tacita muta - Piazza della Resistenza
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tacita muta - Piazza della Resistenza
TACITA MUTA Sintesi del discorso presentato dalla classe II D e dalla prof.ssa Maria Pia Janigro alla Conferenza “Noi ragazzi di sana e robusta Costituzione” tenutasi presso il Comune di Monterotondo, in data: 23 Aprile 2009. Nella storia, le donne hanno lottato tanto con le donne e per le donne, per prendere coscienza di sé, affermare i propri diritti, perseguire l’uguaglianza prima e la parità poi. Tante sono state le conquiste, dal voto ottenuto nel 1946 e dal riconoscimento della piena parità tra uomini e donne sancita dal testo fondamentale della Repubblica Italiana: la Costituzione. Art. 3 :“ Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” Articolo 21 : “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione…” Questo articolo sembra fatto innanzitutto per le donne. Ma per capirlo bisogna tornare indietro col tempo. La Bibbia ( Ecclesiaste 26,13-18) :Una donna silenziosa è un dono di Dio. Lettera di S. Paolo a Timoteo:“ La donna impari il silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne sta in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva…” Nella società romana delle origini il silenzio muliebre aveva addirittura la divinità di riferimento e il relativo mito eziologico. Già il nome della divinità è molto eloquente: Tacita Muta. La giovane ninfa Lara o Lala ( dal greco laleo, chiacchierare) salvò la sorella Giuturna dalle voglie di Giove. Giove punì crudelmente la ninfa e le mozzò la lingua con la quale aveva avvertito la sorella del pericolo che correva. Inoltre Lara durante il viaggio verso il regno dei morti fu violentata dal dio Mercurio che la accompagnava e da questo rapporto nacquero i gemelli Lari, gli dei venerati come protettori delle città e della casa. Dal sacrificio di Lara, alla quale fu tolta la parola e subito dopo la volontà e l’autonomia nacquero le divinità dalle quali dipendevano la salvezza e la prosperità della casa e della città. Lara divenne divinità in quanto madre dei Lari, con il nome di Tacita Muta. Era una dea esemplare che costituiva un monito per le donne romane a cui per secoli fu interdetto di parlare in pubblico. I Romani infatti ritenevano che le donne sapessero usare la parola solo per chiacchiere inutili e pericolose, per questo ne apprezzavano il silenzio. Sempre riguardo alla possibilità di parola, il regime fascista interviene con una serie di provvedimenti che oggi sembrano inverosimili: per esempio il divieto delle donne di insegnare lettere classiche, storia e filosofia nelle classi superiori, il raddoppio delle tasse per le studentesse. Il codice Rocco del 31 e il codice civile del 42 riproponevano la potestà maritale (cancellata dalla legge Sacchi nel periodo 14/18, legge che permetteva anche alle donne di esercitare tutte le professioni e buona parte degli incarichi pubblici) e la patria potestà, criminalizzavano l’aborto e la propaganda anticoncezionale, introducevano l’attenuante del diritto d’onore. Art.29: “ La repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare. Nel 1975 viene introdotta la riforma del diritto di famiglia, forse la legge più importante approvata dalla Repubblica per le donne. Spariscono vecchi istituti quali la dote, lo jus corrigendi (potere correttivo che comprendeva anche la “coazione fisica”, cioè botte e maltrattamenti. Fu abolito però solo nel 1956 nonostante l’art. 29 della Cost.), la potestà maritale. Con il matrimonio infatti i coniugi acquistano gli stessi diritti e gli stessi doveri. Entrambi sono tenuti, in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia e concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare. La potestà sui figli non è più solo del padre, ma spetta ad entrambi i genitori. Forse, però, l’innovazione più rilevante della riforma è costituita dall’introduzione della comunione legale dei beni fra i coniugi, per cui tutto quello che viene acquistato dopo il matrimonio è considerato di proprietà comune di entrambi i coniugi in parti uguali (anche se si può optare per la separazione dei beni). E’ stato riconosciuto in tal modo tangibilmente il contributo della donna alla famiglia anche con il suo lavoro svolto fra le mura domestiche. Nel 1970 è approvata la legge sul divorzio ( legge Fortuna) che stabilisce l’assoluta parità tra i coniugi nei casi di scioglimento del matrimonio e per la prima volta “ calcola” il contributo femminile alla vita familiare. Nel 1978 è approvata la legge n.194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Nel 1996 viene approvata la legge sulla violenza sessuale: ora lo stupro non è più reato contro la morale ma reato contro la persona. Nel 2001 vengono introdotte le norme a tutela e sostegno della maternità e paternità Per comprendere la portata dei diritti raggiunti dalle donne torniamo indietro nel tempo e soffermiamoci sul percorso previsto dal progetto. Della sposa greca abbiamo notizia solo di quella ateniese. Essa viveva praticamente reclusa, se sposata usciva di casa soltanto nelle feste religiose, in occasione di un matrimonio o di un funerale; ma se in casa giungeva improvvisamente un uomo qualsiasi a far visita, doveva subito ritirarsi nel gineceo; se nubile non poteva neanche girare per casa. La sua capacità giuridica era pressoché nulla: fino a 14 anni era sotto la giurisdizione del padre e in seguito doveva avere un tutore, sia il padre, il fratello o il marito: non poteva fare testamento e solo in casi sporadici poteva essere citata come testimone in un processo; però poteva diventare sacerdotessa e se madre, allattare e allevare figli. Diverse erano le etère (cortigiane) superiori alla media greca per cultura, gusto e prive di scrupoli moralistici: esse avevano un’intensa vita di relazioni ( famosa è Aspasia, compagna di Pericle). La donna romana godette di maggiore libertà rispetto a quella greca: ella svolse sempre un ruolo importante nella famiglia, non solo come madre e custode della casa, ma spesso anche come confidente e consigliera del marito; riceveva inoltre un‘ istruzione regolare. Però anche lei era sottoposta per tutta la vita, al controllo e al potere di un uomo, il padre, poi il marito e in assenza di questi il tutore. Il padre aveva su di lei diritto di vita e di morte e decideva il suo matrimonio, che era un affare solo patrimoniale; sposatasi, la donna passava sotto la giurisdizione del marito e se questi era ancora sottoposto all’autorità paterna, del suocero. Eppure in questo sistema di controllo rigido, alle donne fu consentito di ereditare quote del patrimonio familiare, anche se non ne potevano poi disporre per testamento ed erano controllate dal marito o da un tutore. Ma dopo l’età arcaica le donne romane, nel corso dei secoli, mutarono la loro posizione sociale, emancipandosi fra il III ed il I secolo dal controllo maschile e si permisero delle libertà impensabili fra altri popoli o in altri tempi.