lo sport come strumento trasversale di diplomazia culturale nel
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lo sport come strumento trasversale di diplomazia culturale nel
Fra dittatura e democrazia: lo sport come strumento trasversale di diplomazia culturale nel secondo dopoguerra. All’interno del panorama della storia delle relazioni internazionali, in particolar modo a partire dal secondo dopoguerra, la diplomazia culturale ha assunto una crescente rilevanza. Anche a causa della pluralità di attori e strategie coinvolte, tale concetto è stato declinato in diverse sfumature e ha dato adito a differenti letture. Gli strumenti “culturali” che possono essere impiegati dagli stati nel perseguire obiettivi di politica estera e aumentare la propria influenza nell’ambito delle relazioni internazionali sono, infatti, molteplici, a fronte della varietà di ambiti in cui le relazioni culturali si possono manifestare. Dall’arte, all’istruzione, dalla ricerca scientifica allo sport, gli scambi che possono avere luogo fra Paesi diversi sono innumerevoli; e nel momento in cui vengono collegati a precise strategie di politica estera dei Paesi stessi, assumendo così una forte connotazione “politica” e non più soltanto culturale, entrano a pieno titolo nell’alveo della diplomazia e delle relazioni internazionali. Fra questi strumenti, lo sport ha assunto, nel corso degli anni, una particolare rilevanza strategica. Data la sua natura fisica e non verbale, esso, infatti, rappresenta un linguaggio universalmente comprensibile e ciò ha favorito la sua diffusione a livello globale. Pur essendo un fenomeno politicamente periferico, che non intacca cioè le relazioni vitali degli Stati, la sua elevata visibilità nel mondo contemporaneo ha fatto dello sport un elemento da tenere in considerazione nelle relazioni internazionali, nonché un potenziale strumento diplomatico. Proprio in virtù del suo successo mondiale, lo sport può rivelarsi quindi come uno strumento particolarmente efficace all’interno del framework della diplomazia culturale. Inoltre, la sua caratteristica di “basso profilo” politico ha ampliato la platea degli attori che ne hanno fatto uso, andando a comprendere Paesi con sistemi politici molto differenti e in contesti geografici molto distanti, confermando così la sua caratteristica di universalità e trasversalità. Lo sport, sebbene possa essere considerato come una condizione sufficiente per la diplomazia solo in casi eccezionali – se lo fosse si potrebbero risolvere molti problemi semplicemente organizzando eventi sportivi – può quindi svolgere un ruolo davvero efficace come facilitatore, e rivelarsi un eccezionale strumento tattico, dall’alto profilo simbolico, che può agire sia come “lubrificante”, per rafforzare o migliorare relazioni diplomatiche già esistenti, sia come “rompighiaccio” per agevolare la ripresa delle stesse. Nel corso della storia lo sport si è quindi rivelato un prezioso strumento diplomatico. In particolare, nel sistema delle relazioni internazionali emerso dopo la fine del secondo conflitto mondiale, caratterizzato dall’affermazione di nuovi attori e strumenti potenzialmente utili agli stati per rafforzare le loro relazioni reciproche, lo sport ha assunto un ruolo di rilievo tanto nei sistemi autoritari quanto in quelli democratici, e in differenti aree geografiche. La trasversalità dello “strumento sportivo”, in termini geografici, temporali e politici, può essere quindi considerata come una caratteristica fondamentale nel suo impiego anche a livello diplomatico. In questo panel verranno presi in considerazione tre casi di studio in cui lo sport si è rivelato funzionale a obiettivi di politica estera. Il primo caso preso in esame sarà quello della Spagna franchista nel secondo dopoguerra; in seguito, si analizzeranno le strategie funzionali al boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca 1980, poste in essere dall’amministrazione Carter nei confronti dei paesi africani. Infine, verrà preso in considerazione il caso della Corea del sud e l’uso strumentale dei grandi eventi sportivi a supporto degli obiettivi diplomatici, tanto da parte dei regimi autoritari quanto dei governi democratici che si sono succeduti alla guida del paese. Chair: Francesco Davide Ragno (Università di Bologna) Relatori: Juan Antonio Simòn Sanjurjo (Universidad Europea de Madrid) Nicola Sbetti (Università di Bologna) Marco Milani (Università di Bologna) Discussant: Daniele Serapiglia (Universidade Nova de Lisboa) Juan Antonio Simón, Atleti della diplomazia, ambasciatori dello sport: il Ministero degli Affari Esteri della Spagna e la politica sportiva durante il franchismo Il fallimento del progetto di socializzazione dell’attività fisica e dello sport all’interno della popolazione spagnola, e l’assenza di un numero rilevante di sportivi con il prestigio necessario per raggiungere trionfi internazionali, relegò lo sport, durante il franchismo, al ruolo di strumento di propaganda, attraverso il quale il regime cercò di migliorare la propria debilitata immagine internazionale. Per quanto riguarda tale aspetto, fra il 1939 e il 1975, il Ministero degli Affari Esteri giocò un ruolo determinante nel tentare di mettere in pratica una strategia di diplomazia sportiva che aiutasse a rafforzare la politica estera del franchismo. Questo lavoro analizza il ruolo di tale organismo all’interno della politica sportiva del franchismo e come il suo comportamento fece enormi progressi durante questa decade, in maniera parallela alle necessità dello Stato per quanto riguarda la politica internazionale. A supporto di ciò, verrà inoltre analizzato in modo specifico il coinvolgimento di tale organismo nell’appoggio alla candidatura olimpica di Madrid per i Giochi Olimpici del 1972. Nicola Sbetti, Sport e diplomazia culturale nell'Italia del dopoguerra, 1943-1953 «Fu solo a distanza di qualche anno che mi resi conto di quanto dovevo a Bartali». Così nelle sue memorie l'Ambasciatore Quaroni sottolinea come lo sport - ignorato dalla costituente e associato al fascismo - svolse nell'immediato dopoguerra un importante ruolo di diplomazia culturale, favorendo il ritorno della legittimazione internazionale dell'Italia. La ricerca, soffermandosi sulle relazioni che si svilupparono fra il Governo, la diplomazia, le istituzioni sportive e gli atleti, vuole evidenziare come l'Italia repubblicana fu in grado di sviluppare una coerente e pragmatica "politica estera sportiva" che come dimostrano l'assegnazione dei Giochi di Cortina 1956 e Roma 1960 - fu assai più efficace della auto-celebrata "politica sportiva" del regime fascista. Marco Milani, Lo sport come strumento di diplomazia culturale in Corea del sud, 1988-2018 All’interno del panorama della diplomazia culturale lo sport rappresenta uno strumento di elevata efficacia, e, in tale contesto, il caso della Corea del sud rappresenta un esempio particolarmente rilevante. A partire dagli anni ottanta, infatti, i diversi governi che si sono succeduti alla guida del paese hanno utilizzato in maniera sempre crescente lo sport ed i grandi eventi sportivi in supporto ai propri obiettivi di politica estera. Se il punto di partenza di tale processo può essere identificato nell’organizzazione delle Olimpiadi del 1988, i giochi olimpici invernali previsti per il 2018 a Pyeongchang confermano l’importanza che tale strumento ha assunto nel corso degli ultimi decenni. L’obiettivo di questo saggio è quindi quello di delineare in prospettiva storica come alcuni grandi disegni di politica estera sudcoreana siano stati supportati da iniziative di diplomazia culturale in ambito sportivo. In primo luogo, si affronterà l’impatto dell’organizzazione delle Olimpiadi del 1988 sulla politica di apertura diplomatica del presidente Roh Tae-woo verso i paesi appartenenti al blocco comunista, con Cina, URSS e, ovviamente, Corea del nord in primis. Successivamente, si passerà ad analizzare come lo “strumento sportivo” sia stato utilizzato dal presidente Kim Dae-jung, all’interno della sua politica di apertura verso la Corea del nord. Infine, ci si concentrerà sulla candidatura olimpica di Pyeongchang, in quanto simbolico coronamento del processo di affermazione della Corea del sud come media potenza sullo scenario regionale e globale.