Pur nelle sue diverse articolazioni la sociologia del corso di vita, un
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Pur nelle sue diverse articolazioni la sociologia del corso di vita, un
6RFLRORJLDGHOFRUVRGLYLWD DSULOHPDJJLR /DGLPHQVLRQHPLFURODGLPHQVLRQHPDFURHLSUREOHPLGHLOLYHOOL Pur nelle sue diverse articolazioni la sociologia del corso di vita, un filone di studi che si è affermato ormai da una trentina d'anni e successivamente si è diffuso dagli Stati Uniti in Europa, ha come suo comune assunto una definizione multilivello e dinamica del corso di vita. Esso viene infatti inteso come "l'insieme dei modelli di vita (disponibili per gli individui appartenenti ad un dato contesto storico e sociale), graduati per età, incastonati nelle istituzioni sociali e soggetti a mutamento " (Elder, 1985). Ma cosa significa esattamente multilivello e dinamica? Cominciamo dal primo attributo, quello di essere una sociologia multilivello. Per dar conto di questo attributo possiamo utilizzare le categorie del sociologo Ronald Collins (1981). Secondo Collins le dimensioni micro e macro o livelli costituiscono un modo per individuare modi e diversi di ragionare sulla società (a seconda che si considerino le azioni di singoli individui, di piccole cerchie o gruppi sociali da un lato, oppure, o che dall'altro si considerino intere popolazioni, o collettività, o di sistemi complessi, o istituzioni identificabili come elementi durevoli di un sistemi, come le istituzioni sanitarie o scolastiche). Questi livelli non dovrebbero essere considerati categorie assolute, ma come poli di un continuum. Vari livelli di analisi possono essere più micro o più macro a seconda che ci si ponga "sopra o sotto" rispetto ad essi. Ad esempio le organizzazioni possono essere considerate micro rispetto al sistema-mondo, ma sono macro dal punto di vita del piccoli gruppi e delle interazioni sociali tra i loro membri. E' comunque possibile utilizzare criteri generali per distinguere il livello micro e macro. Queste dimensioni generali sono il tempo e lo spazio. Le entità più macro sono quelle che abbracciano la massima estensione di territorio e che durano di più. Quelle micro sono quelle che circoscrivono entità limitate nello spazio (fino ai pochi metri delle relazioni in ambito familiare) e nel tempo (fino ai pochi minuti occupati da un saluto o da una conversazione breve). Å,QVHULUH)LJXUD]HUR&ROOLQV Tutto ciò che i sociologi hanno studiato può essere localizzato in questo schema. In genere la maggior parte dei temi si situano lungo l'asse diagonale, perché noi tendiamo a studiare cose che hanno grosso modo la medesima grandezza in entrambe le dimensioni. Normalmente, come fa notare Collins, il sociologo sceglie unità osservative abbastanza equilibriate e coerenti sui due assi dello spazio e del tempo. O quantomeno nella sua storia la sociologia ha più frequentemente abbinato grandi insiemi sociali osservati per lunghi periodi di tempo da un lato e situazioni o interazioni micro osservate e rilevate nello spazio necessario a proferire poche parole o addirittura sillabe. Tuttavia nella letteratura esistono importanti eccezioni rispetto a questa simmetria: nell'interazionismo simbolico c'è un significativo esempio di asimmetria spazio temporale: episodi molto brevi ma drammatici possono avere effetti fondamentali e diffusi. La stessa ricerca biografica fa parziale eccezione: le storie di vita sono infatti micro più rispetto allo spazio che rispetto al tempo. Lo studio della biografia inserisce la piccola dimensione spaziale (del corpo) individuale nella grande estensione temporale che occorre considerare per potere contenere una storia di vita (da un decennio a parecchi decenni, tanti quanti possono contenere una vita umana). La biografia introduce quindi un paradosso nella combinazione spazio temporale dell'analisi sociologica. 1.2. La sociologia del corso di vita consente di superare quel paradosso perché il corso di vita è considerato dai suoi stessi studiosi un'unità micro-macro. Il problema, cui il corso di vita cerca di dare risposta, è quello di concettualizzare i percorsi biografici come prodotti dell’intersezione delle dinamiche micro (mosse individuali lungo traiettorie normate) e dinamiche macro (cambiamenti dei significati socialmente e istituzionalmente attribuiti alle diverse traiettorie). La prospettiva macro intende il corso di vita come un istituzione sociale, cioè come un programma temporale, durevole e cogente, che si configura attraverso traiettorie socialmente modellizzate (Elder, 1985). Per la prospettiva micro il corso di vita è il risultato di un set di azioni individuali consistenti in esperienza accumulata e in scelte tra alternative più o meno ristrette. &RUVRGLYLWDHLPSRUWDQ]DGHOWHPSR Essere consapevoli dell'importanza del tempo è posizione che può sembrare banale e ovvia. In realtà ci si può interessare del tempo in differenti modi. 2.1.Chi studia le biografie ha a cuore il tempo, ma in un modo tutt'affatto diverso da quello che la sociologia classica riconosceva a questa dimensione cruciale, si potrebbe dire fondatrice, per la sociologia ai suoi esordi. Non è certo sbagliato asserire che la sociologia è nata sotto il segno della temporalità. Il 1800 vede la storia come la manifestazione temporale di una logica di sviluppo della società. La direzione e il significato della storia erano la conseguenza non già di eventi contingenti, ma di forze causali anonime e di lungo periodo (Mc Donald, 1996: 245-276). L'evoluzione in senso sistematico (e quindi con scarsa sensibilità alla dimensione temporale) che la sociologia ha subito, soprattutto tra gli anni 40 e '50, l'ha tuttavia allontanata dalla dimensione storica. Il recupero di questa dimensione è avvenuto successivamente o si è mantenuto a latere, in due direzioni: il recupero del rapporto con altre discipline (psicologia, storia, soprattutto) e la valorizzazione degli strumenti narrativi. Vediamo il primo percorso, basato sull'avvicinamento ad altre discipline. Tutte le azioni e gli eventi hanno luogo in contesti spazio-temporali (Giddens, 1979, Abrams, 1983), ma la sociologia spesso deliberatamente cerca di evitare di fare i conti con questo fatto. La logica della survey, figlia del funzionalismo, cerca di proiettare i risultati delle proprie indagini al di là dello specifico contesto cui l'analisi si applica. L'esclusione del tempo nel livello della durata dell'azione umana corrisponde alla soppressione della temporalità delle istituzioni sociali nella teoria sociale; tale soppressione viene realizzata soprattutto mediante la divisione del piano sincronico da quello diacronico. Sulla base di questa separazione i sociologi hanno potuto lasciare la successione degli eventi nel tempo agli storici alcuni dei quali a loro volta sono stati disposti ad abbandonare ai sociologi l'analisi delle caratteristiche strutturali dei sistemi sociali. Ma questa forma di separazione non ha alcuna giustificazione razionale; con il recupero della dimensione temporale quale parte integrante della teoria sociale, la storia e la sociologia non sono più distinguibili dal punto di vista metodologico (Giddens, 1979: p.8). In realtà ciascuna di esse si sottrae spesso e volentieri a questa scomoda parentela: la storia -afferma Abrams (1983) utilizzando il metodo narrativo, la sociologia sopprimendo la dimensione temporale. Va a questo punto aggiunto che il tempo (o i tempi) su cui si incardina la ricerca biografica sono altri. Non sono le lunghe durate della storia delle società e della civiltà, e neanche le durate, conteggiabili in minuti e ore, in cui si scandisce la vita quotidiana. La ricerca biografica ha bisogno di durate intermedie, introdotte dagli eventi di vita che hanno senso in quanto imprimono svolte che durano mesi, anni, decenni (dall'ingresso nel lavoro alla transizione alla pensione, dall'inizio di una esperienza matrimoniale alla fine di una malattia: Hendry, Kloep, 2003). Naturalmente ciò che distingue la ricerca sociologica da quella psicologica è l'attenzione per lo sfondo sociale su cui si staglia la vita individuale e per le conseguenze relazionali e sistemiche e non solo individuali che ne derivano. 2.2. La sociologia del corso di vita si occupa precisamente di mettere in relazione i tempi della vita con i ritmi della società: il ritmo di cambiamento delle istituzioni con cui l'individuo viene a contatto con gli eventi biografici individuali, gli eventi storici che creano una frattura temporale e quindi una modificazione delle opportunità di una società nazionale o locale con i processi di crescita e di sviluppo di individui e famiglie (Elder, 1998). La capacità di anticipare/immaginare/teorizzare gli effetti che eventi storici o individuali possono esercitare sul corso di vita successivo si alimenta dalla frequentazione di diverse discipline, la storia la psicologia, anche la demografia. Anche la sociologia dell'età contribuisce alla costruzione di un quadro teorico e di ricerca che va oltre l'apporto dei singoli filoni e delle singole prospettive di analisi. ,QWHUGLVFLSOLQDULHWj Una delle caratteristiche più rilevanti dell’approccio del corso di vita sta proprio nella sua vocazione realmente interdisciplinare. L’obiettivo e la pratica degli studi sul corso di vita sono consistiti, infatti, nell'usare concetti tratti da diverse grammatiche disciplinari (la demografia storica, la storia e la psicologia sociale e dello sviluppo, soprattutto) allo scopo di dimostrare che, opportunamente rilevati e adeguatamente trattati, gli eventi di vita individuale hanno una salienza straordinaria dal punto di vista della conoscenza della dinamica del sistema. Considerato sotto il profilo di sociologia della scienza gli studi sul corso di vita sono esempi significativi degli effetti aggreganti che conseguono da migrazioni tra diversi campi disciplinari e intellettuali (O'Rand, 1998). Il corso della vita è emerso appunto come prodotto di migrazioni intellettuali, esito di collaborazioni interdisciplinari, di incontri fortuiti e infine risultato del lavorare nella stessa istituzione di ricerca da parte di studiosi di diverse discipline. La pura e semplice appartenenza disciplinare comune si rivela, infatti, un legame più debole di quello che deriva dal lavoro comune in un centro di ricerca innovativo, o dalla comune partecipazione a un'esperienza intellettuale "pionieristica". Le pubblicazioni del corso di vita tipicamente citano i lavori di storici sociali come Tamara Hareven, o John Modell, di demografi come Ryder e Uhlenberg; di gerontologi come Neugarten, di sociologi come Riley, Foner, Elder, Clausen, Featherman, Kohli, Mayer, di economisti come Easterlin, di psicologi come Baltes e Lerner. Vale la pena qui introdurre una breve parentesi sul merito degli innesti concettuali che il corso di vita opera a partire da altre discipline. 3.1. Dalla demografia l'approccio del corso di vita deriva la problematizzazione del concetto di età come concetto a più dimensioni. L'età significa fase della vita e quindi provvisorietà di ruoli, ma anche appartenenza di coorte, e quindi collocazioni involontarie, irreversibili, culturalmente vincolanti. L'attrito tra la popolazione e il singolo individuo è per così dire smussato dalla coorte. A proposito della simpatia che il corso di vita ha sempre nutrito per le categorie demografiche, va detto, a onor del vero, che per molti anni il paradigma demografico si è sviluppato lungo un percorso di tipo esclusivamente macro-trasversale, quello che cioè privilegiava le grandi sintesi, gli scenari di fondo, i bilanci finali di equilibrio-squilibrio, rimuovendo la dimensione individuale di cui quegli scenari erano la proiezione. Gli eventi, trattati come indicatori di fenomeni registrati in maniera isolata e allo stato puro, diventavano le unità macro. Critica e superamento dell'approccio macro avvengono gradualmente. Non da molto il concetto di coorte demografica (Ryder, 1965), ovverossia riferita a chi nasce nello stesso anno, consente di accedere a un livello intermedio di trattazione analitica ed empirica degli eventi dal punto di vista sia dello spazio, che del tempo. In quanto è costituita da un insieme di individui nati tutti in uno stesso periodo la coorte costituisce un ambiente intermedio tra la totalità della popolazione (di tutte le età) e la singolarità dell'individuo (di quella data età). In quanto fa riferimento a specifiche età, essa isola particolari porzioni di tempo, consentendo di confrontare tra loro eventi simili, ma che hanno tempi di origine e sviluppo diversi. Più in generale consente di ricostruire la natura processuale di tali eventi- risultato. Con l'approccio longitudinale gli eventi demografici perdono la loro caratteristica di istantaneità e fissità per diventare risultati di processi. Nella coorte ogni tipo di eventi viene separato dagli altri, definendo in tal modo un processo di popolazione. Nell'area delle connessioni tra livello microanalitico e livello macro-analitico nello studio del comportamento la coorte gioca un ruolo cruciale. La coorte, infatti, ha la stessa collocazione temporale dell'individuo e lo stesso modello di sviluppo degli individui che la costituiscono. Così come l'ecologia umana configura la occupazione dello spazio da parte di una determinata serie di individui, la demografia attraverso l'analisi di coorte configura una situazione di occupazione del tempo. Tuttavia, con l'aggregazione degli individui in coorte ancora non si può cogliere unitariamente la sequenza delle diverse esperienze demografiche, così come si manifestano nella biografia di quella stessa persona. Quando negli anni' 70 si afferma per la prima volta un approccio di tipo micro si comincia a pensare in termini di continuità e unitarietà di una biografia. Alla informazione periodica garantita dalle fonti ufficiali per quanto riguarda la numerosità, l'origine e la cadenza temporale degli eventi si sostituisce un'informazione che cerca di seguire (si definisce appunto informazione "seguita"), i singoli individui nel loro cammino costellato di eventi demografici. A questo punto la popolazione diventa un insieme di biografie che si formano nel tempo si accavallano, si estinguono (CourgeauLelièvre, 1989). Tali biografie si possono ricostruire retrospettivamente, interrogando a una certa data ogni soggetto sulla sua storia passata, si possono seguire puntualmente nel tempo registrando tutti gli eventi che riguardano un certo individuo, oppure si possono combinare i due criteri, interrogando cioè uno stesso individuo a intervalli regolari su quanto è avvenuto nel lasso di tempo intercorso dalla precedente intervista 3.2 Dalle discipline storiche, gli studi sul corso di vita acquisiscono la sensibilità al carattere contingente e insieme irreversibile degli eventi e all’importanza della QDUUDWLYDcioè dello strumento che consente di rendere conto della sequenza temporale di eventi che si verificano in un corso di vita, di ordinarli e di inquadrarli in un contesto-periodo 3.3 Dalla psicologia sociale gli studi sul corso della vita derivano la consapevolezza dell'importanza del grado di padronanza e riflessività che un soggetto riesce ad acquisire rispetto a ciò che gli accade. La sfida all'analisi freudiana del mutamento e ai suoi presupposti di prevedibilità e di ordine è un riferimento costante per gli studiosi del corso di vita fin dagli esordi. Secondo la psicologia sociale e dello sviluppo elaborata tra altri da Erikson, la biografia è il luogo dove l'individuo può diventare altro da quello che era nell'infanzia, con il concorso dell'ambiente, degli incontri, della sua particolare rappresentazione di sé. La contiguità con altre discipline ha qualche volta costituito motivo di difficoltà e di confusione. La parola "sviluppo" attirava la maggior parte delle controversie. I sociologi lo riferiscono ad aspettative legate a transizioni sociali, mentre altri, come gli psicologi dello sviluppo, riservano questo termine a cambiamenti ontogenetici indicanti aumento di complessità, adeguamento funzionale, sofisticazione dentro uno specifico ambito, ecc. Nella prospettiva sociologica l’adattamento individuale cessa finalmente di essere un processo a configurazione aprioristica per assumere diverse forme che dipendono dai contesti sociali (Colby, 1998). Più recenti prospettive della psicologia dello sviluppo si sono configurate in direzione fortemente convergente con quella sociologica. Il modello dello sviluppo come sfida (da Baltes, 1980 a Hendry e Kloep, 2003) sostiene che le sfide, cioè le sollecitazioni a risolvere problemi che richiedono risorse pari o superiori a quelle al momento possedute dall'individuo, si dislocano lungo tutto l'arco della vita. Esso sostiene inoltre che lo sviluppo non è garantito con il solo passare dell'età, ma dal rispondere alle sfide senza intaccare, né tantomeno svuotare, ed anzi potenziando, il paniere di risorse individuali e sociali disponibili. Diversamente ci si trova di fronte a fenomeni di stagnazione o, peggio ancora, di deterioramento (Hendry e Kloep, cit. p. 51, passim). Le sfide che eccedono le risorse disponibili o attivabili costituiscono rischi. L’impatto maggiore di tali rischi sulla vita delle persone non è tanto costituito da singoli eventi, bensì da processi in cui si inanellano diversi eventi che sollecitano l'individuo oltre le sue possibilità o capacità. Queste capacità non sono solo individuali, ma anche sociali (di rete). La negatività o positività di un evento, dal punto di vista dello sviluppo di una persona, non sono stabilite dalla natura intrinseca dell'evento, ma dal suo incrocio con capacità-risorse disponibili al momento, nonché dagli eventi occorsi in precedenza (questi eventi passati possono agire come strumenti di anticipazione e di socializzazione ad eventi successivi che si presentino con caratteristiche simili a quelle esperite in precedenza: il fatto di essere stati tutta la vita da soli ci attrezza per affrontare la vecchiaia in solitudine), ma i meccanismi con cui un’esperienza pregressa si trasferisce ad una successiva non sono del tutto prevedibili a priori e in assoluto, senza adeguate informazioni sulle condizioni al contorno. L'esempio del divorzio come potenziale produttore, in specifiche circostanze, di svolte positive nel corso della vita successiva, testimonia la complessità della valutazione priori di rischi e stress. La pericolosità di un evento o il suo potere stressante sono dunque difficili da valutare a priori. Anche una semplice bocciatura, in concomitanza con stress o specifici eventi subiti dalla famiglia, o dall’individuo (perdita di reti sociali, ecc.) può condurre alla decisione di interrompere gli studi e alla perdita o al deterioramento di capacità. ,QWHUVH]LRQLFRQODVRFLRORJLDGHOO HWj Nata come una costola della sociologia dell'età, la sociologia del corso di vita ha acquistato man mano una fisionomia autonoma e, grazie alla sensibilità multidisciplinare, anche critica nei confronti di questa "cugina". La sociologia dell'età ha avuto il grande merito di aver ridefinito il trascorrere del tempo di vita e come un attributo non solo del singolo soggetto, ma della società, di aver quindi considerato l'età come un ausilio alla lettura multilivello del funzionamento sociale, in quanto criterio di allocazione di risorse e insieme di socializzazione (Riley) e strumento di regolazione e autoregolazione anche soggettiva del calendario di vita ovvero delle tappe che scandiscono l'avanzare dell'età (Neugarten) Infine si deve a questa prospettiva il merito di avere messo O DFFHQWRVXOODYDOHQ]DGLQDPLFDGHOO HWj HTXLQGLVXOODVXDFDSDFLWjGLLQWURGXUUHHUHQGHUHYLVLELOHLOPXWDPHQWR 4.1.Vediamo in dettaglio la prospettiva di Matilda Riley, cui si deve la sistematizzazione forse più completa della problematica sociologica dell'età. In queste righe sintetizziamo il suo modello, utilizzando una voce scritta per la Enciclopedia di Gerontologia, nel 1996 (un suo saggio più esteso, uscito nel 1976, : "Age strata in Social Systems, compare nell'antologia di Chiara Saraceno, Età e corso di vita, Il Mulino 1986). L'età si riferisce è un attributo sia individuale sia delle strutture sociali. L'età come attributo individuale segna quanto tempo di vita si è vissuto e la fase della vita in cui si è collocati (giovinezza, età adulta, ecc.) L'età come attributo delle strutture sociali denota i criteri in base ai quali si allocano le risorse e si stabiliscono le soglie di entrata e uscita dai diversi ruoli. Gli strati di età sono gli stock di popolazione che ha una determinata età in un certo momento L’età dunque individua l’appartenenza a uno strato o classe d’età connotato da specifici doveri e diritti socialmente normati. In questo senso si può parlare di ruoli legati all'età. L'informazione sull'età fornisce anche informazioni sulla coorte di nascita, informazioni che non si sovrappongono ma sono complementari a quella dell'età. 4.2.La coorte è un insieme di persone nate approssimativamente nello stesso periodo di tempo, che entrano insieme (contemporaneamente o quasi) in un particolare sistema (la scuola, il mercato del lavoro o una comunità di studiosi). I membri di una coorte in questo modo hanno esperienza di una comune fetta di storia . Attraverso la successione tra coorti (o flusso di coorte) nuovi membri fanno ingresso continuamente in una società (o entrano in un gruppo), e muovono verso "l'alto" attraverso gli strati di età. Quindi invecchiano, ed eventualmente muoiono e sono rimpiazzati da membri delle coorti successive. Nella figura 1 vengono rappresentate come barre diagonali le coorti e come pilastri verticali gli strati di età. ,QVHULUHILJXUD5LOH\,OGLDJUDPPDGL/H[L[GLDJRQDOLHSLODVWULYHUWLFDOL La figura rende evidente il duplice movimento degli individui che si muovono sia attraverso il tempo storico che attraverso la loro propria età. La figura rende altresì evidente la differenza tra chi si trova in uno strato d'età in un certo periodo e chi si trova in quello stesso strato di età in un periodo successivo (o precedente). L'invecchiamento o il passaggio all'età adulta sono dunque condizioni socialmente normate e quindi sottoposte a regole che possono (e sappiamo essere) diverse a seconda dei periodi. L'intersezione tra barre verticali e diagonali mostra la coesistenza di diverse coorti in un determinato periodo: esse sono diverse non solo per appartenenza a una differente fase della vita, ma anche in funzione del percorso di vita che sta alle spalle degli individui che le compongono. La fotografia trasversale mostra anche come nel succedersi delle coorti si assista a un duplice dinamismo. La società cambia e quindi offre o impone significati e risorse diversi ai diversi ruoli di età; ma anche le persone che arrivano ai diversi ruoli sono, per esperienze vissute, diverse dalle persone che le hanno precedute. Infine la fotografia ci aiuta a mettere a fuoco non soltanto le differenze di età, ma anche le relazioni tra età, che si possono capire soltanto dentro specifici contesti di socializzazione ed esercizio dei ruoli (la famiglia, la scuola, un'impresa, un'organizzazione militare, ecc.). La stratificazione per età è uno dei pochi processi che sono universali, inevitabili e irreversibili anche se i loro effetti individuali e sociali sono parzialmente modificabili da processi di grande portata, come le migrazioni. Per identificare le possibili direzioni di cambiamento è utile utilizzare due tipi ideali: il tipo di società a massima differenziazione (segregazione) d'età e il tipo di società a massima integrazione. Con la prima, ad ogni età sono rigidamente connesse aspettative e risorse di ruoli, con relative definizioni di soglie di entrata, permanenza e uscita, diritti, sanzioni e protezioni; con la seconda si ha la massima flessibilità, con un'offerta e un'aspettativa di ruoli assai meno rigidamente incernierata sull'appartenenza di età. E' abbastanza facile individuare l'ambivalenza insita in ciascuno di questi astratti scenari: il primo scenario implica scarsa mobilità, ma anche maggior protezione e tutela per specifiche categorie di età (come i bambini o gli anziani) ; il secondo scenario implica maggiore autonomia, ma, proprio per questo, precarietà e rischio di iniquità. 6. Età e effetti controversi della modernizzazione. Il punto di vista del corso di vita Proprio a Matilda Riley e a Bernice Neugarten e alle loro teorie sulle norme di età, apprese e intriorizzate, oltre che socialmente strutturate (Neugarten-Hagestad, 1978; Neugarten 1979; Riley, 1976), si deve la perdita di appeal della teoria della modernizzazione applicata alle categorie di età. Una prospettiva di questo genere ridimensiona l'ipotesi che la modernizzazione sempre e comunque produca perdite e guadagni per i diversi strati di età (O'Rand, 1990). Un correlato "classico" dell'ipotesi della modernizzazione prevede infatti la perdita di influenza e di prestigio degli anziani, portatori per eccellenza di valori e capacità del passato. Questa ipotesi in realtà sottovaluterebbe l'eterogeneità e la continua ricostruzione del corso di vita da parte delle coorti che si succedono nel tempo. L'invecchiamento non ha significato univoco, come non lo hanno altre età normate in maniera diversa da periodo a periodo. E nemmeno hanno significato univoco e assoluto i rapporti tra etàcoorti. Oggi la perdita d'autonomia degli anziani interviene in una fase sempre più avanzata della vita (che ha indotto a coniare lo specifico termine di quarta età e corrispettivamente di grandi anziani). Ciò non significa che quella dell'anziano sia attualmente una condizione di assoluta pacificazione o equilibrio, ma significa che il lungo periodo di età anziana non potrà più essere concepito né programmato dal singolo e dalla società, unicamente attraverso la metafora del "viale del tramonto". Piuttosto occorre considerare la tensione tra le variabili che producono un invecchiamento sociale accelerato (prepensionamenti, perdita del lavoro, ecc.) e quelle che invece garantiscono e alimentano le capacità individuali (migliori condizioni sanitarie, aumento della speranza di vita, politiche di sostegno). Un'altra ipotesi implicita della modernizzazione, che cioè la diseguaglianza sociale si vada via via attenuando sembra anch'essa smentita da un'attenta analisi delle posizioni sociali rivestite dagli appartenenti a diverse coorti rispetto ai loro padri alla stessa età Secondo Schizzerotto, cui si deve il primo panel sulle famiglie in Italia, iniziato nel 1997 e tutto in corso, con interviste somministrate a intervalli di due anni, le teorie della modernizzazione sono contraddette di numerosi casi nei quali i meccanismi generativi della diseguaglianza e l’intensità dell’influenza esercitata dai fattori che attivano questi meccanismi non hanno mostrato alcuna stabile tendenza al mutamento nel corso del ventesimo secolo: ad esempio l’influenza netta delle classi di origine sull'opportunità di ottenere i titoli di studio superiori non sono sostanzialmente cambiate passando dalla coorte più anziana (formata da nati entro il 1927) a quella più giovane (formata da nati tra il 1968 e il 1979) degli intervistati. /HFRRUWLFRPHYHLFROLGLPXWDPHQWR Si può dire che c’è mutamento sociale solo allorché coorti successive hanno corsi di vita (cioè scansioni, passaggi di età e modalità di vivere le diverse età) diversi (Ryder, 1965).L’idea che il mutamento si possa osservare nel passaggio da una coorte all'altra è una acquisizione importantissima che il corso di vita deriva dalla sua frequentazione della demografia storica e della sociologia dell'età. La vicenda di una coorte è, infatti, il prodotto congiunto dei processi universali di invecchiamento e di processi storicamente e socialmente specifici. Lo stesso ricambio demografico fa sì che ogni nuova coorte di nascita, in quanto deve apprendere da capo le regole della società in cui entra/nasce, porti in sé potenzialmente i germi del mutamento sociale. Tale potenziale deriva non solo da processi di apprendimento sempre rinnovati, ma anche dalla disomogeneità nella composizione numerica delle coorti che si succedono, che a sua volta provoca più o meno consistenti riassetti nella distribuzione e produzione delle risorse disponibili, nei sistemi di valore e riconoscimento sociale. Ogni coorte consegna a quelle che la seguono una società mai perfettamente identica nel tempo. Quando questi fenomeni sono accompagnati da mutamenti sostanziali (condizioni di sopravvivenza delle coorti: guerre, pestilenze, carestie, o miglioramenti nelle condizioni alimentari e igieniche, ma anche immigrazioni o emigrazioni) nei sistemi produttivi ed economici e negli assetti politici e istituzionali, le differenze tra le coorti in termini sia di durate che di calendari di vita divengono più visibili. I processi legati all’avvicendamento delle coorti richiedono di tenere conto delle conseguenze di lungo periodo di comportamenti messi in atto da una particolare coorte (si pensi ai fenomeni legati ai comportamenti procreativi (il baby-boom anni degli anni '60, la riduzione delle nascite dai primi anni Settanta in poi), che disegnano scenari di squilibrio tra le diverse classi di età per diversi decenni a venire. Ciascuna coorte reagisce alle proprie circostanze; ma ciò facendo disegna lo scenario per quelle successive. Da ciò derivano anche tensioni e conflitti tra strati di età e nel passaggio da uno strato di età all’altro. Una entrata dilazionata nel mercato del lavoro e dunque la concentrazione sia della disoccupazione che dei rapporti di lavoro atipico nelle fasce di età giovanili, produce effetti sulle successive età e corso di vita delle coorti coinvolte. Si pensi inoltre allo squilibrio, proprio di tutti i paesi sviluppati, tra fondi destinati alle pensioni di vecchiaia e espansione della popolazione anziana 5.1,QWHUGLSHQGHQ]DWUDOHFRRUWL Ciascuna coorte dunque lascia il segno, sia perché consuma o accumula risorse per quelle successive, sia perché interferisce con i suoi comportamenti sui margini di libertà delle altre (es. pensionamento anticipato per far largo ai giovani /più anziani sul mercato, meno risorse per i giovani). Spesso i conflitti tra coorti vengono compensati a livello familiare, dove la compresenza tra diverse coorti acquista la forma di legami di generazione*. La famiglia come stanza di compensazione di squilibri e tensioni nei rapporti tra gruppi diversi di età. 5.2. 5DJLRQDPHQWLIDOODFLVXJOLHIIHWWLHWjFRRUWH L’immagine della partecipazione femminile al mercato del lavoro anni sessanta e settanta negli Stati Uniti e in altri paesi sviluppati ha assunto la forma di curva a “doppia gobba”: con due picchi in corrispondenza dell’età all’uscita dalla formazione e un’altra al termine del periodo di più intenso lavoro di cura dei figli. Sulla base di questa immagine, costruita con dati di tipo trasversale* (che studia cioè in un momento ben preciso del tempo ciò che accade a diversi gruppi, in questo caso a diversi strati o categorie di età) si è ritenuto fosse verificata una teoria del corso di vita femminile contemporaneo come caratterizzato da una entrata nel mercato del lavoro prima di sposarsi, seguito da una uscita in coincidenza con matrimonio e nascita dei figli, seguito da un, moderato rientro una volta che i figli erano cresciuti. In realtà, le analisi per coorte hanno mostrato che gran parte della “doppia gobba” è dovuta alla compresenza di fenomeni di coorte specifici e distinti: le donne adulte si ripresentavano effettivamente sul mercato del lavoro (la seconda gobba descriveva quindi un effetto di fase della vita) ma le donne più giovani (cui si riferiva la prima gobba) che entravano in massa nel mercato del lavoro identificavano un fenomeno nuovo, di coorte: l' intenzione di rimanere e non di abbandonare il mercato del lavoro in occasione della nascita dei figli. Vediamo ora un altro esempio. Le differenze nelle valutazioni morali o nelle preferenze politiche riscontrate tra giovani e vecchi possono essere dovute sia al fatto che in vecchiaia si tende ad essere più conservatori che in gioventù, sia al fatto che le coorti più giovani stanno elaborando nuovi modelli di valore e che perciò anche quando saranno più vecchie avranno atteggiamenti diversi da coloro che sono anziani attualmente. In mancanza di un controllo di entrambe queste dimensioni indicate dall' età (fase della vita e appartenenza di coorte) si può prendere l' uno o l' altro degli abbagli che alcuni studiosi hanno chiamato rispettivamente OLIHFRXUVHIDOODF\HFRKRUWIDOODF\ fallacia riferita al corso di vita o fallacia riferita alla coorte. Si può citare in proposito l' analisi fatta dal sociologo Inglehart, il quale, riportando i dati per coorte tratti dal Japanese National Character Survey, ha osservato come nel tempo storico cambi la proporzione di coloro che nelle fasce di età danno importanza alla sicurezza finanziaria. E'stato in particolare osservato che al crescere dell’età entro una coorte l’importanza data al denaro diminuisce. Questa tendenza si può spiegare ricorrendo sia all' effetto periodo (l’aumento del benessere riduce l’importanza data al denaro) che a quello di coorte (ogni coorte pone la propria traiettoria un po'più in basso rispetto a quella precedente). 5.3. &RRUWHHJHQHUD]LRQHnon sono sinonimi anche se spesso si dice generazione al posto di corte. La generazione individua una relazione sia di tipo sociologico che antropologico tra individui di stesse o diverse età. L’accezione sociologica di generazione sottolinea la importanza della relazione di una comune appartenenza culturale: perché ci sia generazione, sostiene il sociologo tedesco Mannheim (1928) , on bastano esperienze vissute nello stesso momento di età, ma occorre che esse costituiscano un comune sentire per chi le ha vissute: non tutte le coorti danno vita a unità di generazioni nel senso mannheimiano Questo restringe il concetto di coorte, che fa capo a comunanza strutturale, ma insieme lo oltrepassa, perché ci possono essere generazioni che appartengono a diverse coorti. L'accezione antropologica di generazione si riferisce alla collocazione in un rapporto di discendenza che vede padri, figli, nipoti, sullo stesso asse. I rapporti di discendenza non vanno considerati isolati rispetto ai rapporti tra coorti, in quanto dalla famiglia e dalle relazioni intergenerazionali possono provenire risorse e compensi a debiti e crediti che le varie coorti possono aver acquisito le une rispetto alle altre, nel corso dei vari regimi di welfare e delle relative decisioni di allocazione delle risorse 5DSSRUWLWUDFRRUWLHGLQDPLFKHLQWUDFRRUWH La sociologia dell'età è più attenta alle variazioni tra strati di età che alla loro eterogeneità interna. Proprio da questo Featherman (Featherman, 1983) trae motivo per una critica all 'assunto fondamentale della sociologia dell'età e cioè quello secondo cui gli uomini e le donne sono ipersocializzati e adattivi a modelli culturalmente costruiti. Il mutamento viene, in questo modo, limitato al confronto tra coorti , mentre la variabilità intra-coorte viene sottodimensionata. Al contrario gli status d'età, sostiene Featherman, riflettono le posizioni precedenti e influenzano quelle successive e dunque a parità di età le condizioni pregresse possono creare rilevanti differenze di comportamenti sociali. La specificità del corso di vita è dunque considerare la relazione tra stati di età e tempo in maniera variabile e multidimensionale. Gli eventi e la sequenza degli status vengono esaminati per come variano nel tempo e nell'ordine di accadimento e come la loro variazione ha conseguenze per la vita successiva. La stessa transizione alla media età adulta, l'età per eccellenza individuata come quella della conversione degli status precedenti in risorse stabili e in equilibrio può nascondere insidie e trappole. La criticità delle transizioni nella fase adulta deriva dall'esposizione a eventi stressanti (rotture matrimoniali, perdita del lavoro, crisi economica) che possono peggiorare anche la condizione economica e sociale più stabile. Ad esempio i risultati del panel americano sull'andamento del reddito (PSID: panel Study of Incomi Dynamics) hanno chiaramente mostrato la volatilità del reddito degli americani e la maggior debolezza delle donne, a parità di età, rispetto agli uomini. ,QVHULUHILJXUDHIIHWWLFRRUWHHIIHWWLHWj 'DOO HWjDJOLHYHQWL . Prevedibilità e imprevedibilità, ordine e disordine. Fin dagli anni '70 e '80 gli esponenti del corso di vita muovono l'attacco alle eccessive generalizzazioni provenienti dalla sociologia dell'età. La sistematica ricerca di effetti di eterogeneità avviene attraverso la messa in evidenza del timing degli eventi e della loro sequenza rispetto ad altri eventi. Spilerman (1977) con il concetto con il concetto di anchor point mette l'accento su specifici punti, variamente dislocati nel corso di vita, che stabiliscono dei nodi per la vita successiva. Questi nodi costituiscono riferimenti stabili per smontare, attraverso la ricerca, ipotesi di omogeneità di comportamento sulla base dell'appartenenza a gruppi di età o di genere Ad esempio per le donne, si parla, sulla base di risultati di ricerca, di come il lavoro svolto prima e durante il primo periodo di matrimonio possa costituire un elemento predittivo di una successiva presenza sul mercato del lavoro (e quindi anche di stati economici relativamente elevati). Anche la sequenza degli stati influenza gli stati successivi. Gli studi di Hogan (1980, 1981) sulla prima età adulta degli uomini, ha rivelato che se il matrimonio precede il completamento degli studi riduce l'acquisizione successiva di status e aumenta il rischio di divorzio. E ancora, la simultaneità tra entrata sul mercato del lavoro e impegno con i figli è associata con salari mediamente meno elevati di quelli ottenuti se l'entrata avviene prima o dopo l'impegno nell'allevamento dei figli. Anche le transizioni più prevedibili sono esposte a disordine, ovvero alla possibilità che gli eventi si verifichino secondo una sequenza che scompiglia l’ordine del processo e il suo ancoraggio. Il transito al pensionamento, ad esempio, può essere considerato un processo ordinato e disordinato a seconda di come si combinano eventi distanti nel tempo (storia lavorativa pregressa, carriere familiari e di coppia) e eventi immediatamente vicini (l' essere intitolato ad un determinato ammontare di pensione, avere o non avere problemi di salute, accusare o meno problemi di reddito). Non solo, ma, anche già concluso il processo può riaprirsi: si consideri come in tempi di crisi, il pattern ordinato di pensionamento possa essere sconvolto dal forzato ritorno sul mercato del lavoro di un anziano cui la sola pensione non basta. Anche la durata degli eventi riveste un peso rilevante nel produrre eterogeneità di risultati. (si pensi a quanto diversi sono gli effetti individuali e familiari di una disoccupazione lunga o di breve durata, di una malattia acuta o cronica, di una assenza forzata dal nucleo familiare che si presenti come breve o prolungata). L’effetto che viene chiamato GXUDWLRQGHSHQGHQFH (dipendenza dalla durata) risponde alla domanda: "quanto lungo è il tempo che occorre a cambiare uno stato?". L' effetto della durata in uno stato sulla probabilità di uscirne non è scontato. Applicato alla probabilità di pensionamento il tasso di movimento da uno stato all' altro aumenta quanto più l' individuo rimane nello stato originale (Hogan and Astone, 1986). La probabilità di andare in pensione è dunque maggiore quanto più anziani si è. Vi sono tuttavia casi in cui il passare degli anni riduce il rischio di uscita (più anni di matrimonio si hanno e meno probabile è il divorzio). Queste durate sono in realtà influenzate dai cambiamenti intercoorte (estensione dell' adolescenza, restringimento del periodo lavorativo, più lunga durata del matrimonio, più lunga permanenza delle donne sul mercato del lavoro, la compressione della età adulta e l' aumento della durata del periodo di pensionamento, ecc.). Ecco perché è difficile attribuire con sicurezza il successo o il fallimento di un’azione alla responsabilità individuale. Ed ecco perché l’età, da sempre considerata una variabile predittiva del cambiamento o della stabilità (si pensi all’associazione tra devianza e giovane età, emarginazione e età anziana, stabilità e protezione da rischi ed età adulta), diventa un segnale sempre meno univoco. 6.2/DULFHUFDGLHWHURJHQHLWj da parte della prospettiva del corso di vita sta nel considerare la probabilità che le persone incorrano non solo in eventi normativi (cioè previsti per la maggior parte delle persone, espressamente regolati, dunque provvisti di repertori di risposta relativamente standard, come quelli disponibili per affrontare l' inizio della scuola o la fine del lavoro), ma anche in altri tipi di eventi non del tutto prevedibili né per occorrenza, né per durata, né per gli effetti prodotti. Chiamiamo questi eventi non normativi, essi sono cioè sperimentati da una cerchia più ristretta di persone, non sono rigidamente normati e calendarizzati, sono difficilmente prevedibili e possono alterare (indebolire o potenziare) la capacità del soggetto oltre la soglia prevista: da una malattia grave, a un lutto improvviso a un’eredità inaspettata. Esiste poi un gruppo intermedio di eventi cosiddetti "quasi normativi" (Hendry e Kloep, 2003, p.74), che non sono normati a livello di legge, ma che sono regolati da convenzioni e pressioni sociali e che quindi diventano relativamente prevedibili specie per certi gruppi di età (dall' andar via di casa, all' entrare sul mercato del lavoro entro un certo numero di anni dalla fine della scuola) e portatori di sanzioni o costi psicologici e sociali per chi si trovasse fuori tempo. I "non eventi" definiscono invece eventi mancati, anche se attesi dalla società o dagli individui stessi (da una dipendenza non interrotta dalla famiglia di origine, alla assenza di figli). Ci sono poi gli eventi provocati dal soggetto (la decisione di cambiare casa, o di migrare, di cambiare lavoro, ecc.). Infine ci sono gli eventi storici, quelli che particolarmente interessano l’approccio del c.d.v. Tali eventi (da una crisi economica, a una guerra, a un cambiamento di regime politico o istituzionale) cambiano fortemente le condizioni al contorno ma, al tempo stesso, interessando, seppure in maniera diversa, moltissime persone, producono effetti di comunanza se non di solidarietà, che rendono meno incerto il cammino verso il superamento o il tamponamento della crisi. L'analisi di Elder circa il mutamento storico introdotto sui percorsi di vita successivi dei fanciulli che hanno attraversato la Grande Depressione americana degli anni'20'30, proprio di questo si occupa (Elder, 1974). Questo grande repertorio di eventi può frastagliare la vita degli individui in modo da creare effetti di eterogeneità plurimi anche a partire da uno stesso evento e dalla stessa età in cui l’evento si verifica. Immaginiamo due individui che allo stessa età sperimentano lo stesso evento: possono però variare la distanza di quell’evento da altri precedenti; la durata dell’evento, la combinazione del momento con altri eventi rilevanti, ecc. Sarà dunque difficile sostiene la sociologia del corso di vita che lo stesso evento colga due soggetti, per quanto simili, in condizioni oggettive e soggettive cosi uguali da predisporrai ad analoghe risposte (Elder, 1974). Una altra conseguenza teoricamente importante di questi assunti è quello della discontinuità o variabilità dei corsi di vita stessa, per cui l'individuo considerato al punto t 0 non è in tutto e per tutto lo stesso di quello incontrato successivamente, al punto t1. Da questi due assunti chiave derivano diverse conseguenze, sia analitiche che "politiche". Una prima conseguenza è quella di costruire il lavoro sociologico il o possibile su congetture non verificabili e il più possibile su indagini dettagliate e comparate. La seconda conseguenza, di carattere politico, è quella di pensare a programmi e interventi che siano sagomati non solo su appartenenze a categorie (cui riferire bisogni, domande sociali, ecc.) ma sulla posizione degli individui lungo il corso di vita e in particolare rispetto a interruzioni o deviazioni dai percorsi attesi. 4XDVLXQSDUDGLJPD Negli anni' 80 il corso di vita è diventato un filone ormai ben strutturato in termini teorici. alla ricerca di un paradigma, anche se variamente orientato dal punto di vista metodologico, come si vedrà nel capitolo successivo (Giele, Elder, 1998). Una decisa spinta all’affermazione del corso di vita è data dalla crescente produzione di dati longitudinali raccolti in maniera sistematica, su un intervallo di tempo e sempre di più su base comparativa. Ma una spinta altrettanto forte è l’obiettivo di rendere più, fin dagli anni’ 70, sistematico e convergente lo sforzo di molti studiosi che lavoravano in parallelo su temi affini e con una comune prospettiva dinamica (dalla analisi della vita adulta dei bambini dotati, ai diversi modi di superare l’esperienza di crisi economiche attraversate da giovani, ai differenziali di successo economico e professionale dimostrati da chi aveva servito nell’esercito, rispetto a chi non lo aveva fatto, ecc. alla differente capacità di resistere alle difficoltà da parte delle figlie di madri istruite rispetto alle figlie di madri non istruite, ecc.). 7.1.Si può dire che gli esponenti del c.d.v. hanno tentato di conciliare approccio sistemico (funzionalista) e teoria dell'azione, calandoli entro un quadro dinamico, costruito su teorie di medio raggio. Si vede chiaramente questo sforzo e gli effetti di cuginanza nello schema riportato qui di sotto. ,QVHULUHILJXUDSDUDGLJPDGHOFGYFRUVRGLYLWD L’obiettivo di questo modello, peraltro originale rispetto all'approccio funzionalista tradizionale, è di spiegare la variabilità e l'eterogeneità di percorso (traiettorie) degli individui inseriti in un sistema. C’è anche della sociologia classica delle origini nell’idea che la costruzione degli attori sociali si sviluppi nel tempo sociale normato (Durkheim) e nelle relazioni sociali significative (Weber). Il principio della intersezione tra effetti di età, coorte, periodo, richiama la quantità di pressioni che gravano sul corso di vita individuale, ma insieme anche la difficile ripetibilità, a pari condizioni, di mosse già fatte dallo stesso individuo o da altri prima di lui; il principio dell' interdipendenza o delle vite legate (o principio della co-esperienza) riflette il fatto che le biografie si incontrano in famiglia o in network a maglia stretta (famiglia, reti parentali, ecc.); il principio dell' incrocio tra diversi tempi della vita (o della tempestività) ricorda la dipendenza dei significati di un evento dal momento in cui tale evento si verifica, in rapporto alle varie traiettorie personali e di coorte. Il principio della collocazione del corso di vita dentro uno specifico contesto spaziale e temporale garantisce GDXQODWR che la variabilità di cui si è detto è in qualche modo arginata e giustificata dal contesto di valori e norme propri di una collettività e GDOO DOWURODWR che questa stabilità è soggetta a mutamento. 7UDQVL]LRQL,OFRQFHWWRHOHVXHGHULYD]LRQL 8.1.Possono essere considerati precursori dello studio delle transizioni la classica teoria dei ruoli e la teoria dello stress (George, 1993). La teoria dei ruoli, enunciata fin dagli anni ' 30 da Clinton e poi variamente elaborata fino all' approfondimento in senso dinamico da Brim (1979) e da Allen and van de Vliert (1984) sottolinea l' importanza dei processi di entrata e uscita dai ruoli, oltre che la rilevanza dell' adesione culturale al ruolo stesso. Tuttavia essa presenta chiari limiti nella scarsa considerazione dei processi temporali attraverso cui si snodano sia l' assunzione sia, soprattutto, la deposizione dei ruoli e al cambiamento del contesto che influenza la dinamica di ruolo. Quanto alla teoria dello stress, inizialmente proposta come spiegazione dei meccanismi sociali di insorgenza di malattie fisiche e mentali a partire da specifiche collocazioni sociali (Dohrenwend & Dohrenwend 1966) questa si è ulteriormente sviluppata ponendo attenzione sia alla classificazione degli eventi stressori o indesiderabili (perdita del partner o del genitore in giovane età, divorzio, malattie, uscita dal lavoro, ecc.), sia, soprattutto, alle condizioni che ne ampliano o ne moderano l' impatto. Inizialmente la spiegazione dello stress si basava su relazioni tra variabili relativamente semplici e facilmente accertabili. Data una certa posizione sociale vi erano probabilità accertabili che a posizioni socialmente sfavorite corrispondessero eventi stressanti. Lo stress era operazionalizzato come numero degli eventi di vita, molti dei quali erano transizioni. Successivamente si è affermata una visione più complessa che mette in luce l' incrocio tra eventi e relative condizioni di occorrenza e quindi i differenti effetti che si producono a seconda di come e quando si verificano (Pearlin, 1981, 1989; Wheaton, 1990). ,OFRPHHLOTXDQGR amplificano o moderano la capacità stressoria di un evento: il FRPH riguarda le caratteristiche dell' individuo e della sua rete di appoggio e di riferimento; il TXDQGR si riferisce a ciò che accade prima, durante e dopo l' evento (l' attivazione della famiglia, delle reti di vicinato, delle reti di amici, dell’ambiente di lavoro). Ma conta anche lo spazio temporale SULPD dell’evento. Wheaton (1985, 1990) ha dimostrato l’esistenza di modi diversi di affrontare e UHVSLQJHUH EXIIHULQJ un evento stressante a seconda del grado di intensità dello stress maturato precedentemente. La questione ha rilievo perché uno stress molto forte è talora più aperto a soluzioni di uno stress meno forte: il primo può raggiungere una soglia critica tale da innescare una catena di eventi che alla fine sopprimono la fonte stessa di stress. Inoltre esse quasi mai sono eventi puntuali, ma più spesso richiedono tempo: molte transizioni possono iniziare prima che l' evento abbia luogo e finire molto tempo dopo che l' evento si è concluso (si pensi ai processi di separazione; ai passaggi di carriera, ecc.). Si pensi a un evento come il divorzio. Convenzionalmente considerato vulnerante sotto diversi aspetti (quantomeno perché rompe una routine e apre un orizzonte di incertezza), potrebbe invece chiudere, e quindi in certo modo risolvere, una situazione precedente, qualora lo stress accumulato in precedenza fosse superiore a quello legato all’evento del divorzio in sé (Wheaton, 1990). L' analisi delle cause e degli effetti delle transizioni cui danno luogo eventi stressanti è dunque un' analisi complessa, prolungata nel tempo (sia in avanti sia all' indietro), cauta sulla individuazione dei perché. 8.2. Secondo il corso di vita le transizioni sono differenziate per età e sono incastonate in percorsi di stabilità-cambiamento a lungo termine (traiettorie). Inoltre si parla non di un' unica traiettoria, ma piuttosto di traiettorie multiple, pensando a percorsi biografici che si dipartono da diversi ambiti (lavoro, formazione, famiglia) che possono sincronizzarsi e non sincronizzarsi, a seconda dei contesti e degli eventi, ma anche della attività riflessiva e di progetto dei singoli soggetti. In secondo luogo le traiettorie non sono linee continue, ma sono linee spezzate dalla presenza di transizioni ovvero di passaggi da un dominio istituzionale all' altro. Esse traggono il proprio significato dalle diverse traiettorie. Ciascuno di questi passaggi, per quanto tendenzialmente regolato, genera sfide al cambiamento e mobilitazione di capacita'strategiche. L' oggetto empirico della ricerca biografica è quindi costituito da fasci di traiettorie tra loro interdipendenti o combinazioni di traiettorie, che sono punteggiate da transizioni che segnano più o meno profonde discontinuità. Transizioni apparentemente simili hanno significato sia sociale sia soggettivo diverso a seconda di quando avvengono in una particolare traiettoria. L' importanza e il peso delle transizioni dipendono non soltanto da quando accadono, ma anche dalla loro durata: esse quasi mai sono eventi puntuali, ma più spesso richiedono tempo: molte transizioni possono iniziare prima che l' evento abbia luogo e finire molto tempo dopo che l' evento si e' concluso (si pensi ai processi di separazione; ai passaggi di carriera, ecc.). Di per sé quindi non solo gli eventi non hanno significato assoluto, come si è visto, ma, in linea generale, gli eventi che appartengono ad un contesto non sono considerabili isolatamente da quelli che appartengono ad altri contesti. 1RQVLDFTXLVLVFRQRVRORVWDWXVRUXROLWRXWFRXUWRPHJOLRVLDFTXLVLVFRQRUXROLche cambiano al loro interno per effetto del tempo e della interdipendenza con altri ruoli propri[Clausen 1986, Elder 1984; Elder e O’Rand 1995]. Il concetto del corso della vita sposta dunque l' attenzione verso l' intersecarsi delle molte linee di “carriera”, o traiettorie, di cui è costituita la biografia individuale. 8.3. Gli effetti che si diramano e si riverberano da una traiettoria (o carriera) a un' altra si definiscono FURVVFDUHHUHIIHFWV Questi effetti possono verificarsi per interdipendenza tra le diverse carriere di uno stesso corso di vita o per interferenza tra carriere che appartengono a corsi di vita diversi -Carriere di uno stesso corso di vitaÅLa carriera familiare di una donna interferisce profondamente sulla sua carriera professionale. La carriera della salute interferisce con quella professionale nel senso che a seguito di una malattia il mio percorso professionale può subire modificazioni , arresti o radicali cambiamenti. -Carriere dell' individuo e carriere di altri ÅLa carriera formativa del figlio di un operaio che è stato posto in Cassa integrazione proprio nel momento in cui si deve decidere se il figlio proseguirà o no gli studi, è influenzata dalla posizione del padre nella carriera di operaio a rischio. Passaggi nella carriera lavorativa possono avere effetti su, o dipendere da, ciò che succede nelle vicende e ruoli familiari, e viceversa, come ha mostrato Gerson (1985) nella sua bella ricerca sulle vicende di una coorte di donne statunitensi. E’ qui , tra l’altro, che si danno le maggiori differenze di genere: nel tipo e direzione delle interdipendenze: essere sposati ha un effetto positivo per la vicenda occupazionale degli uomini, meno per le donne, per le quali la presenza di figli ha un effetto negativo sulla vicenda occupazionale (cfr. anche Bison, Pisati e Schizzerotto 1996). Viceversa la separazione coniugale ha effetti positivi sulla vicenda occupazionale delle donne, mentre è tendenzialmente indifferente per quella degli uomini (Barbagli e Saraceno 1998). -La traiettoria biografica complessiva che né deriva è dunque plasmata da questi effetti “crosscareer” -Ogni traiettoria è inserita nel tempo storico e subisce i contraccolpi di questo. La mia traiettoria di operaio Fiat negli anni’80 subisce i contraccolpi del fatto che la azienda in cui lavoro è arrivata ad un punto cruciale della sua storia, nel quale si decidono e avviano processi i ristrutturazione e di riduzione occupazionale. -La mia traiettoria di aspirante utente di una casa pubblica subisce una svolta (posso finalmente entrare!) per il fatto che quando io faccio domanda le regole di accesso e di permanenza nell’alloggio sono mutate e il fatto che io sia sposato da poco costituisce titolo di merito, mentre prima questo requisito non valeva nulla. Come scrivono Hareven e Adams (1982, p. 7): “L’approccio del corso della vita offre un approccio comprensivo e integrato che ci consente di interpretare le transizioni individuali come parte di un processo continuo e interattivo di mutamento storico”. Tuttavia il corso di vita presuppone che l’individuo non sia totalmente determinato dagli eventi che gli accadano e abbia margini per dirigere la sua vita in modo da acquisire un certo grado di equilibrio o ripristinare l’equilibrio quando questo venga compromesso. 7UDQVL]LRQLDSSOLFDWHDSRSROD]LRQL 9.1. 7LPLQJGHOOHWUDQVL]LRQL. Quando accade? Applicato a intere popolazioni o a coorti il timing della transizione è di solito operazionalizzato come la media o la età mediana in cui avvengono certe transizioni o l' età in cui la maggioranza dei componenti di una coorte ha avuto esperienza di quella transizione. Una tipica chiave di lettura del mutamento storico in chiave di transizione è quella di constatare O DYYHQXWDGLOD]LRQHdell' occorrenza di transizioni normative come l' uscita dalla famiglia di origine, la fine della scuola, l' ingresso nel mercato del lavoro per le coorti più giovani. E'una tendenza che va affermandosi a livello europeo, anche se non deve essere sopravvalutata. Schizzerotto (2002) nel suo studio sulle famiglie italiane, rileva, ad esempio, come la posposizione in avanti dell' età (mediana) al matrimonio e alla nascita del primo figlio, registrata per le coorti nate dopo la seconda metà degli anni ' 50, non rappresenti affatto un evento nuovo, ma la ripetizione di una storia già vissuta, almeno in Italia. Era infatti già accaduto alle coorti dei primi decenni del secolo. In entrambi i casi vi è stata la difficoltà a trovare le risorse indispensabili per entrare nella vita adulta (una casa e un lavoro) in presenza di norme che definiscono la soglia di ingresso nella maturità in maniera rigida (appunto quelle secondo le quali senza casa né lavoro non si è veramente adulti). Le generazioni degli anni’ 60 e quelle successive hanno visto, inoltre, prime nella storia del secolo, intensificarsi rispetto alle generazioni dei loro padri, le difficoltà incontrate nel loro cammino verso l’indipendenza economica e il pieno inserimento nella vita associata. Il ritardo dell’età al matrimonio e dell’età alla nascita del primo figlio sembra perciò una costante , più che un' eccezione, visto che solo i nati tra la seconda metà degli anni’ 30 e la prima metà degli anni’ 50 riescono ad anticipare, in presenza di ritmi sostenuti di crescita economica e sistemi di welfare particolarmente generosi, le tappe di ingresso nell' età adulta. 9.2. 6HTXHQ]HGHOOHWUDQVL]LRQLGLYLWD . In che ordine sono collocati gli eventi di entrata nella vita adulta, di uscita dalla vita attiva? E'noto che nelle società occidentali la sequenza tipica di ingresso nella vita adulta prevede il seguente ordine: la fine degli studi, l' inizio del lavoro, la formazione di una famiglia. Gli interrogativi in proposito sono almeno di due tipi: -in che circostanze si creano alterazioni del modello? -quali conseguenze queste alterazioni producono Risposte a questi interrogativi sono state date, già da tempo, negli Stati Uniti e in Europa, utilizzando la comparazione tra coorti nate in anni diversi, a partire dall'analisi di nati all'inizio del secolo fino ad arrivare alle coorti di attuali venticinquenni. Uno dei risultati più interessanti di dei primi studi di questo genere (Hogan 1981; Featherman e Sorensen, 1983, Kerckoff, 1990). è la relazione emersa tra disordine delle sequenze e appartenenza a coorti più giovani, oltre che al genere femminile. Assai più debole, e talora di segno positivo, appare invece la relazione tra disordine e elevato status socioeconomico, per cui è difficile dire se il disordine nella sequenza studio-lavoro possa considerarsi un fattore rilevante nelle performance sociali successive. Alcuni sostengono (Alheit, Bergamini, 1996), che l'assetto standard della biografia di tipo moderno sta cambiando. La successione delle tre fasi della vita: la formazione, il lavoro, il matrimonio, il ritiro dal lavoro si rivela applicabile ad un numero sempre più ridotto di corsi di vita, soprattutto di maschi, molti dei quali stanno assumendo un corso di vita "femminilizzato". ( quindi poco ordinato con interruzioni e scarsa efficienza del rapporto risorse-e loro impiego). Se con evento marker definiamo quella transizione che è al tempo stesso diffusa e prevedibile, saremmo oggi di fronte a un demarcazione del corso di vita. L'età adulta (in particolare la giovane età adulta) dovrebbe offrire un terreno di studio di estremo interesse, perché le transizioni che coinvolgono gli adulti (dal matrimonio alla nascita di un figlio) sono oggi considerate assai meno "marcanti", in sostanza più dislocate che in precedenza (0RGHOO 1980). In realtà, questa maggior dislocazione degli eventi marker non avviene sempre e dovunque. Secondo la ricerca di Schizzerotto avviene in misura trascurabile, e quindi non in misura tale da giustificare l'ipotesi di una LQGLYLGXDOL]]D]LRQH del corso di vita. E’ vero comunque che va diminuendo, per le donne come per gli uomini, l'attuale durata dell'occupazione, non solo, ma va cambiando anche la struttura del periodo di attività lavorativa. Le fasi del lavoro sono interrotte da nuove fasi di preparazione, periodi di ulteriori training sono innestati nell'occupazione attiva, ecc.( Alheit, Bergamini, cit., 22). In questo modo più persone, ma per meno tempo, hanno una qualche esperienza di lavoro. Due sono gli effetti, secondo Alheti e Bergamini, di questa nuova tendenza. Dal punto di vista dei soggetti coinvolti si può dire che più persone saranno dunque impegnate nel difficile esercizio di combinare, ma anche di prevedere e gestire al meglio tempi di vita e tempi di lavoro (Crouch 1999). Dal punto di vista del ricercatore i comportamenti individuali diventeranno sempre meno prevedibili sulla sola base delle variabili classiche dell’età, del genere, della classe sociale Le traiettorie che Bourdieu riferiva alle variabili di classe, di genere e generazione non paiono più riferibili, secondo Alheit e Bergamini, a quelle variabili. Non tutti sono d’accordo su questa seconda affermazione.. I risultati della già citata ricerca di Schizzerotto (2002), ad esempio, ridimensionano questa affermazione e prima ancora quella relativa a un crescente “disordine” delle sequenze di entrta nella vita adulta. Le cifre mostrano che a livello aggregato l'ordine di realizzazione delle quattro transizioni fondamentali è rimasto invariato lungo tutto l'arco del tempo considerato .prima si termina la scuola, poi si comincia a lavorare, quindi si forma la prima unione coniugale, e infine si dà alla luce il primogenito (Schizzerotto, 2002: 135-136). Inoltre i risultati dell'analisi di Schizzerotto rimarcano il peso delle variabili tradizionali, specie della classe sociale, ma anche, seppure parzialmente del genere, nel mantenere stabile un certo modello di entrata nella vita adulta, di ingresso nel mondo del lavoro, di uscita dal lavoro e quindi nel riprodurre i meccanismi di riproduzione delle diseguaglianze sociali. Å,QVHULUHILJXUD6FKL]]HURWWRS 9.3.Un altro presupposto di analisi di Alheit e Bergamini, quello per cui vivere la vita appare oggi un impegno più problematico oggi che nel passato (bisogna scorgere per tempo i cambiamenti che stanno avvenendo e sapere gestirli) sembra invece del tutto condividibile e interessante anche dal punto di vista degli strumenti conoscitivi attraverso cui il sociologo può raccontare questa difficoltà e il connesso apprendimento di nuove abilità. (si veda più oltre il paragrafo 14.2). 7UDQVL]LRQLDSSOLFDWHDVLQJROLLQGLYLGXL (appartenenti a specifiche coorti o facenti parti di particolari categorie, investite da eventi storici ben individuabili). Gli studi basati sugli individui analizzano gli effetti che su un dato evento osservato al tempo t1 esercitano uno o più eventi antecedenti (sguardo retrospettivo) , e, viceversa, gli effetti che un dato evento al tempo t 0 produce su quelli successivi, osservati al tempo t1 (sguardo prospettico). 10.1.Un risultato comune alle ricerche svolte sui due versanti è l'esistenza di effetti individuali FKH VLSUROXQJDQRanche a distanza dall'evento iniziale (traumi infantili, difficoltà economiche nella famiglia di origine durante l'adolescenza, percorsi brevi o instabili di formazione e lavoro, ecc.) e che sono alimentati e talora amplificati dalle condizioni di contesto La ricerca pionieristica fatta da Glenn Elder sui "Figli della Grande Depressione" (1974, di cui un brano è tradotto in Saraceno, 2001) hanno mostrato l'esistenza di differenti impatti della crisi economica, persistenti anche a distanza di tempo, per gli appartenenti a diverse coorti di nascita (meno pesanti per i nati all'inizio degli anni '20, più pesanti per i nati alla fine del decennio) e individuato differenze anche all'interno di una stessa coorte (sulla base del genere e delle differenti condizioni sociali). Analogo intento di registrazione della variabilità ha guidato gli studi sull'impatto del servizio militare svolto durante la seconda guerra mondiale sulla successiva vita degli adulti appartenenti a due differenti coorti di uomini americani. Uno studio svolto in Germania sugli effetti a distanza della esperienza della seconda guerra mondiale di due coorti (1914-1925/1925-1930) individuava, a differenza che nella ricerca di Elder, gli appartenenti alle coorti più giovani, come quelli esposti a maggiori rischi. Costoro anche se non avevano fatto il servizio militare, figuravano esposti a maggiori effetti negativi sia di breve che di lungo periodo, mostrando in tal modo il peso di variabili macro e micro nella influenza sulla vita individuale di eventi storici specifici. 10.2. Sul versante di studi "prospettici" occorre ricordare le ricerche effettuate con tecniche di analisi temporale (panel o follow up*) (su questo il capitolo successivo) circa l'influenza che traumi infantili esercitano sullo sviluppo biografico successivo. Nell'ambito del rapporto tra caratteristiche della sfera familiare e affettiva del bambino e successivo equilibrio nella fase dolescenziale, giovane e adulta, si sono ottenuti risultati di ricerca non del tutto scontati, come quello, ad esempio, di una maggior capacità di impatto negativo esercitato, sulla vita successiva del bambino, più dal divorzio dei genitori che dalla morte di un genitore. Questi risultati sottolineano che instabilità e crisi familiari hanno una capacità di riverbero biografico assai maggiore che la "semplice" perdita di un genitore (magari attutita dalla cura di persone della cerchia familiare). (Landerman et al 1991) . Ricerche focalizzate sulla resistenza alle avversità degli individui adulti in relazione a esperienze di avversità vissute nell'infanzia (Moen) hanno mostrato anch'essi risultati parzialmente inasperttati. Attraverso studi di panel svolti su un campione di coppie di madri e figlie (intervistate le nel 1956 e nel 1986 e le seconde nel 1988), che le avversità vissute nella prima parte della vita contano nella resistenza della vita adulta, ma che questa è soggetta a variazione in relazione al livello di istruzione della madre (più alta l'istruzione, più alta l'istruzione della madre più alta la resistenza della figlia) e all’esperienza stessa di difficoltà vissute dalla madre (a parità di istruzione, l'esperienza di difficoltà patite dalla madre costituisce una risorsa importante di resistenza alle avversità per le figlie). Si tratta di ricerche impegnative non solo per la novità dei temi, ma anche per la difficoltà di spiegare i meccanismi attraverso cui si producono risultati parzialmente inaspettati. L'evidenza accumulata suggerisce infine che i due ambiti della famiglia e del lavoro costituiscono veri e propri incubatori di conseguenze a distanza (Hagestad, 1990). Il corso di vita li ha spesso considerati nei loro intrecci, come quando con Bielby and Bielby, 1988 ha studiato la dinamica dei UXROLIDPLOLDULHGLODYRUR nell'età adulta. Ma i due ambiti sono stati studiati anche separatamente. E' stato ad esempio suggerito che la avvenuta riduzione del tempo passato nell'esercizio del ruolo di genitore, riduce l'investimento nelle relazioni tra generazioni. Quanto all'occupazione e alle transizioni che possono avvenire al suo interno (mutamenti di lavoro, mobilità professionale) queste transizioni sono state addirittura assunte a modello per leggere altri tipi di transizioni (come con Nicholson, 1984, che propone quattro fasi tipiche di entrata/ transito uscita attraverso diverse posizioni di lavoro: la fase della preparazione, l'incontro, l'aggiustamento e la stabilizzazione). Il successo di ogni transizione dipende dalla congiuntura in cui si trovano struttura e attore e il superamento dei vari passaggi molto deve al supporto fornito da specifiche culture proprie dell’ambiente di ingresso e da reti sociali proprie della situazione di partenza. In realtà la maggior parte degli studi condotti secondo la prospettiva del corso di vita è tendenzialmente contraria allo stabilire fasi e sequenze tipiche, essendo per definizione il corso della vita aperto alla variabilità introdotta dalle contingenze organizzative e istituzionali. La prospettiva del corso di vita si concentra dunque, con riguardo alle transizioni individuali, sul significato non univoco delle transizioni alla luce di eventi di contorno (antecedenti o concomitanti o successivi). *OLHYHQWLVFDWHQDQWLHJOLHYHQWLUHVSLQJHQWL Si parla di eventi WULJJHU (che possiamo qui provare a tradurre con il termine eventi "scatto"o scatenanti) quando si vuol porre attenzione all'occasione in cui un effetto potenziale viene effettivamente innescato, grazie all'occorrenza di un altro evento che fa, per così dire, da detonatore. Sin da quando la teoria della modernizzazione e dei suoi effetti universali è stata deposta la ricerca sociale si è concentrata sul ruolo cruciale giocato dalle istituzioni dell'istruzione e del mercato del lavoro nel "garantire" il persistere delle differenze nella stratificazione sociale. Poca attenzione è stata invece attribuita alla dinamica della famiglia e al welfare state. Cambiamenti di lavoro e di modelli di convivenza possono invece largamente costituire elementi cruciali per la capacità economica e per il benessere materiale di individui e famiglie. L'impatto di questi eventi è a sua volta mediato dai meccanismi di trasferimento pubblico e dalle azioni di contrasto dei componenti della famiglia. Lo testimoniano risultati di studi di panel. I risultati di alcune ondate del PSID (Panel on Income Dynamics :ondate 1981-1983) per gli Usa e del GSOEP per la Germania (ondate 1984-1996) mostrano, ad esempio, anche una curiosa asimmetria degli effetti dei cambiamenti di lavoro e di modelli di convivenza: gli effetti negativi tendono a ridursi negli anni, quelli positivi a permanere costanti con il passar del tempo (Di Prete, McManus, 2000).(Le persone erano state intervistate circa la loro situazione economica nell'anno prima dell'intervista e poi reintervistate a distanza di tre, cinque, sette anni). 11.1.Sul breve periodo l'entrata o uscita dell'uomo dal mercato del lavoro appare come l'evento più consequenziale sull'andamento del reddito privato. Tuttavia dal momento che le politiche pubbliche cercano di contrastare gli effetti negativi di questo, quando usiamo il reddito conteggiato dopo l'integrazione economica ricevuta dallo stato, l'evento più consequenziale diventano la perdita o il guadagno del partner. Lo studio mostra dunque che gli effetti della perdita di lavoro che possono essere misurati sul breve periodo dalla perdita di guadagno vanno in realtà commisurati tenendo conto dei benefici della disoccupazione, dalle conseguenze fiscali e dalle strategie familiari e personali per reagire all'evento. Gli effetti di lungo periodo dipendono dagli effetti netti di breve termine, dalla durata dell'effetto mitigatorio delle politiche e degli incentivi per trovare un nuovo lavoro. Gli eventi "trigger" possono anche generare un processo di vantaggi o svantaggi cumulativi. Possono in definitiva produrre effetti di reinforzo. La conclusione è che quindi un tema saliente dell'analisi comparata non è semplicemente il tasso di accadimento di certi eventi, ma il tasso di eventi secondari, siano essi di contrasto o di reinforzo, stimolati dagli eventi originari" e le loro conseguenze combinate Infine è emerso che gli effetti respingenti o effetti buffering delle politiche durano meno che le risposte familiari. ,WXUQLQJSRLQWV Possiamo definire un turning point o evento svolta quell'evento che imprime una diversa direzione o una correzione al corso di vita individuale. Tuttavia, ciò che fa di un evento un evento-svolta non è facilmente definibile a priori. Come ricorda Clausen (1998) se si intervistano le persone circa la percezione degli eventi che hanno modificato il loro corso di vita, si rileva che più di metà degli eventi che si potrebbero a priori definire turning point non comportano grandi cambiamenti e di questi eventi, due terzi si riferiscono a transizioni attese dal matrimonio al primo lavoro. Inoltre i cambiamenti percepiti riguardano più mutamenti di atteggiamenti e sentimenti che vere e proprie svolte di percorso. Per riuscire a identificare cambiamenti forti e radicali dunque bisogna che il soggetto riveda retrospettivamente il proprio corso di vita e richiami alla mente gli eventi e le circostanze che hanno prodotto il turning point. In definitiva i turning point non sono eventi della vita, ma sono vari tipi di circostanze che il soggetto retrospettivamente si rappresenta come punti di svolta. Spesso i cambiamento non sono solo acquisizioni, ma anche perdite, sensi di intrappolamento. Nel campione analizzato nelle varie tappe dello studio longitudinale sulle vite di donne e uomini di Berkeley, negli Stati Uniti (le interviste erano cominciate nel 1928-32 e i soggetti furono reintervistati nel 1958, 1970, e 1982) emerge, ad esempio, che i turning point registrati dagli individui raramente si riferiscono a svolte radicali, e che il cambiamento comunque interessa in modo diverso uomini e donne. Tra gli uomini i turning point relativi al lavoro non implicano crisi e sono comunque legati a problematiche di mobilità e di attainment. Nelle donne i turning point sono più legati a problematiche identitarie. È l’entrata nel mercato del lavoro e la nascita del figlio l’evento turning point per eccellenza. Sorprende dunque che il matrimonio, pur essendo un evento atteso, costituisca nondimeno un turning point. &DUULHUHHORURWUDWWDPHQWR Per andare avanti bisogna per forza salire?. E' l'interrogativo cui risponde, QHJDWLYDPHQWH tutta una tradizione di studi che si dirama dalla scuola di Chicago e continua negli anni'60 e '70, innestandosi sugli studi dell'interazionismo simbolico. Mentre la concezione tradizionale di carriera fa pensare ad una progressione sequenziale di miglioramenti lungo una scala professionale o gerarchica, a partire da Hughes a Becker a Goffman la carriera si rappresenta invece come un sentiero orizzontale, sul quale scorrono "…una serie di status e ruoli chiaramente definiti, sequenze tipiche di posizione, acquisizione, responsabilità e anche avventure e lungo il quale l'individuo vede la sua vita nel complesso e interpreta il significato delle sue caratteristiche, delle azioni che compie e degli avvenimenti che gli succede di vivere." (Abrams 1983:334-335). Questa accezione, costruita soprattutto per capire decorso ed esiti dei comportamenti devianti (per i quali la carriera è un cammino che via via si definisce attraverso le rappresentazioni ("etichettamenti")che il soggetto e gli altri rilevanti forniscono di quel dato percorso), si rivela fruttuosa anche per analizzare i cambiamenti che occorrono in molti altri ambiti di vita. La considerazione delle carriere nella loro totalità era stata per molto tempo sacrificta alla analisi dei fattori che rendono più o meno probabile l’acquisizione di un dato statu socioeconomico. In questo modo si perdeva sia il senso del tempo sia il il senso del dettglio di un carriera per concentrarsi sui fattori premianti l’acquisizione di uno status superiore a quello di partenza. Dal 1970 la letteratura sulle carriere muove in nuove direzioni, in cui gli step di carriera. vengono seguiti nel tempo; essi vengono inoltre spiegati attraverso variabili di tipo “ambientale“ o contestuale (strutture organizzative e professionali, ambienti familiari, ecc.) 12.1. L' approccio del ciclo di vita colloca gli eventi della carriera nell' orizzonte della vita considerata nel suo complesso (non solo professionale ma anche privata), secondo l' ipotesi che la carriera non sia un sistema chiuso, ma scambi risorse con altri ambienti. Crisi o stati di equilibrio nell' uno o nell' altro ambito (familiare o lavorativo) modificano le gerarchie di impegno, liberando o impegnando energie, impegni e motivazioni che si spostano da un fronte all’altro. L' ipotesi è che le inevitabili crisi che frastagliano qualsiasi carriera, specie nella fase di mezzo della vita possano essere spiegate dal regime di scambi o di trade-offs che il cammino di lavoro intrattiene con altri sistemi come quello familiare e più in generale con la sfera affettiva, e relazionale, (Gould, 1983). Anche la prospettiva del corso di vita coglie le relazioni tra famiglia e lavoro come relazioni cruciali, ma ritiene che esse, lungi dall'annullarsi, possano sovraccaricarsi reciprocamente e cumulativamente (Elder, 1985). (così una crisi familiare può essere amplificata da una crisi lavorativa la quale rende pià difficile la soluzione della crisi, ecc…). 12.2. Alla prospettiva istituzionalista sulle carriere va invece riconosciuto il merito di considerare la carriera come risultato di combinazioni di mosse individuali e istituzionali (Sorensen, 1977; Spilerman, 1977, Thurow, 1975: per una rassegna critica Follis, 1991). In questa prospettiva gli individui vengono allocati ai diversi livelli di riuscita in modo relativamente indipendente dalle risorse personali accumulate nel tempo. Non sempre, dunque, l' attainment individuale può ignorare la realtà delle costrizioni organizzative. Questa prospettiva contribuisce a smentire l' ipotesi di carriere lineari ascendenti ( perché esse si sviluppano invece in relazione a movimenti esigenze, crisi delle organizzazioni). Contribuisce altresì a neutralizzare la carica prescrittiva del concetto di carriera rivalutando l' idea, già presente nel concetto di FDUULHUDPRrale di Goffman, che la carriera sia fatta non solo di movimenti, ma anche di percezioni e rappresentazioni di sé lungo un cammino di lavoro, qualsiasi esso sia. 12.3. L' approccio del ciclo di vita su una sponda e l' approccio istituzionalista sull' altra forniscono alla sociologia del corso di vita molti strumenti per forgiare il concetto di carriera come traiettoria. Il termine traiettoria richiama più elementi analitici: la lunga “portata” nel tempo, l' assenza di una direzione predefinibile, la aspettativa di transizioni, le conseguenze "aperte" o non del tutto prevedibili di tali transizioni, l ' intreccio della carriera individuale con altre carriere dello stesso individuo o di altri attorno a lui. Come arginare a questo punto l' ipotesi che ci sia un' eterogeneità irriducibile nelle carriere visto che l' incrocio tra diversi fattori in diversi tempi sembra quasi del tutto imprevedibile" Sull' argomento della eterogeneità tra individui e della discontinuità interna dei corsi di vita il dibattito è aperto. La parola chiave è in proposito, è quella di LVWLWX]LRQDOL]]D]LRQH cui risponde, sul fronte opposto il termine individualizzazione (ma anche de-istituzionalizzazione o denormazione) del corso di vita Vediamo di cosa si tratta. ,VWLWX]LRQDOL]]D]LRQHRLQGLYLGXDOL]]D]LRQHGHOFRUVRGLYLWD Nelle società contemporanee ove la morte non è più una possibilità egualmente e casualmente presente nelle diverse età c’è una lunga vita da vivere ed esistono gradi di libertà individuale nelle scelte di vite le persone devono prepararsi per vite più lunghe e possono elaborare piani di vita relativamente flessibili. Tuttavia esse non sono interamente libere ma devono adattarsi ai modelli culturali e normativi di vita che ciascuna società prepara per gli individui di quella coorte. A ben vedere l’approccio del corso della vita si basa su due assunti impliciti: che vi sia un una lunga vita da vivere e che l’individuo abbia su di essa una certa misura di controllo. Entrambi questi assunti si riferiscono alle condizioni storico-sociali proprie delle società contemporanee: ove la morte non è più una possibilità ugualmente e casualmente presente ad ogni età ove esistono gradi di libertà individuale nelle scelte di vita. 13.1. Secondo Kohli (1986), tra la fine del diciannovesimo e il ventesimo secolo gli individui sono divenuti inevitabilmente consapevoli dell’intero arco della vita: essi possono, e devono, prepararsi per vite più lunghe e possono elaborare piani di vita, sulla base sia dei modelli culturali e normativi di sviluppo e vita “adeguati” o “buoni”, sia dalla strutturazione temporale, dei calendari istituzionali, elaborati e talvolta imposti dallo stato. Da ciò deriva secondo Kohli una istituzionalizzazione del corso della vita, nel senso che il corso della vita diviene una istituzione socialmente normata che plasma lo sviluppo della individualità di una persona nel corso della sua vita. Kohli segnala così un paradosso della modernità: la modernità espande le potenzialità degli individui alleggerendone in parte legami e destini ascritti (oggi come anziano, o giovane, o adulto possono fare una quantità di cose e vivere una quantità di esperienze una volta impensabili nella rigida struttura dei ruoli di età ), tuttavia anche, nel combinarsi di miglioramento nelle speranze di vita e espansione dell’offerta di risorse strutturate (istruzione, pensione, sostegno contro i rischi, offerta di consumi) la modernità produce maggiore omogeneità nei calendari di vita che nelle società tradizionali. 13.2.Secondo altri esponenti della sociologia del c.d.v. (che praticano un approccio di tipo ermeneutico o interpretativo nelle loro ricerche) non esiste invece un vero e proprio paradosso tra tendenze verso l'istituzionalizzazione e quelle opposte verso la deistituzionalizzazione. Le persone organizzano le loro esperienze in un frame biografico in quanto esso è l’unico ad arginare la progressiva decostruzione di riferimenti subita da altri contesti istituzionali basati su forti modelli normativi (famiglia, nazione, classe sociale). Per capire la loro propria vita e orientare le proprie strategie le persone si ancorano dunque al quadro biografico (Fischer-Rosenthal, 1995) che costituisce un riferimento contro l' anomia. Anche se questo processo implica inevitabilmente una differenziazione di traiettorie e soprattutto di percezioni di sé e della propria carriera, l' individualizzazione sembra essere più un risultato di gestione della contingenza che di esercizio della libertà. . 3DVVDJJLGLVWDWXVHULVFKL Si è detto che ogni passaggio da uno status a un altro genera un cambiamento di ruolo, di aspettative, di definizioni della situazione. Per cogliere l’intreccio tra dimensioni sociali, istituzionali, normative, e iniziativa individuale, Heinz (1996) propone di distinguere i passaggi di status (di età, ma non solo) sulla base di quattro dimensioni: il grado di controllo consentito ai soggetti, il grado di trasparenza del contesto (regole, interdipendenze, conseguenze possibili), quindi della intenzionalità consentita nell’entrare o uscire da una determinata configurazione di status, il grado di interdipendenza delle sequenze di status, il grado di reversibilità di passaggi di status di età. Alcuni passaggi di status di età sono più vincolati a livello istituzionale di altri. E’ il caso di quelli legati al curriculum scolastico, o ad alcune carriere professionali, ma anche del passaggio da celibe/nubile a coniugato. La scarsa trasparenza non consente di fare scelte informate circa l’entrata o l’uscita da particolari configurazioni di status, provocando vuoi incertezza, vuoi adesione a modelli di vita standardizzati. Alcuni passaggi di status sono più reversibili di altri, perché meno cruciali per l’identità di una persona, ma anche perché implicano relazioni interpersonali meno strette o coinvolgenti: il passaggio a genitore è irreversibile, quello a coniugato meno, almeno oggi. La menopausa, almeno un tempo, segnava un passaggio irreversibile alla infecondità, che oggi sembra allentarsi. in questo approccio, non è sempre e soltanto un fase di arrivo e di equilibrio, dopo le incertezze e le sfide al cambiamento proprio della gioventù e prima del ritiro dell’età anziana. La età adulta, specie oggi, per le pressioni familiari e lavorative cui è sottoposta, per i carichi che deve sopportare, per le indicazioni contraddittorie che riceve dal sistema culturale (sii responsabile/ dedicati a te stesso; / Lascia posto ai giovani /Non fermarti/ecc.) può innescare processi di trasformazione e di crisi. 14.1.Nella prospettiva del corso di vita elaborata più di recente soprattutto dagli studiosi tedeschi che ruotano attorno all' Università di Brema (Alheit, Heinz, Kruger, Weymann), i percorsi biografici restituiscono, attraverso i passaggi tra i diversi ambiti (istruzione, lavoro, ecc.) il grado di (in) coerenza e di (in) efficacia con cui un certo sistema sociale e istituzionale regola e indirizza l’acquisizione e l’uso di risorse e di capacità individuali e familiari. Il contesto evocato è quello della pressante richiesta di flessibilità e, al contempo, delle risorse scarse con cui i welfare gestiscono, regolano, proteggono l’offerta di flessibilità. I punti pericolosi sono quelli che presiedono a transizioni di vita in corrispondenza delle quali sono attesi interventi delle politiche, ma che invece possono lasciare porzioni di vita scoperte o non abbastanza protette (Mayer, Muller, 1986; Heinz, 1996, Brecker, 1998). Proprio nelle transizioni, dove si depongono i vecchi e si entra in nuovi ruoli, si annidano i maggiori rischi per l¶HTXLOLEULo (Elder, 1998), e anche l’identità e per la stabilità biografica dei soggetti (Kohli, 1986). La sfida del ripristino di un qualche equilibrio a seguito dei passaggi è tanto più difficile quanto meno fortemente normati sono i diversi “pezzi”. Ciò significa che, alleggerendosi la pressione normativa sull’ordine degli eventi attesi entro una traiettoria, aumenta la responsabilità individuale circa le scelte da fare, e soprattutto gli errori da evitare. A dispetto della regolazione sociale delle norme relative alle transizioni per età, coorte, genere, classe sociale, situazioni di bisogno, le azioni degli individui e le scelte del loro corso di vita assicurano sempre un qualche grado di loosecoupling (connessione debole) tra le loro transizioni sociali attuali e lo stadio di vita “Loose coupling” a proposito del lavoro significa che gli eventi occupazionali non si sommano semplicemente a un certo punto della carriera. La storia del lavoro individuale è anche il risultato di un' azione individuale consistente in esperienza accumulata e in scelte tra alternative più o meno ristrette. 14.2. / DJLUH LQ FRQWHVWR Transizioni e turning point vanno poi combinati con il "modello dell' agire in contesto" (Heinz: 351), che è basato su esperienze e decisioni dell' individuo nei punti di diramazione disseminati lungo il corso della vita. Queste decisioni sono modellate da costellazioni di fattori differenti, dal mercato del lavoro alle istituzioni di welfare, alle reti sociali. Per questo motivo lo studio delle transizioni delle storie di vita richiede non solo disponibilità di informazioni oggettive dettagliate sulle transizioni, ma anche la disponibilità di narrative (racconti) che spieghino le decisioni prese nei punti di scelta (Heinz, tr. it. 2000). p. 338). I soggetti prendono sì decisioni, ma talora e in certi specifici contesti, esercitano scarso controllo sulle conseguenze che tali decisioni hanno sulla direzione impressa alla loro vita. E'ragionevole prevedere, sostiene Heinz, che un soggetto abbia meno controllo sulle sue transizioni quanto più la sua vita dipende da quella di altri rilevanti, quanta più irreversibilità c' è nella strada intrapresa, quanta meno consapevolezza il soggetto possiede ha della direzione di vita cui si rinuncia con una decisione. ÅI ruoli sociali a rischio sono anche quelli su cui si scaricano domande contraddittorie e che quindi generano decisioni difficili, per lo più di tipo "aut aut" Å La presenza di agency nel percorso biografico non è costante, né ha una intensità costante Essa è soggetta a riduzioni e a "interruzioni" di flusso. Per capirne i meccanismi dobbiamo ricostruire dal tempo passato e seguire nel tempo futuro le condizioni e le conseguenze delle scelte. *ORVVDULRPLQLPR 3RVVLDPR D TXHVWR SXQWR IDUH LO SXQWR WHUPLQRORJLFR GHO UHSHUWRULR FRQFHWWXDOH HVVHQ]LDOH GHOO¶DSSURFFLRGHOFRUVRGLYLWDFRQXQJORVVDULRPLQLPR (Wj come attributo individuale segna quanto tempo di vita si è vissuto e la fase della vita in cui si è collocati (giovinezza, età adulta, ecc.) L'età come attributo delle strutture sociali denota i criteri in base ai quali si allocano le risorse, si stabiliscono le soglie di entrata e uscita dai diversi ruoli, si motivano gli individui a stare al gioco nei termini di adeguarsi ai compiti propri della fase in cui si trovano e alle conseguenti relazioni con altri gruppi di età/generazioni (YHQWR: un’occorrenza che imprime un cambiamento in un percorso Il tempo e la sequenza di occorrenza degli eventi individuali dipendono: -dalle circostanze e dai ritmi di cambiamento del più ampio contesto storico in cui occorre l'evento (effetto periodo); -dai tempi specifici di crescita e sviluppo della coorte di appartenenza (HIIHWWRFRRUWH). Il tempo e la sequenza di occorrenza degli eventi individuali è il prodotto dell’incrocio di diverse traiettorie (o trajectories) riguardanti diversi campi o ambiti ("domains"). 7UDLHWWRULD: percorso seguito lungo una determinata esperienza o posizione con il trascorrere dell’età, e considerata nella sua totalità. 7UDQVL]LRQH mutamento di stato entro una traiettoria da cui traggono il proprio significato. L’occorrenza di un evento lungo una traiettoria può avere effetti su un'altra (cross career effect) Alcuni eventi hanno particolare importanza in sé (anchor point: Spilerman) oppure in quanto riconosciuti come eventi svolta dal soggetto, retrospettivamente (turning point: Clausen). *OL HYHQWL PDUNHU sono eventi prevedibili e statisticamente diffusi in una popolazione o su un sottoinsieme di essa Il peso di un evento individuale dipende dal momento (timing) in cui accade, alla sua posizione in una catena di eventi (sequence) dalla sua durata temporale (duration). Il peso di un evento dura anche dopo che l’evento si è concluso. Gli eventi scatenanti (o eventi trigger) Gli eventi respingenti (o eventi buffering)