Medicina Italia – Numero 03/2010 - Società Italiana di Medicina

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Medicina Italia – Numero 03/2010 - Società Italiana di Medicina
Number 3/10
edicinatalia
La sindrome circolatoria iperdinamica in corso di cirrosi
epatica - Generalità
1ROBERTO TARQUINI, 2CHIARA
LAZZERI, 3GIACOMO LAFFI, 2GIAN GRANCO GENSINI
1Dipartimento
Interaziendale per la Continuità dell’Assistenza, Ospedale di Castelfiorentino, Università di Firenze; 2Dipartimento Cuore e
Vasi e 3Dipartimento di Medicina Interna, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze
La cirrosi epatica rappresenta l’esito finale comune di numerose malattie epatiche e consiste in un danno cronico irreversibile del parenchima epatico, caratterizzato da fibrosi diffusa e
noduli di rigenerazione che vengono a scompaginare l’architettura dell’organo. L’ipertensione portale rappresenta la conseguenza fisiopatologica più importante della cirrosi epatica ed è
alla base, insieme con l’insufficienza d’organo, delle principali
manifestazioni cliniche.
Sul piano fisiopatologico l’ipertensione portale riconosce due
componenti fondamentali: l’incremento delle resistenze vascolari intraepatiche e l’aumento del flusso portale. Per quanto
riguarda le resistenze vascolari intraepatiche, diversi studi
hanno sottolineato l’importanza patogenetica dei cambiamenti
strutturali e irreversibili, quali la fibrosi, la capillarizzazione
sinusoidale e la compressione da parte dei noduli rigenerativi,
oltre che di una componente dinamica, reversibile, di più recente identificazione, dovuta allo squilibrio tra sostanze vasodilatanti e vasocostrittrici prodotte nel fegato, in particolare a livello delle cellule endoteliali, e attive sulle strutture contrattili
intraepatiche, in primo luogo le cellule stellate epatiche di Ito.
Nel fegato cirrotico infatti, a causa della perdita delle corrette
connessioni nervose e del grave rimaneggiamento dell’angioarchitettura epatica, si verifica uno squilibrio nella produzione
locale di vasocostrittori e vasodilatatori. In particolare, è stato
dimostrato uno squilibrio fra la produzione intraepatica di
monossido di azoto (NO), che appare ridotta, e quella di endotelina, che sarebbe invece aumentata. L’endotelina e l’angiotensina II, mobilizzate all’inizio o durante la progressione della
cirrosi, contribuirebbero all’aumento del tono vascolare intraepatico, attraverso l’attivazione delle cellule stellate di Ito, a un
maggior stato contrattile. Ne consegue che vasodilatatori endogeni, come il monossido di azoto e il monossido di carbonio
(CO), potrebbero essere in grado di attenuare la disfunzione
vascolare e quindi l’ipertensione portale.
Nella patogenesi dell’ipertensione portale, accanto all’aumento
delle resistenze intraepatiche, un ruolo importante è da attribuire alla marcata vasodilatazione del distretto splancnico che
ne incrementa il flusso, con conseguente aggravamento dell’i-
pertensione portale stessa. Un ruolo chiave nel determinismo
della vasodilatazione del distretto splancnico è attribuito agli
shunt porto-sistemici che agirebbero sia direttamente, diminuendo le resistenze periferiche, sia indirettamente, permettendo a sostanze vasodilatanti di origine intestinale di by-passare il
filtro epatico e raggiungere immodificate il circolo sistemico. Fra
queste vanno ricordate le prostaglandine, l’istamina, il peptide
vasoattivo intestinale (VIP), la sostanza P, la colecistochinina, gli
estrogeni, le endotossine, l’adenosina, gli acidi biliari, il glucagone e soprattutto l’NO.
La cirrosi epatica è caratterizzata da peculiari alterazioni dell’emodinamica sistemica, con aumento della gittata cardiaca e
riduzione delle resistenze periferiche e della pressione arteriosa,
che nel loro insieme costituiscono la cosiddetta circolazione
iperdinamica del cirrotico.
L’esistenza di una sindrome circolatoria iperdinamica nel paziente cirrotico è stata per la prima volta descritta nel 1953 da
Kowalski e Abelmann e riconfermata poi da studi successivi. La
comparsa e l’entità della sindrome circolatoria iperdinamica sono
correlate alla gravità dell’epatopatia; nei pazienti con cirrosi in
fase avanzata la prevalenza della suddetta sindrome può raggiungere il 70%. La presenza di una circolazione iperdinamica
contribuisce a peggiorare l’ipertensione portale e gioca un ruolo
chiave nella patogenesi di altre complicazioni come l’ascite, la
sindrome epatorenale ed epatopolmonare, complicanze spesso
letali nel paziente con insufficienza epatica severa.
La sindrome iperdinamica del paziente cirrotico dovrebbe essere oggi meglio chiamata sindrome vasodilatatoria progressiva in
quanto la vasodilatazione è il fattore primario causa di tutte le
modificazioni vascolari e che alla fine porta a un coinvolgimento multiorgano.
Come accennato, la circolazione iperdinamica del cirrotico è
caratterizzata da una marcata riduzione delle resistenze periferiche, globalmente considerate. Numerosi studi hanno tentato di
stabilire se tale fenomeno fosse la conseguenza di una vasodilatazione generalizzata, ovvero limitata ad alcuni distretti circolatori [1].
Studi condotti sul ratto e sul cane con cirrosi sperimentale hanno
dimostrato che l’insorgenza dell’ipertensione portale è associata
a una marcata vasodilatazione splancnica. Iwakiri e Groszmann
hanno recentemente mostrato che l’iniziale vasodilatazione
avviene nel distretto splancnico e la risposta cardiaca è direttamente correlata alla combinazione di vasodilatazione splancnica
ed espansione del volume plasmatico insieme con l’aumentato
ritorno venoso al cuore, in larga parte attraverso gli shunt portosistemici [1–5]. Nonostante, infatti, la vasodilatazione sia essenziale come fattore iniziale, nessuna circolazione iperdinamica
compare senza l’espansione del volume plasmatico e gli shunt
porto-sistemici. La presenza di shunt porto-cavali riveste un’importanza rilevante nella genesi della circolazione iperdinamica:
infatti la creazione di uno shunt porto-sistemico chirurgico nei
pazienti cirrotici si associa a un incremento della gittata cardiaca
e alla riduzione delle resistenze periferiche.
Questi pazienti presentano un flusso epatico normale o addirittura aumentato, nonostante la presenza di un ampio sistema di
circoli collaterali, per cui la maggior parte del sangue che entra
nel territorio splancnico ritorna alla circolazione sistemica bypassando il fegato.
Riguardo agli altri distretti, è noto da tempo che i pazienti con
cirrosi presentano una riduzione del flusso plasmatico renale e
ciò è stato determinato sia con la tecnica del PAI che con tecniche quali l’infusione di 133Xenon. In un altro studio, la riduzione
del flusso plasmatico renale e l’aumento delle resistenze intrarenali sono stati confermati con metodica Doppler [1, 6].
Ulteriori studi hanno permesso di rilevare una riduzione del flusso anche a livello di altri distretti extra-splancnici, quali quello
brachiale, femorale e cerebrale, il che suggerisce che i distretti
circolatori extrasplancnici non contribuiscono alla sindrome circolatoria iperdinamica, bensì presentano la risposta attesa
all’attivazione dei principali sistemi vasocostrittori endogeni,
indotti dalla riduzione della volemia efficace che caratterizza la
cirrosi avanzata, quali il sistema nervoso simpatico (SNS) e il
sistema regina-angiotensina (SRA) [1, 6–8].
La relazione tra vasodilatazione sistemica e circolazione cerebrale nella cirrosi è forse la più difficile da definire. Nelle malattie epatiche croniche il flusso cerebrale è ridotto e tale riduzione procede in parallelo con la diminuzione del flusso ematico
renale, suggerendo che il meccanismo è simile nei due organi.
La perdita locale del meccanismo di autoregolazione, la riduzione nella pressione di perfusione arteriosa e la vasocostrizione
dell’organo indotta dall’attivazione delle risposte neuroumorali
compensatorie sono probabilmente i principali fattori causali.
Bibliografia
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La cardiomiopatia del cirrotico
1ROBERTO TARQUINI, 2CHIARA LAZZERI, 2GIUSEPPE BARLETTA, 2RICCARDA DEL BENE, 3GIACOMO LAFFI, 2GIAN FRANCO GENSINI
1Dipartimento
Vasi e
Interaziendale per la Continuità dell’Assistenza, Ospedale di Castelfiorentino, Università di Firenze; 2Dipartimento Cuore e
di Medicina Interna, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze
3Dipartimento
Risale a circa 50 anni fa la prima descrizione della circolazione iperdinamica in pazienti con cirrosi epatica. Alla fine
degli anni Ottanta compaiono occasionali report di morti
inaspettate da scompenso cardiaco in pazienti sottoposti a
trapianto epatico, posizionamento di stent portosistemico
intraepatico per via transgiugulare (TIPS), intervento chirurgico per shunt portocavale. Il crescente interesse scientifico
che caratterizzò gli anni successivi si tradusse in studi dettagliati sulle alterazioni cardiovascolari in corso di cirrosi epatica. Le evidenze a nostra disposizione suggeriscono che la
presenza di cirrosi epatica di per sé si associa a significative
alterazioni cardiovascolari rappresentate da: a) riduzione
delle resistenze vascolare sistemiche; b) ridotta contrattilità
miocardica soprattutto in condizioni di stress (sia fisico che
farmacologico); c) aumento degli spessori parietali del ventricolo sinistro con associata disfunzione diastolica.
L’insieme di queste alterazioni è stato definito da Lee “cardiomiopatia in corso di cirrosi epatica” (cirrhotic cardiomyopathy) [1–3].
Nel 2005, durante il World Congress of Gastroenterology è
stata proposta una definizione operativa: un quadro di disfunzione cardiaca cronica che si riscontra nei pazienti con cirrosi
epatica caratterizzata da un’alterata risposta contrattile allo
stress e/o da un alterato rilasciamento diastolico associati ad
anomalie elettrofisiologiche e in assenza di altre cause conosciute di malattia cardiaca. Attualmente viene proposto di
definire la presenza di cardiomiopatia del paziente cirrotico
qualora si documenti una disfunzione sistolica o diastolica,
unitamente al rilievo di alterazioni elettrofisiologiche o di
marker sierologici.
Sarà compito del Cirrhotic Cardiomyopathy Working Party di
stabilire linee guida per la diagnosi della cirrhotic cardiomyopathy.
Evidenze a favore dell’esistenza della cardiomiopatia
del cirrotico
Nel 1958 Lunseth e coll. hanno osservato la presenza di
ipertrofia cardiaca in rilievi autoptici di pazienti cirrotici
che non avevano storia o segni di ipertensione arteriosa,
malattia coronarica o valvolare. L’esame istologico ha
documentato la presenza di ipertrofia del miocita, edema,
fibrosi, alterata pigmentazione e vacuolizzazione nucleare
[1–4].
Numerosi studi hanno documentato che la riserva contrattile cardiaca è ridotta in modelli animali di cirrosi non alcolica. Molto interessante lo studio di Caramelo e coll. che
hanno infuso in ratti cirrotici soluzione salina e hanno osservato una riduzione del 50% della gittata cardiaca associata
a un aumento del 112% delle resistenze vascolari periferiche [3].
Risultati analoghi sono stati riportati negli anni successivi in
soggetti con cirrosi non alcolica. Bernardi e coll. hanno
documentato la presenza di disfunzione cardiaca (indicata a
un aumentato rapporto tra il tempo di pre-eiezione e il
tempo di eiezione ventricolare sinistra) in soggetti con cirrosi epatica alcolica e non alcolica [5]. Grose e coll. hanno
descritto un aumento sottomassimale della gittata cardiaca
da sforzo in soggetti con cirrosi alcolica e non rispetto ai
controllo [3]. Questo fenomeno è stato messo in relazione
all’incapacità dei pazienti cirrotici a sviluppare un’adeguata
risposta inotropa e cronotropa, nonostante un maggior
incremento del volume telediastolico. Il nostro gruppo ha
documentato in un gruppo di pazienti con cirrosi non alcolica un’alterata risposta al tilting attivo, caratterizzata (nel
confronto con un gruppo di controllo) da una riduzione dello
stroke volume e da un maggior incremento della frequenza
cardiaca [6–8]. Le alterazioni della contrattilità cardiaca
sono risultate più gravi nei pazienti con cirrosi scompensata,
come hanno osservato Wong e coll., suggerendo una relazione tra l’entità della disfunzione cardiaca e la gravità della
malattia epatica [9, 10].
Vari studi hanno descritto la presenza di una disfunzione diastolica (valutata mediante ecocardiografia) in pazienti con cirrosi epatica. Recentemente è stato osservato che il rilievo di
disfunzione diastolica (indicato dalla presenza di un rapporto
E/A ridotto e prevalente nelle fasi più avanzate della cirrosi) si
associava a una aumentata mortalità in pazienti cirrotici sottoposti a posizionamento delle TIPS [11–14].
Nei pazienti con cirrosi epatica sono state descritte anche alterazioni elettrofisiologiche, tra cui il prolungamento dell’intervallo QT. La sua prevalenza è stata stimata intorno al 45%, valore
che è sensibilmente più alto della prevalenza nella popolazione
generale (stimata intorno al 5%) ed è strettamente proporzionale alla gravità della cirrosi (passando dal 25% in classe A al
51% in classe B e al 60% in classe C - classificazione ChildPugh) [15–17].
Meccanismi patogenetici
La contrattilità del miocita è regolata principalmente dalla stimolazione beta-adrenergica. In modelli sperimentali di cirrosi
sono state documentate varie alterazioni nella trasmissione
del segnale beta-adrenergico. È stata descritta una riduzione
della densità dei recettori, delle proteine G e un’attenuazione
della attività dell’adenilato-ciclasi, con conseguente minor
produzione di cAMP. È stata inoltre osservata un’alterazione
nella composizione del plasmalemma con modificazione nella
componente lipidica. Vi sono altri sistemi che contribuiscono
alla ridotta contrattilità del miocita in corso di cirrosi epatica:
tra questi il sistema dei cannabinoidi che di solito è espresso
in maniera minima nei soggetti normali e risulta invece upregolato nei pazienti con epatopatia cronica . È noto che i
recettori per i cannabinoidi sottotipo-1 (CB1) esercitano un
effetto inotropo negativo a livello del miocita attraverso l’attivazione della proteina inibitoria G (Gi). Gaskari e coll. hanno
documentato che i muscoli papillari isolati da ratti cirrotici (da
legatura del dotto biliare) presentavano una risposta contrattile attenuata alla stimolazione con isoproterenolo e che questa si normalizzava in seguito alla somministrazione dell’antagonista AM 25 dei recettori CB-1 [3, 9]. Analogamente, è stato
documentato che in ratti cirrotici l’attivazione dei recettori CB1 si associava a una ridotta responsività beta-adrenergica,
reversibile alla somministrazione dell’antagonista recettoriale
AM 25 [3, 9].
Anche i sistemi del nitrossido (NO) e del monossido di carbonio
(CO) hanno un effetto inotropo negativo sul miocita, attraverso
la stimolazione della guanilato ciclasi (cGMP) che, a sua volta,
determina la fosforilazione della protein-kinasi G e inibisce l’ingresso di calcio nel cytosol del miocita.
Più recentemente è stato proposto un nuovo meccanismo coinvolto nella ridotta contrattilità miocardica. In uno studio effettuato in ratti cirrotici (da legatura del dotto biliare) è stato osservato che i cardiomiociti presentavano una ridotta responsività
alla stimolazione da isoproterenolo associata ad aumentate
concentrazioni a livello miocardico di TNF alfa e di Nuclear
Factor Kappa B (NFK-B), la cui inibizione determinava il ripristino della funzione contrattile.
Clinica e cardiomiopatia del paziente cirrotico
Nella cirrosi epatica la disfunzione sistolica è presente spesso
in condizioni di base e comunque può essere svelata da stress
fisico o farmacologico. Nel paziente con malattia avanzata è
presente la cosiddetta circolazione iperdinamica caratterizzata
da tachicardica, aumento della gittata cardiaca e riduzione
della resistenze periferiche. Sebbene in tali soggetti la presenza di disfunzione sistolica sia, in condizioni normali, difficilmente evidenziabile (anche perchè spontaneamente riducono
la propria attività fisica), questa si rende manifesta non appena compaiono complicanze quali la peritonite batterica. Questi
soggetti infatti presentano spesso una non adeguata risposta
in termini di incremento della gittata cardiaca alla comparsa di
infezione.
Importanza clinica della valutazione delle alterazioni
cardiocircolatorie in corso di cirrosi epatica
Importanza del metodo di valutazione cardiovascolare nello studio dei pazienti cirrotici
Lo studio delle alterazioni cardiache e cardiovascolari è stato
oggetti di numerosi studi nel corso degli anni, effettuati prevalentemente con metodica ecocardiografica o angioscintigrafica; la prima non invasiva, ma operatore dipendente, la
seconda invasiva e caratterizzata da costi più elevati. I risultati di tali studi non sono univoci, verosimilmente per eterogeneità delle casistiche (sia dal punto di vista numerico, che
come gravità di malattia) e per limiti delle metodiche utilizzate. Kelbaek e coll. hanno valutato la frazione di eiezione
con metodica radionuclidica a riposo in un gruppo di pazienti cirrotici e in un gruppo di volontari sani di controllo: non
venivano riscontrate differenze significative nei due gruppi
per quanto riguarda il valore di frazione di eiezione a riposo
[4]. Al contrario, studi effettuati successivamente con metodica ecocardiografica hanno documentato nei pazienti cirrotici (nel confronto con pazienti di controllo) , in posizione
supina, la presenza di un indice cardiaco elevato associato a
un aumento della frequenza cardiaca e a una riduzione della
resistenze periferiche [5–8]. Tutti questi elementi caratterizzano la cosiddetta circolazione iperdinamica del paziente cirrotico. La sindrome circolatoria iperdinamica è stata evidenziata solo quando i pazienti assumono la posizione supina,
ovvero quando il ritorno venoso al cuore è potenziato dalla
traslocazione di una determinata quota di volume ematico
dal distretto splancnico, dove si trova sequestrato a causa
dell’ipertensione portale. Nel 1999 Gentilini e coll. hanno
osservato che i soggetti cirrotici ipertesi, a differenza dei normotesi, non presentano a riposo segni di circolazione iperdinamica [7].
Recentemente, la metodica Vigileo, confrontata con la termodiluizione, non si è dimostrata in grado di monitorare in modo
fedele le modificazioni dell’emodinamica cardiovascolare in un
gruppo di pazienti cirrotici durante l’intervento di trapianto epatico e nelle sue fasi successive [3].
Effetto della postura, che rappresenta uno stress fisiologico
Laffi e coll. hanno descritto nei pazienti cirrotici una riduzione del volume telediastolico ventricolare sinistro con l’assunzione della posizione ortostatica, associata a un incremento della frequenza cardiaca, dell’attività reninica plasmatica e della noradrenalina [6]. Gli autori, sulla base dei
loro risultati, hanno ipotizzato la presenza di una alterata
contrattilità miocardica. Nel 1999 Gentilini e coll. hanno
osservato che i pazienti cirrotici compensati, sia ipertesi che
normotesi, presentano un’alterata risposta allo standing
caratterizzata da una riduzione del volume telediastolico
ventricolare sinistro e, conseguentemente, dello stroke volume e del cardiac index (metodica ecocardiografica), associati a una spiccata attivazione del sistema renina-angiotensina
[7]. Il peculiare comportamento “emodinamico” del paziente cirrotico è stato interpretato come la presenza in posizione ortostatica di uno stato ipervolemico con compartimentalizzazione a livello del distretto splancnico e successiva traslocazione da questo al compartimento centrale al passaggio alla posizione supina. Questa ipotesi è stata supportata
da uno studio successivo dello stesso Bernardi e coll. che
non ha evidenziato alcuna differenza significativa nei parametri emodinamici (valutati ecocardiograficamente) tra 10
pazienti cirrotici e 10 soggetti di controllo in posizione ortostatica: solo in posizione supina è stata descritta nei cirrotici una circolazione iperdinamica [5].
L’alterata risposta cardiovascolare del paziente cirrotico a varie
manovre posturali (head-down tilting a 30° e head-up tilting a
60°) è stata confermata anche da Moller e coll.: a differenza
degli studi precedenti queste manovre erano passive, indipendenti cioè dal tono muscolare dei soggetti [8].
Impatto clinico del rilievo della presenza di sindrome iperdinamica
L’identificazione dei pazienti cirrotici che presentano un quadro
di disfunzione cardiovascolare (rappresentato non solo dalla
cosiddetta circolazione iperdinamica a riposo, ma soprattutto da
un’alterata responsività agli stimoli fisiologici) ha un impatto clinico potenzialmente molto importante. Questi pazienti, infatti,
hanno una maggiore probabilità di sviluppare complicanze cardiovascolari se sottoposti a “stress” quali il trapianto epatico e
il posizionamento di TIPS. Una loro precoce identificazione consentirebbe di intensificare le misure di monitoraggio e di supporto allo scopo di prevenire e/o di trattare prontamente tali
complicanze.
Infatti, recentemente Rabie e coll. hanno documentato come
i pazienti cirrotici con disfunzione diastolica, indicata da una
riduzione del rapporto E/A, presentavano una mortalità più
elevata (soprattutto da insufficienza renale) dopo il posizionamento di TIPS [11]. Gli autori hanno ipotizzato che i
pazienti con disfunzione diastolica non erano in grado di
adattare (nel senso di incrementare) il preload e quindi di
adeguare la propria portata cardiaca all’ulteriore riduzione
delle resistenze periferiche che caratterizza il periodo postposizionamento TIPS.
Nel periodo immediatamente post-trapianto, è stata descritta
un’incidenza di edema polmonare acuto pari al 56% dei
pazienti trapiantati. Sampathkumar e coll. hanno riportato
un’incidenza di grave disfunzione cardiaca nell’1% dei
pazienti sottoposti a trapianto epatico. È interessante osservare che in questi pazienti un’ecocardiografia e ecodobutamina, effettuati nella fase pre-, non avevano evidenziato alterazioni significative [12].
Bibliografia
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18. Sampathkumar P, Lerman A, Kim BY et al (1998) Post-liver transplantation myocardial dysfunction. Liver Transpl Surg 4:399–403
Il pronto soccorso come sede privilegiata di rilevazione e
trattamento di eventi avversi (ADE) e reazioni avverse (ADR)
1ENRICA CECCHI, 2FRANCESCO LAPI, 2EUGENIA GALLO, 2MARTINA MOSCHINI, 2MARINA
1ALESSIO BALDINI, 1ROBERTO FIUSTI, 2ALESSANDRO MUGELLI, 2ALFREDO VANNACCI
DI PIRRO, 2GRAZIA BANCHELLI,
1UO Emergenza e Accettazione Azienda USL 4, Prato; 2Dipartimento di Farmacologia, Università degli Studi di Firenze, Firenze
Per il Sistema di FarmacoVigilanza della Regione Toscana, Area Vasta Centro (www.farmacovigilanza.toscana.it)
Epidemiologia e rilevanza clinica
È solo da pochi anni che la comunità scientifica si
sta rendendo conto che i farmaci, in quanto possibili induttori di patologia iatrogena, costituiscono
un’importante causa di accesso al Pronto Soccorso
(PS). Significativo è, in proposito, il lavoro di Budnitz
e coll. del 2006 [1] che, nei Dipartimenti di
Emergenza degli Stati Uniti, ha riportato un’incidenza annuale stimata di eventi avversi da farmaci
(ADE) di 2,4 per 1000 abitanti (95% CI, 1,7–3,0), con incrementi
rispettivamente di 4,3 per 1000 (95% CI, 3,1–5,4) nella fascia di
età da 0 a 5 anni e di più del doppio per gli ultrasessantacinquenni (4,9 per 1000; 95% CI, 2,7–7,0). Per quanto riguarda la tipologia di accessi in PS, un terzo di questi era attribuibile a reazioni
allergiche e un terzo a sovradosaggio non intenzionale. Il sovradosaggio non intenzionale esitava in ricovero nel 27,8% (95% CI,
6,1–16,4%), 5 volte di più rispetto alle reazioni allergiche (5,6%;
95% CI, 3,5–7,7%). In ordine decrescente, i farmaci più frequentemente responsabili di ADE rispettivamente risultavano essere: i farmaci del sistema nervoso centrale (21,4%), gli antimicrobici
(18,2%), gli agenti modificatori ormonali (12,0%), gli agenti ematologici e oncologici (10,3%), gli agenti cardiovascolari (7,6%).
Un altro recente studio osservazionale prospettico [2], condotto in
un grande ospedale canadese, ha identificato il 12% degli accessi
in PS per ADE su un campione di 14 911 pazienti. Tra queste il 68%
risultava prevenibile. Nell’analisi multivariata solo il numero di farmaci concomitanti risultava un fattore di rischio indipendente per
l’occorrenza di ADE quale causa di ricovero.
In Italia, il contributo alla segnalazione di ADE/ADR (reazioni avverse a farmaci) nei PS è stato finora limitato. A livello nazionale lo studio più rilevante risale al 2000: Pronto Soccorso and Adverse Drug
Event (PSADE). A questo hanno partecipato 23 Ospedali distribuiti
su tutto il territorio e i risultati hanno evidenziato un tasso medio
di accesso in PS per sospetta ADR del 9,5% con le classi farmacologiche più frequentemente coinvolte degli antibiotici e dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS).
Nel 2006 la regione Lombardia ha attivato il progetto denominato
“Monitoraggio Epidemiologico di Reazioni ad Eventi Avversi da Farmaci
in Pronto Soccorso” (MEREAFaPS) che ha coinvolto 15 servizi di PS degli
ospedali lombardi. Da giugno 2006 a maggio 2008 sono state raccolte
3997 segnalazioni di ADR, il 17% delle quali gravi (0,25% decesso,
15% ospedalizzazione, 2% ha messo in pericolo la vita del paziente). In
tale studio i farmaci prevalentemente coinvolti risultavano i FANS, gli
antiaggreganti piastrinici, gli anticoagulanti e gli antibiotici. In seguito al
successo della Lombardia, l’Agenzia Italiana del
Farmaco (AIFA) ha proposto una estensione del progetto a livello nazionale. La Regione Toscana ha aderito al
progetto, attivandolo in 5 servizi di PS del proprio territorio (Az. Ospedaliera Universitaria di Pisa, ASL 5
Pontedera-Volterra, ASL 4 Prato, Ospedale Meyer, Az.
Ospedaliera Universitaria di Siena).
Le problematiche legate alle patologie farmacoindotte non si limitano, tuttavia, alle sole terapie farmacologiche convenzionali. Negli ultimi anni abbiamo infatti assistito a un progressivo incremento dell’uso da parte della popolazione generale di fitoterapici, integratori a base di erbe o prodotti
genericamente definiti come “di origine naturale”. Gli utilizzatori di
questi prodotti possono incorrere in ulteriori rischi non solo in termini di ADE e interazioni con farmaci convenzionali, ma anche in
quanto talora vittime di frodi (ad esempio: integratori alimentari
contaminati con veri e propri farmaci) pericolose per la salute.
Fino a oggi le informazioni e gli studi clinici di sicurezza sui fitoterapici sono scarsi. Uno studio italiano del 2005 [3] condotto su 1044
donne ha riportato il 47% di consumo, nell’ultimo anno, di almeno
un prodotto erboristico. Di queste 491 donne, il 9,6% aveva presentato eventi avversi (l’8,1% solo in seguito ad assunzione di fitoterapici e l’11,4% in combinazione con farmaci tradizionali). In un altro
studio condotto dalla nostra unità di ricerca in collaborazione con il
Centro di Medicina Naturale della USL 11 di Empoli [4], cortei un
campione di 172 donne in gravidanza il 68% dei soggetti dichiarava
di aver assunto nell’arco della vita almeno un prodotto di origine
naturale e il 48% nel corso della gravidanza corrente. Per quanto
riguarda l’uso dei prodotti naturali in pediatria, negli ultimi anni la
letteratura ha evidenziato un aumento del consumo nell’età evolutiva nei paesi occidentali e per quanto riguarda l’Italia la fitoterapia è
utilizzata dal 2,4% dei bambini di età inferiore ai 14 anni [5]. Proprio
perché al momento sono ancora carenti gli studi volti a documentare l’impatto della fitoterapia nelle popolazioni speciali, soprattutto in
relazione alla sicurezza, particolare attenzione al loro impiego deve
essere posta, in fase anamnestica, dal personale medico del PS.
Suggerimenti per il medico di Pronto Soccorso
Il medico che lavora in un setting di emergenza e urgenza non deve
dimenticare che esiste una quota parte di ricoveri evitabili, attribuibili a patologia iatrogena da farmaci. Le cause sottostanti più comuni sono relative a problemi di prescrizione (30,6%), monitoraggio
(22,2%) e aderenza alla terapia da parte del paziente (33,3%) [6].
La patologia iatrogena da farmaci colpisce tutte le fasce di età, ma
Tabella 1. Raccomandazioni al trattamento farmacologico
La terapia è efficace?
La terapia è sicura?
Si
No
Si
Raccomandata
Tollerata
No
Stretto monitoraggio o sospensione
Sospensione
soprattutto i bambini (per sovradosaggio non intenzionale, uso
inappropriato di omeopatici, fitoterapici e supplementi dietetici) e
gli anziani (in relazione alla polifarmacoterapia e polipatologia).
Ancora una volta l’anamnesi e l’esame obiettivo costituiscono la
chiave di volta per sospettare una ADR nei pazienti che accedono
al PS. Talora il riscontro di ADR è di semplice identificazione, come,
ad esempio, nelle reazioni cutanee o in quelle che si manifestano
con evidenti alterazioni delle funzioni vitali (vedi shock anafilattico), dei parametri di laboratorio (come epatotossicità da farmaci,
alterazioni della crasi ematica ecc.) e degli esami strumentali (ad
esempio, bradiaritmia all’ECG da digitale e beta-bloccanti).
Altre volte la diagnosi richiede maggiori conoscenze ed esperienza
come nelle ADR da interazioni farmaco-farmaco, farmaco-fitoterapico, farmaco-cibo ecc. In tal caso, la formazione periodica del personale, il riferimento a centri con competenza specifica in
Farmacovigilanza e l’utilizzo di software specializzati possono facilitare l’iter diagnostico-terapeutico-assistenziale del paziente.
Il PS, nella nostra realtà regionale, viene visto dal cittadino anche
come luogo di informazione e consulenza per qualsiasi problema di
salute, quando altre realtà sanitarie territoriali non sono immediatamente disponibili. Seppure ancora fenomeno non quantificato, la
popolazione rivolge agli operatori sanitari richiesta di informazione
riguardo all’efficacia e alla sicurezza non solo di farmaci convenzionali, ma anche di medicine complementari e alternative. In tali
circostanze una regola generale che il medico di PS dovrebbe adottare è sinteticamente rappresentata in Tabella 1 [7]. In casi di maggiore complessità è deontologico consigliare al cittadino di rivolgersi alle strutture precipuamente preposte.
Bibliografia
1. Budnitz DS, Pollock DA, Weidenbach KN et al (2006) National surveillance of Emergency Department visits for outpatient adverse drug
events. JAMA 296:1858–1866
2. Zed PJ, Abu-Laban RB, Balen RM et al (2008) Incidence, severity and
preventability of medication-related visits to the Emergency
Department: a prospective study. CMAJ 178:1563–1569
3. Cuzzolin L, Zaffani S, Benoni G (2006) Safety implications regarding
use of phytomedicines. Eur J Clin Pharmacol 62:37–42
4. Lapi F, Vannacci A, Moschini M et al (2008) Use, attitudes and knowledge of Complementary and Alternative Drugs (CADs) among pregnant women: a preliminary survey in Tuscany. Evid Based Complement
Alternat Med, Epub ahead of print
5. Menniti-Ippolito F, Forcella E, Bologna E et al (2002) Use of unconvetional medicine in children in Italy. Eur J Pediatr 161:690
6. Howard RL, Avery AJ, Slavenburg S et al (2006) Which drugs cause preventable admissions to hospital? A systematic review. Br J Clin
Pharmacol 62:136–147
7. Kemper K, Cohen MH (2004) Ethics meet complementary and alternative medicine: new light on old principles. Contemp Pediatr 21:61–72
“Avere un’idea, è un’ottima cosa.
Ma è ancora meglio sapere come portarla avanti”
Henry Ford
Il registro dei traumi toscano: indicatori proposti
Introduzione
I registri per la gestione del trauma hanno assunto un ruolo sempre
più strategico a livello nazionale e internazionale al fine di rilevare
informazioni riguardanti la popolazione coinvolta, le condizioni geografiche e le modalità di gestione dei pazienti traumatizzati [1].
Nell’ambito dell’emergenza urgenza, un sistema di reporting rappresenta uno dei presupposti per consentire un’analisi epidemiologica
dei fabbisogni di risorse e le successive modifiche di qualità dei processi assistenziali che ci consentono di avere un maggior controllo
sulla gestione del rischio clinico riguardo al paziente traumatizzato.
La gestione di questi casi in Toscana si realizza nell’ambito di un’organizzazione integrata tra territorio, sistema 118 e rete ospedaliera. La
valutazione della qualità dell’assistenza è uno degli obiettivi primari
del Sistema Sanitario Regionale, pertanto trova una naturale applicazione anche nell’ambito della gestione del paziente traumatizzato.
Raccogliere, analizzare e condividere informazioni sulla gestione
del trauma in Toscana serve a monitorare e a valutare il funzionamento dell’emergenza urgenza, tracciando l’intero percorso di cura
del paziente e ricercando gli eventuali snodi critici. Ciò permette di
introdurre le necessarie azioni di miglioramento. L’analisi dei dati
consente inoltre agli operatori di crescere professionalmente imparando dalla propria esperienza e confrontandola con quella degli
altri centri. Il monitoraggio dei principali indicatori di qualità ed efficienza dell’assistenza al paziente traumatizzato grave rappresenta
un intervento fondamentale nel contesto di un programma di verifica e ottimizzazione delle risorse [2].
Tabella 1. Indicatori processo e performance registro dei traumi toscano
Indicatori pre-ospedalieri
% Procedure via aerea
% Intubazione
Glasgow Coma Scale - classi di intervallo di
riferimento
Indicatori intra-ospedalieri
% Allertamento
complessivo
in sequenza
tutti presenti
% Procedure via aerea
% Intubazione
Glasgow Coma Scale
% misurazione senza intubazione
Classi di intervallo di riferimento
Trasferimenti da PS Spoke a PS Hub
Time RX Torace
Tempo medio di attesa
Deviazione standard
Time Eco Fast
Tempo medio di attesa
Deviazione standard
Time TAC
Tempo medio attesa Tac TB senza mezzo
contrasto
Deviazione standard TB senza mezzo contrasto
Tempo medio attesa Tac TB con mezzo
contrasto
Deviazione standard TB con mezzo contrasto
Time in pronto soccorso senza interventi
% centralizzazione secondaria
Tempo attesa intervento addominale
% interventi con tempo di attesa <=30’
% interventi con tempo di attesa <=60’
% interventi con tempo di attesa entro le 4 ore
Tempo medio attesa interventi addominali
Tempo attesa intervento neurochirurgico per
ematoma sub/extradurale
% interventi con tempo di attesa <=4
Tempo medio attesa interventi addominali
Interventi chirurgici nelle 24 h
% interventi chirurgici nelle 24H
Tempo medio attesa 1° intervento
Tempo medio attesa tra 1° e 2° intervento
Progetto Trauma Registry
Il Trauma Registry (TR) è un database in cui confluiscono dati sui percorsi assistenziali e l’esito delle cure nei pazienti vittime di trauma.
Lo strumento informatico progettato per l’occasione e operante off
line è installato presso le unità di rianimazione aderenti al progetto, in quanto queste rappresentano il luogo naturalmente deputato al ricovero dei pazienti traumatizzati gravi.
I dati raccolti sono molteplici ed eterogenei (demografici, situazionali, temporali, clinici, procedurali) e rispondono essenzialmente a quattro finalità:
• raccolta di dati epidemiologici descrittivi relativi ai pazienti, alle
modalità, alla logistica e alle tempistiche dell’evento traumatico;
• rilevazione di indicatori di processo, relativi ai percorsi assistenziali pre- intra- e post-ospedalieri (con particolare attenzione all’iter diagnostico-terapeutico della golden hour) ed estremamente utili per la valutazione dei processi assistenziali;
• rilevazione di indicatori di esito, relativi all’outcome del paziente traumatizzato (sia in termini di mortalità che di morbilità e/o
invalidità residue), utili per la valutazione di qualità delle cure;
• ricerca in ambito epidemiologico, clinico, organizzativo ecc.
La scelta degli indicatori da rilevare è stata articolata in diversi momenti:
• studio dei principali registri dei traumi europei (TARN) e italiani (RITG);
• condivisione, attraverso questionari diffusi all’interno del gruppo di lavoro, dei dati da raccogliere sulla base della rilevanza e
della rintracciabilità dei dati stessi;
• selezione di oltre 200 campi dai quali fosse possibile ricavare
indicatori condivisi e sensibili, sia di processo che di esito.
Il percorso sperimentale del Registro Regionale dei Traumi gravi è iniziato nel 2009. Nel registro vengono arruolati tutti i pazienti traumatizzati
di età superiore a 15 anni con almeno una delle seguenti caratteristiche:
• trauma grave: definito da un Injury Severity Score (ISS) >/= 15;
• necessità di ricovero in terapia intensiva;
Tasso di mortalità
Sul territorio
In pronto soccorso
In pronto soccorso dopo il 1° intervento
Decorso 24 h
Decorso 2-7 giorni
Decorso 8-28 giorni
Follow-up (nei sei mesi successivi)
Score
Valore medio e deviazione standard ISS
(Injury Severty Score)
Valore medio e deviazione standard TRISS
(Trauma Injury Severty Score)
Valore medio e deviazione standard RTS
(Revised Trauma Score)
Complicanze
% complicanze entro le prime 24h dall’accesso al pronto soccorso
% complicanze nell’intervallo 2-7 giorni
dall’accesso al pronto soccorso
% complicanze nell’intervallo 8-28 giorni
dall’accesso al pronto soccorso
% complicanze nei primi 2 giorni dall’accesso al pronto soccorso
Follow-up
• decesso in Pronto Soccorso (PS).
Risultati
Nel periodo in studio (gennaio-dicembre 2009) sono stati analizzati 329
pazienti con trauma grave (punteggio ISS >15) ricoverati in terapia
intensiva; 43% donne e 57% uomini; la distribuzione per età prevede
due picchi importanti tra 15–25 anni e tra 35–45 anni. Nel 90% dei casi
si tratta di trauma chiuso e, di questi, nel 67% di incidenti stradali.
Di questa casistica sono in fase di definizione indicatori di processo e di performance riportati nella Tabella 1.
Discussione
I database sono stati descritti come gli strumenti del cambiamento
nel contesto sanitario, specialmente per quanto concerne la gestione del trauma [3]. Le informazioni rilevate grazie a questi applicativi costituiscono una fonte indispensabile per la valutazione, la
prevenzione e la ricerca epidemiologica e divengono funzionali per
la programmazione e pianificazione sanitaria.
Michela Tanzini
Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente
Regione Toscana
Bibliografia
1. The EuroTARN Writing Commitee on behalf of the EuroTARN Group
(2007) A comparison of European Trauma Registries. The first report
from the EuroTARN Group. Resuscitation 75:286–297
2. Chiara O, Cimbanassi S, Zoia R et al; Gruppo di Studio Trauma
Maggiore Ospedale Niguarda (2004) Trauma registry at the Niguarda
Ca’ Granda Hospital of Milano: epidemiology and quality assessment.
Ann Ital Chir 75:515–522
3. Spott MA (2000) The trauma registry. Basic protection of trauma registry information. J Trauma Nurs 7:16–18
IMPRESSUM
Inserto alla rivista "Internal and Emergency Medicine" Vol. 5 Num. 3
Editore: Springer-Verlag Italia Srl, Via Decembrio 28, 20137 Milano
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