Il canale in cabina di regia

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COMPUTER DEALER &
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Computer Dealer & Var
Martedì 15 Novembre, ore 17.18
Le nostre newsletter
Il canale in cabina di regia
Con l'avvio del digitale terrestre forse ci sarà poco spazio per le
vendite di hardware e infrastrutture
ma molto nel settore degli applicativi di interattività: specializzatevi
in Mhp
Valerio Mariani
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Il 31 gennaio 2006 sarà la prima occasione per fare
un punto della situazione sul digitale terrestre. Per
quella data è previsto il passaggio alla nuova
tecnologia di trasmissione televisiva nelle regioni
pilota, Sardegna e Val d'Aosta, per almeno il 70%
della popolazione. Il segnale analogico sarà spento
per tutta la popolazione delle due regioni entro fine
luglio. La scadenza successiva è prevista per il 31
dicembre dello stesso anno, data in cui si dovrebbe
assistere al passaggio al digitale in tutta Italia, o almeno nelle zone
raggiunte dal segnale. Le date sono state decretate dalla legislazione
(legge n. 5 del 23 gennaio 2001, n.66 del 20 marzo 2001 e la legge
Gasparri, la n.112 del 3 maggio 2004) e hanno recepito la normativa
prevista dall'Unione europea che agevola la diffusione del digitale
terrestre in tutti i Paesi del Vecchio Continente.
È probabile che la scadenza del 31 dicembre 2006 venga
"ridimensionata" per consentire ai broadcaster di completare la
mappatura del territorio. Attualmente, la Rai sostiene di aver
raggiunto il 70% di copertura e i dati di vendita segnano quota tre
milioni di decoder installati garantendo un tasso di penetrazione nelle
famiglie del 15 per cento. La rivoluzione riguarderà oltre 20 milioni di
abitazioni e circa 50 milioni di apparecchi televisivi e questo dato, da
solo, fa comprendere il valore della transazione al digitale terrestre.
Ma c'è di più. Raramente abbiamo assistito a una rivoluzione
tecnologica che non richiedesse uno sforzo, culturale oltre che
economico, all'utente. Per usufruire dei servizi accessibili mediante il
digitale terrestre, infatti, non bisogna cambiare l'infrastruttura
tecnologica: il segnale arriva dall'antenna che abbiamo sempre usato
e si fruisce del servizio mediante un apparecchio ben noto, il
televisore.
L'unico investimento richiesto al consumatore è il decoder, con una
spesa media intorno a un centinaio di euro, destinata a calare
rapidamente. Un minimo sforzo per dotarsi di una tecnologia in grado
di modificare profondamente l'interazione con l'apparecchio televisivo.
L'utente, infatti, diviene uno spettatore attivo, in grado di fruire
istantaneamente e facilmente di ogni tipo di servizio. Andiamo
dall'acquisto diretto dei prodotti commercializzati all'home banking,
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dalla assistenza sanitaria al t-government. Il range di servizi fruibili è
vastissimo e, forse, ancora difficile da immaginare. Ciò che interessa
agli operatori del settore, in particolare agli sviluppatori, è che il
digitale terrestre rappresenta il primo passo effettivo verso una
convergenza totale dei contenuti digitali, siano essi fruibili via Tv (con
antenna o parabola), via pc, via telefonino cellulare.
Servizi applicativi
Impossibile che lo stesso servizio risulti indipendente dal dispositivo?
Non è detto, almeno con queste premesse. Lo standard di
trasmissione, infatti, è ben definito e si chiama Dvb (Digital video
broadcasting) e così lo standard di sviluppo per gli applicativi, il Mhp
(Multimedia home platform). Certo, a ben vedere ci sono ancora
alcune zone buie, per esempio per quanto riguarda i decoder o la
sicurezza, e il "fattore" Windows Media Center, che per ora non parla
con gli applicativi Mhp anche se qualcosa sta cambiando (vedi pag.
61) ma, rispetto al travaglio di altre tecnologie It, il digitale terrestre
sembra avere una strada spianata di fronte a sè.
«Il digitale terrestre è ancora un bambino che sta
diventando un adolescente» sostiene Sebastiano
Trigila, coordinatore del progetto digitale terrestre
per la Fondazione Ugo Bordoni, incaricata
ufficialmente dal ministero delle Comunicazioni di
elaborare e proporre strategie di sviluppo nell'ambito
della comunicazione. Dello stesso avviso è Andrea
Venturi, project manager del gruppo che si occupa
di digitale terrestre in Cineca, consorzio che
raggruppa 25 università italiane ed è il maggiore centro di calcolo
italiano. «Siamo in una fase pionieristica - afferma Venturi -, molto
dipenderà da come risponde il pubblico televisivo. Dopo che il digitale
terrestre nelle case sarà sufficientemente presente, allora si partirà
con i servizi applicativi non di intrattenimento. Ma in questo momento
chi fa più soldi sono gli installatori».
Anche secondo il Cto di Sun Italia, Giuseppe Facchetti siamo solo
all'inizio. «Fondamentale far partire un po' di sperimentazione afferma il manager - per creare storie di successo e spirito di
emulazione. Di certo sarà un processo graduale e non improvviso.
Vedo una crescita di interesse da parte delle banche e delle utilities, e
della Pa locale».
E ora sviluppiamo
Ma qual è l'opportunità per i partner di canale? Di opportunità ce ne
sono diverse. La più banale riguarda la vendita al dettaglio dei
decoder, dei televisori, in generale dei prodotti di elettronica di
consumo, ma anche di pc "mediacentrici", schedine e accessori vari.
Poi, sono certo interessati i fornitori di telecomunicazioni, network-ing
e storage, ma la partita si gioca tra pochi player ben consolidati tra i
broadcaster. L'opportunità più interessante riguarda l'area degli
applicativi coinvolgendo la folta schiera di sviluppatori e software
house.
La normativa italiana definisce tre tipologie di operatori interessati. I
fornitori di infrastruttura, di servizi e di contenuti. In sintesi, chi
fornisce l'infrastruttura è un network televisivo, mentre il fornitore di
servizi, in questo momento, è colui che aggrega l'offerta di canali
costruendo un bouquet. Ma lo stesso attore si farà carico della
sicurezza delle transazioni, della gestione del cliente e della sua
autenticazione/identificazione. «Un broadcaster, come Rai e Mediaset
per intenderci, potrebbe essere un fornitore di tutte e tre le tipologie afferma Trigila -. Succede, infatti, che il broadcaster costruisca
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internamente i contenuti e i servizi attraverso società collegate».
I broadcaster nazionali possono aver solo bisogno di infrastrutture
hardware, come detto precedentemente, per le quali si appoggiano ai
loro partner storici. Ma non disperiamo, gli sviluppatori software
hanno di fronte una doppia tipologia di interlocutore. I network
televisivi, nella loro veste di fornitori di contenuti e di fornitori di
servizi ma, soprattutto, la Pubblica amministrazione, centrale e locale,
la Sanità e le piccole reti televisive locali e, in un futuro ormai
prossimo, anche le aziende, che potranno utilizzare il digitale terrestre
per servizi al pubblico, per operazioni di comunicazione/
marketing/pubblicità o per attività interne come la formazione.
Non è solo Java
Indipendentemente dal target, tutto lo sviluppo per il digitale ruota
attorno all'acronimo Mhp (Multimedia home platform). Si tratta di uno
standard di sviluppo basato su Java che genera il codice eseguito dalla
Java Virtual Machine contenuta nel decoder e che usa specifiche Api e
librerie Java. Un applicativo in Mhp mediamente pesa intorno ai 500
kbyte, ma la leggerezza non è l'unico vantaggio. Lo standard Java
garantisce una facile portabilità da un dispositivo all'altro e l'accesso a
un'architettura open. Messi da parte i vantaggi, consideriamo anche le
obiezioni.
«Non basta essere sviluppatore Java per realizzare una valida
applicazione per il digitale terrestre - spiega Trigila -. Intanto bisogna
conoscere le librerie e le Api specifiche e, in fase di design
dell'interfaccia, è necessario tenere conto dei limiti dell'apparecchio Tv
che non è come un monitor di un pc e del fatto che al posto del
mouse c'è il telecomando. Il risultato deve essere essenziale e
intuitivo e non può essere la semplice trasposizione di un sito Web sul
televisore». Ciò che manca, insomma, è la professionalità specifica e
ciò si evince anche dal bassissimo numero di software house
specializzate in applicativi Mhp, siamo nell'ordine della decina.
Secondo Giuseppe Facchetti è «difficile stabilire quanti siano gli
sviluppatori Mhp in Italia, dai feedback che riceve la nostra
community Java presumo che gli interessati alla tematica siano circa
300». Anche Facchetti concorda con la necessità di cultura di sviluppo.
«Da parte nostra agevoliamo la formazione mettendo a disposizione il
nostro demo center e supportando eventi e iniziative come Ambiente
digitale della Fondazione Bordoni. Proprio questa struttura potrebbe
assumere un ruolo formativo». Anche se ci vuole una formazione
specifica, chi sviluppa siti Web o applicativi Java per dispositivi
portatili parte avvantaggiato.
Per esempio, in termini di condivisione del codice in ottica open
source. «Il concetto da enfatizzare - spiega Venturi - è la condivisione
delle soluzioni di base per favorire la diffusione e la crescita della
piattaforma». Il Cineca, proprio per questo, lavora seguendo una
strategia completamente open. E ciò significa anche procedere alla
realizzazione di un modello standard di sviluppo in Mhp che sia
totalmente indipendente dal dispositivo. «Stiamo parlando di sviluppo
di applicazioni per la gestione di contenuti digitali - afferma Facchetti di cui il digitale terrestre è solo una delle piattaforme di fruizione». In
pratica, la posizione di Sun è decisamente pragmatica seguendo allo
stesso modo il video streaming via Umts, Gprs Edge o Adsl, l'IpTv e il
digitale terrestre.
«E non vedo una killer application tra tutti - conclude Facchetti -, sarà
il servizio a determinare la tecnologia da utilizzare».
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