UMBERTO ECO LA SCOPERTA DI ESSERE LIBERI (da Apocalittici

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UMBERTO ECO LA SCOPERTA DI ESSERE LIBERI (da Apocalittici
UMBERTO ECO
LA SCOPERTA DI ESSERE LIBERI (da Apocalittici e integrati, Milano, Bompiani, 1964)
Tutti sappiamo che differenza corra tra formazione e informazione. Tutti sanno ugualmente che
oggi noi viviamo in un universo dell’informazione, lo sviluppo tecnologico ha fatto sì che se
dialogo e cultura potranno ancora sopravvivere tutto questo non verrà che sullo sfondo di una
comunicazione intensiva di dati, di notizie, di aggiornamenti circa ciò che sta accadendo.
È facile capire come una condizione del genere si presti alla “deprecazione”. Non vi è nulla di più
facile della deprecazione. A qualsiasi intellettuale fallito basta commisurare la condizione
dell’uomo contemporaneo a quella del Cortegiano e dei gentiluomini del Bembo, ed il gioco è
fatto:quale squallido divario, che perdita di umanità….Dove è finito l’uomo? Cosa ci resta? Il
silenzio, la contemplazione tragica del vuoto. E la consolazione di essere un animo nobile.
Un nichilista fiammeggiante.
Ma quale uomo va a rotoli?quello del Bembo, di Leonardo, dell’Ariosto o di Raffaello? Bene. Di
quell’epoca noi possiamo anche immaginarci i membri di una comunità contadina: vivono secondo
ritmi stagionali e “umani”, la cultura si trasmette di padre in figlio sotto forma di nozioni verificate
dalla saggezza dei vecchi; essa è “formazione” perché è sistema di valori, è equilibrio, è ricca e
naturale umanità. Intenti all’esercizio di questa loro incorrotta totalità di valori, essi apprenderenno
un giorno, con ritardo, la notizia che è avvenuta una riforma, che la riforma ha provocato alcune
sommosse, qualche guerra, e che il loro sistema di valori è mutato. Essi non erano certi toccati dal
morbo del giornalismo. Però qualcosa era mutato, ora dovevano sottomersi. Qualcuno aveva scelto
per loro: aveva scelto, coi valori, le tecniche di governo, l’assegnazione dei mezzi di produzione,
tutto.
Cosa accade invece ai nostri contemporanei? Schiacciati dal premere di un universo della
formazione, Mike Bongiorno, il figlio di Mina e la condanna di Evtuscenko, il Concilio e il dottor
Kinsey inscenano ai loro occhi dalla pupilla dilatata la vergognosa commedia di una informazione
che informa su tutto e non dà più nulla. Eppure un certo giorno alcuni di costoro, nella babele
grafica delle titolazioni di una pagina di giornale, individuano l’informazione che li tocca più da
vicino: laggiù è scoppiata una rivoluzione subito repressa, ieri il governo in carica ha stipulato
un’alleanza politica che tradisce il passato, oggi il leader di uno dei due blocchi ha dato inizio a una
azione che che potrà portare alla guerra. Questi lettori leggono – rimangono “informati sul presente”
– e scendono in piazza. Tirano sassi contro una delegazione, si fanno uccidere dalle forze
dell’ordine, marciano silenziosi con i cartelli. Entro sera qualcosa nella situazione generale è
mutato. Il loro gesto ha cambiato il corso degli eventi. Questi uomini informati si sono scoperti, per
ciò stesso, uomini liberi; e hanno saputo, cosa insospettata, sceverare tra informazione e
informazione. Dovendo sceglierci un ideale umano, saremo invogliati a optare per queste vittime
della malattia tecnologica. Ci sorge il dubbio che il modello “umanistico” che ci viene proposto
contro il modello deprecato, costituisca in fin dei conti una truffa pericolosa, e che la piena umanità
dei cortegiani non fosse che un appannaggio per classi privilegiate.
Solo che fermarsi a questo punto sarebbe altrettanto ingenuo e ingannevole che allinearsi in
posizione deprecatoria. L’uomo dell’universo dell’informazione non è affatto un uomo rigenerato e
fatto libero: è un “ mutante”, un uomo per il quale andranno configurati nuovi ideali di umanità,
nuovi sistemi di valori, e individuate nuove vie di liberazione.
Qualsiasi altra posizione è radicalmente equivoca: e ci fa sospettare che celi la nostalgia di un tempo
in cui essere “uomo” era privilegio di pochi.