memoria - Federazione Italiana per l`uso Razionale dell`Energia

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memoria - Federazione Italiana per l`uso Razionale dell`Energia
Cogenerazione – teleriscaldamento ed EELL
Daniele Forni - FIRE
Il teleriscaldamento, alimentato da cogenerazione e/o fonti rinnovabili, può consentire agli EELL di
perseguire benefici energetici, ambientali ed economici, e allo stesso tempo offrire nuovi servizi
alla cittadinanza. Una rete può offrire, oltre al riscaldamento invernale, il raffrescamento estivo,
evitando localmente la diffusione “selvaggia” dei condizionatori, causa delle interruzioni elettriche
di giugno 2003.
Osservando la situazione del teleriscaldamento in Italia, attraverso l’annuario AIRU1 (che ne
fornisce un quadro rappresentativo, ma non esaustivo), si possono rilevare le diverse fonti di
energia utilizzate e le differenti estensioni delle reti, da quelle grosse che si estendono per oltre
cento chilometri (Brescia, Torino, Reggio Emilia) a reti sotto dieci chilometri.
Fonti di energia primaria
2002
Tep
%
Gas naturale
623.219
61
RSU
199.805
19
Carbone
102.804
10
Olio Combustibile
67.505
7
Recuperi da processi industriali
13.511
1
Geotermia
9.552
1
Biomasse
9.269
1
793.528
77
Totale fossili
Totale rinnovabili
Totale generale
232.137
23
1.025.665
100
Fonti di energia primaria degli impianti di teleriscaldamento in Italia (AIRU)
La possibilità di utilizzare differenti fonti energetiche garantisce maggiore sicurezza di
approvvigionamento e possibilità di scegliere in ogni momento la più conveniente. I piccoli Comuni,
privi di risorse geotermiche o di biomasse locali, si affidano di solito al gas naturale, le Municipalità
più grosse invece possono scegliere tra una rete molto estesa, che permette di utilizzare più fonti
energetiche (come avviene nel caso di Brescia, la cui rete è alimentata da impianti che possono
utilizzare rifiuti, olio combustibile, carbone e gas naturale) o più reti separate, che hanno il
vantaggio di richiedere minori investimenti e rischi (si possono costruire dove c’è una congrua
domanda) e di ridurre i problemi di posa delle tubazioni, ma costringono a legarsi al solo gas
naturale.
C’è anche la possibilità di fare solo cogenerazione distribuita, non costruendo la rete di
teleriscaldamento e sfruttando l’esistente rete elettrica, come nel caso di Vicenza, dove sono stati
installati a cura del distributore del gas un trentina di Totem (basati sul motore della FIAT 127) da
15 kW. Si devono però individuare utenze con carichi di base consistenti, perché anche se non c’è
il forte investimento nella rete, il cogeneratore e l’interfaccia con il sistema elettrico hanno un costo
abbastanza elevato, devono quindi lavorare per un numero congruo di ore ogni anno, ed essere
gestite in modo ottimale, per risultare economicamente convenienti. Questo tipo di intervento può
essere più semplice da attuare per un distributore di gas, che sa quali sono le utenze che hanno
1
Associazione Italiana Riscaldamento Urbano
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consumi rilevanti per un lungo periodo dell’anno, e può avere le risorse per mantenere e
gestire i cogeneratori.
Tutti gli impianti di teleriscaldamento presenti nel rapporto AIRU, sono costruiti in Comuni situati in
zone climatiche D, E o F, quindi con il riscaldamento potenzialmente in funzione per oltre 160
giorni l’anno e per almeno 12 ore al giorno2.
In questo documento si cercheranno di analizzare alcune problematiche Comunali di limitata
estensione.
Il primo passo per valutare la possibilità di costruire un impianto di cogenerazione e
teleriscaldamento è individuare il bacino di utenza; teoricamente qualsiasi carico termico e/o
elettrico può essere servito da un impianto di cogenerazione, bisogna però valutarne l’andamento
giornaliero, settimanale e annuale, e le attuali condizioni economiche di fornitura energetica3.
Si deve cercare, aggregando più utenze, di appiattire il profilo della curva della domanda,
soprattutto per la parte termica, mentre per l’energia elettrica prodotta, la possibilità di cederla ad
altre utenze o a grossisti attraverso la rete elettrica, concede maggiore libertà.
Si cercheranno quindi utenze termiche non troppo distanti tra loro, dato l’elevato costo al metro
della rete, con profili il più possibile complementari (uffici e teatri, scuole e impianti sportivi, …) o
che abbiano dei grossi carichi di base per tutto l’anno, come ospedali4, alberghi, case di cura,
ipermercati, …
L’utenza domestica può essere interessante per la possibilità di pagare l’iva al 10% sul servizio
calore, ma per connetterla o si parte da quartieri di nuova urbanizzazione, o si devono mettere in
conto campagne informative e i fisiologici tempi di risposta. Sono interessanti, per l’iva al 10%,
tutte le utenze nelle quali si possa ravvisare l’uso domestico, come caserme, scuole, asili, case di
riposo, conventi orfanotrofi, brefotrofi, carceri mandamentali, …
Altre potenziali utenze termiche possono essere: attività del terziario, industrie non energy
intensive (altrimenti hanno maggior convenienza a cogenerare in proprio) e depuratori (per
l’essiccamento dei fanghi). Si devono verificare le condizioni economiche di fornitura dei
combustibili o del servizio calore alle utenze individuate. Gli impianti sportivi, i centri di assistenza
per anziani ed invalidi, etc5 presentano per il gas metano lo stesso trattamento fiscale delle attività
industriali, quindi un costo del calore molto più basso rispetto alle utenze del terziario, e
nonostante il carico elevato sia abbastanza costante, possono rivelarsi economicamente poco
convenienti.
Parallelamente si studiano le condizioni di fornitura dell’energia elettrica per le varie utenze, e le
diverse possibilità di gestione dell’energia elettrica prodotta: cessione alla rete, cessione a terzi,
vendita a un grossista, consumo con collegamento privato, autoconsumo6 in loco. Le utenze
elettriche non hanno limitazioni nella distanza dal cogeneratore, (a meno che non si voglia
stendere un collegamento diretto), dato che, pagando il trasporto, l’energia elettrica può essere
immessa in rete e ritirata altrove. Nel caso di un Comune, si deve valutare l’ipotesi di autoconsumo
2
Il DPR 412/93 art. 9 (limiti di esercizio degli impianti termici) stabilisce il periodo di riscaldamento e fissa un numero di ore
massimo giornaliero, a seconda dei gradi giorno del Comune, suddividendo in 6 fasce climatiche, dalla A alla F. Il comma 6 deroga
ai limiti di accensione giornalieri e all’orari compreso tra le 5 e le 23, gli edifici alimentati da sistemi di cogenerazione con
produzione combinata di elettricità e calore.
3
La convenienza economica di un impianto di cogenerazione e teleriscaldamento alimentato da fonti fossili, in ambito civile, è legata
al passaggio da accisa civile ad accisa industriale di tutto il combustibile impiegato nelle le caldaie di integrazione, purché sia
rispettato il vincolo del 10% di potenza ed energia elettrica su termica totale.
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Nel caso specifico degli ospedali la cogenerazione è di solito conveniente anche per questa sola utenza, visto il forte carico di base
termico ed elettrico, e l’accisa civile sui combustibili che queste utenze devono pagare.
5
La legge n. 488 del 23/12/99, art. 12, comma 5 ha compreso negli usi industriali gli utilizzi del gas metano negli esercizi di
ristorazione, negli impianti sportivi adibiti esclusivamente ad attività dilettantistiche e gestiti senza fine di lucro e nelle attività
ricettive svolte da istituzioni finalizzate all'assistenza dei disabili, degli orfani, degli anziani e degli indigenti, anche quando non e'
previsto lo scopo di lucro.
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Nel caso di autoconsumo l’accisa di generazione viene ridotta del 70%, e non si deve pagare l’iva sull’energia elettrica in quanto
non c’è vendita.
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(in loco e non), che garantisce una maggior valorizzazione dell’energia elettrica prodotta, dato che
non essendoci vendita non si deve pagare l’iva.
Un Comune ha molti carichi elettrici in cui potrebbe consumare l’energia elettrica prodotta:
• L’Illuminazione Pubblica non sempre è attraente, perché gode di tariffe agevolate, è spesso
collegata alla rete senza contatori (si paga a forfait), raramente ha sue cabine in media
tensione (il discorso potrebbe diventare interessante nel caso di un collegamento diretto tra
cogeneratore e cabina, per non pagare il trasporto). Inoltre di notte, quando la I.Pè accesa,
il carico termico solitamente è basso.
• I Mercati generali (per la presenza di congelatori) e le lampade votive presentano consumi
costanti.
• I carichi elettrici di depuratori, acquedotti (spesso in concessione) e fognature sono
consumi costanti e consistenti.
• Uffici, scuole, ed utenze similari sono caratterizzati da consumi concentrati nelle ore diurne,
non molto allettanti vista l’attuale tariffa monoraria, e con carichi singolarmente piuttosto
bassi.
La gestione del consumo elettrico nelle proprie utenze richiede un certo impegno; pertanto, per
impianti di cogenerazione piccoli o carichi poco significativi o troppo frammentati, può essere più
conveniente cercare un grossista a cui vendere tutta l’energia elettrica prodotta, ricordandosi che
si tratta di un’opportunità che potrebbe venire meno negli anni successivi a causa di possibili
variazioni del rapporto fra domanda ed offerta a livello nazionale.
Per poter fare queste considerazioni bisogna conoscere l’andamento dei consumi energetici delle
varie utenze. Il semplice reperimento di dati attendibili su scala annuale può però essere un
problema, perché quand’anche si riescano a recuperare le bollette di qualche annata intera, le
letture riportate raramente sono mensili. L’andamento giornaliero e settimanale si può solo stimare,
o rilevare con letture orarie dei contatori, meglio se eseguite per più settimane nell’arco dell’anno,
per tener conto degli andamenti stagionali (lavoro che quindi richiede almeno un anno di tempo).
A tutto ciò si aggiunge la veloce evoluzione dei mercati dell’energia elettrica e del gas. Dopo la
liberalizzazione totale (almeno sulla carta) del mercato del gas e l’avanzata dei contatori elettrici
telecontrollati nel settore civile, sono arrivate le nuove fasce orarie7.
Le nuove fasce orarie, seguendo una legge di mercato, spostano le ore di picco verso i periodi
caldi, quando l’offerta non riesce a seguire la crescente domanda, a causa del basso livello dei
bacini idroelettrici e dell’alta temperatura dell’aria (che riduce il rendimento delle centrali
termoelettriche).
Considerando l’anno termico 2003-2004 tutto coperto dalle vecchie fasce orarie o dalle nuove, le
ore di punta (F1) nel periodo di riscaldamento sono passate da 432 a 52 in zona climatica D e da
484 a 52 in zona E. Sono diminuite le ore in F2 e aumentate le ore in F3 (prima non comprese nel
periodo di riscaldamento per le zone climatiche dalla A alla D). Assumendo che le tariffe di vendita
dell’energia elettrica rimangano le stesse con le nuove fasce orarie, per un cogeneratore che lavori
12 ore al giorno nel periodo di riscaldamento della fascia D, c’è una minor valorizzazione
dell’energia elettrica venduta di circa il 18%. L’incidenza sui ricavi totali è in realtà molto più bassa,
perché la vendita dell’energia elettrica è compresa, in alcuni casi studiati, tra il 20% e il 40% del
ricavo dalla vendita del calore (che comprende anche il calore generato dalle caldaie di
integrazione).
Il discorso si capovolge considerando i mesi caldi: dal 1/6/04 al 30/7/04 ci sono 301 ore in F1 e
344 in F2, contro le 0 in F1 e 154 in F2 delle vecchie fasce, e agosto 2004 ha 35 ore in F1 e 103 in
F2, mentre prima era tutto F4. Il valore delle frigorie vendute potrebbe essere molto maggiore, in
conseguenza dei maggiori costi estivi dell’energia elettrica.
Le nuove fasce possono frenare la cogenerazione nel solo periodo di riscaldamento, ma aprono la
strada al suo sfruttamento durante tutto l’anno, o trovando utenze che necessitino calore anche
d’estate, o sfruttandolo in assorbitori per ottenere frigorie, merce dal 2004 molto più pregiata. Un
7
La delibera AEEG 5/04 sostituisce dal 1/4/04 le fasce orarie definite dal provvedimento CIP 45/90
3
numero maggiore di ore all’anno di funzionamento del cogeneratore può portare a una maggior
redditività economica, quindi a minori tempi di ritorno dell’investimento. Questo nuovo scenario
porta a riconsiderare il bacino di utenze, per poter avere un carico che assorba calorie e/o frigorie
durante tutto l’arco dell’anno, offrendo ai Comuni nelle fasce climatiche A,B e C, finora tagliati fuori,
interessanti prospettive per la realizzazione di impianti di tele riscaldamento-raffrescamento.
VAN
Il contributo che potrebbe arrivare dai “certificati bianchi”, proporzionali ai tep di energia primaria
risparmiata, può essere fondamentale per la realizzazione di alcuni impianti. Di seguito è riportato
il risultato di uno studio su una rete di piccola estensione; si può notare come varino il VAN e il
tempo di ritorno attualizzato a seconda della presenza o meno dei certificati bianchi e della durata
del loro contributo (5 o 8 anni). Il valore dei certificati bianchi è stato ipotizzato in 150 €/tep.
1
3
5
7
9
11
13
15
C.B. per 5 anni
C.B. per 8 anni
senza C.B.
anni
Andamento del Valore Attuale Netto nel tempo, per un impianto di teleriscaldamento e cogenerazione con e senza
Certificati Bianchi.
La situazione più favorevole, economicamente e socialmente, per la costruzione di una rete di
teleriscaldamento è farla coincidere con i lavori di edificazioni di nuove aree, in questo caso infatti:
• Gli edifici non possiedono ancora una centrale termica, ed è più facile convincere
costruttori o proprietari all’allacciamento, facendo leva anche sul costo risparmiato della
caldaia e/o della pompa di calore.
• Si possono posare le tubazioni prima che le strade siano finite, evitando i costi di ripristino
del manto, e sfruttando la posa di altre condutture.
• Non si creano intralci al traffico veicolare e pedonale.
Si possono comunque sfruttare i benefici di lavori in contemporanea con altri interventi sulle reti
(idriche, fogne, telecomunicazioni).
La cogenerazione e il teleriscaldamento – raffrescamento sono tecnologie ampiamente collaudate
e affidabili, economicamente valide se valutate su tempi medio lunghi. Uno studio di fattibilità per
tali impianti, o almeno la raccolta preliminare e l’analisi dei dati di consumo delle possibili utenze, è
un buon investimento perché, anche in caso di esito negativo, permette di individuare punti critici,
sprechi e possibili soluzioni a costi bassi o nulli.
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