Clicca qui - Teatro Nuovo Giovanni da Udine
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Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia Stagione 2008/2009 Sovrintendente e Direttore Artistico Prosa Michele Mirabella Direttore Artistico Musica e Danza Daniele Spini VIOLINI II Cecilia Micoli* Giulia Tavano Marco Toso Leopoldo Pesce Clementina Carluccio Mila Barutti Luigi Calzavara Caterina Picotti Anna Moro Davide Albanese VIOLE Margherita Cossio* Elena Allegretto Enriketa Cefa Giovanni Boscarato Francesca Levorato Maurizio Malaridotti Andrea Moro Clelia Gozzo VIOLONCELLI Alfredo Mola* Paolo Carraro Andrea Musto Jana Kulichova Lisa Pizzamiglio CONTRABBASSI Paolo Mazzoleni* Mauro Zavagno Laura Soranzio Daniele Rosi FLAUTI Francesca Cilione* Tiziano Cantoni OBOI Enrico Cossio* Emanuela Signorato CLARINETTI Davide Argentiero* Elena Paroni FAGOTTI Dario Braidotti* Anna Flumiani CORNI Andrea Liani* Mauro Verona TROMBE Diego Cal* Luca Bastiancig TROMBONI Luciano Macchia* Francesco Tritto TIMPANI Cristiano Torresan* 23 gennaio lunedì ore 17.45 Sala Fantoni 24 gennaio sabato ore 20.45 CROSS OVER 26 28-31 29 Prevendite spettacoli di febbraio gennaio Associazione Culturale Gianni Santuccio LA CONTESSINA MIZZI di Arthur Schnitzler traduzione di Giuseppe Farese con Micaela Esdra, Roberto Bisacco, Antonio Zanoletti, Martina Carpi regia di Walter Pagliaro scene e costumi Luigi Perego gennaio giovedì ore 18.00 Foyer del Teatro ingresso libero 30 gennaio venerdì ore 17.45 Sala Fantoni Violino di spalla** / Prima parte* Don Giovanni, KV 527, Ouverture FELIX MENDELSSOHN-BARTHOLDY (Amburgo 1809 – Lipsia 1847) Concerto in mi minore, op. 64 per violino e orchestra Promo Music in collaborazione con Mittelfest 2007 SARÀ UNA BELLA SOCIETÀ testo di Edmondo Berselli voce narrante,voce e chitarra Shel Shapiro musiche eseguite dalla Shel Shapiro’s band regia di Ruggero Cara gennaio ore 20.45 WOLFGANG AMADEUS MOZART (Salisburgo 1756 – Vienna 1791) SI RACCONTA una sera d’inverno un narratore MAURIZIO MICHELI legge: Giovanni Boccaccio Decameron, III Gabriele D’Annunzio Fra ‘Lucerta Allegro molto appassionato Andante Allegretto non troppo – Allegro molto vivace *** LUDWIG VAN BEETHOVEN (Bonn 1770 – Vienna 1827) Sinfonia n. 1 in do maggiore op. 21 Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia Jakub Hrusa direttore Sayaka Shoji violino INCONTRI CON IL PUBBLICO “LA CONTESSINA MIZZI” di Arthur Schnitzler conversazione tra Giuseppe Farese professore ordinario di Lingua e Letteratura tedesca, Università di Bari Walter Pagliaro regista Luigi Reitani professore ordinario di Letteratura Tedesca, Università di Udine SI RACCONTA una sera d’inverno un narratore MICAELA ESDRA legge: Natalia Ginzburg Mio marito Elsa Morante La signora giovane Teatro Nuovo Giovanni da Udine Udine, via Trento, 4 tel. 0432 248411 - fax 0432 248452 www.teatroudine.it - [email protected] Direzione centrale istruzione, cultura, sport e pace Servizio attività culturali Provincia di Udine Comune di Udine Grafica S. Conti - Stampa La Tipografica srl VIOLINI Grazia Raimondi** Paola Beziza Alessandra Vianello Paola Gorza Lucia Premerl Hanny Killaars Chiara Antonutti Lucia Zazzaro Ingrid Shllaku Anna Apollonio Verena Rojc Diana Lupascu Jakub Hrusa direttore Sayaka Shoji violino 23 gennaio 2009 - ore 20.45 Adagio molto – Allegro con brio Andante cantabile con moto Menuetto. Allegro molto e vivace Adagio – Allegro molto e vivace stra in esclusiva per Deutsche Grammophon e suona sul violino Stradivari “Joachim” del 1715, per concessione della Nippon Music Foundation. Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Fondata nel 2000 dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dalle Province di Gorizia, Pordenone, Trieste e di Udine e dal Comune di Udine e sostenuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia svolge un’intensa attività volta a valorizzare il patrimonio artistico e musicale della Regione. Costantemente presente nella stagione musicale del Teatro Nuovo Giovanni da Udine, l’Orchestra ha suonato al Musikverein di Vienna, nella Stagione Sinfonica del Teatro Verdi di Trieste, alla Biennale di Venezia e al Mittelfest di Cividale del Friuli. Ha collaborato con importanti direttori tra i quali Renzetti, Ráth, Pehlivanian, Lü Jia, Rophé, Benedetti Michelangeli, Kawka e famosi solisti tra i quali Lonquich, Lortie, Thiollier, Campanella, Krilov, Quarta, Manara, Dindo, Bronzi, Cohen, Fabbriciani e l’Altenberg Trio. Presidente dell’Orchestra è Mario Gabriele Massarutto, mentre il Direttore artistico è Alberto Martini. Jakub Hrusa Nato nella Repubblica Ceca nel 1981, Jakub Hrusa è stato recentemente nominato Direttore principale e Direttore musicale dell’orchestra Filarmonia di Praga. Dopo essersi diplomato “summa cum laude” presso l’Accademia delle Arti di Praga nel 2004, si è perfezionato con alcuni tra i maggiori direttori cechi, come Radomil Eliska, Leos Svarovsky e il suo mentore Jiri Belohlavek. Nel corso degli ultimi anni ha diretto molte orchestre importanti: New Japan Philharmonic, Orquesta de Galicia y La Coruña, BBC Symphony, Deutsches Symphonie Orchester Berlin, Orchestra Filarmonica Slovacca, Philharmonique de Strasbourg, Philharmonique de Radio France e molte altre. In Asia, ove è ospite abituale, dirige anche Hong Kong Philharmonic e Tokyo Metropolitan Symphony Orchestra. Recentemente ha debuttato con l’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia e con le orchestre di Milwaukee e Indianapolis. Sayaka Shoji È la più giovane fra i vincitori del prestigioso Premio Paganini (1999). In seguito a questo successo è regolarmente invitata a suonare con i più famosi direttori del mondo, tra cui Vladimir Askhenazy, Lorin Maazel, Colin Davis e Zubin Mehta, e con orchestre quali NHK di Tokyo, London Symphony, Filarmonica Ceca, Filarmonica di Helsinki, Orchestra di Stato Bavarese e Filarmonica di Berlino. Recentemente ha suonato a Milano con la Filarmonica della Scala e in Giappone con la Filarmonica di San Pietroburgo. Sayaka Shoji si dedica anche alla musica da camera e ha collaborato con grandi solisti come Vadim Repin, Mikhail Pletnev, Itamar Golan, Yefim Bronfman e Steven Isserlis. Regi- La musica si addice a Don Giovanni Il grande filosofo Søren Kierkegaard non avrebbe potuto scrivere meglio quando in un saggio rimasto fondamentale affermò che la musica è il linguaggio che più si addice a Don Giovanni. Non a caso, a partire dalla fine del Settecento si ebbe una vera e propria ondata di opere ispirate al Convitato di pietra, ancor prima che il genio di Wolfgang Amadeus Mozart avesse dedicato a questo mito uno dei massimi capolavori di tutta la storia del teatro musicale. È proprio nella realizzazione di Mozart che l’amore sensuale che sta alla base delle gesta del libertino trova un’espressione suprema: solo questa musica, sottolinea Kierkegaard, è adatta a esprimere un amore che non si rivela nell’astrazione della riflessione, ma piuttosto nella concretezza dell’immediato. Anche Giovanni Macchia, in un testo altrettanto celebre, indica come la forza poetica di questo personaggio consista nell’essere pura espressione musicale, e invita a leggere le azioni di Don Giovanni in termini puramente sonori. Poco più che trentenne Mozart si confrontò con questo vero e proprio mito letterario nel 1787, quando era ormai prossimo a esaurirsi. La commissione gli giunse dopo la grande popolarità che fece seguito al successo praghese delle Nozze di Figaro, a otto mesi di distanza dalla prima di Vienna. Dopo qualche rinvio, Don Giovanni andò in scena il 29 ottobre al Teatro Nazionale di Praga, “accolto con il più vivo entusiasmo”, come riferì Mozart stesso pochi giorni dopo. L’anno seguente fu rappresentato al Burgtheater di Vienna su invito dell’imperatore. Tra le tante leggende che avvolgono l’opera, vi è quella, probabilmente non veritiera, narrata da Stendhal a proposito dell’Ouverture. Lo scrittore racconta che Mozart vi avrebbe lavorato solo “la notte avanti la prima rappresentazione”, dopo la prova generale. Molto poeticamente parla, poi, di una richiesta del compositore alla moglie di restare sveglia con lui, confortandolo con un ponce. “Quando alle sette del mattino arrivarono i copisti l’opera era ultimata…”, conclude Stendhal. Articolata in due movimenti, l’Ouverture del Don Giovanni rispecchia “gluckianamente” il contenuto dell’opera ed evade dal consueto modello della sinfonia all’italiana. Per quanto non sia opportuno vedere nel Molto allegro un ritratto di Don Giovanni e nell’Andante quello del Commendatore, secondo una contrapposizione banale, è pur sempre vero che le battute iniziali – riprese dalla scena in cui la statua si presenta a Don Giovanni – appaiono avvolte da atmosfere angoscianti mentre l’Allegro seguente si apre in maniera solare, a voler rappresentare “il corso lieto e spumeggiante della vita”. Il fascino del Don Giovanni Le fortune del Don Giovanni iniziarono ben presto. Sin a partire dall’Ottocento, l’opera sarà mitizzata da scrittori e poeti. Gustave Flaubert l’annovererà come una delle tre cose al mondo degne della sua venerazione, accanto al mare e all’Amleto, e Johann Wolfgang von Goethe la definirà “una creazione dello spirito, permeata d’un soffio di vita”. Anche i musicisti ne utilizzeranno alcuni temi per cicli di variazioni: celebri quelle di Chopin sul Là ci darem la mano, esaltate da Schumann. Nel 1978 giungerà anche una versione cinematografica, realizzata da Joseph Losey e girata nella suggestiva cornice delle ville palladiane sul Brenta. Ulteriore conferma del fascino che il Don Giovanni continua a esercitare nel tempo, senza mai cessare, come ci avverte un autorevole studioso di Mozart, Giovanni Carli Ballola, di “umiliare la nostra arroganza intellettuale e di turbare le nostre certezze estetiche”. Concerto per violino e orchestra op. 64 di Felix Mendelssohn è senza dubbio una delle pagine più celebri della letteratura violinistica, irrinunciabile nel repertorio di un interprete. L’esecuzione di questa sera è un primo contributo per le celebrazioni dei 200 anni dalla naschita di Mendelssohn. Salutato da Arnold Schering come “la salvezza dal formalismo, a poco a poco divenuto innaturale, di questo genere”, il Concerto è un vero e proprio compendio di bellezza, nel quale si realizza un connubio perfetto tra virtuosismo e poesia, e atmosfere delicatamente romantiche si alternano a momenti di leggerezza gioiosa. Il tema iniziale, tipicamente romantico, dell’Allegro molto appassionato è subito esposto dal violino che si prodiga in passaggi virtuosistici. Le idee melodiche sono sorprendentemente semplici, soprattutto da un punto di vista armonico. L’Andante centrale, intriso di poesia, è scandito dall’alternanza di due idee melodiche: la prima, cantabile e appassionata, è proposta dal violino accompagnato dagli archi, mentre la seconda, annunciata da archi e fiati, presenta atmosfere più cupe. Nell’Allegro non troppo conclusivo il violino torna a essere protagonista. Le sue possibilità virtuosistiche sono esaltate al massimo grado, e talvolta l’orchestra è ridotta al minimo permettendogli di muoversi in passaggi spericolati e arditi. Il Concerto fu tenuto a battesimo il 13 marzo 1845 al Gewandhaus di Lipsia, solista il grande Ferdinand David, autore nel 1837 di un Concerto per violino pure in re minore, che presenta sorprendenti affinità con l’opera di Mendels- sohn, con la direzione del celebre compositore danese Niels Gade. Sinfonia n. 1 in do maggiore, op. 21 Ludwig van Beethoven si presentò per la prima volta in pubblico come autore di sinfonie il 2 aprile 1800, al Burgtheater di Vienna: in programma il Concerto per pianoforte n. 2, op. 19, il Settimino e la Prima Sinfonia, da poco portata a termine. Sei anni prima aveva avuto modo di abbozzare una Sinfonia in do minore, senza però completarla. Nella Vienna di allora Beethoven era conosciuto soprattutto come “virtuoso” del pianoforte, apprezzato specialmente negli ambienti dell’aristocrazia, nei quali aveva trovato molti amici e generosi sostenitori. Come compositore non era sicuramente popolare, e molto spesso la sua musica aveva sollevato critiche. Le accuse, allora come in seguito, erano sempre le stesse: le sue composizioni erano eccessivamente lunghe, difficili da eseguire, oscure ed eccentriche (“barocche”, secondo molti recensori). Invece la critica in quell’occasione accolse con entusiasmo la Prima, e non ebbe difficoltà a cogliervi echi della musica e dello stile di due maestri cari da tempo al pubblico viennese: Franz Joseph Haydn, forse presente in sala, e Wolfgang Amadeus Mozart. D’altro canto l’orchestrazione, in cui si notava una certa invadenza degli strumenti a fiato, l’armonia, a tratti giudicata “confusa”, e la dinamica di certi movimenti, come il Minuetto, presentavano in maniera evidente caratteri di novità e avevano stupito il pubblico. L’Adagio molto che introduce il primo movimento si apre con una deliberata sorpresa, definita da Carli Ballola “un piccolo capolavoro di tattica per épater le bourgeois”: tre gruppi simmetrici di accordi a creare una situazione di tensione, che allora fece trasalire il pubblico e lo stesso Haydn, per quanto avvezzo a proporre questo genere di “sorprese” nelle sue Sinfonie. Ma l’ordine è prontamente ristabilito, e una melodia delicata porta all’Allegro con brio, articolato secondo i procedimenti tradizionali della forma-sonata e pervaso da una serenità solo momentaneamente turbata da qualche ombra. L’Andante cantabile con moto si apre con una frase che a molti è parsa discendere dal secondo tempo della Sinfonia in sol minore KV 550 di Mozart, e vede i diversi gruppi strumentali dar vita a un raffinato gioco polifonico. Haydn sembra far capolino con il prolungato pedale del timpano in un episodio di terzine. Il Minuetto è stato giustamente interpretato come uno dei momenti più originali della Sinfonia: in effetti dietro la denominazione ancora settecentesca si cela uno Scherzo nel senso moderno del termine, caratterizzato dalla rapidità del tempo, dalle contrapposizioni fra le sezioni dell’orchestra e dai contrasti timbrici tipici del primo Beethoven. Un altro effetto di sorpresa, con poche battute di Adagio, distingue l’incipit dell’Allegro molto e vivace: un finale brioso, il più haydniano dei quattro movimenti, nel corso del quale questa umoristica suspense ricompare più volte. Testi di Roberto Calabretto