Stati Uniti d`America, New York. Tra il 6 giugno 1946 e il 3 agosto
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Stati Uniti d`America, New York. Tra il 6 giugno 1946 e il 3 agosto
Stati Uniti d’America, New York. Tra il 6 giugno 1946 e il 3 agosto 1949 nasce il basket moderno. La palla e il canestro già c’erano. Ma in quegli anni dopo la fusione tra leghe professionistiche nasce l’NBA. La precedente Basketball Association of America diventa National Basketball Association. Il 1 novembre del 1946 Ossie Schectman segnava il primo canestro della prima partita di questa storia. Oggi quella storia tutta americana è diventata innegabilmente anche la nostra. Alle Olimpiadi di Barcellona del 1992 l’America si presenta con una squadra che conta per la prima volta giocatori NBA come Michael Jordan, Larry Bird, Magic Johnson. Il basket americano da allora non è più solo americano e l’NBA diventa una bandiera le cui stelle e strisce sono di tutti. Da qui inizia un’altra storia. Convinti che the ball don’t lie. Immagini a Canestro 1990 – 2015 non è solo un titolo per dire e dare senso a venticinque anni dalla globalizzazione del basket. Immagini a Canestro è la prima mostra in collaborazione con NBA sul basket come performing arts, attraverso atti e scene di un copione di successo i cui trenta campi di gioco hanno attraverso la comunicazione un’unica platea: il mondo. Una mostra non solo di immagini ma anche di suoni, di musica. Per allestire la tradizione del basket attraverso la tecnologia restituendoci seppure con squadre e giocatori distanti e diversi la stessa emozione di sempre che proviamo quando andiamo a giocare in un playground con davanti agli occhi le loro immagini a canestro. Dal 1990 al 2015 il basket è cambiato in America e qui da noi in Europa. Il valore dei giocatori e le regole di gioco sono (purtroppo) diverse ma c’è qualcosa d’importante che ha unito i campi: l’idea che questo sport sia uno spettacolo. Scenografia e coreografia, velocità e tecnica sono ancora e sempre più drammaticamente perfetti. Perché il basket è tempo e al tempo stesso lotta contro di esso. Il basket è tempo perché anche quattro decimi di secondo possono essere diversi da quello precedente e fare la differenza dopo 47 minuti e 59 secondi. Il basket è sospensione dove saltare due centimetri in più di un avversario alto 210 cm può significare provare l’esperienza del volo. Il basket è colore. Amore per il colore altrui. Non solo integrazione razziale ma anche il suo superamento. Infine il basket è verità. Il merito arbitra. Non c’è pareggio e nessuna mediazione: the ball don’t lie. La mostra è allestita come un campo di gioco la cui colonna sonora sono i sounds of the game, divisa in quattro quarti con dieci temi e quaranta video istallazioni. Come primo curatore italiano di una mostra americana mi sento con la palla in mano in lunetta a tempo scaduto con due tiri liberi. Posso sbagliare il primo. Ma non il secondo. Tra l’uno e l’altro tiro il pensiero rimbalza. Immagini a Canestro. Ripenso alla prime scene del film Space Jam dove il piccolo Michael Jordan stacca in terzo tempo sotto lo sguardo del padre. Questa mostra è un omaggio ai padri e ai figli che giocando a basket insieme credono che saltare più in alto è possibile. Massimiliano Finazzer Flory Regista e attore. Curatore della mostra.