DISQUIETING MEMORIES MEMORIES

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La ricerca di Andrea Massaioli, sin dall’inizio degli anni ’80,
non si inquadra in un filone specifico; si tratta, piuttosto, di
un linguaggio che
si avvale di contaminazioni tra pittura, scultura e acquarello.
Tra questi ambiti si attua un continuo scambio di
“informazioni” e di momenti: essi vengono sempre prelevati
da un territorio privato, per essere successivamente
trasposti in immagini che conservano, anzi esaltano, la
dimensione del vissuto.
Un oggetto attinto alla quotidianità non si riduce a mero
feticcio, né si presta al gioco torbido della reificazione. Si
trasforma invece in altro,
mediante una alchimia di combinazioni che chiama in causa
l’immaginazione produttiva, in modo tale da generare
peculiarità ben determinate. Una moto, un’automobile,un
vagone ferroviario sono ridotti allo “scheletro” della loro
carrozzeria, uno scheletro ben vivo: la sua essenzialità
scabra, schematica, viene trasferita sulla tela, spesso
riproposta in più elementi coesistenti in verticale nello
stesso spazio. In questo caso, tuttavia, non è opportuno
parlare di serialità, quanto piuttosto di articolazione plurale di uno stesso soggetto, visto in
una ripetitività che prevede sempre scarti minimi, così da indurre ad una ri-costruzione
ininterrotta dell’oggetto
stesso all’interno del suo contesto naturale.
Nella pittura di Massaioli alcuni elementi risultano fondamentali.
Innanzitutto lo spazio-sfondo della tela; spesso è monocromo, ma anche quando si “affida”
a combinazioni cromatiche, è sempre esperito come un luogo-tutto, un universo dove ogni
cosa può mutare in qualsiasi momento.
Non c’è mai un pretesto narrativo; quel che conta sono momenti esistenziali, significativi di
per sé, che sembrano emergere dallo spazio pittorico per trovare una dimensione altra,
procedendo oltre la soglia dei residui simbolici. E’ in questa zona neutra, dove tutto può
accadere, che la qualità si palesa mediante una deprivazione graduale di elementi. Le figure
sono decentrate: è come se una forza centrifuga le sospingesse verso i bordi della tela o,
comunque, in una zona defilata rispetto al centro,
proiettandole in un luogo reinventato.
Qualsiasi pretesa di condensare la realtà in schemi fissi risulta vanificata: ogni particolare è
sobrio, ridotto alla sua struttura interiore;
sembrano esistere infinite variabili dello stesso tema: il dettaglio diventa il dato
fondamentale di una gamma di trasformazioni in fieri nelle
quali risiede il senso dell’essere. La memoria concorre alla costruzione del nostro hic et
nunc, nella prospettiva di un orizzonte aperto.
In questa pittura la materia è formativa: inizialmente tempera a base di colla di coniglio e
pigmenti preparata dall’artista stesso, poi pittura ad olio, sempre comunque molto diluita,
Via lecco 15 20124 Milano Tel. 02.29530826 fax 02.20421206
e-mail: [email protected] web: www.rossanaciocca.it
estrinsecazione di quel fluire di umori che metabolizza il divenire delle emozioni e dei
ricordi. I soggetti sono i più diversi: rane, funghi, teste d’oca, farfalle, meringhe legate in
modo strano a bolle di sapone, capaci di comunicare una sensazione ovattata di leggerezza.
Singolare risulta l’uso della tecnica dell’acquarello sulla tela che unisce e raccorda due
specificità apparentemente difficili da amalgamare: il colore, sempre inteso come luce che
getta uno sguardo intenso sulla figurazione, trova nel verde il punto più alto di
luminescenza cromatica. Realismo, ma non solo: è sempre presente la capacità di
mantenersi a mezza strada tra un’icona concreta e il suo correlato immaginifico.
Una considerazione analoga si può fare per la scultura. Legno di balsa dipinto di bianco (
colore della luce) all’inizio, poi terracotta, smalto,
passaggi diversi di cottura a seconda del maggiore o minore grado di lucentezza che ci si
propone di realizzare. Scheletri di pesci appesi ,
fucili, funghi, racchette da tennis sulle quali “fioriscono” funghi.
“Ibridi”, quali ad esempio rane e neonati, nasi e peni, aggrovigliati in modo inestricabile,
presenze della mente, della sua capacità inesausta di generare immagini a raffica. Sino alle
più recenti meringhe, metafora della dolcezza, ai corpi di neonati, trafitti da strani aculei, che
evocano una condizione originaria ben presto scalfita dalle difficoltà esistenziali. Si tratta di
icone inquietanti, così come le figure “catturate” nei disegni in situazioni di erotismo, rese
con estrema levità e delicatezza cromatica.
Spesso Massaioli disegna su carta copiativa: il nero della carta, dimensione dell’assenza da
cui tutto diviene, è esaltato dal lucido della
materia che gli consente di evidenziare profili, sagome. E’ come se l’immaginario generasse
un “contorno” che è in grado di accogliere dentro di sé ogni possibilità dell’ Erlebnis per
farne una configurazione di vita in inesausta metamorfosi.
Tiziana Conti
Gennaio 2004
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