ed è un punto instabile di tipo
sella. In figura 4.2 sono rappresentate le orbite del sistema non
linearizzato ottenute tramite integrazione numerica per un’opportuna scelta dei parametri e delle condizioni iniziali vicine al
punto critico.
rho
2.0
1.5
1.0
!0.5
0.0
H
0.5
FIGURA 4.2. Orbite del sistema dinamico vicino al punto critico (1).
I parametri sono Λ = −100, w = −2, κ = 25.13274123.
Gli autovalori λ(2) hanno parte reale nulla e parti immaginarie uguali in modulo e opposte in segno quando Λ < κρcr
58
4. Soluzioni statiche in LQC in regime semiclassico
e w < −1 per cui la soluzione rappresenta un centro di stabilità per il sistema linearizzato. Sebbene il punto critico in esame
non sia iperbolico, la stabilità della soluzione può essere studiata
mediante integrazione numerica. Il risultato di tale integrazione, per un’opportuna scelta di condizioni iniziali vicine al punto
critico, è rappresentato in figura 4.3. Osserviamo che le orbite
restano confinate in un intorno della soluzione statica che risulta dunque avere equilibrio stabile nel senso di Liapunov. Anche
0.60
0.55
rho
0.50
0.45
0.40
0.35
!0.4
!0.2
0.0
H
0.2
0.4
FIGURA 4.3. Orbite del sistema dinamico vicino al punto critico (2)
con parametri Λ = −10, w = −2, κ = 25.13274123.
nel caso di valori di Λ positivi, purché inferiori a κρc , questa
soluzione resta stabile come si evince dalla figura (4.4). Questo
risultato mostra ancora una volta che i termini correttivi di ordine superiore presenti nelle equazioni di Friedmann modificate,
ottenute dalla LQC in regime semiclassico, contribuiscono ad ottenere nuove soluzioni cosmologiche statiche con caratteristiche
di stabilità differenti da quelle del caso classico.
Per concludere soffermiamoci su un’importante riflessione. Sebbene anche in altre teorie modificate della gravità siano state
trovate nuove soluzioni cosmologiche statiche tali studi si limi-
4.3 Studio dei punti di equilibrio del sistema con k=-1
59
0.25
rho
0.20
0.15
0.10
!0.4
!0.2
0.0
H
0.2
0.4
FIGURA 4.4. Orbite del sistema dinamico vicino al punto critico (2)
con parametri Λ = 10, w = −2, κ = 25.13274123.
tavano a prendere in esame solamente modelli di universi chiusi.
Il nostro risultato suggerisce la possibilità di trovare ulteriori soluzioni statiche nel caso di modelli aperti o addirittura piatti per
opportune scelte dei parametri di ciascuna teoria.
60
4. Soluzioni statiche in LQC in regime semiclassico
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Conclusioni
In questa tesi sono stati studiati modelli cosmologici omogenei ed isotropi nell’ambito della Loop Quantum Cosmology in
regime semiclassico. Tali modelli sono descritti dalle equazioni
di Friedmann-Raychauduri modificate, nelle quali sono presenti
termini correttivi di ordine superiore derivanti dalla formulazione con i loop di Wilson della teoria quantistica di partenza. Sono
state trovate tutte le soluzioni statiche possibili per questi modelli. Di queste alcune erano già presenti in letteratura altre non
erano ancora state considerate. Sono state individuate le condizioni di esistenza per tali soluzioni in termini dei parametri dei
modelli.
Le soluzioni trovate sono state studiate utilizzando la teoria
dei sistemi dinamici; infatti le equazioni di partenza sono state
riportate sotto forma di sistemi dinamici autonomi bidimensionali, implementando opportunamente un’equazione di vincolo.
Le soluzioni statiche trovate sono punti stazionari di tali sistemi dinamici, la loro stabilità è stata descritta linearizzando le
equazioni e calcolando gli autovalori dello Jacobiano valutato
nei punti critici.
E’ stato mostrato come il modello chiuso, ovvero con k = 1,
62
4. Soluzioni statiche in LQC in regime semiclassico
ammetta due punti critici, uno dei quali corrisponde alla soluzione Einstein statico della Relatività Generale. A seconda dei valori assegnati ai parametri Λ e w, tali punti sono alternativamente
un centro di stabilità ed una sella.
Il modello cosmologico piatto (k = 0) non ammette l’esistenza
di soluzioni statiche.
Il modello cosmologico aperto (k = −1) è caratterizzato comunque da due punti critici, uno corrispondente alla soluzione
Einsten statico della Relatività Generale ed un altro di origine prettamente quantistica. Ciascuno dei due punti presenta un
caratteristico tipo di equilibrio.
Dallo studio della coppia di autovalori λ(1) si è visto che il
punto critico corrispondente esiste ed è instabile (di tipo sella)
per Λ < 0 e w < −1.
Invece la coppia di autovalori λ(2) corrispondenti al punto di
natura esclusivamente quantistica, ha parte reale nulla e parti
immaginarie uguali in modulo e opposte in segno per Λ < κρcr
e w < −1. La soluzione rappresenta un centro di stabilità per il
sistema linearizzato anche nel caso di valori di Λ positivi purché inferiori a κρc . Sebbene il punto critico in esame non sia
iperbolico, la stabilità della soluzione è stata confermata mediante integrazione numerica. Questo risultato mostra ancora
una volta che i termini correttivi di ordine superiore, presenti
nelle equazioni di Friedmann modificate, ottenute dalla LQC in
regime semiclassico, contribuiscono ad ottenere nuove soluzioni
cosmologiche statiche con caratteristiche di stabilità differenti
da quelle del caso classico.
I risultati presentati nel capitolo quarto sono riassunti nella
tabella (4.1), dove la coppia di autovalori corrispondenti ad ogni
punto critico è stata indicata con il simbolo λ± (con λ− = −λ+ ).
Le nuove soluzioni considerate sono state evidenziate in colore
rosso.
Alla luce dei risultati ottenuti sarebbe interessante verificare
l’eventuale esistenza di soluzioni analoghe nell’ambito di altre
teorie modificate della gravità (nel caso di modelli di Universo
aperto o addirittura piatto) e studiarne la stabilità in termini
dei parametri della corrispondente teoria.
4.3 Studio dei punti di equilibrio del sistema con k=-1
k
GR
LQ
Λ
1
>0
1
<0
-1
<0
1 > κρc
< κρc
-1 < κρc
w
λ+
Re(λ+ ) Im(λ+ )
w > −1/3
>0
=0
−1 < w < −1/3
=0
>0
w < −1
>0
=0
w > −1/3
=0
>0
−1 < w < −1/3
>0
=0
w < −1
=0
>0
63
λ−
Re(λ− ) Im(λ− )
<0
=0
sella
=0
<0
centro
<0
=0
sella
=0
<0
centro
<0
=0
sella
=0
<0
centro
Tabella 4.1. Condizioni di esistenza e stabilità dei punti critici dei
modelli considerati.
Riultati interessanti si potrebbero ottenere inoltre da un ulteriore e più completo studio dello spazio delle fasi di questi
modelli che contempli l’analisi della stabilità di tutti i possibili
punti critici ed il comportamento asintotico delle soluzioni.
64
4. Soluzioni statiche in LQC in regime semiclassico
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Appendice A
La costante cosmologica
I primi tentativi di descrivere l’Universo tramite gli strumenti
della Relatività si devono allo stesso Einstein, il quale nel 1917
aveva ottenuto le seguenti equazioni.
1
Rµν + Rgµν = 8πGTµν
(A.1)
2
La sorgente di energia-impulso può essere modellata come un
fluido perfetto, specificando il valore della densità ρ e della pressione p nel sistema di riferimento. Il tensore energia-impulso per
tale fluido è
Tµν = (ρ + p) Uµ Uν + pgµν
(A.2)
dove Uµ rappresenta il quadrivettore velocità. Le equazioni di
Einstein danno origine quindi alle equazioni di Friedmann:
e
! "2
ȧ
k
8πGρ
+ 2 =
a
a
3
(A.3)
ä
4πG
=
(ρ + 3p)
a
3
(A.4)
66
Appendice A
Ma come abbiamo già detto la convinzione che l’Universo fosse
statico era talmente radicata che Einstein decise di introdurre un termine correttivo al fine di trovare ua soluzione statica
ȧ = 0. Questo termine era la cosiddetta costante cosmologica
Λ[92]. Tale parametro agiva con effetti repulsivi, per evitare che
l’Universo collassasse sotto la spinta della attrazione gravitazionale prodotta dalla materia in esso contenuta, ridefinendo cosı̀
le equazioni viste in precedenza
1
Rgµν − Λgµν + Rµν = 8πGTµν
2
(A.5)
Alla luce di tutto questo le equazioni di Friedmann possono
essere riscritte:
! "2
ȧ
8πGρ Λ
k
2
H =
+ + 2
(A.6)
=
a
3
3
a
e
4πG
Λ
ä
=−
(ρ + 3p) +
(A.7)
a
3
3
Queste equazioni ammettono una soluzione statica con curvatura spaziale positiva e tutti i parametri ρ, p e Λ non negativi; tale
soluzione è chiamata Einstein Statico. Inoltre, come si capı̀ successivamente, la soluzione cosı̀ ottenuta era instabile, nel senso
che una perturbazione anche infinitesima avrebbe finito per amplificarsi e fare allontanare sempre di più la soluzione da quella
statica. Quando fu scoperta l’espansione di Hubble, fu eliminata l’esigenza di un Universo necessariamente statico ed Einstein
ammise che la costante cosmologica era stato il più grande errore
della sua vita.
Può una costante del genere, matematicamente consistente,
avere un qualunque significato fisico? Il suo effetto sarebbe quello di una sorta di antigravità, e quindi a prima vista assurdo. In
Relatività Generale, la sorgente di gravità non è data solo dalla
materia-energia, ma anche dalla pressione, che si combinano nel
termine (ρ + 3p) (in opportune unità). Per avere “antigravità”
abbiamo bisogno o di una massa-energia negativa, o di una pressione negativa. Non conosciamo particelle che abbiano massa o
67
energia negativa, ma si può in qualche modo ottenere una pressione negativa; l’energia di vuoto, generando pressione negativa,
potrebbe quindi fornire il fattore che cerchiamo. Si dimostra infatti che un termine di energia di vuoto inserito nelle equazioni
di Einstein genera un termine di costante cosmologica. Otteniamo un limite superiore per Λ imponendo che la densità totale di
massa-energia (inclusa quella di vuoto) non sia molto maggiore del valore della densità critica; se cosı̀ non fosse, l’Universo
sarebbe in espansione ad un ritmo molto maggiore di come lo
vediamo oggi.
Possiamo esprimere questo limite con la diseguaglianza:
ΩΛ " 1.
(A.8)
E’ dimostrabile un’ evidenza osservativa a favore di una costante cosmologica? Fino a una decina di anni fa la risposta sarebbe
stata “no”, a parte per un aspetto a prima vista secondario.
La costante cosmologica sembrava quindi una delle più grosse
sciocchezze mai inventate: introdotta da Einstein per salvare
il suo pregiudizio estetico, era stata accantonata alla scoperta dell’espansione dell’Universo. La costante cosmologica è un
parametro che si presenta con l’unità di misura dell’inverso di
una lunghezza al quadrato l−2 . Accantonata l’idea classica essa
venne reintrodotta dai cosmologi, studiosi dei fenomeni di alte
energie, come termine di energia di vuoto, il suo valore teorico
tuttavia risultava in disaccordo con il limite osservativo per 120
ordini di grandezza.
Ogni teoria o modello prevede un contributo per la densità
dell’Universo che riporta alla costante cosmologica tramite la:
Λ=
8πG
ρ
c4 vuoto
(A.9)
La meccanica quantistica assegna alla densità il valore dell’energia dello stato fondamentale 21 !ω: per la teoria quantistica
4
dei campi è ρ ≈ !kmax
, mentre per il modello elettrodebole di
erg
Salam-Weinberg viene riportato ρEW ≈ (200GeV )4 ≈ 3·1047 cmq
fino ad arrivare in prossimità del tempo di Planck ad un valore
4
erg
della densità ρP l ≈ (1018 GeV ) ≈ 2 · 10110 cmq
. Risulta inoltre
68
Appendice A
[91] che il 70% circa della massa-energia dell’Universo (oggi) è
sotto forma di costante cosmologica!
Le osservazioni inoltre mostrano che l’espansione dell’Universo sta accelerando, ed indicano in effetti la presenza di una costante cosmologica positiva. Il valore osservato è maggiore di
zero, ma enormemente più piccolo di quello che ci si aspetta dal
punto di vista della fisica teorica elencato in precedenza, circa
10−120 volte.
#
$4
erg
|ρoss | ≈ 10−12 GeV ≈ 2 · 10−10
cmq
(A.10)
Questa scoperta ha dato nuovo impulso alla ricerca teorica sulla
natura della costante cosmologica.
L’alternativa in questo momento è la cosiddetta quintessenza:
la maggior parte dell’energia dell’Universo sarebbe immagazzinata in un campo quantistico scalare, il quale non è in una
configurazione di equilibrio ma evolve lentamente verso l’equilibrio. In queste condizioni il campo non può oscillare, dando cosı̀
origine a particelle osservabili. In questo caso si preferisce parlare di energia oscura, che crea un termine effettivo di costante
cosmologica. Questo campo di ricerca è in piena espansione, e
potrà dare più di una sorpresa nei prossimi anni.
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Appendice B
Introduzione ai sistemi dinamici
E’ utile riconsiderare le equazioni dinamiche della cosmologia
come un sistema dinamico autonomo al fine di evidenziare determinate caratteristiche.
A tal fine si rende necessaria un’introduzione alla teoria dei
sistemi dinamici applicabile alla cosmologia .
Sia X uno spazio metrico.
Un sistema dinamico (continuo) è una famiglia di mappe invertibili ad un parametro φt : X → X, t ∈ R, tali che:
• φ0 = Id
• φt1 +t1 = φt1 + φt2 ,
• φ−t = (φt )−1 ,
∀t1 , t1 ∈ R
∀t ∈ R.
Un sistema dinamico che non dipende esplicitamente dal tempo è detto autonomo.
Sistemi dinamici di particolare interesse sono generalmente
nella forma di spazi vettoriali su X espressi nella forma:
ẋ = f (x).
(B.1)
70
Appendice B
Lo spazio delle fasi X può essere una varietà differenziale (sfera, toro, etc.).
Più semplicemente si può avere uno spazio X = Rn , x =
(x1 , .., xn ), nel cui caso l’equazione (B.1) rappresenta un sistema
di equazioni differenziali ordinarie. Quindi le mappe ad un parametro considerate in precedenza sono interpretabili dal flusso
dell’equazione(B.1).
Una soluzione di equilibrio detta punto fisso o punto critico è
un punto x ∈ X tale che f (x) = 0.
Uno degli obbiettivi principali della teoria dei sistemi dinamici
è determinare l’andamento futuro, asintoticamente (i.e. t → ∞),
poiché siamo interessati all’andamento a lungo termine dei corrispondenti sistemi fisici. Nell’ambito cosmologico si è interessati
anche all’andamento asintotico di un sistema avvicinandosi alla
singolarità iniziale. Seguono due definizioni.
Una soluzione x(t) di un sistema dinamico è detta (Liapunov)
stabile se, dato ε > 0, allora esiste un δ = δ(ε) tale che, per ogni
altra soluzione, y(t), che soddisfa la relazione |x(t0 )−y(t0 )| < δ,
vale |x(t) − y(t)| < ε per t > t0 , t0 ∈ R. Una soluzione che
non è stabile è detta instabile.
Una soluzione x(t) di un sistema dinamico è detta asintoticamente stabile se è stabile secondo le condizioni di Liapunov
e se esiste una costante b > 0 tale che, se |x(t0 ) − y(t0 )| < b
allora limt→∞ |x(t) − y(t)| = 0. Queste definizioni tuttavia non
ci forniscono un metodo per determinare se una soluzione sia
stabile o meno. Ulteriori informazioni possono essere ottenute
esaminando le proprietà locali dei flussi in prossimità dei punti
critici o di equilibrio.
Consideriamo un’equazione differenziale lineare ẋ = Ax su
Rn , dove A è una matrice n × n di numeri reali, definendo tre
sottospazi di Rn :
sottospazio stabile
sottospazio instabile
sottospazio neutro
E s = span(s1 , ..., sns )
E u = span(u1 , ..., unn )
E c = span(c1 , ..., cnc )
(B.2)
dove s1 , ..., sns sono autovettori generalizzati di A i cui auto-
71
valori hanno parte reale negativa, u1 , ..., unu sono autovettori
generalizzati i cui autovalori hanno parte reale positiva mentre
c1 , ..., cnc hanno autovalori con parte reale nulla. Chiaramente
E s ⊕ E u ⊕ E c = Rn e
x ∈ Es
x ∈ Eu
⇒
⇒
lim exp(At)x = 0
t→+∞
lim exp(At)x = 0.
(B.3)
t→−∞
Questa è la descrizione dell’andamento asintotico di un sistema lineare: tutti gli stati iniziali nel sottospazio stabile sono
attratti dal punto di equilibrio, mentre tutti gli stati iniziali nel
sottospazio instabile sono respinti.
Passando ai sistemi non lineari (B.1), una volta che un’equazione differenziale è stata linearizzata intorno ad ogni punto di
equilibrio e la loro stabilità determinata, l’andamento del sistema risultante è determinato dal teorema di Hartman-Grobman
per i sistemi non lineari.
La linearizzazione di (B.1) per un punto di equilibrio x è data
da
ẋ = Df (x)(x − x)
(B.4)
dove D è la derivata di f . Quando un punto di equilibrio x è
iperbolico, cioè, quando tutti gli autovalori di Df (x) hanno parte reale non nulla, il teorema di Hartman-Grobman assicura che,
in un intorno di x, esiste un omomorfismo che mappa l’orbita
del flusso generata dall’equazione differenziale non-lineare originaria in un’orbita di un sistema equivalente lineare che preserva
l’orientamento dell’orbita (tali orbite sono dette topologicamente equivalenti). Quindi le proprietà di un sistema dinamico non
lineare prossimo ad un punto critico di tipo iperbolico, sono
descrivibili dalla linearizzazione di tale sistema nel punto.
72
Appendice B
This is page 73
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