il bosco planiziale il bosco planiziale
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LE COMUNITÀ VEGETALI SCHEDA V3 il bosco planiziale S Se potessimo fare un salto indietro nel tempo di alcune migliaia di anni, vedremmo la Pianura Padana completamente ricoperta da una foresta scura e fitta che rivestiva come un manto l’intero territorio: questo era il bosco planiziale. La sua riduzione non è storia recente, l’uomo difatti iniziò ad influire negativamente sulla vegetazione forestale fin dall’Età del Bronzo, perché tagliava gli alberi per fare spazio alle colture agrarie. Gli interventi più dannosi furono però eseguiti dai Romani e in seguito durante il periodo medioevale, quando la Pianura Padana fu interessata da sempre più intensi disboscamenti, fino ad arrivare alla situazione attuale. Tale forte influsso antropico ha creato modificazioni anche sul clima che da un andamento oceanico, cioè con piogge uniformemente distribuite lungo l’arco dell’anno, ha assunto carattere equinoziale, cioè con precipitazioni concentrate nel periodo primaverile ed autunnale. Questo mutamento climatico ha fatto sì che specie vegetali, come principalmente il Faggio, bisognose di un clima più umido, risalissero di quota alla ricerca di un ambiente più adatto alle loro esigenze. Ciò che resta oggi sono solo piccoli lembi di foresta originaria, dove il faggio è stato sostituito da altre essenze, mentre sono rimaste le specie tipiche del suo sottobosco (es. sigillo di Salomone) più legate alle condizioni originarie, con temperature più basse e alta umidità che si trovano solo in questo ambiente ombroso. Oggi le specie arboree più frequenti sono la farnia, il carpino, il tiglio e, nei luoghi più umidi, l’ontano nero; tra gli arbusti troviamo il nocciolo, il sambuco, il corniolo, i salici ed i rovi. Allo stato attuale queste piccole formazioni che costituiscono un patrimonio botanico di notevole rilievo, sia per abbondanza di specie, sia per bellezza naturalistica, si trovano a rischio di ulteriore riduzione della loro superficie a causa di scelte gestionali che comportano la preferenza della monocoltura pioppicola o del mais, minacciando la biodiversità dell’ecosistema originario. Queste formazioni possono essere ammirate in alcune zone di pianura che ricadono sotto la tutela del PARCO DEL PO CUNEESE, in particolare nei pressi dell’Abbazia di Staffarda. Tali lembi di bosco planiziale si sono mantenuti storicamente fino ad oggi grazie anche alla cura dei monaci cistercensi, che sfruttavano tale ambiente ricco di acque, dove poterono ricavare delle pescaie che permettevano l’approvvigionamento di ottimo pesce per il convento. CURIOSITÀ Gli antichi Romani distrussero i boschi di querce, poiché erano luoghi sacri di culto dei druidi. Questi erano anche i capi politici e religiosi delle popolazioni celtiche che si opponevano all’invasione ed alla cultura romana. A sinistra: il portamento della farnia Dall’alto: una foglia e un frutto di farnia; una foglia e frutti di tiglio selvatico Con la partecipazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Saluzzo LE COMUNITÀ VEGETALI SCHEDA V3 il bosco planiziale SCHEDA N. 1 Dall’alto: una foglia di carpino bianco; un frutto e un esemplare di fiori del sigillo di Salomone A destra: una infruttiscenza di carpino bianco Un curioso parassita vegetale delle querce è il vischio; un tempo i cacciatori usavano le sue bacche appiccicose per catturare, invischiandoli nelle reti, i piccoli uccelli, mentre oggi viene utilizzato, più simpaticamente, per le decorazioni natalizie. peli rossi alla base delle venature nella pagina inferiore. I fiori sono bianco-giallastri, poco odorosi. Fioriscono a metà luglio. I frutti sono di forma globosa. Il legno è chiaro, tenero, utilizzato per mobili di poco pregio. CARTA D’IDENTITÀ Famiglia Fagaceae: Quercus robur L. (nome italiano: farnia; nome locale: rul) Albero caducifoglio di prima grandezza, raggiunge altezze di 30-50 m. La longevità è molto elevata, vive infatti fino a 10 secoli. La chioma è Famiglia Corilaceae: Carpinus betulus L. (nome italiano: carpino; nome locale: carpu) Albero caducifoglio di altezza modesta poiché non raggiunge i 20-25 m. La longevità è limitata a circa 200 anni, l’accrescimento è molto lento. Il fusto ha una sezione molto irregolare e presenta forti costolature alla base. La corteccia è liscia. La chioma è di forma piramidale molto fitta perché è ramificata in rametti sottili. Le foglie sono alterne, ovali, con venature rilevate che rendono la foglia un po’ bollosa. I fiori femminili sono in amenti simili a spighe mentre quelli maschili sono cilindrici. I frutti sono in grappoli pendenti ciascuno racchiuso in una brattea fogliacea trilobata. Il legno è giallastro, usato per piccoli attrezzi, per lavori al tornio o per ardere. irregolarmente ovata, molto ampia e lascia filtrare discretamente la luce. La corteccia è liscia e grigia in gioventù, dopo i 20 anni si fessura in lunghi solchi molto profondi. Le foglie sono strette alla base, si allargano nella parte superiore; di forma ovata con 5-7 lobi, sono asimmetriche alla base per l’ineguale sviluppo dei due piccoli lobi basali (dette orecchiette). I frutti maturano in autunno, sono detti ghiande, hanno una cupola a piccole scaglie e sono attaccati al rametto grazie ad un lungo picciolo. Il legno della farnia è sempre stato utilizzato per mobili di pregio e infissi. Famiglia Tiliaceae: Tilia cordata Mill (nome italiano: tiglio; nome locale: tiol) Albero caducifoglio che raggiunge i 20-35 m. Molto longevo, raggiunge infatti i 500-600 anni. La chioma è a cupola, molto ramosa e densa. La corteccia è grigia scura, finemente fessurata in senso longitudinale. Le foglie sono alterne, a forma di cuore con CURIOSITÀ La farnia era considerata dalle antiche popolazioni europee l’albero cosmico che univa il cielo con la terra e con la sua chioma sorreggeva la volta del cielo. Il carpino è sparito dalla pianura perché è stato sostituito dalla robinia, per trovarlo occorre risalire negli impluvi collinari freschi e ombrosi. I fiori del tiglio sono sempre stati usati per curare la tosse e calmare gli animi agitati, per questo sono utilizzati in gradevoli tisane. Testi e disegni: Gea S.A.F., Pinerolo - © Parco del Po Cuneese - Sett. 1998