Il sistema delle discontinuità

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Il sistema delle discontinuità
L’intervista 7
A colloquio con Carla Collicelli, vicedirettore del Censis su federalismo, evoluzione del Ssn e professione infermieristica
pone un’attenta disamina degli elementi
di criticità della nostra compagine so-
ciale: una lettura approfondita di ciò che accade,
ma anche di ciò che potrà accadere in tutti i settori della vita civile, sanità compresa
DI
CESARE FASSARI
ratterizzato bene o male tutta la
storia del Servizio sanitario nazionale italiano, cede oggi decisamente il passo alla responsabilità regionale e sposta pertanto gli equilibri, non solo gestionali, ma anche politici, sulle concrete realtà interne delle diverse Regioni e sui rapporti tra Regione ed enti sottostanti.
Accanto al federalismo è fortemente visibile, all’interno del sistema della salute, un trend di
destatalizzazione. Soggetti privati no profit, ma anche profit,
assumono una importanza nuova in un contesto nel quale le risorse pubbliche risultano sem-
indispensabile una collaborazione stretta tra settore pubblico e settore privato. Infine una
forte discontinuità sembra affacciarsi rispetto alla polarizzazione tra esigenze economicofinanziarie ed equità del siste-
In basso
Carla Collicelli
▼
C
ome ogni anno il Rapporto Censis pro-
Il sistema
delle discontinuità
Dottoressa Collicelli, come
ogni anno il Censis ha effettuato una particolare fotografia della realtà del Paese.
Quali sono a suo avviso gli
aspetti emergenti per quello
che riguarda l’evoluzione
delle politiche sanitarie?
Il Rapporto del Censis di questo
anno dedica molte pagine alla
sanità e alle politiche sanitarie,
nelle quali si mettono in evidenza
le tante discontinuità che attraversano il settore in questo periodo. La più importante di queste discontinuità è senza dubbio
quella federalista. La forte impronta centralistica, che ha ca-
pre più insufficienti a soddisfare una domanda in continua
espansione. La stessa richiesta
dei cittadini di essere tutelati
nelle proprie esigenze di dignità, informazione, prevenzione e
riabilitazione fisica e sociale,
apre spazi nuovi e molto ampi di
intervento, per i quali si rivela
BD Saline
NO
VIT
À
Una procedura per il lavaggio dei cateteri: sicura, semplice e veloce
1
6
9%
5
Un rischio reale
Il lavaggio dei cateteri
è una procedura priva
di rischi?
I dati parlano chiaro:
il 9% delle preparazioni
attuali sono contaminate*.
BD propone ora una nuova
procedura per il lavaggio
dei cateteri, contribuendo
alla prevenzione delle
infezioni nosocomiali.
* J. Calop. Studio sul rischio della
contaminazione batterica e dell’errore di
dosaggio (eparina) durante la preparazione
delle siringhe per il lavaggio dei
cateteri - CHRU Grenoble, 1999.
2
Un dispositivo sterile
che minimizza i rischi
di contaminazione
Un dispositivo
che permette
di individuare
il prodotto
grazie alla
sua etichetta
Un dispositivo sicuro:
l’attacco Luer-Lok™
garantisce una
chiusura sicura
Per 6
buoni
motivi
4
Richiedete
Un dispositivo pronto
all’uso che riduce al
minimo il numero
delle manipolazioni
3
Un dispositivo
concepito per
mantenere una
pressione positiva alla
fine dell’iniezione
impedendo i rischi di
reflusso del sangue
Un dispositivo che
limita la sovrapressione
causa di spostamento o
di rottura del catetere
BD Saline, la siringa
pronta all’uso per il
lavaggio dei cateteri,
è la soluzione ottimale
per operare in tutta sicurezza e semplicità.
BD Saline è disponibile,
per ciascun tipo di
catetere, in diverse
capacità:
3 ml - 5 ml
10 ml
Per una prova del
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documentazione tecnica,
contattate BD ai numeri
riportati qui di seguito.
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L’intervista
▼
l’infermiere 1/2002
[SEGUE]
ma. Per troppo tempo la gestione della sanità è stata guidata da
logiche prevalentemente economiche. Oggi la società chiede
rispetto dei diritti umani e sociali di tutti i cittadini e questo
pone in primo piano il problema di un ripensamento dei criteri e delle modalità di allocazione delle risorse economiche.
A suo avviso è ipotizzabile
che il concetto del “prendersi cura” infermieristico
possa diventare la mission
di tutto il sistema di tutela
della salute?
La professione infermieristica si
colloca allo snodo di molte delle discontinuità citate. Più equità e più attenzione ai bisogni
multiformi dei malati e della società tutta, maggiore cura della
prevenzione, della riabilitazione
e della informazione dei destinatari dei servizi, salvaguardia
della dignità dei cittadini, sono
infatti tutti aspetti che reclamano un riequilibrio all’interno del sistema delle cure da una
impostazione di tipo riparativo
e fortemente “medicalizzante”, a
una di tipo preventivo e volta a
salvaguardare l’integrità psicofisica dei malati e il loro pieno
inserimento sociale. Dal punto
di vista delle professionalità coinvolte, ciò significa dare più importanza al ruolo degli operatori socio-sanitari, all’integrazione tra servizi sociali e sanitari e, all’interno della sanità
stessa, agli operatori che più
espressamente si occupano della “cura” complessiva del malato, del suo benessere, dell’impatto delle terapie e degli interventi, in una parola della persona in quanto tale.
Basta d’altra parte osservare le
disparità che esistono tra l’Italia e gli altri Paesi avanzati, rispetto alla presenza ed al ruolo
degli operatori sanitari non medici, e in particolare degli infermieri, per rendersi conto di come il nostro Paese sia arretrato
da questo punto di vista e di
quanta strada ci sia ancora da
compiere. E basta ascoltare la
voce dei malati per capire quanto peso abbia il dialogo, lo scambio e la cura umana e sociale.
In questo quadro, quale ruolo dovrebbe assumere la professione infermieristica con-
L’infermiere
ORGANO UFFICIALE
DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE
COLLEGI IPASVI
Direttore responsabile: Annalisa Silvestro,
Comitato editoriale: Marinella D'Innocenzo,
Danilo Massai, Gennaro Rocco, Loredana Sasso,
Devolution sì, devolution no
L
a devolution sanitaria preoccupa gli italiani. Lo rileva il Censis nella sua indagine svolta per il Forum per la ricerca
biomedica, Federalismo sanitario: anno zero, presentata il 27 novembre 2001 da Giuseppe De Rita, segretario
generale dello stesso Censis. Un’occasione per fare il punto sulla “trasformazione” federalista delle istituzioni
sanitarie, avviata dall'Accordo Stato-Regioni dell'8 agosto scorso e definita dal recente Dpcm sui Livelli essenziali di
assistenza (Lea).
La strada del federalismo, è stato rilevato, sembra ormai condivisa dalla maggioranza delle forze politiche e dalla
totalità delle Regioni italiane. Ma ci si è anche chiesti se questo federalismo sanitario sarà efficiente e solidale e
saprà colmare le disparità, dal punto di vista dell'offerta sanitaria, presenti allo stato attuale nelle varie Regioni.
L’indagine Censis ha rilevato che solo il 40,5% della popolazione ritiene possibili esiti positivi da una maggiore
autonomia regionale. La percentuale sale quasi al 60% nel nord del Paese e scende attorno al 25% nel centro e nel
sud. Al contrario, è stata quasi plebiscitaria la volontà dei cittadini, senza distinzioni geografiche, di vincolare le
Regioni all'obbligo di garantire l'omogeneità delle prestazioni erogate.
Stella Manduchi
siderando anche le profonde innovazioni introdotte
nel percorso formativo e nello stesso status all’interno
del Ssn?
Non dobbiamo dimenticare che
tutela della salute è anche intervento tecnologico ed invasivo sul
corpo, e qualche volta anche sulla mente. Non possiamo quindi
fare a meno di professionalità anche “fredde”, all’interno del sistema delle cure: dall’ingegnere
che fa funzionare le macchine
moderne di diagnosi e terapia, al
chirurgo superspecializzato, e così via. Non vi è dubbio, però, che
anche negli ambiti di cura più
fortemente improntati all’invasività e alla passività del soggetto
su cui si opera, occorra inculcare un atteggiamento e uno stile
di lavoro che vedono, accanto al
tecnico l’operatore “della cura”,
colui cioè che si occupa della
persona tutta intera. In questo
senso il “prendersi cura” deve diventare la mission dell’intero sistema. Ma non è pensabile che
ciò avvenga per magia. È necessario reimpostare la formazione
di tutti gli operatori del settore
in questo senso.
Dal suo osservatorio, che le
consente di monitorare lo
sviluppo dei diversi fenomeni evolutivi del pianeta sanità, come inquadra lo spinoso e antico aspetto del
rapporto tra medico e infermiere e tra cittadino e infermiere?
Lo stato attuale dei rapporti tra
medici e infermieri in Italia dipende dalla storia della medicina del nostro Paese, ma anche
dalla sua evoluzione sociale ed
economica. L’Italia arriva più tar-
Annalisa Silvestro, Giovanni Valerio, Franco Vallicella
Responsabile dei servizi editoriali:
Emma Martellotti
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Mariano Rampini, Flavio Siciliano,
di di altri Paesi europei allo sviluppo di un moderno Stato sociale e, con esso, di una sanità
pubblica di peso nazionale. Anche il miglioramento delle condizioni di vita e dell’accesso agli
studi superiori da parte di strati sociali sempre più ampi è cosa recente in Italia. La divisione
di ruoli tra donne e uomini sta
diventando progressivamente
meno rigida, e anzi proprio nella professione medica si contano ormai moltissime donne. Non
si può però dimenticare che il
suffragio universale è stato esteso in Italia alle donne solo dopo
l’ultima guerra mondiale e che
ancora negli anni 50 la presenza femminile nei corsi di studio
più qualificati e professionalizzanti era molto scarsa.
Questi e altri elementi di sfondo hanno concorso a determinare uno squilibrio sia quantitativo che di ruolo e di status tra
professionalità mediche e professionalità infermieristiche in
ambito sanitario. Tutto ciò non
è però oggi più tollerabile, e credo di poter dire che la convinzione della necessità del cambiamento sia ampiamente diffusa. Ma costituiscono ancora una
barriera le regole del mercato del
lavoro e la difesa corporativa dei
diritti acquisiti. Solo nel momento in cui potremo dire ai nostri figli interessati a lavorare in
campo sanitario che la professione infermieristica gode dello
stesso prestigio, e quindi di livelli
retributivi e orari comparabili
con quella medica, il gap di ruolo potrà essere sanato. E con esso le difficoltà di rapporto.
Un altro problema annoso è
poi quello della carenza di
Anselmo Terminelli, Riccardo Tomassetti
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Sede di Roma: Via del Commercio 36, 00154 Roma,
personale infermieristico
nelle strutture pubbliche.
Per farvi fronte il Governo ha
varato un decreto legge che
individua alcune iniziative
tampone per farvi fronte. Ma
al di là dell’emergenza odierna, cosa ritiene si debba attuare per promuovere la professione tra i giovani?
Da quanto appena detto discendono ovvie conseguenze rispetto alla carenza quantitativa
di infermieri. I giovani vorranno
diventare infermieri se a questa
professione saranno attribuiti
pari dignità, pari ruolo e pari status rispetto alle altre professioni del settore. Gli sforzi volti ad
attrarre giovani verso la realtà
infermieristica saranno altrimenti vani, e il settore diventerà un’area di approdo per la fetta più acculturata degli immigrati provenienti dai Paesi in via
di sviluppo. Il ministero della Salute ha dimostrato di aver preso
sul serio la questione proprio in
questi ultimi giorni, avanzando
proposte interessanti per andare nella direzione detta.
I contrasti che si sono avuti a livello politico e parlamentare sulla questione sembrano trarre origine in gran parte da problemi
di tipo economico, e dunque sono una spia della ulteriore prevalenza delle valenze economiche nel sistema, rispetto a quelle professionali ed etiche. C’è solo da augurarsi che la strada intrapresa nella direzione della crescita professionale e di ruolo delle categorie infermieristiche e
socio-sanitarie nel sistema della salute possa riprendere senza
intoppi e il più rapidamente possibile.
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