From Mothers to Citizens: Italian Women from
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From Mothers to Citizens: Italian Women from
From Mothers to Citizens: Italian Women from Unification to the Republic. University of Cambridge Room 142, Media Centre, Department of Italian, Raised Faculty Building, Sidgwick Avenue, Cambridge 29-30 September 2016 Abstracts 29 September 2016 Panel: ‘La donna nei galatei dall’Unità al primo dopoguerra’. Chair: Helena Sanson (University of Cambridge) Marina vs Enrichetto: due galatei di “genere” diverso Giovanna Alfonzetti (Università di Catania) Se un/a autore/autrice ritiene opportuno scrivere due galatei distinti, uno rivolto al genere maschile, l’altro a quello femminile, questo implica ipso facto che il modello di cortesia proposto per i due sessi non può che essere differente; riflessione che si rivela ovvia se i galatei si collocano in un’epoca storica nella quale il ruolo delle donna nella società era profondamente diverso da quello maschile, qual è il «lungo Ottocento» ( dal 1800 al 1920, Tasca 2004: 24). E proprio a questo periodo appartengono i due galatei del corpus selezionato: •Enrichetto, ossia il galateo del fanciullo (1871) •Marina, ossia il galateo della fanciulla (1872) entrambi di Costantino Rodella ed entrambi “galatei morali” postunitari, che rappresentano «l’espressione più tipica della volontà del nuovo Regno di “rigenerare” la società intera» (Paternoster 2015: 264: cf. inoltre Botteri 1999). Si farà anche il confronto con due galatei del primo dopoguerra: Le belle maniere. Nuovo galateo per le giovinette (1918) e Il libro della cortesia. Nuovo galateo per i giovinetti (1920), di Francesca Fiorentina. L’obiettivo è quello di individuare le differenze più significative tra galatei rivolti a un pubblico maschile e femminile, insieme a eventuali cambiamenti intercorsi tra i galatei postunitari e quelli del primo dopoguerra. L’analisi verterà su due punti principali: • il metadiscorso – cioè prescrizioni e divieti riguardanti soprattutto il comportamento comunicativo, a livello strettamente linguistico ma anche non verbale (prosodia, cinesica, prossemica) e pragmatico (atti illocutori e modalità di esecuzione); • caratteristiche sia fisiche che caratteriali attribuite alle figure di sesso diverso (si consideri che Marina e Enrichetto hanno la struttura di Bildungroman). Si mira in tal modo a ricostruire il profilo di donna proposto come modello da emulare: cioè l’insieme di valori, comportamenti, qualità e ruoli ritenuti socialmente positivi per le cittadine del nuovo Stato, in contrapposizione a quelli dell’universo maschile. Dalla “gente per bene” alla “risaia”… La scrittura come avvio alla conquista della cittadinanza femminile nell’Italia della seconda metà del XIX secolo Elena Musiani (Università degli studi di Bologna) L’Ottocento è stato descritto come il secolo della scoperta della funzione materna della donna, tradotto in chiave di costruzione nazionale nella stagione del Risorgimento e poi in quello di pedagogia di quella stessa nazione negli anni post 1861. La divisione netta tra pubblico e privato sancita dal Codice napoleonico all’inizio del secolo aveva contribuito a relegare la donna nell’ambito domestico, attribuendole unicamente il compito di cura della casa e della famiglia. Nella nuova cornice di pedagogia della nazione, del “fare gli italiani”, tuttavia, le donne italiane cominciarono a ritagliarsi ruoli che dal privato delle pareti domestiche andarono allargandosi al contesto più ampio dell’educazione delle nuove generazioni, che determinò una richiesta di accesso a gradi sempre maggiori di istruzione. Questo paper vuole evidenziare come questa prima fase di “lotta” per l’emancipazione femminile ebbe come elemento centrale la scrittura. A partire dai galatei, fulcro di questo panel, si procederà ad analizzare le diverse forme di scrittura che le donne italiane della seconda metà del XIX secolo cominciarono a sperimentare in misura sempre crescente e che possono essere lette come forme di educazione a una cittadinanza sempre più ampia. Testi, che se da un lato continuarono a essere iscritti nella “morale sociale” dei manuali di etichetta, cominciarono anche a trattare problematiche “moderne” quali il lavoro e la condizione femminile, come nel caso delle opere della Marchesa Colombi. Aspetto ulteriore che verrà analizzato sono le singole biografie: anche se scrivevano “manuali” conformi alle regole sociali, queste donne della seconda metà del XIX secolo mostrarono nei loro percorsi biografici una chiara volontà di emancipazione e di acquisizione della cittadinanza. Ascesa e «marcia indietro» della signorina in varie edizione di Come devo comportarmi? di Anna Vertua Gentile. Annick Paternoster (Università della Svizzera italiana) Mentre sono rari i galatei post-unitari dedicati alla donna, i libri di etichetta, che attirano notevole successo editoriale fra 1880 e 1920, sono scritti da scrittrici borghesi per lettrici borghesi. Essi danno alla signora, cui è delegata la cura degli status symbol appartenenti alla posizione socio-economica del marito, una centralità e visibilità nuova. Mentre la figura della signora risulta relativamente stabile, è nell’ambito dell’etichetta per la signorina che i testi registrano i cambiamenti più marcati: quest’ultima acquisisce più liberi diritti comportamentali, sia nel campo dell’educazione, sia nel campo dei suoi rapporti sociali. Come devo comportarmi? Libro per tutti (1897) di Anna Vertua Gentile, scrittrice prolifica di romanzi e libri d’infanzia, conosce un notevole successo di vendita che si traduce in 12 edizioni rivedute e ampliate, tutte per i tipi dell’editore milanese Ulrico Hoepli, ultima delle quali, rinnovata secondo le usanze moderne da Lidia Morelli, esce nel 1929, dopo la morte dell’autrice (1926). Emancipazionista moderata, Vertua Gentile raccomanda una «precoce ragionevolezza su fidanzamenti e matrimoni» (De Giorgio 2010). Tra le varie edizioni, il capitolo dedicato alla signorina presenta delle differenze cospicue. Scopo della presente proposta è di descrivere la traiettoria della codificazione della signorina, partendo dall’educazione ‘a modo’ della prima edizione, che annuncia una prima forma di emancipazione, per arrivare alla requisitoria, nella dodicesima edizione, contro la signorina «dai cappelli corti, da l l e sot t a n e cort issime», che pratica un «cameratismo spregiudicato coi giovanotti» e ostenta «indipendenza e orrore (?!) di legarsi per la vita». Se l’edizione del 1929 difende una «marcia indietro» al nome della naturalezza e del buon senso, valori di riferimento della «personalità» moderna, libera, ma soprattutto responsabile, mi preme particolarmente elucidare il ruolo della Prima Guerra Mondiale, come evento di rottura nella codificazione femminile, attraverso la nona edizione del 1920 e la decima del 1921. Panel: ‘Women in the Arts: Identities and Citizenship Paths in Literature, Theatre and Music’. Chair: Alessia Ronchetti (University of Cambridge) «La mia persona m’appartiene». L’orgoglio femminile nell’opera (e nell’oratoria) di Amalia Guglielminetti Alessandro Ferraro (Università degli Studi di Genova) La scrittrice Amalia Guglielminetti (1881-1941) assistendo al Primo Congresso delle Donne Italiane (Roma, 1908), confidò per lettera all’amico Guido Gozzano tutta la propria delusione — se non il disgusto — per un incontro che definì grottesco e inconcludente. Nel 1925, a Torino, prese la parola a una manifestazione “Pro Voto Donne”: intervenne sulla «non più dilazionabilità del suffragio femminile» con piglio deciso e profondamente smaliziato (partendo dallo sciopero del sesso proposto dalla Lisistrata di Aristofane). Tramite la letteratura riuscì a esprimere a pieno la sua visione — incoerente eppure così interessante — di donna, e nel 1919 mise in bocca alla protagonista di una commedia la densa dichiarazione: «poiché la mia persona m’appartiene, io posso disporne come voglio». La donna dell’universo letterario guglielminettiano (dai versi de Le vergini folli al romanzo La rivincita del maschio) è colei che esibisce un’eleganza ultramoderna per decidere autonomamente le linee della propria figura, che forza l’erotismo per mantenere il controllo sul proprio corpo: spesso fragile ma sempre fiera e cosciente, non si considera inferiore o più illogica dell’uomo, non concepisce nessuno schema uomo-morale/donna-amorale o addirittura uomo-bene/donna-male. Amalia Guglielminetti non seguì dunque il misogino consiglio che le diede Boine di leggere Sesso e carattere di Weininger che questi schemi tracciò (1903). Il mio intervento si propone di riflettere sull’evoluzione del pensiero “femminista” o, meglio, schiettamente “femminile” di Amalia Guglielminetti, finora letta come conformismo naif o scomposta insofferenza ma che a ben vedere coincise coi primi passi emblematici di un’emancipazione di là da venire. La condizione femminile alle soglie dell'Unità in Sicilia nelle opere di Elvira Mancuso, Angelina Lanza Damiani e Maria Messina Cinzia Emmi (Università di Catania) Soon after Unification and up to the third decade of the XXth century, in Sicily there was a difficult change from the socio-economical situation derived from the last decades of Borboni's government to the new monarchy and all expectations would be partially discontented. In particular, the female condition had got worse but a few women writers, having a different point of view on reality, tried to focus on it so as to denounce their submission to patriarchate (their father, their husband or their brother for those who remained unmarried), the lack of recognition of their individual rights and the need of emancipation. We will point out three writers who are not well-known to the great public and were rediscovered in the 1970s by Leonardo Sciascia, editor at Sellerio's (Palermo): Elvira Mancuso, Angelina Lanza Damiani and Maria Messina. They tried to define this condition and explain the causes and the possible changes in a moderate way. Mancuso (1867-1958) sharply denounced women's submission and the need of education in her treatise (La condizione della donna borghese in Sicilia, 1907) making a social enquire and finding a solution, while in her only novel (Storia vera… inverosimile, 1906) showed an antiphrastic ending to put a dividing line to men's power in literature. Lanza Damiani (1879-1936) lived herself a difficult marriage contrasting with her happy original microcosm and found safe following Rosmini's philosophical and religious thought; she showed her praise to God and universe in her novel (La casa sulla montagna, 1935) inspired by a paradisiac habitat at Gibilmanna. Last, Messina (1887-1944) from her room of her own, staying nearly in isolation, investigated women's reclusion in her six novels and numerous short stories (written between 1916 and 1928) but she also created some female characters finding a way to escape and emancipate. Le musiciste: cittadine senza cittadinanza storiografica. Il caso italiano Milena Gammaitoni (Università degli Studi Roma Tre) La storia delle musiciste è l’indicatore di un’identità sociale cancellata dalla storiografia affermatasi nell’Europa dell’800. L’analisi dei percorsi biografici rivela come nel corso dei secoli le donne siano state protagoniste anche nella musica, presenti nelle recensioni, autorevoli e stimate, attente testimoni della società a loro contemporanea. Ad esempio, in Italia fin dall’antichità troviamo compositrici nei conventi, nel ‘600 F. Caccini creò una delle prime forme di Dramma in Musica, in ogni secolo troviamo compositrici italiane e straniere attive in ogni ambito, dalla composizione alla direzione d’orchestra, ma ad oggi non sono presenti nella storiografia ufficiale. Dall’Unità d’Italia alla Repubblica le più importanti furono Giulia Recli, Emilia Gubitosi, Teresa Rogatis, Alba Rosa Vietor, Elsa Olivieri Sangiacomo Respighi, Maria Gioacchino Cusenza, Barbara Giuranna. In particolare Giulia Recli compose più di duecento liriche, tra le sue preferite Cento ducati e beluccia ispirato al testo di Benedetto Croce e il balletto Piume D’Oro, ispirato al testo di Grimm. Giulia Recli fu la prima compositrice italiana eletta commendatore della Repubblica, e a comparire nei programmi della Scala, del Metropolitan, della Royal Albert Hall. Si impegnò in politica come vicesegretaria del Sindacato Musicisti Italiani. Compose musica sinfonica, musica sacra e profana, vocale e musica da camera. Si propone, dunque, la presentazione di un excursus storico-sociale sulle compositrici attive dal 1862 al 1945, focalizzando l’attenzione sui percorsi biografici, sui contenuti delle opere, e proponendo un’interpretazione sociologica del loro percorso. The New Woman Actress and her New Women Roles Enza De Francisci (University College London) This paper examines the rise of the New Woman in New Italy through close attention to her development on Italy’s post-unification stage. Indeed, according to Max Beerbohm, ‘[t]he New Woman sprang fully armed from Ibsen’s brain’ and it is unsurprising that Ibsen’s plays were popular among so-called New Women actresses. Such as actresses include Eleonora Duse who was keen to incorporate his work in her early repertoire, especially his A Doll’s House (1879) which depicts Nora’s plight as she abandons her children in search of autonomy. The aim of this paper is therefore to retrace and re-assess the often contradictory definitions and embodiments of the New Woman in order to explain and explore the changing face of the New Woman in nineteenth-century Italy, focussing in particular on her evolution on stage. I will consider how the critical reception of A Doll’s House developed from the time the lead role was initially performed by Emilia Aliprandi in 1889 to when Duse took on the role in 1891, and how this development marked a corner stone in women’s history. It is argued here that, in specifically choosing to perform New Women roles like Nora on the public stage, New Women actresses — above all Duse — were one of the first to break away from the silence imposed on women by patriarchal society and to pave the way for women’s emancipation in Italy. Panel: ‘Modern Women: Activism and Feminist Organisation’ Chair: Sara Delmedico (University of Cambridge) Female Opponents of Women’s Suffrage in Early 20th Century Italy Noëmi Crain Merz (University of Basel) Before World War I the issue of women’s suffrage was vigorously debated in Italy, not only in parliament, but also in newspapers and magazines. In addition to the many intellectual women fighting for suffrage, there was, however, a number of emancipated and independent women like journalists and writers Matilde Serao and Barbara Allason who publicly opposed women’s enfranchisement. The paper will discuss the paradox of these women in a society deeply concerned with a rapidly changing world and shifting gender roles. Despite their individual fight for access to male dominated spheres like universities or journalism, these women feared the dissolution of gender identities in a world where all women were granted the same rights. In their arguments against women’s enfranchisement, they replicated the same gender stereotypes that were used by male opponents who sought to denigrate women as superficial beings mostly unable to make rational decisions. The paper will examine the controversial arguments on gender roles and women’s suffrage put forward by these women, as well as the underlying motives. Moreover, the paper will take a comparative look at female opposition of suffrage in other countries, mainly England, where the opposition of women to female suffrage was stronger and much better organised than in Italy. Dall’associazionismo emancipazionista all’associazionismo femminile fascista Sara Follacchio (Indipendent Scholar) Nel giugno 1925, la direttrice del periodico « Vita femminile » – Ester Lombardo – segnalava sull’«Almanacco della donna italiana» la nascita del Segretariato Interessi Femminili, un organismo che – giudicando anacronistiche le associazioni emancipazioniste – intendeva collocarsi nel nuovo contesto, proponendosi quale interlocutore privilegiato delle articolazioni politiche e sindacali del regime. Tra le promotrici figurava Maria Castellani, che istituirà l’Associazione Nazionale Fascista Donne Professioniste e Artiste [ANFDPA] e solleciterà il commissariamento della Federazione Italiana per il Suffragio e i Diritti Civili e Politici delle Donne [FISEDD] e lo scioglimento della Federazione Italiana Laureate e Diplomate Istituti Superiori [FILDIS]. Ciò accadrà nel 1935, alla vigilia del Congresso dell’International Woman Suffrage Alliance di Istanbul. La scomparsa delle due realtà associative non sarà, dunque, opera dell’azione repressiva del governo mussoliniano ma della volontà della commissaria della ANFDPA di esercitare la propria egemonia e legittimare la propria associazione quale unica interlocutrice nelle assise femminili internazionali. Nel mio intervento intendo ricostruire le fasi di tale processo, soffermandomi sul tentativo delle militanti delle associazioni emancipazioniste di conservare le loro relazioni transnazionali e di continuare a far sentire la propria voce, e sull’ascesa della giovane e ambiziosa commissaria della Associazione Nazionale Fascista Donne Professioniste e Artiste, il cui profilo – assai diverso dal modello di sposa e madre esemplare veicolato dal regime – appare simile a quello di altre funzionarie, persuase che vi fossero le condizioni per un protagonismo femminile di cui sarebbero state artefici donne fasciste provviste di cultura e competenze professionali. Imperial Instruments: Role of Women in Africa Orientale Italiana, 1936-1941 Mary Jane Dempsey (University of Warwick) Although the question of women’s role in fascist society has been widely debated among historians, such as Victoria de Grazia, these works have not adequately addressed the experiences of women, both Italian and African, within the colonies. Although Italian women saw themselves as a class above the Africans, diary entries and visual materials demonstrate that they were also were victims of a fascist reign of masculinity. Seeking to prove this, the paper is organized in three sections. The first section includes a brief history of Italian conquest and Italian women’s civic duty within this venture. Second, the Italian female experience is presented by describing women who were faithful to Mussolini’s mission of populating the colonies as well as those who played a different role—as teachers and nurses. Third, the Italian women’s role is compared with that of the African women’s; while Italian women acted as nurturers, the African women served as an outlet for the soldiers’ sexual fantasies. This paper seeks to prove that fascist culture objectified both groups. Part of this research is focused on publications and primary sources written by women in order to discover how they developed their identities during the period between the advent of Italian control over the area and the fall of the Italian power in Africa. By shining light on the subaltern shadows of Italy’s colonial past, this work attempts to illuminate the history of Italian and African women’s roles in Africa and explain how they both served as instruments for empire. 30 September 2016 Panel: ‘Nation Building, Sexuality and Novels: Modern Women and Literature’ Chair: Sara Delmedico (University of Cambridge) “A women’s army”: education and nation building in late 19th-century Italy Morena Corradi (Queens College of the City University of New York) It is well known how central education was to the political and cultural debate in postunification Italy given the necessity to “form” and forge an illiterate and a divided people. Women’s role as mothers made them central figures in children’s education, also in their function of teachers, and in this important and yet often frustrating position they are portrayed in numerous literary works. My presentation will focus on literature that features women as active participants in the educational system as well as in society at large, questioning, directly or indirectly, the rhetoric related to women’s marital bliss. Through the analysis of works by prominent authors such as Ippolito Nievo and Edmondo De Amicis, and less known writers, such as Sara (pseudonym of Laura Tardy Tighe), household name in the pages of many popular journals of the time, I will address the potentialities and contradictions of a new female figure, independent and assertive, whose actions are often depicted as intertwined with the nation building process. From the famous Pisana, the heroine of Confessions of an Italian, to the protagonist of Sara’s “Un marito pur che sia”, we see different characters whose experience undermines the traditional female role, bringing forth new educational and social paradigms. When it comes to the school institution, the female protagonist of De Amicis’s Love and Gymnastics, acting as the leader of a “women’s army”, brings to the forth the distinction between “istruzione” and “educazione”, claiming for herself the former term, typically prerogative of male figures. «Fare le italiane»: il romanzo come testo modellizzante tra Otto e Novecento Gabriella Alfieri (Università degli Studi di Catania) «Primo bisogno d’Italia è appunto trovare uomini; quindi chi sappia educarli, e renderne forte e generoso il carattere». Massimo D’Azeglio sanciva così l’intento collaterale di «fare le italiane», nel processo di nation-building che si affidava all’editoria per formare la «persona dell’Italia unita». In questo processo modellizzante la donna assumeva un ruolo di mediatrice culturale e linguistica già prefigurato nel progetto manzoniano (1868) e documentato nella società inglese coeva. Se Barbera e Le Monnier si specializzarono nel selfhelping etico-politico, Treves e Salani si dedicarono ai romanzi. La serialità del prodotto e delle collane, la stereotipia dei tipi sociali, e la paradigmaticità delle storie garantivano l’omologazione del modello etico-comportamentale da inculcare a “giovinette”, “signorine” e “signore”. La figura dell’autore si neutralizza al punto che romanzi in lingua nativa o tradotta possono accorparsi in un unico volumetto, e l’emittente diventa di fatto l’editore, che convoglia un unico messaggio morale e psicosociale, in un linguaggio accessibile e toscaneggiante. Il corpus, costruito in base a parametri socioculturali e a tratti stilistico-testuali, sarà oggetto di analisi escursiva, intesa a osservare la rifunzionalizzazione edificante dei romanzi, “sociali” prima e rosa poi. Si va dai romanzi contro le monacazioni forzate (I Misteri del Chiostro Napoletano di Enrichetta Caracciolo 1864, la verghiana Storia di una capinera 1873), a quelli atti a emblematizzare madri e mogli ideali, come nel teatro coevo (Teresa di Neera), fino a quelli di denuncia (Una donna di Sibilla Aleramo). Nel Novecento ci si concentrerà sul romanzo rosa, tradotto e nativo (da Delly e Barbara Cartland a Liala fino a Luciana Peverelli). Un confronto con epistolari reali darà la misura dell’attendibilità della rappresentazione diegetica della condizione femminile. Si adotterà la seguente griglia testuale e pragmatica: 1) paratesto; 2) segnali discorsivi; 3) intertestualità e intratestualità; 4) simulazione dialogica. Lo schema sintattico-testuale è costante: 1) incipit narrativo; 2) sequenza descrittiva; 3) excursus elegiaco-lirico; 4) intermezzo o chiusa sentenzioso-moraleggiante. La donna, dapprima solo destinataria passiva e silente della testualità, guadagnerà via via come autrice di romanzi femminili ma non “femministi” (da Neera a Liala) un ruolo socio-politico attivo, altrimenti impossibile in assenza del diritto di voto. Sexuality, Adultery, and Hysteria in Gabriele D’Annunzio’s Nineteenth Century Novelistic Female Characters Michela Barisonzi (Monash University) D’Annunzio’s female representation has been the object of contrasting scholarly positions, largely due to the peculiar combination of diverging elements present in his female characters. Figures such as the angelic or demonic woman in D’Annunzio’s nineteenth century novels rarely adhere to the tenets of traditional stereotypes, instead carrying deeper connotations. In this paper I will look at D’Annunzio’s female protagonists both as a response to the crisis of the female role according to bourgeois values, and to the ascent of female emancipation. My purpose is to contribute to a better identification and understanding of the complex relationship between D’Annunzio’s novels and their socio-historical context, and how this connection is reflected in their female characters. Proceeding from Phelan’s theory of characters and Rimmon-Kenan’s discourse on narrative fiction, I will look at these female characters as facets of a heroine lost between the affirmation of social emancipation and the desire to fulfil the archetypal but unfeasible bourgeois social roles of mother and wife. D’Annunzio’s novels then contain both of a mimetic reproduction of Post-Unified Italian society, as well as an ideological criticism through which these texts explore and deconstruct common female stereotypes (angel in the house, femme fragile, femme fatal) in order to progress towards the definition of a new female model within the rising nationalist movement. Le catene moderne della nuova Eva. La critica della letteratura femminile al Codice Pisanelli Valeria Iaconis (Università degli Studi di Zurigo) Il Codice Pisanelli (1865), testo fondamentale per la definizione delle relazioni tra gli individui, la famiglia e lo Stato nell’Italia unita, propone una designazione dei diritti e dei doveri della donna fondamentalmente legata al suo stato sociale o alle sue relazioni parentali. In particolare, il disciplinamento del matrimonio civile artt. 130-‐158), sancisce de facto la subordinazione della moglie al proprio marito, indicando anche a livello legislativo il nucleo familiare come ambiente privilegiato della vita muliebre. Inoltre, la promozione dei diritti femminili da parte dei gruppi emancipazionisti e la considerazione politica delle problematiche dell’istruzione e del lavoro delle donne, così come del diritto di voto e dell’introduzione del divorzio, non tentano di sfatare l’identificazione della donna con i suoi ruoli di moglie e madre, che sono anzi accolti come specificità della “donna nuova”. Presupponendo che la narrativa di mano femminile sia stata strumento imprescindibile per la creazione di un’identità di genere italiana, il mio intervento si propone di analizzare i romanzi Catene (1882) di Virginia Tedeschi Treves, La nuova Eva (1904) di Flavia Steno e Cavalieri moderni (1905) di Fanny Salazar, che esplicitamente affrontano e sottopongono a una critica serrata le strutture patriarcali deputate alla regolamentazione della vita femminile. Lo scopo dell’analisi è individuare i temi cardine sui quali si concentra la critica al Codice evidenziare le strategie narrative predilette, con particolare attenzione alla rappresentazione di figure femminili esemplari, al confronto tra la legislazione italiana e quella straniera, e i temi del lavoro e dell’istruzione delle donne. Panel: ‘Resistere, resistere, resistere. Esperienze di donne “resistenti” attraverso diario, autobiografia, romanzo’ Chair: Robert Gordon (University of Cambridge) La resistenza al modello femminile fascista: Nascita e morte della massaia Silvana Cirillo (Università di Roma La Sapienza) Nascita e morte della massaia è il titolo di un'opera originalissima ed eversiva scritta in pieno fascismo ( tra '38 e '39) da Paola Masino, scrittrice di impronta surrealista, compagna dello scrittore Massimo Bontempelli, che fu il promotore in quegli anni della corrente del realismo magico. L'opera, pubblicata a puntate nel '41-42 censurata, attraversò molte vicissitudini prima dell'uscita definitiva: consegnata all'editore Valentino Bompiani x la pubblicazione, andata persa durante un incendio che danneggiò la casa editrice milanese, finalmente andò in stampa in versione integrale nel '45. Paola Masino, si mostrò ribelle e assolutamente decisa a difendere la dignità della donna e la sua libertà sin da giovane, quando non ancora maggiorenne scelse di non rinunciare al suo amore,di trent'anni più grande di lei e,e di rifugiarsi con lui fuori Italia, dove ciò veniva perseguito come reato. Allo stesso modo non tollerava i ruoli e le mansioni attribuite per costume e tradizione alla donna. Così la professione della massaia, il matrimonio come sistemazione sociale e i figli come traguardo, la forma mentis borghese, cioè, vissuta come modello dal ventennio fascista, diventano il bersaglio del suo romanzo, ove la protagonista vive in un mondo sdoppiato: quello fantasioso, onirico e delirante dei suoi desideri e della sua libertà mentale e quello obbligato, ma rigettato, assegnatale dalla società. Echi della follia pirandelliana, dunque, trasferiti in una prospettiva surreale e avanguardista,in una narrazione allucinata, che, riletta negli anni successivi, fece scalpore e diede alla Masino la fama di femminista ante litteram. Le ragazze ribelli: la Resistenza nelle autobiografie delle partigiane Davide Di Poce (Università di Roma La Sapienza) Nel percorso di emancipazione femminile, una funzione determinante è stata svolta dalla lotta di liberazione del 1943-1945. Se nella Seconda Guerra Mondiale s’era alterato il ruolo sociale della donna, che sostituiva l’uomo partito per il fronte, durante la Resistenza si verifica un decisivo rimescolamento dei ruoli tradizionali. Questo è quanto emerge dalla lettura delle autobiografie scritte da alcune partigiane. In questo corpus di testi risultano di particolare interesse le opere di due donne che prima come partigiane, poi come militanti e giornaliste, hanno fatto la storia dell’Italia: Con cuore di donna di Carla Capponi (Milano 2000) e La ragazza del secolo scorso di Rossana Rossanda (Torino 2005). Trattandosi di autobiografie, i fatti sono raccontati a distanza di anni sulla scia del ricordo, rielaborando appunti diaristici dell’epoca. Affrontando temi storico-politici a fianco di quelli privato-intimistici, queste autobiografie assumono una forma differente rispetto alla configurazione tradizionale della narrazione autobiografica. E offrono una visione integrata della Resistenza delle donne: al primo testo fa da cornice l’ambiente della Resistenza romana, al secondo quello della Resistenza milanese; nel primo viene raccontata in prima persona l’esperienza della donna che partecipò all’attentato militare di via Rasella e nel secondo quella di una semplice staffetta. Le autrici, oltre ai fatti, rievocano i pensieri e i sentimenti che erano stati loro, mostrando il disorientamento di quante donne, destinate per genere a una vita da madre, si erano ritrovate, invece, a fare la guerra accanto agli uomini. La Resistenza in presa diretta: i diari delle partigiane Elisiana Fratocchi (Università di Roma La Sapienza) Se la guerra civile risulta un momento fondamentale per l’emancipazione femminile, molte protagoniste di quella stagione affidano ai loro scritti questo percorso. Diversi sono i generi di scrittura scelti da queste autrici per fissare esperienze e riflessioni. Particolarmente interessanti risultano i testi scritti in presa diretta, durante gli anni caldi della lotta. Terreno inesplorato dagli studi critici, i diari delle partigiane mostrano chiaramente le trasformazioni che il ruolo della donna subisce negli anni della Resistenza. Un caso da analizzare, tra questi, è offerto dal Diario partigiano di Ada Gobetti (Einaudi, 1956), scritto tra il 1943 -1945. Giovane vedova di Piero Gobetti, l’autrice testimonia la sua lotta condotta in molteplici forme. Pioniera del giornalismo antifascista femminile, la Gobetti è una delle prime firme di «Noi donne» clandestino; e mentre coordina bande partigiane non smette di essere madre, unico punto di riferimento rimasto al figlio Paolo. Un’altra opera di cui vale la pena indagare contenuti, stile e impianto compositivo è quella di Luciana Castellina, La scoperta del mondo (Nottetempo, 2011); diario scritto tra il ’43 e il ’47, subisce nel tempo un lavoro di integrazione e labor limae, costituendo – come è proprio del genere – un caso a metà tra scrittura “immediata” e scrittura letteraria. Panel: ‘Women’s Path to Citizenship: Between Inclusion and Exclusion’. Chair: Manuela Di Franco (University of Cambridge) The Exclusion of Immorality: War Prostitution and the Boundaries of Citizenship in the Transition to Democracy Chiara Fantozzi (Scuola Normale Superiore, Pisa) When women were granted the right to vote on 1st February 1945, wandering prostitutes were excluded, left outside the boundaries of citizenship. The so-called “segnorine” were blamed for fraternizing with foreign soldiers during the allied occupation. Between 1944 and 1947 many of these women congregated in the pine forest of Tombolo (between Livorno and Pisa), which became a place symbolic of war-time prostitution. Their figures became a common theme in neo-realist films, in novels and in journalistic reporting; however, they have remained in the background of historiography. In my paper, I argue that prostitution strongly contributed to the structuring of gender images in the sortie de guerre. The “segnorine” were seen as a new typology of feminine deviance: they were guilty of compromising masculine honour and the integrity of the nation, while refusing to pursue the feminine mission of taking care of the home. They were treated by law enforcement as a moral, sanitary, and public order emergency, and therefore collectively subject to violent actions. Their story highlights glaring contradictions in the post-fascist transition: at the very moment in which women finally triumphed in gaining political rights, traditional gender roles were reinforced, built upon the deep-routed ideals of bourgeois nationalism and the expiatory and sacrificial ethics which dated back to the Risorgimento discourse. The tension between these two poles will be highlighted by literary sources (Italian and European), film, print and archival documentation, in comparative perspective with other national and international cases (Trieste, Naples, and France). The contribution of Italian feminism to the problem of juvenile delinquency at the beginning of the twentieth century Rossella Raimondo (Università degli Studi di Bologna) The present paper focuses on the role fulfilled between the nineteenth and twentieth centuries in Italy by Lucy Bartlett, Bice Cammeo and Alessandrina Ravizza, representatives of the socalled “femminismo pratico”, who distinguished themselves for their initiatives towards poor and marginalized childhood. They were three women for whom the childhood education was an absolute allegiance, a true investment on private and public level, and that for this reason they placed inside a shared project of emancipation in which women rights and children’s rights advanced at the same pace, contributing to break the binomial woman/charity and to arouse the concept and the practice of assistance from a mere philanthropic level to an educational one. Through these women’s contributions presented on different occasions (articles, speeches held in national and international conferences) and from documents of Italian archives on their activities (Archivio della Società Umanitaria, Archivio dell’Unione Femminile and Archivio Storico di Firenze), the present paper intends to present and analyse the elements which characterized their social and educational projects, in response to pressing needs of an era and a society characterized by a high number of a destitute children, children of mothers who lived in poverty. In this way it is also possible to highlight how, throughout their actions, these three women produced a significant contribution for the consideration of women as active citizens in social and public life, opening innovative spaces of participation and comparison. Il Congresso nazionale delle donne italiane del 1908 a Roma: una vetrina sulla progettualità femminile Tiziana Pironi (Università degli Studi di Bologna) Dal 23 al 30 aprile del 1908 si tenne a Roma il Congresso nazionale delle donne italiane, che rappresentò un bilancio molto importante per la questione femminile del tempo. In quell’occasione, le diverse componenti del mondo femminile si confrontarono sui problemi relativi a: educazione e istruzione; assistenza e previdenza; condizione morale e giuridica della donna; letteratura e arte femminile; emigrazione. Attraverso la lettura degli Atti di quel Congresso, in questo intervento, verrà preso in considerazione il problema ampiamente dibattuto dalle partecipanti dell’identità di “ genere”, considerato in rapporto alle loro riflessioni e proposte sul piano educativo. Si prende coscienza del nuovo protagonismo femminile, da valorizzare sulla base del principio di “equivalenza” rispetto a quello di “uguaglianza”. Grazie all’analisi di questa documentazione è stato possibile individuare alcune differenti tipologie femminili, la cui forte valenza progettuale mette in luce elementi di novità rispetto al passato, nonostante la persistenza di aspetti in continuità con la tradizione. March 8th, International Women’s Day in Italy: Rituals, Myths, Issues and Contradictions on the Path to Citizenship (1910-1946) Alessandra Gissi (Università di Napoli “L’Orientale”) Rituals, myths, issues of International Women's Day [IWD] are particularly useful to focus on the stages and contradictions on the path towards a full citizenship for Italian women. Yet the topic has gained little interest from historians, whereas the history of IWD in France, which shares interesting points of contact with the Italian case, has been the subject of several studies. The very foundation of IWD seems in itself full of historiographical interest, and yet it is so often removed from public debate. During the Second International Socialist Women's Conference, which took place in Copenhagen in 1910, Clara Zetkin proposed a resolution to mark one day in the year as International Women's Day as a day to campaign for women's right to vote and for the political emancipation of women. In Italy, the proposal caused doubts and cold reactions, mainly because of the lack of conviction with which the Socialist Party had taken up the cause of women's suffrage. After 1922, however, Communist women consider IWD more as a tool for building their autonomy within their brand new party than as a polemical instrument against the Socialist Party. During the Fascist period, the political framework of the IWD - which can only be celebrated in clandestinity - is limited to issues of labor and antifascism, while the request for political vote has been swept away by the inexorable dictatorial context, which is deeply antifeminist and extremely hostile to female citizenship. The IWD acquires an unpredictable force at the very end of World War II. In the balance between peace and war, in 1945 Rome, the IWD is celebrated collectively and enthusiastically by Communist, Socialist, Catholic women, trade unionists of Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), female partisans, widows of fallen soldiers. A year later, in March 1946, the first local elections by male and female universal suffrage are held, and the coinciding IWD produces a massive echo. The original instance that was behind the IWD has finally been fulfilled, yet the path of Italian women for full citizenship is by no means completed.