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UNITA’ PASTORALE “BEATA TERESA di CALCUTTA”
Parrocchie di: PIEVE MODOLENA-RONCOCESI-S. PIO X-CAVAZZOLI
Anno Pastorale 2013-14
Progetto Pastorale per Educarci alla vita Fraterna e di Comunione.
L’Unità Pastorale: casa e scuola di comunione e relazioni fraterne
LA COMUNITÀ’ DELLE ORIGINI
MEDITAZIONE SUGLI ATTI DEGLI APOSTOLI
A CURA DI GIOVANNA BONDAVALLI
(2,42-47)
Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e
nelle preghiere. 43Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli
apostoli. 44Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45vendevano le loro
proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46Ogni giorno erano
perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e
semplicità di cuore, 47lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno
aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.”
Dagli Atti degli Apostoli
“42
(4,32-35)
La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e
nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. 33Con
grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano
di grande favore. 34Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case
li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto 35e lo deponevano ai piedi degli
apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno
Dagli Atti degli Apostoli
“32
(5,12-16)
Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare
insieme nel portico di Salomone; 13nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.
14
Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne,
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tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché,
quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro. 16Anche la folla delle città
vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti
venivano guariti. “
Dagli Atti degli Apostoli
“12
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RIFLESSIONE SUI TESTI
Questi tre brani descrivono l’idea di Luca delle prime comunità cristiane. Per comprendere meglio
questi brani dobbiamo rileggerli e osservare nel testo due aspetti: anche tenendo conto del tema
che si sta affrontando e che ci sta accompagnando.
Uno è il modo in cui gli Atti descrivono le relazioni dentro queste comunità in particolare:
 Come fa la Chiesa di Gerusalemme (la Chiesa degli amici di Gesù), a vivere la comunione?
 Quali gesti, parole, atteggiamenti, usa Luca per descrivere questo?
Il secondo aspetto è la reazione degli altri di fronte a questa gente:
 Che cosa ci racconta il libro degli Atti su questo?
Quando Luca mette insieme il libro degli Atti l’idea è quella di aiutare la Chiesa a fare memoria
delle sue origini, e lo fa raccontando la storia, quindi non inventandosela, facendo riferimento alla
vera storia della Chiesa delle Origini, della Chiesa di Gerusalemme, la Chiesa degli amici di Gesù
rimasti senza di Lui. Quindi quello che abbiamo letto adesso non è una favola, è un riferimento a
una vicenda di Chiesa vera.
Luca a questo racconto delle Origini, questo richiamo alla storia delle origini delle Chiese, ci mette
insieme un’altra idea: quella di poter costruire, in base a queste vicende passate, un progetto di
Chiesa che vada bene adesso (7.55), che non sia solo aprire un album di ricordi per vedere
com’eravamo bravi prima e come siamo diversi adesso.
Questo vale per la comunità, la parrocchia per cui scrive Luca e vale anche per le nostre
parrocchie; oggi quando apriamo gli Atti degli Apostoli, in particolare queste pagine, il primo
rischio che corriamo davanti a questi testi e che ci giustifichiamo dicendo che all’epoca era tutto
diverso, che non avevano gli oratori, il catechismo e le strutture che abbiamo oggi, che adesso
siamo in tanti e prima erano in pochi (anche se Luca parlava di “una moltitudine”, ma comunque
meno di adesso), ma non possiamo cancellare e azzerare tutto; un altro rischio è dire “beh,
bisogna ritornare ad essere così”, rischiando di fermarci però e dimenticare invece che Luca scrive
guardando la sua Chiesa, come oggi noi siamo chiamati a tirare fuori da qui alcuni elementi per la
nostra Chiesa, quella di adesso.
Questi frammenti degli Atti che abbiamo letto, provano a tracciare quindi un progetto di Chiesa.
Provano a rispondere alle domande:
Cos’è che fa la Chiesa?
Quali sono le cose essenziali per essere Chiesa?
Luca risponde alla sua maniera. Non ha scritto una teoria, ma ci ha fatto vedere in pratica come
una comunità concreta ha provato a incanalare queste cose “teoriche”.
Nei versetti che abbiamo letto c’è proprio questo bisogno di rispondere alla domanda che è già una
domanda importante per la comunità di Luca ed è fondamentale anche per le nostre di comunità:
Cosa sono quegli elementi senza i quali la parrocchia non esiste?
2
Qui non si parla mai di Chiesa: negli Atti la parola ‘Chiesa’ arriva dopo. Noi sappiamo dai capitoli
successivi che questo gruppo di persone quando hanno provato a darsi un nome si è chiamato ‘ la
via’, ‘la strada’, perchè era un gruppo di persone che si riconoscevano dal fatto di andare dietro a
qualcuno che aveva tracciato un cammino, e quel qualcuno era Gesù.
Qui Luca usa una parola per descrivere queste persone: i ‘credenti’, cioè quelli che avevano
cominciato ad attaccarsi, a credere a Gesù, quelli che avevano iniziato a costruire questo rapporto
di fiducia con Gesù, così importante nella loro vita.
Questi credenti sono insieme, vivono insieme questo rapporto così importante, costruiscono un
gruppo e questo gruppo, secondo Luca, ha delle caratteristiche precise che lui prova a sottolineare
e lo si nota in questi tre brani presi dai capitoli 2,4 e 5 del libro degli Atti, come se Luca ha piacere
di sottolinearle.
Da notare: tutti questi tre brani sono all’imperfetto, ed è una prima cosa importante, perchè
vuole dire che Luca non sta fotografando quella Chiesa di un certo momento, ma vuole descrivere
uno stile, non fissare un attimo, ed ecco perchè utilizza il tempo verbale dell’imperfetto; questo è
uno stile, non una cartolina.
Quali sono, secondo la proposta di Luca alla sua parrocchia, gli elementi che fanno la Chiesa?
Secondo Luca sono 4 +1/ piloni: (13.38)
1. L’insegnamento degli apostoli: lo dice il primo di questi brani:“[…] prodigi e segni
avvenivano per opera degli apostoli. […]”.
Nel secondo brano:
“[…] gli apostoli davano testimonianza della risurrezione […] ”,
Lo dice anche nel terzo brano:
“[…] Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli.[…]”.
Questa comunità è una Chiesa dove ci sono delle persone che hanno dei compiti ( oggi diremmo
che hanno dei carismi), specifici, chiari e dove ci sono delle vocazioni precise di cammino e c’è un
insegnamento che da dei paletti, che fa da linea di fondo.
Ma dalle riflessioni di Luca impariamo che questo insegnamento non è fatto solo di parole, c’è
sicuramente un testo, e nel primo capitolo degli Atti ci fa vedere che cos’erano queste parole
ovvero che è il tentativo di dire a tutti la buona notizia di Gesù e il tentativo di far vedere che
quella buona notizia faceva diventare vera la parola di Dio, quella rivolta ai nostri padri per tanto
tempo.
Ma Luca non ci dice che è soltanto questione di parlare: questo insegnamento non è fatto soltanto
di dottrina, ma è fatto di segni, di gesti. All’inizio del libro degli Atti sentiamo Pietro parlare, ma
anche fare dei gesti, guarire delle persone ( vedi terzo brano); è fatto anche di testimonianze,
testimonianze della resurrezione del Signore, cioè di un annuncio che non è più dentro la comunità
ma è per tutti, anche fuori e che porterà qualcuno a dare testimonianza con coraggio a della gente
che non è d’accordo.
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Quindi, l’insegnamento è il primo elemento che caratterizza questa comunità; il richiamarsi a
delle parole comuni che sono però anche dei gesti, una testimonianza resa per parlare con
schiettezza della resurrezione di Gesù agli altri.
2.
La comunione: è il secondo elemento su cui Luca si sofferma di più, forse perchè è quello di
cui la sua parrocchia ha più bisogno. Queste persone, dice insistentemente Luca, vivono davvero
una vita di comunione, vivono la comunione tra di loro. La parola ‘comunione’ non la troviamo
detta proprio così, ma sappiamo che però appartiene al vocabolario della prima Chiesa.
Che cosa c’è alla base della comunione? Ce lo dice un testo del Nuovo Testamento, la prima
lettera di Giovanni (1, 3-7) :
“[…] 3quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche
voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù
Cristo. 4Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta. Questo è il
messaggio che abbiamo udito da lui e che ora vi annunziamo: Dio è luce e in lui non ci
sono tenebre. 6Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre,
mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. 7Ma se camminiamo nella luce, come egli è
nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci
purifica da ogni peccato. […]“
Cosa ci dice questo testo? Che la comunione tra di noi, secondo le prime comunità cristiane, non è
un qualcosa che la Chiesa costruisce, perchè si mettono insieme delle persone che hanno un
carattere simile e vanno d’accordo, ma che la radice della comunione è in Dio; la comunione
prima di tutto è il legame che unisce il Padre e il Figlio, e poi attraverso Gesù diventa il
legame che attacca ognuno di noi e noi tutti insieme a Dio e di conseguenza diventa il
legame che ci attacca tra di noi.
Questo non è un discorso astratto, perchè per Luca questo concetto è molto concreto, perchè lui
vuole dire che se siamo capaci di vivere la comunione, noi facciamo vedere Dio agli altri.
Se noi non siamo capaci di vivere la comunione noi non siamo più la profezia di Dio,
perchè Dio è comunione.
Luca, che non è per i concetti teorici ma è per il pratico, non fa questo discorso teorico ma ci dice
bene che cosa vuol dire vivere la comunione, che vuol dire due cose, che è molto chiaro nei brani
che abbiamo letto:
- Tutti stavano insieme;
- Avevano un cuore solo e un anima sola;
- Tutti erano soliti stare insieme.
Quindi il primo aspetto di fare comunione è essere insieme, ovvero essere persone che ci
siano davvero con tutte se stesse in relazione con gli altri.
Se si è capaci di stare bene insieme e di provare a stare bene insieme, allora si diventa il seme
della presenza di Dio, perchè per Luca essere insieme, non vuol dire essere tutti uguali e pensare
tutti allo stesso modo.
Più avanti, sempre nel libro degli Atti, salta fuori infatti che non tutti andavano sempre d’accordo e
a stare insieme si faceva fatica, ma il far vedere agli altri che si cercava di andare avanti insieme
anche nelle diversità, per Luca è un seme della presenza di Dio.
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2. Il secondo aspetto è che avevano ogni cosa in comune. Vendevano le loro proprietà e le
dividevano con tutti secondo il bisogno di ciascuno; nessuno considerava sua proprietà quello che
gli apparteneva ma tutto fra di loro era in comune.
Nel capitolo 4, versetto 34, c’è scritto che nessuno tra di loro era bisognoso perchè quelli che
possedevano cose le vendevano, e portavano il ricavato che veniva distribuito a ciascuno secondo
il suo bisogno.
Cosa fa vedere Luca? Innanzitutto che dietro questo modo di fare la comunione come
condivisione ‘della roba’ c’è prima un atteggiamento di condivisione; l’idea che la ricchezza divide e
che bisogna invece trovare dei modi per riallacciare la comunione: avevano un cuore solo e un
anima sola e avevano ogni cosa in comune; se non si è persuasi di questo non si può costruire
una comunione.
Luca ci dice anche due modi concreti di mettere in comune:
- mettere in comune quello che si ha;
- andare a vendere e poi distribuire;
e più avanti negli Atti si vede un altra modalità:
- dare quello che uno ha per aiutare quelli che sono più in difficoltà.
Non è una scelta di distacco dalle cose, ma è una scelta di servizio; il criterio è che non ci
deve essere nessuno che ha bisogno, non che per noi la roba non è importante.
La misura della condivisione è il bisogno dell’altro.
Questo è uno degli elementi che per Luca caratterizza il tipo di Chiesa ed è anche uno degli
elementi su cui ci ritroviamo di più leggendo questi testi.
3. Spezzare il pane. Spezzare il pane è fondamentale nella vita della prima comunità, diventa
proprio una caratteristica; Luca dice che non è semplicemente uno spezzare il pane, che già è
fondamentale come gesto della comunità che la riallaccia a Gesù, ma il versetto 47 del secondo
capitolo dice che il pane va spezzato in casa, quindi la vita delle prime comunità ha un luogo
caratteristico: la casa della gente.
E’ vero: i primi cristiani vanno a pregare al tempio di Gerusalemme, ma quando devono fare la
cosa più importante, quella che la riallaccia a Gesù, la fanno a casa; il luogo in cui ci si incontra
per incontrarsi, per pregare, per stare insieme.
Questa è una Chiesa che fa comunione ma che contemporaneamente è capace di decifrarsi, di
vivere nelle case delle persone, e la misura della casa è una misura piccola, di gente che si
conosce e si guarda in faccia.
4. La preghiera. È strettamente legato all’aspetto dello spezzare il pane insieme in casa.
Nel brano del capitolo 2 infatti si dice: “erano perseveranti nelle preghiere” e anche “erano
perseveranti insieme nel tempio”; si prega insieme.
Il libro degli Atti ci ha lasciato, proprio in questi capitoli ( precisamente all’interno del capitolo 4), la
prima preghiera cristiana.
Pietro e Giovanni vengono arrestati e poi liberati e i cristiani non sanno cosa fare e si ritrovano
insieme a pregare; il pregare e il ritrovarsi insieme per affrontare le scelte e le difficoltà
che ci sono è l’elemento costitutivo di questa prima Chiesa.
Gli Atti, proprio nei primi capitoli, parlano di un senso di timore; non di paura, ma l’essere
consapevoli di essere sempre davanti al Signore. Una preghiera che si vive insieme ma dove
si vive anche una relazione continua con Dio, e questo fa comunità.
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Allora cosa fa la comunità? La parola, l’insegnamento, l’annuncio, la comunione, lo
spezzare il pane, la preghiera.
Questi elementi che fanno la comunità hanno delle ricadute esterne perchè in tutti i passaggi
andiamo a sapere che fare Chiesa in questo modo fa si che un’altra persona si interroghi.
Luca dice “la gente li guardava, parlava bene di loro, li osservava, e in tanti si avvicinavano ”;
questa è una Chiesa che fa interrogare la gente, un po’ come ha fatto Gesù. Molti sono
contenti di andare incontro a questa gente, ma altri li guardano con un po’ di sospetto ( soprattutto
chi ha del potere).
Don Alberto Altana diceva: “Una Chiesa che vive seriamente questi tre passaggi del libro degli Atti
è una Chiesa che fa dire agli altri tre cose: guardate come si amano, guardate come ci ama, e
soprattutto chi ve lo fa fare?”.
La prima Chiesa suscita queste domande e Luca dice che la gente iniziò ad avvicinarsi.
Bisogna chiedersi se anche la nostra comunità sono capaci ancora oggi di far fare
agli altri queste domande; avere un tempo da riflettere, per meditare e condividere.
Allora abbiamo bisogno di riorganizzare le nostre comunità.
Se dovessimo pensare quali sono le cose che fanno la nostra parrocchia;
cosa dicono di noi?; partiamo da queste parole di Luca per riflettere e
trovare le risposte.
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