Piazza Pitagora - Ordine dei Farmacisti di Salerno
Transcript
Piazza Pitagora - Ordine dei Farmacisti di Salerno
Piazza Pitagora N. 583 ANNO XXXV Edito da SEDIVA srl - P.zza Pitagora 10 - 00197 Roma - Tel. 06808991 (r.a.) - Fax 0680899879 (r.a.) Reg. Trib. Roma n. 16306 del 7/4/1976 – e-mail: [email protected] (per i quesiti: [email protected]) Roma, 24 novembre 2010 a cura dello “Studio Associato Bacigalupo-Lucidi” In questo numero: 1 - LE SEDIVA NEWS DAL 09 NOVEMBRE AD OGGI 09/11/2010 Società di farmacisti e parafarmacie QUESITO 10/11/2010 I nuovi accordi di Basilea 3 – QUESITO 11/11/2010 17/11/2010 – 18/11/2010 19/11/2010 L’impianto fotovoltaico per la farmacia e/o per l’abitazione - QUESITO L’installazione del distributore automatico QUESITO Trattamenti estetici in abbonamento - QUESITO 11/11/2010 L’impresa familiare e il bonus 55% QUESITO Interessi e more 12/11/2010 Omaggi di campioni gratuiti – QUESITO 23/11/2010 La deducibilità dei contributi consortili - QUESITO 15/11/2010 L’INAIL e l’informatizzazione - QUESITO 24/11/2010 Da Snc a Sas – QUESITO 22/11/2010 Quando l’impresa familiare è tra i coniugi, il locale aziendale - se in comunione - appartiene interamente all’i.f. 16/11/2010 La detrazione del 36% per i lavori sull’immobile concesso in comodato QUESITO 2 – SCADENZE FINE NOVEMBRE 2010 bastare per ammettere anche le società di farmacisti all’esercizio di parafarmacie, indipendentemente da quello che può essere il loro destino nelle norme di “riordino”. Ma di nuovo, rispetto alle nostre notazioni di allora, c’è evidentemente questo parere (che, stando anche a quel che ci viene segnalato, ha fatto insorgere non poche preoccupazioni…) del Ministero della Salute, il quale – era facile prevederlo, conoscendo i nostri Dicasteri… - si assesta senza sforzo alcuno su una posizione negativa di puro formalismo, riservandosi probabilmente, come altre volte espressamente si è riservato, di correggere il tiro dinanzi ad un diverso orientamento giurisprudenziale. Insomma, pensa forse il Ministero, la legge dice (tuttora) così, ma, giudice, fai tu. A questo punto, allora, il problema diventa soprattutto di ordine pratico, dato che – a meno che non si intenda provocare la pronuncia appunto di un giudice (amministrativo e/o ordinario e/o deontologico) – c’è il rischio che gli aspetti sanzionatori siano proprio quelli, o alcuni di quelli, accennati dal Ministero e condivisi anche dalla Fofi (purtroppo, infatti, altri e diversi la l. 362/91 in realtà non ne menziona), e che pertanto i farmacisti componenti la compagine sociale della società che attivi una parafarmacia possano davvero andare incontro alla sanzione della sospensione dall’esercizio della professione (!) non inferiore ad un anno (mentre l’altra ipotizzata dalla nota ministeriale, quella della decadenza della società dalla titolarità della farmacia ex art. 113 TU, sembra un’evenienza più che altro di… scuola). In attesa, comunque, di saperne ufficialmente di più, potrebbe essere prudente – per gli unici due componenti, ad esempio, di una società che intendessero esercitare in forma collettiva anche una parafarmacia - rinunciare ad una faticosa guerra di religione e costituire invece tra loro una seconda società di persone, destinata ad assumere dunque la titolarità di questo esercizio di vicinato; il quadro complessivo che ne deriverebbe non sarebbe forse perfettamente lo stesso, ma i risultati pratici di questo rimedio alternativo non divergerebbero granché da quelli della strada maestra. Nessun dubbio, invece, sull’assoluta compatibilità tra la qualità o stato di socio e l’esercizio di una parafarmacia (potrebbe impedirlo soltanto una norma statutaria), sia nella forma appena ricordata dell’“esercizio di vicinato”, che in quella di “corner” in un ipermercato o simile (previe forse – in tale secondo caso – 1 - LE SEDIVA NEWS DAL 9 NOVEMBRE AD OGGI 09/11/2010 - Società di farmacisti e parafarmacie – QUESITO Sulla questione vorrei conoscere lo stato dell'arte, perchè ho presente quello che avete scritto nella Sediva news del I luglio 2010 ma anche il parere negativo del Ministero della Salute, ripreso anche da tutte le riviste di categoria; spero invece non vi siano dubbi sulla titolarità di una parafarmacia da parte di un socio. La parafarmacia sta certo assumendo sempre più - da qualunque punto di vista la si guardi - le caratteristiche di un vero “problema”, sia de jure condito che ancor più de jure condendo (e l’Antitrust non perde certo l’occasione per accentuare il dibattito…). Ma, abbandonando i latinismi, almeno lo “stato dell’arte” della specifica vicenda riassunta nel titolo – naturalmente per quanto ci riguarda - è fermo alla ns. Sediva news da Lei citata. Quindi, se pure è vero che l'oggetto esclusivo della società (personali e cooperative) di farmacisti è tuttora la “gestione di una farmacia”, perché il II comma dell'art. 7 della l. 362/91 non è stato qui formalmente modificato neppure dalla “legge Bersani”, è tuttavia sicuramente irragionevole – sotto parecchi profili - che alle società, diversamente dai titolari in forma individuale, resti ancor oggi precluso l'esercizio di una parafarmacia e dunque ai loro soci impedito lo svolgimento della professione tanto nella farmacia sociale, come in un’eventuale parafarmacia. Del resto, una qualche lettura evolutiva a quel vecchio dettato bisogna pur darla, o tentare di darla, perché il legislatore del ’91 non poteva ovviamente conoscere la successiva l. 248/06, come è vero che, se non altro, quell’ “una farmacia” va certamente ora inteso come “non più di quattro farmacie”; può perciò forse esserci spazio (non di rado, comunque, i criteri ermeneutici si rivelano ampi e generosi) anche per un’interpretazione ulteriormente disancorata dalla sua mera formulazione letterale, tanto più se, da un lato, guardiamo alle non giustificate conseguenze che ne discendono sul piano della libera concorrenza (incessantemente invocata sia dalla stessa Antitrust che sul fronte comunitario) con riguardo alle farmacie possedute individualmente, e, dall’altro, teniamo conto che in fondo anche le parafarmacie, pur afferendo al versante puramente commerciale, trattano pur sempre farmaci dispensati pur sempre da farmacisti (o, se si preferisce, alla loro presenza e con la loro assistenza). Le disposizioni scritte, così come sono ora, potrebbero quindi forse 1 opportune intese negoziali tra il farmacista gestore del corner e la struttura in cui esso viene attivato). (g.bacigalupo) 10/11/2010 - I nuovi accordi di Basilea 3 – QUESITO Si legge di un nuovo patto europeo per i rapporti con le banche, denominato “Basilea 3”. Diventerà più facile il rapporto dei clienti con i vari istituti? Si e’ cosi’ passati dal 6,8358% all’attuale 5,7567%, da applicarsi sugli importi dovuti a decorrere dalla notifica della cartella e fino alla data del pagamento. Come si vede, però, la misura degli interessi e’ pur sempre calcolata tenendo conto della media dei tassi bancari attivi, cosi’ come definita dalla Banca d’Italia, e quindi resta un tasso sicuramente di rilievo. (v.salimbeni) 12/11/2010 - Omaggi di campioni gratuiti – QUESITO Vorrei omaggiare un parrucchiere vicino alla farmacia di alcuni campioni di un noto integratore per la caduta di capelli, regolarmente inviatimi dall’ azienda produttrice. Può a propria volta il parrucchiere omaggiare i suoi clienti di questo integratore o necessita di altre licenze? La crisi economica mondiale è partita proprio dalle banche che avevano infatti concesso prestiti di ogni genere - mutui, finanziamenti, pagamenti rateali, ecc. - con grande disinvoltura e quindi non sono riuscite a “rientrare” dei crediti alle scadenze previste. Questo è successo in Argentina e in Grecia e corrono un pericolo del genere anche Irlanda e Portogallo (soprattutto), ma anche Islanda, Spagna e qualche altro Paese, compresa l’Italia che ha un debito pubblico altissimo. La prima riunione dei governatori delle banche centrali si tenne a Basilea, in Svizzera, e gli accordi successivi sono stati numerati progressivamente. Il Comitato tra loro formato ha stilato un nuovo accordo, denominato appunto “Basilea 3”, che impone requisiti patrimoniali più severi per le banche, stabilendo che gli istituti di credito “devono mettere da parte un certo capitale per far fronte ad eventuali crisi nella riscossione dei crediti”. Tale procedura limita l’operatività degli istituti, tenendo in pratica immobilizzati i capitali, che non possono essere utilizzati per l’operatività creditizia, facendo conseguentemente salire i tassi di interessi richiesti alla clientela. Nel concreto i prestiti finiranno per essere concessi più che altro ai “ricchi”, e ne resteranno esclusi coloro che non presenteranno garanzie valide. Nuovi accordi dovranno comunque essere ben presto siglati (per ora, tuttavia, i contenuti non sono ben definiti) per diventare operativi gradualmente a partire da gennaio 2013 e giungere ad una loro piena attuazione al 1° gennaio 2019. La stampa ha pubblicato i dati di bilancio delle banche italiane che sono sostanzialmente buoni per quanto riguarda fondi di riserva e accantonamenti, ma devono ancora raggiungere l’obiettivo il Monte Paschi di Siena e la Banca Popolare. Il problema investe sulla carta anche i titoli di Stato, che alle scadenze dovranno infatti essere anch’essi evidentemente rimborsati; e però l’Erario non ha gli stessi obblighi (imposti alle banche) di costituire fondi di riserva per fronteggiare la restituzione delle obbligazioni in scadenza, la quale del resto viene ormai da anni effettuata soltanto con l’immissione nel mercato di nuovi titoli. (f.lucidi) 11/11/2010 - L’impresa familiare e il bonus 55% - QUESITO Siamo in impresa familiare e abbiamo effettuato lavori in farmacia che beneficiano della detrazione irpef del 55%; possono godere del bonus anche i collaboratori familiari oppure spetta per intero al titolare? La vendita degli integratori comporta la notifica della dichiarazione di inizio attività del commercio alimentare, ai sensi dell’art. 6 c. 2 del Regolamento (CE) n. 852 del 29/04/2004, ma qui ci pare si tratti della semplice distribuzione di campioni gratuiti, che quindi non necessiti di tale notifica, anche se naturalmente il parrucchiere dovrà forse “stoccare” presso la sua attività una qualche scorta di prodotti. Tutto questo, però, a condizione che le singole confezioni offerte gratuitamente riportino l’indicazione a stampa - in modo esplicito e indelebile - della loro natura, appunto, di campioni gratuiti e anche del divieto di vendita. Inoltre, se questi articoli devono essere conservati in condizioni particolari (tempo, temperatura, umidità, esposizione alla luce), chi li detiene è comunque responsabile del rispetto di tali prescrizioni e dei danni che potrebbero derivare al consumatore in caso di loro violazione. In definitiva, però, il parrucchiere dovrebbe poter “omaggiare” i propri clienti dei campioni dell’integratore senza necessità che richieda licenze o autorizzazioni di alcun genere. (r.santori) 15/11/2010 - L’INAIL e l’informatizzazione - QUESITO Mi risulta che non sia più obbligatorio inviare all’Inail il certificato medico in caso di malattia del lavoratore. Sostanzialmente è proprio così, e si tratta di un ulteriore passo avanti verso una completa informatizzazione dei rapporti tra i datori di lavoro e l’INAIL. A partire dallo scorso settembre, infatti, sulla base di un decreto ministeriale di luglio (D.M. 30 luglio 2010, pubblicato sulla G.U. n. 197/2010), i datori di lavoro che effettuano on-line la denuncia di malattia di un proprio dipendente non sono più tenuti a trasmettere, in allegato, anche il relativo certificato medico. Tale obbligo, come chiarito dal decreto, sorge in capo al datore di lavoro soltanto in caso di successiva esplicita richiesta da parte dell’Istituto, e sempreché il certificato non sia stato nel frattempo già trasmesso dal lavoratore o dal medico che lo ha emesso. Peraltro, l’esenzione dall’obbligo di trasmissione della documentazione medica (sempre fatta salva la specifica richiesta da parte dell’INAIL) era prevista già dal 2005 in caso di infortuni sul lavoro (le due ipotesi non vanno naturalmente confuse tra loro) denunciati in via telematica. Infine, come del resto è ormai la regola, anche qui la normativa di riferimento prevede, in caso di inadempienze, sanzioni per tutti, datori di lavoro e dipendenti, e in qualche caso anche piuttosto robuste.... (gio.bacigalupo) 16/11/2010 - La detrazione del 36% per i lavori sull’immobile concesso in comodato - QUESITO Sto per realizzare, completamente a mie spese, dei lavori di ristrutturazione sull’immobile in cui vivo e che mi è stato concesso in comodato gratuito da mio padre. Posso beneficiare della detrazione d’imposta del 36% pur non essendo proprietario dell’appartamento? Anche l’agevolazione del 55% per le opere che comportano un risparmio energetico (e sono soltanto quelle che ben conosciamo) spetta ai soggetti che sostengono effettivamente le spese, tra i quali, come è noto, anche i titolari di redditi d’impresa che effettuino gli interventi nell’ambito dell’attività esercitata. E, tenuto conto che anche tali oneri sono sostenuti dalla farmacia come tale, e non quindi dal titolare e/o un familiare come persone fisiche, ci pare che i familiari dell’i.f. che vi partecipino (e, percependo la propria quota di utili “incisa” - per così dire proprio da tali spese, sono chiamati in realtà anch’essi a sostenerle) abbiano diritto a fruire dell’agevolazione, naturalmente in ragione della rispettiva quota di partecipazione all’impresa familiare. (v.salimbeni) 11/11/2010 - Interessi e more Un po’ di respiro per il contribuente moroso. L’Agenzia delle Entrate, con un provvedimento recente, ha infatti rideterminato – riducendolo - il tasso da applicare su base annua agli interessi di mora per il ritardato pagamento di somme iscritte a ruolo. Come più volte ricordato in questa Rubrica, possono usufruire della detrazione d’imposta del 36% coloro che, sostenendo le spese di ristrutturazione, siano proprietari oppure siano titolari di diritti 2 reali di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie) sugli immobili oggetto degli interventi. Oltre ai soggetti sopraelencati, la norma prevede altresì che il bonus fiscale possa essere concesso anche “semplicemente” agli occupanti gli immobili stessi in virtù di un contratto di comodato o di locazione. Tuttavia, per quel che riguarda più specificatamente i lavori eseguiti su unità concesse in comodato, il Fisco – nonostante sia sufficiente, sotto il profilo civilistico, un mero accordo verbale pretende, per riconoscere la detrazione del 36%, un contratto scritto e regolarmente registrato. Ora, dal quesito non si evince la forma assunta dal comodato intercorso con Suo padre, e quindi, supponendo che tra voi sia invece intervenuta soltanto quella semplice intesa verbale, sarà opportuno - prima di iniziare i lavori - procedere alla redazione in forma scritta del contratto, versare poi, con il mod. F23, l’imposta fissa di registro di € 168,00 e registrare, entro venti giorni dalla data di decorrenza del rapporto che vi figura, il contratto stesso presso un qualsiasi Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate. Esaurita interamente questa procedura, Lei potrà finalmente inviare la prescritta comunicazione al Centro Operativo di Pescara, avendo cura di indicarvi appunto gli estremi di registrazione del contratto e di allegare una dichiarazione scritta (in carta libera) di Suo padre, che, come proprietario dell’immobile e parte comodante, dia naturalmente il consenso all’esecuzione dei lavori. Infine, Le rammentiamo che - quale titolare del bonus fiscale, dato che, comodatario dell’immobile, Lei sostiene effettivamente gli oneri della sua ristrutturazione – dovrà far figurare i Suoi dati sia nelle fatture che nei bonifici di pagamento. (m.giovannini) 17/11/2010 - L’impianto fotovoltaico per la farmacia e/o per l’abitazione - QUESITO Vorrei installare dei pannelli fotovoltaici per generare corrente elettrica per la mia farmacia situata in Sicilia, con un notevole risparmio di bollette e indubbi vantaggi anche per l’ambiente. Purtroppo il tetto del fabbricato che ospita i locali della farmacia non è di mia proprietà, ed in ogni caso l’immobile non è ben esposto. La mia abitazione, invece, situata nello stesso comune, ha un ampio tetto esposto a sud sul quale potrei installare i pannelli, ma dista ben due chilometri dalla farmacia. Vorrei quindi sapere se posso installare i pannelli sul tetto di casa – recuperando ugualmente l’iva e l’ammortamento degli stessi – e se posso immettere in rete l'energia prodotta consumandola in altra sede. Posso beneficiare, infine, di eventuali sgravi fiscali e/o incentivi? produzione di energia fotovoltaica, incaricato anche di corrispondere la tariffa incentivante). Inoltre, ove l’energia esuberante (cioè quella prodotta in eccesso rispetto al fabbisogno) venga poi venduta, tra i ricavi imponibili della farmacia sarà necessario inserire anche i proventi di tali cessioni, da assoggettare ad iva con aliquota ordinaria, sempreché – il che è tuttavia possibile soltanto per gli impianti fino a 20 KW di potenza – non si sia deciso di accedere al servizio c.d. di “scambio sul posto”, per il quale l’energia in esubero viene invece immessa nella rete generando un credito (attenzione!) in termini di energia e non in termini di denaro, prelevabile nei tre anni successivi (ed in questa evenienza il contributo spetterebbe solo per l’energia prodotta e consumata in loco e non per quella in eccesso assorbita dalla rete). Si tenga comunque presente che, ove si scelga questa modalità di gestione (ammissibile, lo ripetiamo, solo per gli impianti di potenza fino a 20KW), non è più consentito vendere l’energia in eccesso. Per inciso, osserviamo anche che lo “scambio sul posto” risulta conveniente soprattutto per coloro che realizzano impianti di dimensioni piccole (forse un po’ troppo piccole per le esigenze di una farmacia…) in grado, in pratica, di pareggiare tendenzialmente il bilancio energia prodotta/energia assorbita senza, conseguentemente, immettere nella rete grandi quantità di energia. L’installazione dell’impianto fotovoltaico sul tetto dell’abitazione privata, invece, proprio per la sua stessa collocazione fisica, è finalizzata essenzialmente al soddisfacimento del fabbisogno energetico domestico per l’illuminazione, l’alimentazione di elettrodomestici, ecc., e perciò non può – di per sé - che configurare un utilizzo ai soli fini privati. Ma proprio perché l’utilizzo dell’impianto è in tal caso “privato”, esso non consente né la deduzione dei costi di realizzo e/o gestione dello stesso, né la detrazione della relativa iva; d’altra parte, la tariffa incentivante non rappresenta un provento tassabile ai fini Irpef - Irap (e, dunque, non è soggetto ad alcuna ritenuta), né, tantomeno, è imponibile ad iva. Infine, l’eventuale vendita di energia in esubero (che, giova ribadirlo, è possibile solo se non ci si è avvalsi del servizio di “scambio sul posto” decidendo di installare, per l’appunto, un impianto di potenza non superiore a 20 KW, scelta quest’ultima più verosimile per un’abitazione privata), costituisce bensì un provento tassabile, ma come reddito diverso e non come ricavo della farmacia. (s.civitareale) 18/11/2010 - L’installazione del distributore automatico QUESITO Ho intenzione di vendere prodotti parafarmaceutici (principalmente profilattici) mediante un distributore automatico esterno alla farmacia. Un collega mi ha detto che è necessaria un’autorizzazione comunale. Se l’impianto è destinato a far fronte al fabbisogno energetico dei locali della farmacia, non può che essere installato in quei pressi, cosicché, data l’indisponibilità nel Suo caso del tetto, si potrebbe ricorrere ad una tipologia di impianto c.d. “non integrato”, il quale utilizza moduli ubicati al suolo o collocati sulle superfici esterne degli involucri degli edifici. In sostanza, i pannelli fotovoltaici potrebbero essere collocati su un terreno di pertinenza o su una parete esterna dei locali della farmacia. Se questa soluzione è praticabile (ma ne dubitiamo, perché da parte Sua saranno state certamente operate tutte le verifiche possibili), l’impianto, realizzato indubbiamente nell’ambito dell’attività dell’impresa-farmacia, costituirà sotto ogni aspetto un suo bene strumentale e come tale parteciperà alla gestione; pertanto, il costo di installazione genererà ammortamenti deducibili nel bilancio dell’esercizio e le altre di spese di gestione e/o di manutenzione saranno parimenti deducibili; l’iva assolta su questi costi sarà detraibile, mentre i contributi ventennali spettanti per la produzione dell’energia (la c.d. “tariffa incentivante” nella quale consiste, per l’appunto, l’aiuto pubblico, modulato in funzione decrescente alla potenza dell’impianto), benché esclusi da iva, dovranno essere inseriti tra i ricavi imponibili dell’esercizio, sia ai fini Irpef che ai fini Irap, e saranno per di più soggetti alla ritenuta – propria di tutti i contributi in conto esercizio - del 4% a titolo d’acconto effettuata dalla GSE Spa (che, in breve, è l’ente individuato dall’Autorità per l’Energia elettrica ed il Gas, quale soggetto attuatore del programma di incentivazione della Si rendono qui applicabili le norme riferite al commercio previste dal D.Lgs. 114/98, anche se tale provvedimento enuncia espressamente la sua non applicabilità alle farmacie, perché nel caso da Lei posto si tratta in realtà di vendite relative a prodotti in libero commercio, quali appunto i “parafarmaci” e i profilattici. Tuttavia il decreto è stato recentemente modificato da un D.Lgs. del marzo scorso, nel quale si prevede che nella dichiarazione di inizio attività da presentare al Comune (che attualmente è il Mod. COM, ma prima o poi l’ ente locale dovrà attrezzarsi per ricevere la nuova SCIA, segnalazione di inizio attività) deve essere dichiarata l’ubicazione dell’apparecchio automatico, il settore merceologico dei prodotti posti in vendita e la sussistenza del possesso dei requisiti di onorabilità del titolare della farmacia. Non è comunque più necessario attendere i famosi trenta giorni dall’inoltro al Comune dell’apposita modulistica per iniziare l’attività, che dunque può essere esercitata immediatamente. Nel Suo caso sarà pertanto necessario integrare il Mod. COM a suo tempo presentato, avendo però anche cura di farsi autorizzare dal condominio dell’edificio ove Lei intende installare il distributore, visto che le “mura” – appunto perché tali - appartengono evidentemente proprio al condominio. (s.lucidi) 3 19/11/2010 - Trattamenti estetici in abbonamento QUESITO In un locale interno della farmacia vengono effettuati dei trattamenti estetici in abbonamento, con riscossione del prezzo all’atto della cessione del pacchetto e consegna al cliente di un “cachet” di buoni da presentare al momento del trattamento. Come ci dobbiamo comportare dal punto di vista fiscale? l’adesione al consorzio; diversamente, i contributi – pur dovuti – non sono deducibili perché corrisposti a consorzi meramente volontari. Ora, per stabilire se la partecipazione sia obbligatoria o meno, bisogna avere riguardo alle finalità del consorzio, nel senso che, ove esso sia nato per soddisfare bisogni comuni indispensabili ed inscindibili, e tali quindi da renderne oggettivamente di interesse pubblico la costituzione (che pertanto avviene in base alla legge o per effetto di un provvedimento della pubblica amministrazione), il consorzio deve considerarsi obbligatorio rendendo così deducibili i contributi versati. Nel Suo caso specifico, la preesistenza di una convenzione urbanistica – qualificabile senz’altro, sotto l’aspetto che ci interessa, come un atto di diritto pubblico - tra l’impresa costruttrice ed il Comune nel cui territorio è situato il comprensorio servito dal consorzio, deporrebbe a favore della sua natura obbligatoria, ma evidentemente, prima di far valere la deduzione dei contributi nella dichiarazione dei redditi, è sempre bene verificare con attenzione il fondamento di questa ipotesi. (p.liguori) 24/11/2010 - Da Snc a Sas – QUESITO Ho acquistato quasi l’intera quota del mio socio, lasciandogli soltanto l’1% del capitale; lui ha accettato di agevolarmi ma mi ha chiesto di essere esonerato da ogni responsabilità; il mio consulente mi dice però che non posso trasformare la Snc in Sas perché non sono passati i tre anni dalla titolarità. A meno che la fattura non sia richiesta dal cliente (il che sembra francamente poco probabile, perché il carattere strettamente personale della prestazione esclude qualsiasi ragionevole inerenza con l’esercizio di un’impresa, di un’arte o di una professione), dovrebbe essere senz’altro sufficiente il rilascio di uno scontrino, che deve naturalmente essere emesso all’atto del pagamento della singola prestazione, ovvero, in caso di abbonamento, al momento stesso in cui sia corrisposta la relativa tariffa, anche se le prestazioni verranno rese successivamente. Inoltre, sempre con riguardo all’abbonamento, ad ogni accesso del cliente, pur se non obbligatorio, è consigliabile - considerato che non sempre il cliente porterà con sé lo scontrino a suo tempo ricevuto - rilasciargli semplici ricevute (senza alcun rilievo fiscale) con l’indicazione di “corrispettivo non riscosso“ (oppure, “già anticipatamente riscosso”) che permetta comunque - in caso di controlli, che tuttavia non sono affatto infrequenti - di conferire la massima trasparenza alle prestazioni effettuate. (v.pulieri) 22/11/2010 - Quando l’impresa familiare è tra i coniugi, il locale aziendale - se in comunione - appartiene interamente all’i.f. La Corte di Cassazione, in una pronuncia recente (Sez. Trib. 18495/2010), ha ritenuto che il “conferimento” in un’impresa familiare, di cui uno dei coniugi è il titolare e l’altro il collaboratore, di un’immobile strumentale della quale costoro siano in pari quota comproprietari, determina l’acquisizione del suo possesso esclusivo da parte dell’impresa in quanto tale, a nulla rilevando dunque la circostanza che, come detto, il titolare ne fosse semplicemente un comproprietario. I giudici del Palazzaccio, in particolare, dirimendo una questione attinente all’imposta comunale sugli immobili (in sintesi, il Comune, non considerando appunto l’immobile riferibile esclusivamente all’impresa, esigeva sulla metà appartenente al coniuge - collaboratore nell’i.f. - l’imposta sulla base della rendita presunta e non del valore contabile, come chiedevano i ricorrenti), hanno sostanzialmente ritenuto che, proprio in virtù del rapporto di collaborazione familiare, anche il coniuge non titolare esercita con il conferimento il proprio possesso sull’immobile attraverso l’impresa e, quindi nella particolare fattispecie non sarebbe più possibile un’attribuzione del possesso differenziata (all’impresa per la quota del titolare e al coniuge collaboratore per l’altra metà) “se non a costo della sovrapposizione di categorie civilistiche a un rapporto di carattere tributario”. In altre parole, il possesso dell’immobile deve ascriversi interamente all’impresa per effetto proprio dell’esistenza dell’i.f. che determina infatti, sia pure con diversi ruoli, la partecipazione di entrambi i “conferenti” all’impresa stessa. La sentenza, assunta - come accennato - nel contesto di una questione relativa all’Ici, adotta, però, un principio suscettibile di essere applicato anche ad altri settori dell’imposizione, cosicché, ad esempio, in tema di imposte dirette sembra ragionevole concludere che quell’immobile, in caso di vendita o assegnazione per “autoconsumo”, potrebbe rivelarsi suscettibile di generare plusvalenze tassabili imputabili all’impresa per l’intero, e non solo proporzionalmente alla quota di proprietà del titolare. (s.civitareale) 23/11/2010 - La deducibilità dei contributi consortili QUESITO E’ deducibile nella dichiarazione dei redditi il contributo consortile che sarò ora costretto a pagare per una villetta appena acquistata e rientrante, per una convenzione tra il comune e il costruttore, in un consorzio di gestione dei servizi collettivi? Non c’è dubbio che l’unica soluzione per sottrarre l’altro socio alla responsabilità a tutto campo che grava sul possessore della benché minima quota di una Snc (responsabilità che è illimitata, perché si estende all’intero suo patrimonio personale, ed è solidale con tutti gli altri soci) è quella di modificare la forma della società, proprio da Snc a Sas. In quest’ultima, infatti, delle obbligazioni cui la società non abbia adempiuto (ne abbiamo parlato a fondo in altra circostanza) rispondono – nell’ampiezza cui si è accennato - soltanto i soci accomandatari, e perciò, nel Suo caso, l’altro socio può liberarsi da qualsiasi preoccupazione assumendo lo status di accomandante. Tale modifica della forma sociale, tuttavia, non incide minimamente sulla soggettività della società che infatti, nonostante la modifica della ragione sociale che fatalmente ne consegue, resta esattamente, appunto come soggetto giuridico, quel che era prima della modifica; ha cambiato nome (da Rossi a Bianchi) e abbigliamento (da classico a casual…), ma il corpo che l’indossa è sempre lo stesso, pur continuando a vivere in una veste rinnovata, e pertanto conserva i diritti e gli obblighi anteriori al “restyling” giuridico (il che, beninteso, vale anche per la modifica – naturalmente non riguardante le farmacie - da società di persone a società di capitali, o viceversa, e quindi, ad esempio, da Snc a Srl o da Spa a Sas). Concludendo, quindi, anche la titolarità della farmacia non subisce in questa evenienza alcun “trapasso”, e la vostra odierna Snc può tranquillamente assumere - anche prima del decorso del triennio la forma della Sas. (g.bacigalupo) 2 – SCADENZE FINE NOVEMBRE 30/11 - Per i contribuenti non titolari di partita iva che hanno scelto il pagamento rateale delle imposte discendenti dal mod. UNICO 2010: versamento della settima rata se la prima è stata pagata entro il 16/06/2010, oppure versamento della sesta rata se la prima è stata pagata entro il 16/07/10. Limitatamente ai soci di società di persone o collaboratori di impresa familiare a cui si applicano gli studi di settore, entra tale data si dovrà versare la quinta rata se la prima è stata pagata entro il 06/07/2010, oppure la quarta rata se la prima è stata pagata entro il 05/08/2010. 30/11 - Versamento del secondo acconto delle imposte (Ire, Irap e Ires) e dei contributi Inps (gestione c.d. separata e artigiani e commercianti) per l’anno 2010 mediante Mod. F24 online obbligatorio per i titolari di partita iva oppure mediante Mod. F24 cartaceo da presentare in banca oppure alla posta, limitatamente ai non titolari di partita iva. I contributi consortili relativi a beni immobili sono deducibili dal reddito complessivo quando per i loro proprietari sia obbligatoria *** 4