Motivazione - bona mosso

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Motivazione - bona mosso
MOTIVAZIONI
In psicologia con motivazioni si indica l’agente fisiologico, emotivo e cognitivo che organizza il
comportamento di un individuo verso uno scopo; si accompagna a parole come: bisogno,
desiderio, interesse, ecc.
Possono essere classificate in tre categorie:
Psicofisiologiche
Fondamentali: fame, sete, sonno, ecc.
Sono proprie dell’organizzazione nervosa umana: bisogno di attività, manipolazione,
esplorazione percettiva.
Psicodinamiche
Durante lo sviluppo affettivo vanno incontro a interiorizzazione, conflitto con le norme interne,
adeguamento alle regole e ai divieti della realtà, la rimozione parziale e la loro trasformazione in
desideri sociali accettabili.
La motivazione sarebbe quindi un compromesso tra pulsione originaria e la mediazione con la
realtà.
Psicosociali
Il riflesso interiorizzato dei modelli di comportamento, dei valori, degli atteggiamenti che
l’individuo assorbe durante il lungo processo di socializzazione primaria (famiglia, coetanei) e
secondaria (scuola, lavoro, mass-media).
L’insieme di costrizioni comportamentali danno luogo a gusti, bisogni, interessi,
comportamenti, e quindi a motivazioni; e quindi alla scelta dello sport.
Ma qual è la motivazione allo sport, e di conseguenza all’attività fisica?
Cos’è che spinge una persona ad affrontare fatiche, rischi, ansie, ecc, traendone allo stesso
tempo divertimento, soddisfazione, appagamento?
Si possono dividere le motivazioni all’attività sportiva in due categorie: Primarie (gioco,
agonismo) e Secondarie (fattori della personalità).
MOTIVAZIONI PRIMARIE
Il gioco
Il gioco non è solamente un’attività infantile, ma è un’esigenza fondamentale comune a tutti gli
individui, anche se in età adulta può essere inibita da una certa cultura.
Il gioco comprende elementi d’incertezza parzialmente controllabili, una normativa da tutti
accettata che possa essere inventata, abbandonata, ricostruita; una condizione in cui l’individuo
possa creare una realtà fittizia capace di realizzare alcuni suoi bisogni.
Molte situazioni sportive presentano questi caratteri del gioco (sci fuoripista).
Motivazione psicobiologica al gioco
In soggetti sottoposto ad un’eliminazione controllata di qualsiasi stimolo percettivo-motorio
aumentano le fantasie di movimento fino al punto di avere allucinazioni compensative.
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Al contrario, oggi che il bambino è catturato da una forte sollecitazione sensoriale-percettiva
(televisione, giochi elettronici …) tende a perdere l’iniziativa motoria e la curiosità sensoriale.
Motivazione cognitiva al gioco
L’esperienza psicomotoria nei giochi, e quindi nello sport, soddisfa le motivazioni cognitive
dell’individuo mediante:
 Esplorazione dell’ambiente
 Manipolazione, reale o fantastica, degli oggetti (attacco al forte)
 Padroneggiamento del corpo (dondolo sulla fune)
 Padroneggiamento delle situazioni (prendersi)
L’espressione ludica, soprattutto se lasciata libera, risulta sempre ricca di potenzialità creative.
Quindi, durante la preadolescenza, la pratica sportiva dovrebbe essere organizzata e arricchita
con elementi di gioco a carattere cognitivo, altrimenti rischia di saturare rapidamente l’interesse
dei ragazzi, e di far diminuire la motivazione.
Motivazione affettiva al gioco
Necessità di aggregazione e riconoscimento da parte del gruppo dei pari.
L’agonismo
L’attività sportiva è un gioco caratterizzato da finalità agonistiche.
Agonismo: comportamento razionale specifico, intenzionale, del dinamismo tra una
disposizione generica all’atto aggressivo e i modelli di comportamento acquisiti durante la
socializzazione primaria e secondaria.
Da ricerche effettuate si osserva che la percentuale di bambini aggressivi cresce passando da
famiglie con educazione autorevole a quelle autoritarie, permissive e incoerenti; in queste
ultime due, i bambini non aggressivi erano del tutto assenti.
I meccanismi di inibizione dell’aggressività si fondono sulla capacità di identificazione del
soggetto con l’altro.
I meccanismi che rendono possibile il passaggio dall’aggressività all’agonismo sono:
• Rimozione: la censura emotiva volta a respingere nell’inconscio quanto moralmente non
accettabile (sentimenti di colpa, ecc.)
• Sublimazione: capacità di trasformare l’aggressività in motivazioni socialmente accettate
(pugilato)
• Ritualizzazione: soddisfacimento stereotipato del surpluss aggressivo
• Inibizione per identificazione: possibilità di trasformare l’aggressività in un ostacolo emotivo
e avviare l’ostilità verso forme di condotta reattive (protezione, affetto, ecc.)
Modello della dinamica aggressiva
Possiamo paragonare l’aggressività ad un torrente di montagna le cui acque (potenziale
aggressivo) sono sbarrate da una diga (inibizioni e divieti sociali), se continuamente sbarrate
possono portare a tracimamento o rottura del bacino, in entrambi i casi con esiti disastrosi.
Se invece vengono lasciate defluire entro condutture (comportamenti appresi e personalità)
possono essere utilizzate da una centrale elettrica (aspettative sociali, situazioni, ruoli).
Quindi l’agonismo è la maturazione matura , costruttiva, e creativa, dell’aggressività, utilizzata
per l’autorealizzazione di un individuo.
Vi sono due orientamenti pedagogici riguardo all’opportunità di rinforzare o no le motivazioni
agonistiche presenti nello sport.
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 L’agonismo tende a fare dello sport una forma di gioco deformato in senso produttivistico
che riserva la ricompensa ai più forti. Enfasi dello spettacolo, del risultato; tende a ad
accentuare risposte aggressive, crea frustrazioni in caso di insuccesso.
 L’aggressività è un dato primario: lo sport deve consentirne la libera espressione perché la
sua negazione può causare turbamenti nevrotici. Lo sport è una delle poche attività in cui può
manifestarsi in maniera non repressa e/o deformata.
L’atleta manifesta la sua aggressività:
- contro la natura (una montagna da scalare, un peso da sollevare, …) e il superamento delle
difficoltà permette la sua affermazione
- contro se stesso (tramite duri sacrifici, intensi allenamenti) come competitività tra il se reale
e quello ideale
- contro l’avversario (persona reale o immagine fantasmatica) come elemento da superare più
che da annichilire
Talune situazioni competitive accentuano l’aggressività agendo in un circuito chiuso di
frustrazioni, tendenze ostili, sul rivale inteso come pericoloso; questo pone dei punti
interrogativi sullo sport e l’agonismo come tecnica per ridurre la conflittualità umana.
MOTIVAZIONI SECONDARIE
Il successo
Bisogno di far bene, di affermazione personale e sociale.
Questa motivazione viene favorita da un’educazione finalizzata a suscitare un intenso desiderio
di realizzazione dei compiti loro affidati, incentrata sullo sviluppo dell’autonomia personale,
basata sull’approvazione e sull’entusiasmo per le iniziative dei figli, e connotata da attesa
positiva.
Se correttamente sviluppata porta a soggetti autonomi e in grado di risolvere positivamente le
situazioni di competizione, e potrà essere poi trasferita nella normale vita di relazione.
Spesso, purtroppo, gran parte dei genitori interferisce negativamente con un eccesso di
protezionismo, di presenza, di critica negativa, inibendo tale motivazione.
Analogamente, un eccesso di aspettative, o la mancanza di realismo critico, può portare al
rifiuto dell’attività quando ci si rende conto che i risultati attesi sono irraggiungibili.
Affiliazione
Bisogno di associarsi ad un gruppo (socializzazione secondaria).
A tal proposito valgono le problematiche relative al gruppo dei pari.
In talune discipline l’elemento affiliativo è determinato dal prestigio che occupano in ambito
sociale (sport d’élite)
Estetica
Tale motivazione viene spesso trascurata, ma in talune attività riveste grande importanza sia
come elemento positivo (culturismo) che negativo (i lanci in atletica vengono spesso associati
alle persone “grasse”, e quindi poco graditi dalle ragazze).
Economica
Risulta importante soprattutto per i genitori meno attenti alle problematiche educative.
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Compensativa
Lo sport viene utilizzato per compensare, risolvere talune valenza della personalità (funzione
difensiva e/o liberatoria).
Sentimento di inferiorità: dimostrare a se stessi (e/o gli altr) di essere capaci di fare qualcosa
Desiderio di potenza: palcoscenico per narcisisti, culto del proprio corpo.
FATTORI INIBENTI
Causano l’abbandono della pratica sportiva, o impediscono che una larga fascia di soggetti in
età evolutiva giunga a fare sport.
Sentimento d’inferiorità infantile
Possono essere alimentati dalla famiglia, dallo stesso ambiente sportivo, dall’allenatore, ogni
qualvolta facciano sentire il bambino diverso dai coetanei o inadeguato alle aspettative.
Per ovviare a questo occorre rimuovere le gerarchie tra i ragazzi legate alla prestazione, e
allenare i genitori ipercritici, ansiosi, giudicanti, almeno dal luogo d’allenamento.
Ansia adolescenziale da prestazione
Rilevabile nel momento agonistico, anche in questo caso la soluzione non può che essere
sdrammatizzare il risultato, riconducendola ad un processo di crescita tendente al
raggiungimento di un risultato migliore alla prossima occasione.
Sovraccarico da frustrazione
Frustrazione: situazione psicologica in cui l’individuo sperimenta l’impedimento alla
soddisfazione di un suo particolare bisogno.
Se una lieve frustrazione può favorire lo sviluppo della personalità, livelli elevati provocano
stress psicofisici, reazioni depressive aggressive, perdita d’interesse, ecc.
La pratica sportiva, intesa come raggiungimento di certe abilità motorie è continuamente
intessuta di situazioni frustranti.
Il livello difensivo è determinato dalla tolleranza (capacità si sopportare tensioni emotive) o dal
riuscire a dirottare su altri campi i propri bisogni insoddisfatti, ma vi può essere un accumulo di
situazioni frustranti che diventano alla fine un carico insostenibile.
Si possono allora avere:
Reazioni aggressive spostando le delusioni, l’insuccesso, su altre situazioni (scuola, famiglia …)
Reazioni autoaggressive: autosvalutazioni, autoaccusa, autopunizioni (tipo l’abbandono
dell’attività motoria)
Reazioni regressive: non riuscire più a rassicurarsi fino ad arrivare all’isolamento, al ritiro dalla
realtà)
Reazioni di fissazione: isolare una delle motivazioni e farne il centro dei propri interessi in
maniera ossessiva.
Bisogna quindi rendere i ragazzi tolleranti verso la frustrazione per valutare realisticamente la
natura degli ostacoli e le possibilità di superarli.
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