Lettera aperta di una professoressa dell`Einaudi

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Lettera aperta di una professoressa dell`Einaudi
Lettera aperta di una professoressa dell'Einaudi
Cari amministratori locali,
sono una insegnante in pensione, ma ho insegnato per più di 30 anni all'Einaudi e vedendo quel che sta succedendo
mi sento in dovere di farvi conoscere quella realtà che è particolare, difficile e grandiosa al tempo stesso, affinché le
Vostre scelte sull'edilizia scolastica in provincia siano supportate da una riflessione più profonda e consapevole.
I motivi da Voi addotti sono validissimi, ma le soluzioni possono essere diverse.
Già in passato l'Istituto Einaudi è stato collocato in più sedi, quindi non è una esperienza nuova, conosciamo bene
tutti i problemi che ciò comporta e per questo abbiamo fatto lunghe lotte per uscire da quella fase di grande disagio
ed abbiamo trovato nella sede di Viserba un luogo vero per una buona didattica che permettesse la serenità che una
scuola deve avere ed abbiamo trovato un buon equilibrio per rispondere ai molteplici bisogni degli studenti.
Perchè l'Einaudi non è una scuola qualunque: è un'istituzione del territorio che si è fatta carico di includere tutti, dalle
eccellenze che non sono state ben capite nella scuola media, agli alunni scartati da altre scuole, perchè magari erano
in crisi adolescenziale o scoraggiati da problemi familiari ed economici, oppure studenti che altre scuole non erano
preparate ad includere, come gli alunni diversamente abili.
Lo sforzo che il personale della scuola fa ogni giorno per educare, istruire, motivare e tenere insieme le diverse
istanze è eroico. L'organizzazione è molto complessa e richiede uno sforzo del personale tutto, che lavora con grande
disponibilità, collaborazione, dialogo e richiede uno scambio veloce di informazioni, fondamentali per la sicurezza ed il
buon funzionamento delle lezioni. L'interazione che c'è fra il personale di questa scuola non esiste in nessun altra
scuola: questa, con tanti alunni disabili, è necessità fondamentale, ma per fare ciò è necessario avere una struttura
adeguata che permetta ad ognuno di interagire con gli altri e di costruire un'attività didattica personalizzata.
In passato è successo (quando avevamo quattro sedi) che alunni disabili siano scappati, allontanandosi dall'Istituto
nel cambio dell'ora, che è il momento di maggior fragilità per la scuola. Gli insegnanti per legge sono ritenuti
responsabili anche se devono cambiare classe: basterebbe questo per rifiutare la proposta della provincia.
Far girovagare gli alunni per tre sedi comporta uno smembramento ed una confusione che onestamente una scuola
così complessa non si può permettere: provate a pensare solo ai bisogni “igienici” di alcuni disabili che dovrebbero
essere seguiti dal personale ATA preposto ad aiutarli in queste situazioni, ciò mette in scacco la dignità delle persone.
Inoltre l'integrazione con i compagni di classe sarebbe, con la soluzione da Voi proposta, molto più difficoltosa e ciò
non è a vantaggio di nessuno, poiché nello stare tutti insieme in armonia, anche i normodotati imparano valori
fondamentali quali l'accoglienza del diverso, la solidarietà, l'attenzione all'altro e la responsabilità nei confronti del più
debole che ci fa essere tutti uomini e donne migliori.
Questi sono valori troppo importanti per essere messi in crisi da una emergenza edilizia.
Uno studente intervistato ha detto che l'Einaudi è una grande famiglia che non si può smembrare: Vi assicuro che non
è sentimentalismo o demagogia, è così! Perché l'Einaudi si è fatta carico di alcuni problemi spinosi del territorio
diventando una istituzione sociale che, in modo solidaristico, ma anche altamente professionale, ha costruito la scuola
della complessità, affinché ogni studente possa trovare una risposta alle proprie esigenze, aspirazioni e propensioni,
crescendo in un ambiente che lo aiuta ad affrontare la vita in ogni sua dimensione.
Se vogliamo migliorare la vita di ognuno dobbiamo partire dagli ultimi, anche se costruire risposte per loro è più
impegnativo e faticoso, ma è così che si ristabilisce la giustizia e l'equità sociale: quando la vita ed il destino tolgono,
noi siamo chiamati a riequilibrare, attraverso i nostri diversi compiti, le situazioni di sofferenza, dando le risposte più
adeguate.
Conoscendo la grande sensibilità e disponibilità con le quale Voi avete gestito fin qui la “cosa” pubblica, vi chiedo uno
sforzo di creatività e di coraggio per non privare dell'opportunità di una buona didattica coloro che ne hanno più
bisogno.
Cari saluti
In fede
Anna MariaT. Angelini