From Mothers to Citizens: Italian Women from

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From Mothers to Citizens: Italian Women from
From Mothers to Citizens: Italian Women from Unification to the Republic.
University of Cambridge
Room 142, Media Centre, Department of Italian, Raised Faculty Building, Sidgwick Avenue,
Cambridge
29-30 September 2016
Abstracts
29 September 2016
Panel: ‘La donna nei galatei dall’Unità al primo dopoguerra’.
Chair: Helena Sanson (University of Cambridge)
Marina vs Enrichetto: due galatei di “genere” diverso
Giovanna Alfonzetti (Università di Catania)
Se un/a autore/autrice ritiene opportuno scrivere due galatei distinti, uno rivolto al genere
maschile, l’altro a quello femminile, questo implica ipso facto che il modello di cortesia
proposto per i due sessi non può che essere differente; riflessione che si rivela ovvia se i galatei
si collocano in un’epoca storica nella quale il ruolo delle donna nella società era profondamente
diverso da quello maschile, qual è il «lungo Ottocento» ( dal 1800 al 1920, Tasca 2004: 24). E
proprio a questo periodo appartengono i due galatei del corpus selezionato:
•Enrichetto, ossia il galateo del fanciullo (1871)
•Marina, ossia il galateo della fanciulla (1872)
entrambi di Costantino Rodella ed entrambi “galatei morali” postunitari, che rappresentano
«l’espressione più tipica della volontà del nuovo Regno di “rigenerare” la società intera»
(Paternoster 2015: 264: cf. inoltre Botteri 1999). Si farà anche il confronto con due galatei del
primo dopoguerra: Le belle maniere. Nuovo galateo per le giovinette (1918) e Il libro della
cortesia. Nuovo galateo per i giovinetti (1920), di Francesca Fiorentina. L’obiettivo è quello di
individuare le differenze più significative tra galatei rivolti a un pubblico maschile e femminile,
insieme a eventuali cambiamenti intercorsi tra i galatei postunitari e quelli del primo
dopoguerra. L’analisi verterà su due punti principali:
• il metadiscorso – cioè prescrizioni e divieti riguardanti soprattutto il comportamento
comunicativo, a livello strettamente linguistico ma anche non verbale (prosodia, cinesica,
prossemica) e pragmatico (atti illocutori e modalità di esecuzione);
• caratteristiche sia fisiche che caratteriali attribuite alle figure di sesso diverso (si consideri
che Marina e Enrichetto hanno la struttura di Bildungroman).
Si mira in tal modo a ricostruire il profilo di donna proposto come modello da emulare: cioè
l’insieme di valori, comportamenti, qualità e ruoli ritenuti socialmente positivi per le cittadine
del nuovo Stato, in contrapposizione a quelli dell’universo maschile.
Dalla “gente per bene” alla “risaia”… La scrittura come avvio alla conquista della
cittadinanza femminile nell’Italia della seconda metà del XIX secolo
Elena Musiani (Università degli studi di Bologna)
L’Ottocento è stato descritto come il secolo della scoperta della funzione materna della donna,
tradotto in chiave di costruzione nazionale nella stagione del Risorgimento e poi in quello di
pedagogia di quella stessa nazione negli anni post 1861. La divisione netta tra pubblico e
privato sancita dal Codice napoleonico all’inizio del secolo aveva contribuito a relegare la
donna nell’ambito domestico, attribuendole unicamente il compito di cura della casa e della
famiglia. Nella nuova cornice di pedagogia della nazione, del “fare gli italiani”, tuttavia, le
donne italiane cominciarono a ritagliarsi ruoli che dal privato delle pareti domestiche andarono
allargandosi al contesto più ampio dell’educazione delle nuove generazioni, che determinò una
richiesta di accesso a gradi sempre maggiori di istruzione. Questo paper vuole evidenziare
come questa prima fase di “lotta” per l’emancipazione femminile ebbe come elemento centrale
la scrittura. A partire dai galatei, fulcro di questo panel, si procederà ad analizzare le diverse
forme di scrittura che le donne italiane della seconda metà del XIX secolo cominciarono a
sperimentare in misura sempre crescente e che possono essere lette come forme di educazione
a una cittadinanza sempre più ampia. Testi, che se da un lato continuarono a essere iscritti nella
“morale sociale” dei manuali di etichetta, cominciarono anche a trattare problematiche
“moderne” quali il lavoro e la condizione femminile, come nel caso delle opere della Marchesa
Colombi. Aspetto ulteriore che verrà analizzato sono le singole biografie: anche se scrivevano
“manuali” conformi alle regole sociali, queste donne della seconda metà del XIX secolo
mostrarono nei loro percorsi biografici una chiara volontà di emancipazione e di acquisizione
della cittadinanza.
Ascesa e «marcia indietro» della signorina in varie edizione di Come devo comportarmi?
di Anna Vertua Gentile.
Annick Paternoster (Università della Svizzera italiana)
Mentre sono rari i galatei post-unitari dedicati alla donna, i libri di etichetta, che attirano
notevole successo editoriale fra 1880 e 1920, sono scritti da scrittrici borghesi per lettrici
borghesi. Essi danno alla signora, cui è delegata la cura degli status symbol appartenenti alla
posizione socio-economica del marito, una centralità e visibilità nuova. Mentre la figura della
signora risulta relativamente stabile, è nell’ambito dell’etichetta per la signorina che i testi
registrano i cambiamenti più marcati: quest’ultima acquisisce più liberi diritti
comportamentali, sia nel campo dell’educazione, sia nel campo dei suoi rapporti sociali. Come
devo comportarmi? Libro per tutti (1897) di Anna Vertua Gentile, scrittrice prolifica di romanzi
e libri d’infanzia, conosce un notevole successo di vendita che si traduce in 12 edizioni rivedute
e ampliate, tutte per i tipi dell’editore milanese Ulrico Hoepli, ultima delle quali, rinnovata
secondo le usanze moderne da Lidia Morelli, esce nel 1929, dopo la morte dell’autrice (1926).
Emancipazionista moderata, Vertua Gentile raccomanda una «precoce ragionevolezza su
fidanzamenti e matrimoni» (De Giorgio 2010). Tra le varie edizioni, il capitolo dedicato alla
signorina presenta delle differenze cospicue. Scopo della presente proposta è di descrivere la
traiettoria della codificazione della signorina, partendo dall’educazione ‘a modo’ della prima
edizione, che annuncia una prima forma di emancipazione, per arrivare alla requisitoria, nella
dodicesima edizione, contro la signorina «dai cappelli corti, da l l e sot t a n e cort issime», che
pratica un «cameratismo spregiudicato coi giovanotti» e ostenta «indipendenza e orrore (?!) di
legarsi per la vita». Se l’edizione del 1929 difende una «marcia indietro» al nome della
naturalezza e del buon senso, valori di riferimento della «personalità» moderna, libera, ma
soprattutto responsabile, mi preme particolarmente elucidare il ruolo della Prima Guerra
Mondiale, come evento di rottura nella codificazione femminile, attraverso la nona edizione
del 1920 e la decima del 1921.
Panel: ‘Women in the Arts: Identities and Citizenship Paths in Literature, Theatre and
Music’.
Chair: Alessia Ronchetti (University of Cambridge)
«La mia persona m’appartiene». L’orgoglio femminile nell’opera (e nell’oratoria) di
Amalia Guglielminetti
Alessandro Ferraro (Università degli Studi di Genova)
La scrittrice Amalia Guglielminetti (1881-1941) assistendo al Primo Congresso delle Donne
Italiane (Roma, 1908), confidò per lettera all’amico Guido Gozzano tutta la propria delusione
— se non il disgusto — per un incontro che definì grottesco e inconcludente. Nel 1925, a
Torino, prese la parola a una manifestazione “Pro Voto Donne”: intervenne sulla «non più
dilazionabilità del suffragio femminile» con piglio deciso e profondamente smaliziato
(partendo dallo sciopero del sesso proposto dalla Lisistrata di Aristofane). Tramite la letteratura
riuscì a esprimere a pieno la sua visione — incoerente eppure così interessante — di donna, e
nel 1919 mise in bocca alla protagonista di una commedia la densa dichiarazione: «poiché la
mia persona m’appartiene, io posso disporne come voglio». La donna dell’universo letterario
guglielminettiano (dai versi de Le vergini folli al romanzo La rivincita del maschio) è colei che
esibisce un’eleganza ultramoderna per decidere autonomamente le linee della propria figura,
che forza l’erotismo per mantenere il controllo sul proprio corpo: spesso fragile ma sempre
fiera e cosciente, non si considera inferiore o più illogica dell’uomo, non concepisce nessuno
schema uomo-morale/donna-amorale o addirittura uomo-bene/donna-male. Amalia
Guglielminetti non seguì dunque il misogino consiglio che le diede Boine di leggere Sesso e
carattere di Weininger che questi schemi tracciò (1903). Il mio intervento si propone di
riflettere sull’evoluzione del pensiero “femminista” o, meglio, schiettamente “femminile” di
Amalia Guglielminetti, finora letta come conformismo naif o scomposta insofferenza ma che
a ben vedere coincise coi primi passi emblematici di un’emancipazione di là da venire.
La condizione femminile alle soglie dell'Unità in Sicilia nelle opere di Elvira Mancuso,
Angelina Lanza Damiani e Maria Messina
Cinzia Emmi (Università di Catania)
Soon after Unification and up to the third decade of the XXth century, in Sicily there was a
difficult change from the socio-economical situation derived from the last decades of Borboni's
government to the new monarchy and all expectations would be partially discontented. In
particular, the female condition had got worse but a few women writers, having a different
point of view on reality, tried to focus on it so as to denounce their submission to patriarchate
(their father, their husband or their brother for those who remained unmarried), the lack of
recognition of their individual rights and the need of emancipation. We will point out three
writers who are not well-known to the great public and were rediscovered in the 1970s by
Leonardo Sciascia, editor at Sellerio's (Palermo): Elvira Mancuso, Angelina Lanza Damiani
and Maria Messina. They tried to define this condition and explain the causes and the possible
changes in a moderate way. Mancuso (1867-1958) sharply denounced women's submission and
the need of education in her treatise (La condizione della donna borghese in Sicilia, 1907)
making a social enquire and finding a solution, while in her only novel (Storia vera…
inverosimile, 1906) showed an antiphrastic ending to put a dividing line to men's power in
literature. Lanza Damiani (1879-1936) lived herself a difficult marriage contrasting with her
happy original microcosm and found safe following Rosmini's philosophical and religious
thought; she showed her praise to God and universe in her novel (La casa sulla montagna,
1935) inspired by a paradisiac habitat at Gibilmanna. Last, Messina (1887-1944) from her room
of her own, staying nearly in isolation, investigated women's reclusion in her six novels and
numerous short stories (written between 1916 and 1928) but she also created some female
characters finding a way to escape and emancipate.
Le musiciste: cittadine senza cittadinanza storiografica. Il caso italiano
Milena Gammaitoni (Università degli Studi Roma Tre)
La storia delle musiciste è l’indicatore di un’identità sociale cancellata dalla storiografia
affermatasi nell’Europa dell’800. L’analisi dei percorsi biografici rivela come nel corso dei
secoli le donne siano state protagoniste anche nella musica, presenti nelle recensioni, autorevoli
e stimate, attente testimoni della società a loro contemporanea. Ad esempio, in Italia fin
dall’antichità troviamo compositrici nei conventi, nel ‘600 F. Caccini creò una delle prime
forme di Dramma in Musica, in ogni secolo troviamo compositrici italiane e straniere attive in
ogni ambito, dalla composizione alla direzione d’orchestra, ma ad oggi non sono presenti nella
storiografia ufficiale. Dall’Unità d’Italia alla Repubblica le più importanti furono Giulia Recli,
Emilia Gubitosi, Teresa Rogatis, Alba Rosa Vietor, Elsa Olivieri Sangiacomo Respighi, Maria
Gioacchino Cusenza, Barbara Giuranna. In particolare Giulia Recli compose più di duecento
liriche, tra le sue preferite Cento ducati e beluccia ispirato al testo di Benedetto Croce e il
balletto Piume D’Oro, ispirato al testo di Grimm. Giulia Recli fu la prima compositrice italiana
eletta commendatore della Repubblica, e a comparire nei programmi della Scala, del
Metropolitan, della Royal Albert Hall. Si impegnò in politica come vicesegretaria del Sindacato
Musicisti Italiani. Compose musica sinfonica, musica sacra e profana, vocale e musica da
camera. Si propone, dunque, la presentazione di un excursus storico-sociale sulle compositrici
attive dal 1862 al 1945, focalizzando l’attenzione sui percorsi biografici, sui contenuti delle
opere, e proponendo un’interpretazione sociologica del loro percorso.
The New Woman Actress and her New Women Roles
Enza De Francisci (University College London)
This paper examines the rise of the New Woman in New Italy through close attention to her
development on Italy’s post-unification stage. Indeed, according to Max Beerbohm, ‘[t]he New
Woman sprang fully armed from Ibsen’s brain’ and it is unsurprising that Ibsen’s plays were
popular among so-called New Women actresses. Such as actresses include Eleonora Duse who
was keen to incorporate his work in her early repertoire, especially his A Doll’s House (1879)
which depicts Nora’s plight as she abandons her children in search of autonomy. The aim of
this paper is therefore to retrace and re-assess the often contradictory definitions and
embodiments of the New Woman in order to explain and explore the changing face of the New
Woman in nineteenth-century Italy, focussing in particular on her evolution on stage. I will
consider how the critical reception of A Doll’s House developed from the time the lead role
was initially performed by Emilia Aliprandi in 1889 to when Duse took on the role in 1891,
and how this development marked a corner stone in women’s history. It is argued here that, in
specifically choosing to perform New Women roles like Nora on the public stage, New Women
actresses — above all Duse — were one of the first to break away from the silence imposed on
women by patriarchal society and to pave the way for women’s emancipation in Italy.
Panel: ‘Modern Women: Activism and Feminist Organisation’
Chair: Sara Delmedico (University of Cambridge)
Female Opponents of Women’s Suffrage in Early 20th Century Italy
Noëmi Crain Merz (University of Basel)
Before World War I the issue of women’s suffrage was vigorously debated in Italy, not only in
parliament, but also in newspapers and magazines. In addition to the many intellectual women
fighting for suffrage, there was, however, a number of emancipated and independent women
like journalists and writers Matilde Serao and Barbara Allason who publicly opposed women’s
enfranchisement. The paper will discuss the paradox of these women in a society deeply
concerned with a rapidly changing world and shifting gender roles. Despite their individual
fight for access to male dominated spheres like universities or journalism, these women feared
the dissolution of gender identities in a world where all women were granted the same rights.
In their arguments against women’s enfranchisement, they replicated the same gender
stereotypes that were used by male opponents who sought to denigrate women as superficial
beings mostly unable to make rational decisions. The paper will examine the controversial
arguments on gender roles and women’s suffrage put forward by these women, as well as the
underlying motives. Moreover, the paper will take a comparative look at female opposition of
suffrage in other countries, mainly England, where the opposition of women to female suffrage
was stronger and much better organised than in Italy.
Dall’associazionismo emancipazionista all’associazionismo femminile fascista
Sara Follacchio (Indipendent Scholar)
Nel giugno 1925, la direttrice del periodico « Vita femminile » – Ester Lombardo – segnalava
sull’«Almanacco della donna italiana» la nascita del Segretariato Interessi Femminili, un
organismo che – giudicando anacronistiche le associazioni emancipazioniste – intendeva
collocarsi nel nuovo contesto, proponendosi quale interlocutore privilegiato delle articolazioni
politiche e sindacali del regime. Tra le promotrici figurava Maria Castellani, che istituirà
l’Associazione Nazionale Fascista Donne Professioniste e Artiste [ANFDPA] e solleciterà il
commissariamento della Federazione Italiana per il Suffragio e i Diritti Civili e Politici delle
Donne [FISEDD] e lo scioglimento della Federazione Italiana Laureate e Diplomate Istituti
Superiori [FILDIS]. Ciò accadrà nel 1935, alla vigilia del Congresso dell’International Woman
Suffrage Alliance di Istanbul. La scomparsa delle due realtà associative non sarà, dunque, opera
dell’azione repressiva del governo mussoliniano ma della volontà della commissaria della
ANFDPA di esercitare la propria egemonia e legittimare la propria associazione quale unica
interlocutrice nelle assise femminili internazionali. Nel mio intervento intendo ricostruire le
fasi di tale processo, soffermandomi sul tentativo delle militanti delle associazioni
emancipazioniste di conservare le loro relazioni transnazionali e di continuare a far sentire la
propria voce, e sull’ascesa della giovane e ambiziosa commissaria della Associazione
Nazionale Fascista Donne Professioniste e Artiste, il cui profilo – assai diverso dal modello di
sposa e madre esemplare veicolato dal regime – appare simile a quello di altre funzionarie,
persuase che vi fossero le condizioni per un protagonismo femminile di cui sarebbero state
artefici donne fasciste provviste di cultura e competenze professionali.
Imperial Instruments: Role of Women in Africa Orientale Italiana, 1936-1941
Mary Jane Dempsey (University of Warwick)
Although the question of women’s role in fascist society has been widely debated among
historians, such as Victoria de Grazia, these works have not adequately addressed the
experiences of women, both Italian and African, within the colonies. Although Italian women
saw themselves as a class above the Africans, diary entries and visual materials demonstrate
that they were also were victims of a fascist reign of masculinity. Seeking to prove this, the
paper is organized in three sections. The first section includes a brief history of Italian conquest
and Italian women’s civic duty within this venture. Second, the Italian female experience is
presented by describing women who were faithful to Mussolini’s mission of populating the
colonies as well as those who played a different role—as teachers and nurses. Third, the Italian
women’s role is compared with that of the African women’s; while Italian women acted as
nurturers, the African women served as an outlet for the soldiers’ sexual fantasies. This paper
seeks to prove that fascist culture objectified both groups. Part of this research is focused on
publications and primary sources written by women in order to discover how they developed
their identities during the period between the advent of Italian control over the area and the fall
of the Italian power in Africa. By shining light on the subaltern shadows of Italy’s colonial
past, this work attempts to illuminate the history of Italian and African women’s roles in Africa
and explain how they both served as instruments for empire.
30 September 2016
Panel: ‘Nation Building, Sexuality and Novels: Modern Women and Literature’
Chair: Sara Delmedico (University of Cambridge)
“A women’s army”: education and nation building in late 19th-century Italy
Morena Corradi (Queens College of the City University of New York)
It is well known how central education was to the political and cultural debate in postunification Italy given the necessity to “form” and forge an illiterate and a divided people.
Women’s role as mothers made them central figures in children’s education, also in their
function of teachers, and in this important and yet often frustrating position they are portrayed
in numerous literary works. My presentation will focus on literature that features women as
active participants in the educational system as well as in society at large, questioning, directly
or indirectly, the rhetoric related to women’s marital bliss. Through the analysis of works by
prominent authors such as Ippolito Nievo and Edmondo De Amicis, and less known writers,
such as Sara (pseudonym of Laura Tardy Tighe), household name in the pages of many popular
journals of the time, I will address the potentialities and contradictions of a new female figure,
independent and assertive, whose actions are often depicted as intertwined with the nation
building process. From the famous Pisana, the heroine of Confessions of an Italian, to the
protagonist of Sara’s “Un marito pur che sia”, we see different characters whose experience
undermines the traditional female role, bringing forth new educational and social paradigms.
When it comes to the school institution, the female protagonist of De Amicis’s Love and
Gymnastics, acting as the leader of a “women’s army”, brings to the forth the distinction
between “istruzione” and “educazione”, claiming for herself the former term, typically
prerogative of male figures.
«Fare le italiane»: il romanzo come testo modellizzante tra Otto e Novecento
Gabriella Alfieri (Università degli Studi di Catania)
«Primo bisogno d’Italia è appunto trovare uomini; quindi chi sappia educarli, e renderne forte
e generoso il carattere». Massimo D’Azeglio sanciva così l’intento collaterale di «fare le
italiane», nel processo di nation-building che si affidava all’editoria per formare la «persona
dell’Italia unita». In questo processo modellizzante la donna assumeva un ruolo di mediatrice
culturale e linguistica già prefigurato nel progetto manzoniano (1868) e documentato nella
società inglese coeva.
Se Barbera e Le Monnier si specializzarono nel selfhelping etico-politico, Treves e Salani si
dedicarono ai romanzi. La serialità del prodotto e delle collane, la stereotipia dei tipi sociali, e
la paradigmaticità delle storie garantivano l’omologazione del modello etico-comportamentale
da inculcare a “giovinette”, “signorine” e “signore”. La figura dell’autore si neutralizza al punto
che romanzi in lingua nativa o tradotta possono accorparsi in un unico volumetto, e l’emittente
diventa di fatto l’editore, che convoglia un unico messaggio morale e psicosociale, in un
linguaggio accessibile e toscaneggiante.
Il corpus, costruito in base a parametri socioculturali e a tratti stilistico-testuali, sarà oggetto di
analisi escursiva, intesa a osservare la rifunzionalizzazione edificante dei romanzi, “sociali”
prima e rosa poi. Si va dai romanzi contro le monacazioni forzate (I Misteri del Chiostro
Napoletano di Enrichetta Caracciolo 1864, la verghiana Storia di una capinera 1873), a quelli
atti a emblematizzare madri e mogli ideali, come nel teatro coevo (Teresa di Neera), fino a
quelli di denuncia (Una donna di Sibilla Aleramo). Nel Novecento ci si concentrerà sul
romanzo rosa, tradotto e nativo (da Delly e Barbara Cartland a Liala fino a Luciana Peverelli).
Un confronto con epistolari reali darà la misura dell’attendibilità della rappresentazione
diegetica della condizione femminile.
Si adotterà la seguente griglia testuale e pragmatica: 1) paratesto; 2) segnali discorsivi; 3)
intertestualità e intratestualità; 4) simulazione dialogica. Lo schema sintattico-testuale è
costante: 1) incipit narrativo; 2) sequenza descrittiva; 3) excursus elegiaco-lirico; 4) intermezzo
o chiusa sentenzioso-moraleggiante.
La donna, dapprima solo destinataria passiva e silente della testualità, guadagnerà via via come
autrice di romanzi femminili ma non “femministi” (da Neera a Liala) un ruolo socio-politico
attivo, altrimenti impossibile in assenza del diritto di voto.
Sexuality, Adultery, and Hysteria in Gabriele D’Annunzio’s Nineteenth Century
Novelistic Female Characters
Michela Barisonzi (Monash University)
D’Annunzio’s female representation has been the object of contrasting scholarly positions,
largely due to the peculiar combination of diverging elements present in his female characters.
Figures such as the angelic or demonic woman in D’Annunzio’s nineteenth century novels
rarely adhere to the tenets of traditional stereotypes, instead carrying deeper connotations. In
this paper I will look at D’Annunzio’s female protagonists both as a response to the crisis of
the female role according to bourgeois values, and to the ascent of female emancipation. My
purpose is to contribute to a better identification and understanding of the complex relationship
between D’Annunzio’s novels and their socio-historical context, and how this connection is
reflected in their female characters. Proceeding from Phelan’s theory of characters and
Rimmon-Kenan’s discourse on narrative fiction, I will look at these female characters as facets
of a heroine lost between the affirmation of social emancipation and the desire to fulfil the
archetypal but unfeasible bourgeois social roles of mother and wife.
D’Annunzio’s novels then contain both of a mimetic reproduction of Post-Unified Italian
society, as well as an ideological criticism through which these texts explore and deconstruct
common female stereotypes (angel in the house, femme fragile, femme fatal) in order to
progress towards the definition of a new female model within the rising nationalist movement.
Le catene moderne della nuova Eva. La critica della letteratura femminile al Codice
Pisanelli
Valeria Iaconis (Università degli Studi di Zurigo)
Il Codice Pisanelli (1865), testo fondamentale per la definizione delle relazioni tra gli individui,
la famiglia e lo Stato nell’Italia unita, propone una designazione dei diritti e dei doveri della
donna fondamentalmente legata al suo stato sociale o alle sue relazioni parentali. In particolare,
il disciplinamento del matrimonio civile artt. 130-‐158), sancisce de facto la subordinazione
della moglie al proprio marito, indicando anche a livello legislativo il nucleo familiare come
ambiente privilegiato della vita muliebre. Inoltre, la promozione dei diritti femminili da parte
dei gruppi emancipazionisti e la considerazione politica delle problematiche dell’istruzione e
del lavoro delle donne, così come del diritto di voto e dell’introduzione del divorzio, non
tentano di sfatare l’identificazione della donna con i suoi ruoli di moglie e madre, che
sono anzi accolti come specificità della “donna nuova”. Presupponendo che la narrativa di
mano femminile sia stata strumento imprescindibile per la creazione di un’identità di genere
italiana, il mio intervento si propone di analizzare i romanzi Catene (1882) di Virginia
Tedeschi Treves, La nuova Eva (1904) di Flavia Steno e Cavalieri moderni (1905) di Fanny
Salazar, che esplicitamente affrontano e sottopongono a una critica serrata le strutture
patriarcali deputate alla regolamentazione della vita femminile. Lo scopo dell’analisi è
individuare i temi cardine sui quali si concentra la critica al Codice evidenziare le strategie
narrative predilette, con particolare attenzione alla rappresentazione di figure femminili
esemplari, al confronto tra la legislazione italiana e quella straniera, e i temi del lavoro e
dell’istruzione delle donne.
Panel: ‘Resistere, resistere, resistere. Esperienze di donne “resistenti” attraverso diario,
autobiografia, romanzo’
Chair: Robert Gordon (University of Cambridge)
La resistenza al modello femminile fascista: Nascita e morte della massaia
Silvana Cirillo (Università di Roma La Sapienza)
Nascita e morte della massaia è il titolo di un'opera originalissima ed eversiva scritta in pieno
fascismo ( tra '38 e '39) da Paola Masino, scrittrice di impronta surrealista, compagna dello
scrittore Massimo Bontempelli, che fu il promotore in quegli anni della corrente del realismo
magico. L'opera, pubblicata a puntate nel '41-42 censurata, attraversò molte vicissitudini prima
dell'uscita definitiva: consegnata all'editore Valentino Bompiani x la pubblicazione, andata
persa durante un incendio che danneggiò la casa editrice milanese, finalmente andò in stampa
in versione integrale nel '45. Paola Masino, si mostrò ribelle e assolutamente decisa a difendere
la dignità della donna e la sua libertà sin da giovane, quando non ancora maggiorenne scelse di
non rinunciare al suo amore,di trent'anni più grande di lei e,e di rifugiarsi con lui fuori Italia,
dove ciò veniva perseguito come reato. Allo stesso modo non tollerava i ruoli e le mansioni
attribuite per costume e tradizione alla donna. Così la professione della massaia, il matrimonio
come sistemazione sociale e i figli come traguardo, la forma mentis borghese, cioè, vissuta
come modello dal ventennio fascista, diventano il bersaglio del suo romanzo, ove la
protagonista vive in un mondo sdoppiato: quello fantasioso, onirico e delirante dei suoi desideri
e della sua libertà mentale e quello obbligato, ma rigettato, assegnatale dalla società. Echi della
follia pirandelliana, dunque, trasferiti in una prospettiva surreale e avanguardista,in una
narrazione allucinata, che, riletta negli anni successivi, fece scalpore e diede alla Masino la
fama di femminista ante litteram.
Le ragazze ribelli: la Resistenza nelle autobiografie delle partigiane
Davide Di Poce (Università di Roma La Sapienza)
Nel percorso di emancipazione femminile, una funzione determinante è stata svolta dalla lotta
di liberazione del 1943-1945. Se nella Seconda Guerra Mondiale s’era alterato il ruolo sociale
della donna, che sostituiva l’uomo partito per il fronte, durante la Resistenza si verifica un
decisivo rimescolamento dei ruoli tradizionali.
Questo è quanto emerge dalla lettura delle autobiografie scritte da alcune partigiane. In questo
corpus di testi risultano di particolare interesse le opere di due donne che prima come
partigiane, poi come militanti e giornaliste, hanno fatto la storia dell’Italia: Con cuore di donna
di Carla Capponi (Milano 2000) e La ragazza del secolo scorso di Rossana Rossanda (Torino
2005). Trattandosi di autobiografie, i fatti sono raccontati a distanza di anni sulla scia del
ricordo, rielaborando appunti diaristici dell’epoca. Affrontando temi storico-politici a fianco di
quelli privato-intimistici, queste autobiografie assumono una forma differente rispetto alla
configurazione tradizionale della narrazione autobiografica. E offrono una visione integrata
della Resistenza delle donne: al primo testo fa da cornice l’ambiente della Resistenza romana,
al secondo quello della Resistenza milanese; nel primo viene raccontata in prima persona
l’esperienza della donna che partecipò all’attentato militare di via Rasella e nel secondo quella
di una semplice staffetta. Le autrici, oltre ai fatti, rievocano i pensieri e i sentimenti che erano
stati loro, mostrando il disorientamento di quante donne, destinate per genere a una vita da
madre, si erano ritrovate, invece, a fare la guerra accanto agli uomini.
La Resistenza in presa diretta: i diari delle partigiane
Elisiana Fratocchi (Università di Roma La Sapienza)
Se la guerra civile risulta un momento fondamentale per l’emancipazione femminile, molte
protagoniste di quella stagione affidano ai loro scritti questo percorso. Diversi sono i generi di
scrittura scelti da queste autrici per fissare esperienze e riflessioni. Particolarmente interessanti
risultano i testi scritti in presa diretta, durante gli anni caldi della lotta. Terreno inesplorato
dagli studi critici, i diari delle partigiane mostrano chiaramente le trasformazioni che il ruolo
della donna subisce negli anni della Resistenza. Un caso da analizzare, tra questi, è offerto dal
Diario partigiano di Ada Gobetti (Einaudi, 1956), scritto tra il 1943 -1945. Giovane vedova di
Piero Gobetti, l’autrice testimonia la sua lotta condotta in molteplici forme. Pioniera del
giornalismo antifascista femminile, la Gobetti è una delle prime firme di «Noi donne»
clandestino; e mentre coordina bande partigiane non smette di essere madre, unico punto di
riferimento rimasto al figlio Paolo. Un’altra opera di cui vale la pena indagare contenuti, stile
e impianto compositivo è quella di Luciana Castellina, La scoperta del mondo (Nottetempo,
2011); diario scritto tra il ’43 e il ’47, subisce nel tempo un lavoro di integrazione e labor limae,
costituendo – come è proprio del genere – un caso a metà tra scrittura “immediata” e scrittura
letteraria.
Panel: ‘Women’s Path to Citizenship: Between Inclusion and Exclusion’.
Chair: Manuela Di Franco (University of Cambridge)
The Exclusion of Immorality: War Prostitution and the Boundaries of Citizenship in the
Transition to Democracy
Chiara Fantozzi (Scuola Normale Superiore, Pisa)
When women were granted the right to vote on 1st February 1945, wandering prostitutes were
excluded, left outside the boundaries of citizenship. The so-called “segnorine” were blamed for
fraternizing with foreign soldiers during the allied occupation. Between 1944 and 1947 many
of these women congregated in the pine forest of Tombolo (between Livorno and Pisa), which
became a place symbolic of war-time prostitution. Their figures became a common theme in
neo-realist films, in novels and in journalistic reporting; however, they have remained in the
background of historiography. In my paper, I argue that prostitution strongly contributed to the
structuring of gender images in the sortie de guerre. The “segnorine” were seen as a new
typology of feminine deviance: they were guilty of compromising masculine honour and the
integrity of the nation, while refusing to pursue the feminine mission of taking care of the home.
They were treated by law enforcement as a moral, sanitary, and public order emergency, and
therefore collectively subject to violent actions. Their story highlights glaring contradictions in
the post-fascist transition: at the very moment in which women finally triumphed in gaining
political rights, traditional gender roles were reinforced, built upon the deep-routed ideals of
bourgeois nationalism and the expiatory and sacrificial ethics which dated back to the
Risorgimento discourse. The tension between these two poles will be highlighted by literary
sources (Italian and European), film, print and archival documentation, in comparative
perspective with other national and international cases (Trieste, Naples, and France).
The contribution of Italian feminism to the problem of juvenile delinquency at the
beginning of the twentieth century
Rossella Raimondo (Università degli Studi di Bologna)
The present paper focuses on the role fulfilled between the nineteenth and twentieth centuries
in Italy by Lucy Bartlett, Bice Cammeo and Alessandrina Ravizza, representatives of the socalled “femminismo pratico”, who distinguished themselves for their initiatives towards poor
and marginalized childhood. They were three women for whom the childhood education was
an absolute allegiance, a true investment on private and public level, and that for this reason
they placed inside a shared project of emancipation in which women rights and children’s rights
advanced at the same pace, contributing to break the binomial woman/charity and to arouse the
concept and the practice of assistance from a mere philanthropic level to an educational one.
Through these women’s contributions presented on different occasions (articles, speeches held
in national and international conferences) and from documents of Italian archives on their
activities (Archivio della Società Umanitaria, Archivio dell’Unione Femminile and Archivio
Storico di Firenze), the present paper intends to present and analyse the elements which
characterized their social and educational projects, in response to pressing needs of an era and
a society characterized by a high number of a destitute children, children of mothers who lived
in poverty. In this way it is also possible to highlight how, throughout their actions, these three
women produced a significant contribution for the consideration of women as active citizens
in social and public life, opening innovative spaces of participation and comparison.
Il Congresso nazionale delle donne italiane del 1908 a Roma: una vetrina sulla
progettualità femminile
Tiziana Pironi (Università degli Studi di Bologna)
Dal 23 al 30 aprile del 1908 si tenne a Roma il Congresso nazionale delle donne italiane, che
rappresentò un bilancio molto importante per la questione femminile del tempo. In
quell’occasione, le diverse componenti del mondo femminile si confrontarono sui problemi
relativi a: educazione e istruzione; assistenza e previdenza; condizione morale e giuridica della
donna; letteratura e arte femminile; emigrazione. Attraverso la lettura degli Atti di quel
Congresso, in questo intervento, verrà preso in considerazione il problema ampiamente
dibattuto dalle partecipanti dell’identità di “ genere”, considerato in rapporto alle loro
riflessioni e proposte sul piano educativo. Si prende coscienza del nuovo protagonismo
femminile, da valorizzare sulla base del principio di “equivalenza” rispetto a quello di
“uguaglianza”. Grazie all’analisi di questa documentazione è stato possibile individuare alcune
differenti tipologie femminili, la cui forte valenza progettuale mette in luce elementi di novità
rispetto al passato, nonostante la persistenza di aspetti in continuità con la tradizione.
March 8th, International Women’s Day in Italy: Rituals, Myths, Issues and
Contradictions on the Path to Citizenship (1910-1946)
Alessandra Gissi (Università di Napoli “L’Orientale”)
Rituals, myths, issues of International Women's Day [IWD] are particularly useful to focus on
the stages and contradictions on the path towards a full citizenship for Italian women. Yet the
topic has gained little interest from historians, whereas the history of IWD in France, which
shares interesting points of contact with the Italian case, has been the subject of several studies.
The very foundation of IWD seems in itself full of historiographical interest, and yet it is so
often removed from public debate. During the Second International Socialist Women's
Conference, which took place in Copenhagen in 1910, Clara Zetkin proposed a resolution to
mark one day in the year as International Women's Day as a day to campaign for women's right
to vote and for the political emancipation of women. In Italy, the proposal caused doubts and
cold reactions, mainly because of the lack of conviction with which the Socialist Party had
taken up the cause of women's suffrage. After 1922, however, Communist women consider
IWD more as a tool for building their autonomy within their brand new party than as a
polemical instrument against the Socialist Party. During the Fascist period, the political
framework of the IWD - which can only be celebrated in clandestinity - is limited to issues of
labor and antifascism, while the request for political vote has been swept away by the
inexorable dictatorial context, which is deeply antifeminist and extremely hostile to female
citizenship. The IWD acquires an unpredictable force at the very end of World War II. In the
balance between peace and war, in 1945 Rome, the IWD is celebrated collectively and
enthusiastically by Communist, Socialist, Catholic women, trade unionists of Confederazione
Generale Italiana del Lavoro (CGIL), female partisans, widows of fallen soldiers. A year later,
in March 1946, the first local elections by male and female universal suffrage are held, and the
coinciding IWD produces a massive echo. The original instance that was behind the IWD has
finally been fulfilled, yet the path of Italian women for full citizenship is by no means
completed.