Una figlia senza parole
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Una figlia senza parole
STRUMENTI Proposte di lettura Irene Auletta Madre e pedagogista* Per tanti anni non mi sono immaginata madre e, a dire il vero, la mia decisione era proprio quella di non avere figli. Poi, un giorno accade che la vita cambia, si modificano le prospettive e si fanno nuovi incontri. Per me, è accaduto l’incontro con un uomo importante e così è cambiata anche la mia vita. Come tutte le mamme ho fatto i tanti pensieri e le fantasie che accompagnano l’attesa di un figlio e, neppure per un momento, ho avuto il dubbio di ricevere una sorpresa come quella che mi attendeva appena dietro l’angolo. Lo stupore e la curiosità per un figlio tutto da scoprire e da conoscere è andato ben oltre le mie attese e la mia possibile immaginazione. Mia figlia è nata in casa, per scelta, ed è stata accolta da due discretissime ostetriche, da me e da suo padre. Ancora oggi ricordo il suo pianto che, subito, mi è parso strano e dicevo, a chi mi chiedeva, che mi pareva il pianto di chi è stato strappato troppo presto dal suo guscio. Strappo o no, mia figlia non ha smesso di riservarci sorprese, dolori, ansie, gioie, timori, felicità e rabbia. Di sicuro, pur di fronte alla totale negazione di chi ci circondava, mi è apparsa quasi subito un po’ strana e solo a diciotto mesi, alle sue caratteristiche è stata messa l’etichetta di una sindrome genetica che ha cancellato per sempre alcune attese, sostituendo la nostra storia immaginaria e fantastica con un’altra reale, incerta, paurosa, sconosciuta e per nulla desiderata. Per anni ho immaginato di picchiare fisicamente una serie di medici incompetenti e superficiali che mi avevano illuso e imbroglia- ta e, ancora oggi, non escludo che ne trarrei un certo godimento. Lo penso però con un sorriso di presa in giro verso me stessa, la mia natura passionale e molto “carnale”, come si dice dalle mie parti. Nessuna madre si aspetta una figlia disabile e certamente non la desidera, a meno di non essere lei stessa fortemente disturbata o problematica. Ma oggi, quando penso a qualcuno disabile non penso a mia figlia. Lei è lei e non potrebbe essere diversamente. Qualche anno fa una madre di un’altra bambina disabile mi raccontò di come le capitava spesso di sognare sua figlia normale. Forse per anni l’ho sognato anch’io, ma non ne ho alcun ricordo e posso immaginare che il mio inconscio abbia fatto le debite censure del caso per proteggermi. Di sicuro ho capito di stare molto meglio solo qualche anno fa, quando mi è tornato in mente quel racconto e ho provato un’angoscia profondissima. Svegliarmi e trovarmi con una figlia normale? E la mia che fine aveva fatto? Non un sogno, un incubo. Mia figlia era ed è questa figlia, nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore, nella soddisfazione e nella delusione, nel cuore, nella mente e nella pancia. Nello stesso tempo in tutti questi tredici anni, gli anni della mia esperienza di madre, ho decisamente rifiutato il bollino di mamma speciale che, al contrario, mi ha sempre evocato immagini molto spiacevoli e cariche di inganno. Non sono speciale io e non lo è mia figlia. Sono solo una madre che ha attraversato l’inferno o meglio, tanti inferni diversi. In questo viaggio ho cercato di MATERNITÀ POSSIBILI È un’antologia di 122 storie, racconti, riflessioni, ma anche canzoni e poesie, intorno al tema della maternità scritti da madri e non. Il dettaglio originale è che i nomi delle autrici sono elencati in copertina, mentre i singoli testi sono volutamente non firmati. L’effetto è quello di un puzzle che si compone pezzo dopo pezzo raccontando come la maternità cambia o potrebbe cambiare la vita di ogni donna. Edizioni Scalino, Sofia, 2011 - www.scalino.eu non lasciare mai sola mia figlia, di farle coraggio facendolo a me stessa, di insegnarle l’allegria imparando a rispettare la mia tristezza, di cercare la gioia e la leggerezza anche quando sembravano impossibili da rintracciare. Sono una madre che ha imparato ad amare la sua figlia reale, a dare valore alla sua delusione e al suo dolore per fare spazio agli altri sentimenti gioiosi e ottimisti. Così mia figlia è cresciuta e io, con lei, sono diventata una mamma un po’ più grande. Una mamma che non si nasconde dietro nessuna ipocrisia e che, da diversi anni, attraversa una grande avventura di crescita. Oggi sono una mamma che ha imparato molto da quello che ha incontrato e vissuto e che con diverse forme, umori e colori, attraverso ogni giorno. Mi sento una mamma capace di non gettare un solo istante della vita con mia figlia, perché domani chissà... Non riesco a immaginare il futuro e quello che a volte intravedo mi fa molta paura. Allora sono diventata una grande esperta dell’oggi, del vivere attimo per attimo con intensità, del dare valore alle cose per me veramente importanti e del farmi toccare poco da tutte le banalità che ci circondano... quando ci riesco! Il nome di mia figlia fa rima con fortuna. Ce lo diciamo spesso e negli anni abbiamo cercato di trovare la nostra fortuna scavando in tutti i pertugi possibili. Il nostro è un amore silenzioso, riempito solo dalle mie parole perché quelle che appartengono a lei rimangono nel suo cuore, custodite da uno scrigno molto segreto e inaccessibile. Non mi sono mai sentita chiamare mamma ma questo non mi ha mai fatto dubitare del riconoscimento e del grande amore che raccolgo ogni giorno negli sguardi, negli abbracci, nelle proteste e nelle richieste di attenzione. Il nostro è un amore così, a forma di medaglione, che non può mai cancellare il suo lato di gioia e neppure quello di dolore. Sono sempre presenti entrambi con un’intensità che negli anni sto cercando di regolare, in una sorta di magico equilibrio. E il passare degli anni, le persone che stanno vicino e i percorsi che si ha il coraggio di attraversare, aiutano molto. Ecco la madre che sono, che sto imparando a rispettare e a trattare con cura e molta cautela, come l’amore che mi lega alla mia adorata figlia e alla nostra storia, custodita gelosamente nelle nostre mani, nei nostri corpi che si incontrano e negli occhi che si specchiano solo per il piacere di vederci riflesse. NOVEMBRE 2013 Una figlia senza parole * L’autrice scrive sul blog “cronachepedagogiche”: igorsalomone.net/ category/cronachepedagogiche 95