Dire Fare Baciare Lettera Testamento
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Dire Fare Baciare Lettera Testamento
CORRADO PARODI Dire Fare Baciare Lettera Testamento (le penitenze per chi s’è perduto) poesia-conversazione sulla letteratura osmotica raccontata da Codar Rodon a papà, con la barba alla Hemingway “Inascoltata vita del mio petto, sola come lo spazio, dove spira però, recriminante, il vecchio canto.” Pier Paolo Pasolini, 1951 da Poesia con letteratura (prima delle Punizioni) vieni qui, aiutami a capire a riempire questo foglio a essere confuso, te lo ricordi quel tuo progetto – quanti ne avevi! – per un trentatré giri, da kelle terre fino ai venditori d‟erbaggi, con le meravigliose fonazioni, da immaginare, lungo un Appennino senza caselli, col naturale azzurro di Bellini, tra il Belli e i Gennarielli, la tua non cronologica letteratura, ma così dolce da non poter trattenere le lacrime!, che tenerezza, Maestro, e io non riesco, a trattenerle, da troppo tempo ormai, te la ricordi, la tua Ricchezza, quel possedere Piero, intero, l‟amato Tommaseo, tu che hai strappato a morsi la Poesia dalle pulsanti vene tue, per gridare la Vita, a me la vita mi s‟è rotta, a morsi l‟ho ridotta, e m‟abbraccio al relitto, dico ridendo che oramai son solo / di Poesia. vieni, Maestro, dai, canottiera stracciata, Parola Carne, facciamo insieme questo Caput Coctu Show, aiutami a cantare a scontare le cinque Penitenze amare. vieni, giochiamo, ossi-moriamo insieme. Primo Dito. [Hugo?] (la parola è già stata parlata) ah, uomini! sì che voi siete andati, che sì vi siete moltiplicati, ma credo nei posti sbagliati. siete nei vostri oscuri capannoni, nell‟inossidabile ruota dell‟inconsumabile realitisciok, io mi rinchiudo invece in questa soffitta piccola della mia mente. ne te mêle pas à ces hommes / qui vivent dans une rumeur! / va t‟épanouir, fleur sacrée, / sous les larges cieux du désert! devo tradurre, forse? devo andare avanti? et le silence, afin d‟entendre / la voix d‟en haut, sévère et tendre, / … Dieu t‟attend dans les solitudes; / Dieu n‟est pas dans les moltitudes. io piango la Domenica! davanti al posteggio d‟un Bennètte e come piango! dentro un imponente Fierone del Volume, impotente davanti la Folla. folli! i Numeri dei Visitatori – come il gorgo buio d‟un famelico infernale bel sito d‟Internètte – non sono la mia tranquillità, non la salvezza dell‟umanità. (e chiedo perdono al Dio della Poesia per quelle due Bestemmie in rima d‟ètte). t‟è colpa il canto, ti sia la Punizione, sii condannato a masticarti dentro il meraviglioso lamento degli antenati vati, a scrivere poesie mille volte già scritte, guarda che punizione più dolce non ce n‟è: malheur à qui prend des sandales / honte au penseur qui se mutile, / et s‟en va, chanteur inutile, / par la porte de la cité! Secondo Dito. [Ovidio?] sempre troppo facciamo, ah! il Sapere Non Fare, il Raccoglitore, ah! la Rivoluzione del Filo di Paglia! il Tempo del Nulla d‟un Monaco Fermo. la Vita non è andarevenire, strafarsi di fare, è posata piuttosto su un Tavolo, Morandi Marrone, Polvere d‟anni su foto ricordo, una Pagina letta e riletta, e ancora riletta (che so, Dickinson seicentoquattro, p.e.) e poi sottolineata. è nelle Parole che sono costate Fatica – non sugli Scaffali dove marcisce il Denaro, ma nella Necessità di Andarsene a capo. la vita del Cacciatore è un Mal a Fare. sempre troppo daffare. ne eri Conscio? quando sbirciasti ben nuda la Diana nel bosco? fu errore? crimen fortunae? quod enim scelus error habebat? sarà punito, il tuo farti Occhio, dai Cani, ti morderanno Melampo il Ricordo, Icnobate il sagace, il perenne Movimento del Globo sull‟asse, Ilàctore il Ritorno crudele delle Stagioni, e tutti quegli altri, referre mora est, nomi sì dolci da farci poesie. e strappato racconta, se riesci, di averla veduta svelata! che ti manchi parola, atroce Castigo, mentre ancora resonat latratibus aether. la sete di sangue della dea dalle frecce si placa soltanto sulla carne stracciata che esala la vita. Terzo Dito. [Dante?] (l‟Amore è il Ricordo di Sé) perché non si consuma, l‟Amore, possiamo restarcene chiusi murati vestiti di Bianco, o di blù, possiamo morire di Maggio ogni anno, non crederci più, non averci la Forza, l‟Amore ci siede alla Destra, non finirà, il suo Volto, sul nostro guanciale, sarà da Baciare, per sempre, non si consuma il Dolore dell‟Essere amanti, del Desiderare, il Sogno, il Ricordo, il Brivido di quel Primo Bacio, la conoscenza di disiri dubbiosi. e leggere fino a quando legger non si può più avante. finchè la bocca mi baciò tremante, il riso disiato il viso scolorato, li occhi sospinti, stretti d‟Amor, perverso male, quali colombe, mai divise, la bocca con la bocca esser basciato. e quante volte galeotto è stato un libro e chi l‟ha scritto. cosa che non finisce, canto del quintocanto, voce di miamartini, labbra che ancora sfiorano, occhi che ancora più non leggeranno. ti punirò per questo amore immedicabile, nell‟eternità dell‟AmoreDolore sarai dannato, solo, a Conoscere. il persempre del nonbaciarpiù. Quarto Dito. [Paolo?] (non dimenticherò che un giorno mi salvò la vita Simenon) Figli Diletti! ecco vi indico la via più eccellente. Rubate. Rubate le Parole dei Padri, Rubate Poesia, portatevi via l‟agonia che ha macchiato la carta, vorranno privarvene, ma voi non abbiate paura, uccidete, se è il caso, ma fatelo Vostro quel Sangue rappreso d‟Inchiostro, quei Corpi diVersi, quei sogni bisogni bisunti di lapis. è tutto per Voi, è Vostro diritto, non lasciate che ve lo nascondano, è il solo Tesoro che vale, avvolgetevi di quell‟Amore già scritto, riempitevi i Polmoni e il Domani, che senza sarete soltanto squassanti tamburi, perché è l‟unica cosa paziente, benevola, che non invidia, che non cerca interesse, ma gioisce di Verità; che soffre ogni cosa, crede ogni cosa, sopporta ogni cosa. ed ecco sappiate saranno difficili i tempi. gli uomini ecco egoisti, arroganti, orgogliosi, traditori, spietati, senza amore saranno, cercando più il piacere che Dio. ma voi, Figli, costanti nell‟essere contro, pregate Poesia, tenete lo sguardo intento sui Fogli, intento tenetelo non a ciò che si vede, ma a ciò che non si vede. ma devo punirti? e che le tue lettere giungano solo a chi non poté nascere, o chi non volle ascoltare. Quinto Dito. [Michelangelo? Donne? Tasso? Baudelaire? Rebora?] te lo ricordi, Padre, il giornale a cui non aprivi la porta la Domenica mattina? il giorno prima ch‟io nascessi (ma vedi le coincidenze), apparvero su quelle pagine da te mai lette, queste parole: voglio misurarmi con la morte, / vedere che testamento scriverei… / Certo, avrei poco da lasciare: qualche verso, / ancora, nei cassetti, qualche libro incompiuto, / ma anche, nella mia combattuta verità, / qualche compiuto sentimento: per esempio, / quella luce di Luglio… eccoci così all‟ultima punizione, la più crudele, quanti ne vuoi di questi? non aver nulla da lasciare, e nessuno a cui lasciarlo. allora quando dovrò partire (e sarà tardi al desiderio), non voglio bottiglioni incolori di glucosio, né oppiacee perette, pillole d‟anestetico ad intontir la morte. sia la mia flebo fatta così: mettete una fanciulla – non più di quindic‟anni! – seduta alla mia cuccia, che goccia dopo goccia mi snoccioli i miei versi, quelli per cui piagnuccolo, preziosi e luccicanti, unici placebo tollerati dal corpo mio decomponente, endecasillabi a sciogliersi dentro le vene stanche. goccia la voce bimba, che più l‟alma acquista ove più „l mondo perde, accrocicchia la goccia se crosse no man else, but crosse thy selfe in all goccia e rigoccia e singhiozza e queste due d‟umor si‟ larghe vene ancora gocciola cucciola mia mentre le Soleil moribond s‟endormir sous une arche piccola lucciola gocciami qui in casta cera e cella di rinuncia sgocciola luce mia pulcetta non fermarti finchè fiat o o ò (dopo le Punizioni) Maestro, non ti trattengo più. tu che volevi soltanto vivere / pur essendo poeta. io invece che ancora scrivo pur non essendo vivo. ricordi il vento? il verde delle foglie che s‟annera, e quel nevaio di muffa / rosa di sangue che chi amiamo il tramonto? il tradimento? Maestro, ti ringrazio: non ho paura del mio cuore, e come un insensato confondo nebbia e carta, cibo e fantasia, poesia e malattia, così ti invoco come un Padre, ti cullo come un Figlio, t‟accarezzo sul foglio, come fossi un gatto bianco che odora di buono. sei tutto quel che ho, Parole scritte, succhiate dalle cellule dell‟anima. ho messo i cinque libri nello zaino. muovo Verso il Deserto. porto la Voce Dentro.