Maggio-Agosto 2015 - Associazione Nazionale Alpini – Sezione di

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Maggio-Agosto 2015 - Associazione Nazionale Alpini – Sezione di
G E N OVA
n u o v a
PERIODICO PER GLI ALPINI DELLA SEZIONE ANA DI GENOVA
Anno III – N. 2 – Maggio - Agosto 2015
Direzione e Amministrazione: Mura delle Cappuccine, 33 - 16128 Genova – Poste Italiane S.p.A. - Sped. Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Genova
L’Aquila: 88a
Adunata Nazionale
Genova
Pellegrinaggio al Santuario
di N. S. della Guardia
Genova 24 maggio
24° incontro
italo-austriaco della pace
Raduno Intersezionale a
Capannette di Pej
La Grande Guerra:
le prime operazioni
Attività della Sezione
Attività dei settori
In Famiglia
NOTIZIE DAL MUSEO
a commissione che gestisce il museo, dopo un silenzio durato quasi due anni, comunque, senza mai mancare alle aperture programmate, ai lavori di manutenzione, alla pulitura degli oggetti e alla sua catalogazione, è
pronta a ripartire con la rubrica “Notizie dal Museo”.
Abbiamo aderito alla manifestazione, indetta dai Comuni dell’alta Valle Scrivia, sulla commemorazione dei
cento anni dall’inizio della Grande Guerra, con un ricco
programma itinerante realizzato dai comuni che anno aderito all’iniziativa a partire dal giorno 11 aprile, a chiudere la rassegna, domenica 19 aprile con il concerto del
Coro Monte Cauriol.
A noi il compito di tenere aperto il museo dalle 9 alle
13 con aperture straordinarie nell’arco della settimana e
ricevere le scolaresche della valle.
Queste aperture hanno portato al museo un notevole
incremento nelle visite e notorietà.
Le scuole sono state una sorpresa, intervenute con
circa 300 ragazzi tra scolari e alunni, così ripartiti tra le
scuola di Torriglia, Casella, Savignone, Busalla, Isola del
Cantone, Favale di Malvaro, a questi numeri vanno aggiunte le visite giornaliere di persone adulte, che non
pensavano esistesse una così ricca collezione di oggetti
e uniformi militari, le scuole anno partecipato a vari incontri, dove gli studenti si sono interessati su ogni argomento trattato; è intervenuto anche il vice Presidente Militello con il suo programma.
Non dobbiamo dimenticare le due mostre itineranti,
attualmente esposte una al Circolo Uffciali. la seconda a
La Spezia; mentre per settembre a Sestri Ponenete ed
ottobre a Asti.
Il museo continua a ricevere donazioni di materiali di
L
CALENDARIO
DELLE MANIFESTAZIONI 2015
GRUPPI
10 OTTOBRE ore 17,00 SAMPIERDARENA FESTA
MADONNA del DON e 143° ANNIV. TT.AA. 18 OTTOBRE MASONE RADUNO DEL GRUPPO
18 OTTOBRE CICAGNA RADUNO DEL GRUPPO
SETTORE
19-20 SETTEMBRE 2015 SESTRI PONENTE
IX RADUNO DEL SETTORE PONENTE
SEZIONALI
15 NOVEMBRE: PRESSO LA SEDE SEZIONALE
ASSEMBLEA DEI CAPIGRUPPO.
RAGRUPPAMENTO
10 -11 OTTOBRE RADUNO
DEL 1° RAGGRUPPAMENTO AD ACQUI TERME
NAZIONALI
6 SETTEMBRE RADUNO AL PASUBIO
13 DICEMBRE ore 9,00 MESSA IN DUOMO
A MILANO
ogni genere,continua la catalogazione degli oggetti
esposti nel museo e nelle due mostre itineranti. Le aperture estive sono: luglio – agosto, tutti i lunedì e giovedì
con orario 15.00 – 17.00. oppure con prenotazione
telefoniche; numero telefonico su internet [email protected] Oppure rivolgersi al Comune di
Savignone. Uff. cultura e spettacolo.
LA GRANDE GUERRA NELLE SCUOLE
Pubblichiamo il tema vincitore della scuola di Torriglia.
TEMA: Immagina di essere un soldato italiano della prima guerra mondiale e scrivi una lettera ai tuoi cari dalla trincea, raccontando le tue giornate al fronte; se vuoi puoi prendere spunto dal contenuto di “veglia” di Ungaretti o della trama del film “Joeux Noel”.
Cara moglie volevo sapere come stavano i bambini e come stavi te, qui ci sono molti feriti e tanti morti ci stanno massacrando pero qua ci dicono di difendere, ma è impossibile perché ormai ci sono rimasti pochi soldati; questa guerra sta andando male.
Ti riccordi il mio migliore amico che mi ha fatto da testimone al matrimonio? E’ morto perche non ce la faceva
piu ed è scappato per tornare a casa ma lo ha ucciso un ufficiale del nostro comando perché diceva che era un disertore; non so se sei andata a trovare mia madre perchè so che non andate d’accordo, ma se la vai a trovare mi
togli un pensiero dalla testa e cosi le fai conoscere i bambini.
I piccoli stanno bravi o fanno i biricchini? giuramento questa lettera non la farranno passare perché prima di
arrivare a te le lettere passano un controllo perche se ci hai scritto che la guerra sta andando male non la fanno
passare.
Poi volevo dirti una cosa, ti prometto che tornerò a casa e quando tornerò ti staro sempre vicino e non ti lascero più e metterò i bambini a letto con una favola, perché ho capito l’importanza della vita.
Ti voglio bene.
Campo 5° - Calogero.
31 gennaio 1916
Riggi Daniel classe 3° scuola secondaria di primo grado Torriglia
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In copertina: Gli Alpini di Genova alla 88a Adunata Nazionale a L’Aquila
RECENSIONI
I CAPPELLANI MILITARI D’ITALIA NELLA GRANDE GUERRA
VITTORIO PIGNOLONI - EDIZIONI SAN PAOLO, pagg. 990, €43,00
no dei libri che più mi ha colpito, sulla storia delle
Penne Nere, è “Cristo con gli Alpini” di don Carlo
Gnocchi. Non è un diario, un resoconto, una cronaca, una
confessione, ma è un atto di fede gettato nella follia della
guerra, un gesto di speranza dedicato a coloro che ormai
non ripetevano più questa parola, uno slancio d’amore
che replica ai colpi della violenza. Don Carlo ha portato
Cristo al fronte e l’ha condotto nella disperazione degli accerchiamenti dove si consumavano le ultime forze.
Per i 100 anni del Primo conflitto mondiale, durante il
quale furono settanta milioni i giovani mobilitati e spediti
al fronte per un conflitto durato quattro anni durante i
quali si scontrarono le principali potenze mondiali e i piccoli stati di tutto il mondo, le edizioni San Paolo pubblicano un libro, che è una testimonianza eccezionale, di uomini sconosciuti, protagonisti loro malgrado. Sono i Cappellani militari d’Italia, dei quali ci racconta Vittorio Pignoloni, che ha dedicato la sua vita all’apostolato tra i giovani
militari italiani. Il libro rivista proprio la missione e l’opera di 210 Cappellani militari nella Grande Guerra, Martiri
e testimoni di una carità senza confini, attraverso le relazioni-testimonianze inviate al Vescovo di campo, Mons.
Angelo Bartolomasi. I Cappellani furono 2.048: 93 di essi
caddero in guerra, 3 furono le medaglie d’Oro, 137 quelle
d’Argento, 299 di Bronzo, 94 le Croci al Valore. Portarono
la carità e la presenza di Cristo nelle trincee, che sono state uno dei simboli della Grande Guerra. Quando i vari governi europei decisero di scendere in campo, tutti erano
convinti che si sarebbe trattata di una guerra veloce in cui
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era essenziale sfruttare il fattore temporale. Invece, dopo
poche settimane, i diversi
fronti europei si stabilizzarono ed iniziarono ad essere
scavate centinaia di chilometri di trincee, dal nord della
Francia fino all’Europa orientale, nell’attuale Polonia e nei
Balcani. Questi lunghi corridoi, profondi poco meno di
due metri, comparvero da subito anche sul fronte italiano,
in pianura, sull’altopiano carsico e in alta montagna, in
mezzo alla neve. Il bel libro di
Pignoloni ci aiuta rendersi
conto di come molti di quegli
uomini, in quelle trincee, nei
fronti di combattimento, in quei drammatici anni, sentissero il bisogno di affidarsi alla religione e alla fede. Lo fecero attraverso la fraterna solidarietà e la vicinanza dei
Cappellani militari, che furono coadiuvati da 500 AiutoCappellani, e dei circa 15mila Preti-soldato e Chieri, mobilitati, la maggior parte, nelle Sezioni di Sanità.
Questo libro è una testimonianza eccezionale e ci propone una documentazione preziosa: per questo è, a mio
avviso, da non perdere.
Roberto Martinelli
SEVERINO TREMATOR PITTORE (1895-1940) - UNA STORIA RITROVATA
WALTER SCUDERO - CLAUDIO GRENZI EDITORE
ubito dopo la prima guerra mondiale, tra gli alpini genovesi si potevano incontrare due artisti oltremodo dotati: lo scultore Eugenio Baroni e il pitto-
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Direttore responsabile:
Nicola Pellegrino
Comitato di redazione Presidente: PIETRO FIRPO
Membri: PIERO BONICELLI - ROBERTO MARTINELLI
GIANCARLO MILITELLO - GIORGIO PRETELLI - LORENZO SANTAGATA
MAURO TIMOSSI - FRANCESCO TUO
PERIODICO PER GLI ALPINI DELLA SEZIONE ANA DI GENOVA
Direzione e Amministrazione:
Mura delle Cappuccine, 33 - 16128 Genova - Tel.: 010 587236 - Fax: 010 5709480
mail: [email protected]
Autorizzazione: Trib. di Genova N. 4-2013 del 17/05/2013
Stampa: Arti Grafiche Francescane srls - Corso Europa, 386 b 16132 Genova
re Severino Trematore (in arte Tremator). Oltre ad essere valorosi ufficiali degli alpini e grandi artisti, avevano qualcos’altro in comune: entrambi erano
pugliesi di nascita. Baroni
era nato a Taranto, Tremator a Torremaggiore
(FG), ma entrambi sono
genovesi d’adozione perché a Genova si stabilirono, il primo a tre anni, il
secondo dopo la guerra
dato che lì abitava il fratello minore Furio.
Nel 1994 il giornalista
e scrittore Sergio Paglieri
aveva pubblicato un bel
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volume, molto interessante e documentato, dal titolo
Lo scultore Baroni;
su Tremator invece,
a parte qualche articolo e qualche
cenno nei libri d’arte, mancava un’opera specifica. Finalmente la lacuna
è stata colmata da
questo libro, presentato a Torremaggiore
nel
120°anniversario
della nascita di Severino Trematore
[d’ora in avanti
S.T.] alla presenza
del commissario
prefettizio, dell’autore e dell’editore,
nonché della signora
Donatella
Trematore, nipote
dell’artista in quanto figlia di Furio, residente a Genova con il marito Vito Hotellier, amico degli alpini. La
signora Donatella, con un gesto molto apprezzato, ha
donato alla città di Torremaggiore otto dipinti di Tremator, che saranno custoditi in una sala espositiva apposita e si aggiungono a una quindicina di opere donate da suo padre nel 1961.
La vita militare dell’alpino S.T. fu intensa. Assegnato come ufficiale al 1° reggimento e inquadrato nel
battaglione Monte Saccarello, partecipò nel giugno
1917 alla sanguinosa battaglia dell’Ortigara e nei mesi di novembre e dicembre combatté strenuamente
sull’altopiano di Asiago. Il 4 dicembre 1917 fu catturato a Malga Lora (m 1668), una conca tra i monti Castelgomberto, Fior e Spil, dove i resti di un cimitero
militare e numerose postazioni in grotta, di cui una
raffigurata in un suo toccante quadro riprodotto nel libro, ricordano ancor oggi la durezza dei combattimenti.
Rinchiuso nel castello di Salisburgo, fu rimpatriato
il 13 novembre 1918 e si stabilì prima a Mondovì,
presso il deposito del 1° reggimento, e poi a Genova,
dove come detto risiedeva il fratello Furio. Con gli alpini genovesi i rapporti furono cordialissimi, tanto che
una parete della sede sezionale di Mura delle Cappuccine accoglie due sue pregevoli opere: La tormenta, dipinta nel 1924 e offerta dall’autore per la sede di
allora, e Autoritratto in divisa del 1917, donato dal fra-
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tello Furio nel secondo dopoguerra. Il primo quadro,
di grandi dimensioni, fu ammirato da decine di migliaia di visitatori nel Palazzo Ducale di Genova durante l’adunata nazionale degli alpini del 2001 e poi
nelle mostre per il 90° della fine della Grande Guerra,
tenute nel 2008 nel Palazzo della Borsa e l’anno successivo nel Palazzo Reale.
Da Genova dopo qualche anno S.T. si trasferì a
Londra, dove ottenne un successo clamoroso, inatteso
ma sicuramente meritato. Il libro in esame ripercorre
tutte le fasi della sua vita, offrendoci al meglio “la storia ritrovata di un pittore tanto famoso quanto sfortunato, tanto noto quanto dimenticato”. Da una parte
vengono evidenziate, della complessa figura di S.T., le
diverse sfaccettature che lo rendono così caro e umano; dall’altra l’ambiente storico, artistico e anche
mondano in cui agì è illustrato con maestria e competenza, senza mai dimenticare la sua “alpinità”. Anche
gli agganci tra persone, situazioni e luoghi differenti
sono colti abilmente. Un pregio non secondario dell’opera è poi l’utilissimo “Indice delle immagini”, dove ne sono elencate 150 riprodotte nel testo quasi tutte a colori.
Sarà un piacere per il lettore scoprire i vari aspetti
della personalità di S.T., che fu uno dei protagonisti
della vita londinese negli anni ’30 del secolo scorso, e
il merito va senza dubbio all’autore del libro, Walter
Scudero. Conterraneo di S.T., medico specialista di
professione, i suoi molteplici interessi sono rivolti alle
correlazioni interdisciplinari tra le varie forme d’arte,
dalla pittura alla letteratura, alla musica, al teatro. Personaggio dalla poliedrica attività, si è distinto come
autore, direttore artistico, regista, conferenziere, critico letterario, dedicandosi in particolare alla scrittura
nei campi più svariati. Suo tra l’altro il progetto del
collage in copertina, che mostra in alto S.T. a 20, 24, 37
anni d’età e al centro, da sinistra a destra, il Castello
Mackenzie di Genova, una veduta di Torremaggiore di
fine ’800 e il Big Ben di Londra.
Con queste premesse è quasi d’obbligo suggerire
al lettore di acquistare il libro (basta rivolgersi alla segreteria sezionale), in modo da avere un quadro pressoché completo dell’avventurosa esistenza di S.T. dall’infanzia fino alla sua tragica fine. Infatti, poco dopo
lo scoppio della seconda guerra mondiale, S.T. con altre centinaia di italiani residenti in Gran Bretagna era
stato imbarcato a forza per essere deportato in Canada. La nave, colpevolmente priva delle insegne della
Croce rossa, fu silurata e affondata da un sommergibile tedesco, trascinando con sé negli abissi S.T. e tante altre vittime innocenti.
Gabriele De Dominicis
PELLEGRINAGGIO AL SANTUARIO
DI NOSTRA SIGNORA DELLA GUARDIA
uest’anno il consueto pellegrinaggio al Santuario della
Guardia il giorno 12 aprile è stato diverso dal solito. Infatti, a
parte la magnifica giornata di sole (cosa che non capita di frequente in questa occasione), alla cerimonia hanno partecipato
non soltanto gli Alpini, ma anche
tutte le altre associazioni d’arma, con le proprie bandiere e
vessilli.
Questa nutrita partecipazione ha conferito alla manifestazione una particolare solennità,
specialmente quando alla fine
della Santa Messa sono state
recitate, oltre alla nostra Preghiera dell’Alpino, anche le preghiere proprie delle altre specialità ed associazioni.
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GENOVA - 24° INCONTRO
ITALO-AUSTRIACO DELLA PACE
l 24 maggio si è svolto a Genova il 24° incontro italo-austriaco della pace, a ricordo di tutti i caduti e le vittime
civili della Grande Guerra. La cerimonia di quest’ anno, che riveste carattere di particolare solennità data la ricorrenza del centenario dell’ entrata in guerra dell’ Italia, ha visto la partecipazione di un gran numero di associazioni d’ arma sia italiane che estere, in particolare della Schwarzes Kreutz austriaca, di rappresentanti diplomatici e religiosi, di autorità militari e civili.
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Le commemorazioni hanno avuto inizio alle
ore nove del mattino al cimitero monumentale di Staglieno, dove sono stati resi gli onori ai caduti che riposano nell’ Ossario Austro-Ungarico, di recente restaurato dagli
Alpini; dopo la deposizione di corone, è stata benedetta una targa bilingue posta a ricordo della cerimonia.
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Successivamente in piazza De Ferrari si sono concentrati i partecipanti, appartenenti alle varie associazioni d’ arma, compresi i
reparti in divisa storica, e le autorità civili e militari, che hanno
sfilato fino a Piazza della Vittoria, sostando a metà di Via XX settembre per rendere omaggio alle lapidi dei Caduti sotto il Ponte
Monumentale.
In Piazza della Vittoria, dopo il saluto
delle Autorità e le orazioni ufficiali, è
stata celebrata la Santa Messa a ricordo
dei caduti, accompagnata dal coro sezionale “Soreghina”
L’Aquila 15/17 Maggio: ADUNATA O PELLEGRINAGGIO?
“Ora dorme e chissà se ci sarà un letto così grande che copra la città d’amore.
Sogno che si salverà tra le memorie, sogno che non finirà,
scende la notte nel cuore.
Donna che non smetterai di far nascere il sole, ...
Donna d’Onna, corri nel cielo che affonda, tutto il coraggio è con te, bellezza sogna.
Donna d’Onna, dentro ai tuoi occhi ritorna luce che ferma la terra e per la vita resterà ...”
(da “donna d’Onna” di Gianna Nannini dedicata all’Abruzzo terremotato)
ra le tante sensazioni vissute in quei giorni, partendo
alcune rimangono dentro de L’Aquila: davanti alla casa dello studente, intanto che guardavano le foto e gli
scritti lasciati dalle mamme e dagli amici, gli occhi lucidi su
volti rugosi e già bruciati dal sole in primavera, volti di chi lavora duro ed è in apparenza altrettanto duro, e poi il “grazie
alpini, portalo a tutti il nostro grazie” mormoratomi da una
donna lungo il percorso della sfilata mentre le sue vecchie
mani si tendevano per una stretta …: no, non è stata una
adunata come le altre questa de’ L’Aquila, questo incontro
che era un dovere organizzare ed un obbligo l’esserci.
Arrivando da ovest la mattina la città appariva come fatata: tante lame di luce filtranti tra le nubi ad illuminarla,
nella nebbiolina del “Cratere” sembravano darle un aspetto
quasi irreale e tutte quelle gru a sovrastarla parevano scarabocchi strani su un quadro d’autore: una immagine che
avrei voluto e non ho potuto fermare, ma che già pareva voler raccontare di quella città bella e martoriata dalla natura.
Il centro tra le file di costruzioni centinate, puntellate
con travi e putrelle, tenute insieme da tiranti e cavi d’ac-
T
ciaio, quelle finestre con le tendine in disordine, le tapparelle messe di sghimbescio, le porte aperte o chiuse con un
lucchettino da nulla (tanto a che servirebbe?).
E poi le chiese, punto di riferimento in questa Italia di
chi ama il bello, particolarmente numerose a L’Aquila, anch’esse puntellate e con tettoie provvisorie a coprire i buchi
di volte e cupole cadute a terra su cui non è difficile immaginare affreschi polverizzati, perduti per sempre.
“L’Aquila tornerà a volare” da sei anni si ripete, un auspicio, un sogno con però l’amarezza di sapere che, ben che
vada, non sarà mai più la stessa cosa.
La “festa, si fa per dire, c’è stata comunque, pure esagerata con la solita presenza di trabiccoli fracassoni e persone
alticce per non dire di peggio, c’è stato anche quello che
L’Aquila non meritava e che secondo me dovrebbe costringerci a ripensare un momentino in particolare il sabato delle nostre adunate, ma ciò non offusca l’immagine bella di
tutte quelle persone che per ore ed ore hanno sfilato portando calore ed amicizia.
Carlo Fontana
Grazie L’Aquila Grazie Abruzzo Grazie Alpino d’Abruzzo!!!
ono da sempre un grande emotivo e, nonostante sia
ormai rimasto giovane solo nell’animo , in talune occasioni anche ufficiali non mi vergogno di ammettere
che spesso soffro di“groppo in gola”con lacrime annesse …
All’ultima Adunata de L’Aquila avevo però un motivo in
più per commuovermi rispetto alle precedenti manifestazioni e sarei stato veramente dispiaciuto se non avessi potuto essere presente .
Conobbi i primi Abruzzesi diversi anni fa a Tarvisio, durante il Servizio Militare, e di essi mi piacque subito il forte
carattere unito ad una grande generosità che arrivai a sperimentare personalmente nella Caserma “Lamarmora” di
Tarvisio e soprattutto nel corso delle esercitazioni di tiro
(Mortai da 81 mm. Brandt). C’è però un gesto in particolare che non potrò mai dimenticare ed è ciò che avvenne in
prossimità delle sorgenti del Piave, alle pendici del Monte
Peralba (Alto Cadore) dove si trovavano le nostre postazioni, dopo una violenta grandinata che determinò un ulteriore brusco abbassamento della già bassa temperatura (ci trovavamo infatti nelle Dolomiti Bellunesi a 1.830 metri sul
mare alla fine del mese di Maggio 1969). Durante la notte
mi vennero febbre alta ed una tosse così forte che, con immediata e generosa spontaneità, un Alpino del Battaglione
“L’Aquila”(Divisione“Julia”) scambiò la mia coperta militare, in dotazione al mio Btg. (“Mondovì”- aggregato alla“Julia”) col suo caldo sacco a pelo del quale era invece dotato
S
il suo battaglione. Ciò rese possibile non peggiorare ulteriormente il mio stato di salute (si trattava dei prodromi di
una broncopolmonite) e poter così ritornare la mattina dopo in jeep a Sappada per essere curato nell’Infermeria della Caserma“Fasil“. Negli anni non ho mai dimenticato quel
gesto di Carità Cristiana, ma sono ad oggi risultate vane le
ricerche sin qui esperite e non mi è stato sinora possibile rivederlo o quanto meno fargli sapere che è rimasto nel mio
cuore (e nelle mie preghiere). L’adunata svoltasi quest’anno a L’Aquila mi ha dato così la possibilità di poterlo almeno indirettamente ringraziare tramite i suoi conterranei
riassaporandone così lo spirito, ricco di sani principi e valori che sono alla base di una società veramente giusta e solidale. Mentre sfilavamo quanti applausi e quanti “”GRAZIE !” abbiamo ricevuto!
Tra due ali di folla, insieme agli altri Alpini commossi
come il sottoscritto, rispondevo anch’io con applausi ed altrettanti “Grazie a voi!”: tre sole parole (il solito “groppo in
gola” che mi assale persino nel cantare il nostro Inno Nazionale…) per dire “Grazie per la cordialità, l’amicizia, la
generosità dimostrate nei nostri confronti, ma soprattutto
per le esemplari forza, coraggio e fierezza che sono nel Vostro DNA”e che sono ben riassunte nel motto del Btg. L’Aquila : “D’AQUILA PENNE, UGNE DI LEONESSA”.
Mauro Mocellin
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88a ADUNATA NAZIONALE:
L’AQUILA,
CON “GLI ALPINI NEL CUORE”
crivere sull’Adunata Nazionale Alpini, svoltasi a
L’Aquila il 15-16-17 maggio 2015, è rivivere le forti emozioni entrate nell’anima in quei giorni di autentica poesia.
Emozioni vibranti, difficili da trasmettere per l’intensità della loro forza.
Nella“Cittadella degli Alpini”, inaugurata venerdì mattina al Parco del Castello, con il taglio del nastro da parte
del Presidente ANA Sebastiano Favero, del generale Federico Bonato e del sindaco Massimo Cialente, è in bella mostra una rassegna di pannelli sugli interventi degli alpini
nelle fasi successive il terremoto del 6 aprile 2009: “Gli ALPINI ci sono… sempre!” sta scritto in ognuno di essi.
La presenza degli oltre trecentomila, tra alpini e non,
all’adunata, sigilla l’unione indissolubile delle penne nere con la città ferita.
Cosa c’è di più indovinato del logo “Io c’ero”, che si
legge sui prodotti pubblicizzati? Sì, bisognava esserci, per
respirare l’aria sana dei sentimenti degli aquilani, per immergersi nella loro realtà sofferta, per diventare fratelli a
pieno titolo.
Entrando in città, ci accolgono le scritte su grandi striscioni:
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“BENVENUTI ALPINI…..anzi, BENTORNATI !”
“BENVENUTI A CASA VOSTRA”
Gli alpini non si sono mai allontanati da questa città.
L’hanno portata sempre nel cuore. Sono accorsi immediatamente da ogni parte d’Italia nei giorni del dolore.
Sono rimasti vicini alla gente, con il conforto, con un sorriso, con un invito a risollevarsi, offrendo la solidarietà
tangibile per la ricostruzione. Ora sono ancora lì, questa
volta per gioire insieme, per cancellare, almeno per qualche giorno, la sofferenza annidatasi nelle pieghe più recondite del loro essere. Il clima di festa - caratteristico di
ogni adunata alpina- qui è ancor più sentito e sembra
passare come una ventata riparatrice sulle case e sui palazzi imbrigliati nei ponteggi. Non c’è nulla di sbagliato a
fare festa. Non c’è contraddizione tra la realtà delle ferite
ancora esposte e la sana, gioiosa allegria dei canti alpini,
degli incontri lieti, nelle strade e nei locali per un brindisi. Anche nel prestare il cappello alpino per una foto.
Che siamo“ormai di casa”ce lo conferma l’Arcivescovo de L’Aquila, Monsignor Giuseppe Petrocchi e lo ribadisce l’Ordinario Militare Santo Marcianò alla Messa
solenne del sabato pomeriggio, nella Basilica San Bernardino, riaperta un mese fa, in vista dell’adunata.
“Voi siete cittadini di questa città. Sentitevi in famiglia tra di noi. L’Aquila non dimenticherà mai la vostra
partecipazione e vi abbraccia”.
L’abbraccio simbolico è anche con il tricolore che “avvolge l’Aquila”, come scrive un giornale locale.
L’alzabandiera, in Piazza d’Armi, è il primo atto d’amore verso la Patria, celebrato non solo dalle Autorità civili e militari, dagli alpini mattinieri
già “allineati”, ma da tutta la popolazione. La bandiera italiana issata sul
pennone, con alle spalle le mura del
castello spagnolo del cinquecento,
rappresenta soltanto l’inizio di una
giornata tricolore.
Ci troviamo nella“Cittadella degli
alpini”. C’è da soffermarsi, in primo
luogo, nel tendone della rassegna
storica, per il centenario dell’entrata
in guerra dell’Italia. Il Gruppo “Militaria 1848-1918” ti accoglie all’entrata, con alpini nelle divise dell’epoca.
Nei numerosi padiglioni si ripercorre
la storia dell’Esercito italiano, fino ai
nostri giorni, con le avanzate tecnologie applicate al sistema militare.
Camminando per le vie del centro si vive la contraddizione degli
edifici puntellati e della bandiera
esposta come segno di orgoglio per
l’italianità manifesta. Di sera, la cele-
bre Fontana Luminosa versa le sue cascatelle in uno
spettacolo di luci tricolori. Ristoro del fisico, oltre che dello spirito, per la frescura irradiata nel caldo della notte.
L’apoteosi tricolore ha inizio nel grande piazzale erboso della basilica romano-gotica S. Maria di Collemaggio. Alle 19 in punto, sotto un cielo minacciante pioggia,
prende avvio il percorso della Bandiera di Guerra del 9°
Alpini, che transiterà per tutto il viale Collemaggio, fino
ad arrivare in Piazza Duomo. Si contano a migliaia le
persone dietro le transenne. Applaudono la Bandiera, il
Labaro nazionale dell’ANA con le 216 Medaglie d’Oro al
Valor Militare e al Valor Civile, i Gonfaloni del Comune,
della Provincia e della Regione Abruzzi, i Vessilli delle nostre Sezioni, le centinaia di gagliardetti. Il Sindaco Massimo Cialente, in Piazza Duomo, in un breve discorso afferma “….in occasione della tragedia che ci ha colpiti, i
primi ad arrivare furono gli alpini. La città è ancora ferita, ma queste giornate rappresentano per noi un clima di
fiducia” .
La Sezione di Genova era accorsa immediatamente
nei giorni duri di quella tragedia, inviando una squadra di
alpini della Protezione Civile a Campo “Il Globo” de L’Aquila e a Tidone d’Abruzzo. Ad agosto la stessa squadra
era tornata a Campo “Il Globo”, al fine di consolidare i
lavori iniziati ad aprile.
Al“Globo”, zona industriale della periferia de L’Aquila, erano state montate 120 tende per accogliere 1180
abitanti dalle case distrutte. Qui trovava sede la gestione
logistica degli interventi su tutto il territorio terremotato
ed agli alpini era stato affidato il compito di coordinamento degli interventi operativi, oltre che di vigilanza
per la sicurezza del campo. Missione svolta egregiamente dall’ANA di Genova.
La solidarietà manifestata allora, è proseguita nel
tempo e permane tutt’ora.
Il Coro SOREGHINA, diretto dal giovane Maestro
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la aquilana ed i rappresentanti del Comune. Ernesto Barbieri, Presidente
del Coro e Marco Cavagnaro consegnano loro una busta con la somma
simbolica, raccolta in segno di solidarietà. Ricordi alpini vengono donati
agli studenti e ai professori. Gesti generosi, per sancire un’amicizia duratura tra i giovani. Commovente, alla fine della serata, l’unione dei tre cori
ospiti, “Soreghina”, “Abbiategrasso” e
“Montesillara” che cantano insieme al
pubblico l’inno di Mameli. La gente è
in piedi e applaude. Fuori, le campane
della chiesa suonano a festa per salutare gli alpini. E’ veramente una notte
speciale, che si protrae fino all’alba,
quasi a “toccare” l’inizio della grande
sfilata.
Gli alpini non dormono. I loro cori echeggiano negli accampamenti,
Alberto Montefusco, si esibisce con enorme successo la
nella mitica caserma Rossi, nelle piazzette, fin nei giardisera del sabato 16 maggio nella Chiesa S. Marco e si rennetti invasi dalle tende. E’ una “notte Verde” , ben diversa
de promotore di una simpatica iniziativa: il gemellaggio
dalle “notti bianche”, vuote e fracassone, in giro per la
della classe 3a C della Scuola Media DORIA di Genova,
Penisola. Gli alpini sanno stare al loro posto ed ora si
con la classe 3a D della scuola Media S. PIO DELLE CApreparano per l’appuntamento sognato dall’adunata di
MERE dell’Aquila. Motivo: onorare la memoria di OliviePordenone.
ro Calvisi, nonno alpino di un’alunna genovese. Sul palDomenica, la zona dell’ammassamento non riesce a
co vengono chiamati gli alunni, gli insegnanti della scuocontenere le decine di migliaia di alpini e si fatica parecchio, tra sgomitate e ricerca dei cartelli, a trovare la propria Sezione. La
giornata è splendida e, lentamente, ci
si riesce ad inquadrare per nove e a
mettersi in marcia, al passo cadenzaell’incontro all’Adunata dell’Aquila tra il nostro socio Francesco
to del trentatré. La sfilata attraversa
Baratta, del gruppo di Lavagna, con due suoi commilitoni dell’etutta la città e si snoda, in un lunpoca della naja, Virgilio Franco e Luigi Balassi.
ghissimo fiume di penne nere, tra le
Nel 1986/1987 erano tutti in servizio al Gruppo Artiglieria da
caserme Rossi e Pasquali.
montagna Pinerolo, ottava batteria, a Susa (To), caserma Cascino.
La gente, da dietro le transenne,
Il nostro socio, in qualità di Sottotenente e Franco con i gradi di
applaude e sventola bandierine trisergente maggiore e Balassi con quelli di caporal maggiore.
colori. Si sentono voci di incitamenDopo quasi trent’anni, quanti ricordi, che emozioni!
to, di ringraziamento per il sostegno
Un forte abbraccio alpino ha suggellato la gioia dei ritrovati comricevuto e si invitano gli alpini a torpagni dello storico Gruppo dall’orgoglioso motto “Mai niun davanti”.
nare presto. L’Aquila ne ha bisogno.
E’ una carrellata imponente, con momenti di commozione, come quando
sfilano i compagni degli alpini morti
sul Gran Sasso, sei mesi fa, Giovanni
de Giorgi e Massimiliano Cassa e
portano con sé i loro cappelli. Come
quando un reduce in carrozzella,
giunto davanti alla tribuna d’onore, si
solleva in piedi sulle stampelle e saluta militarmente le autorità. Riceve
applausi a non finire. Non si contano
le presenze “fuori ordinanza”, dai
conducenti con i muli, agli addestratori con i cani da valanga, a uomini e
RITROVARSI
B
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
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a donne stretti ad una bandiera di novantanove metri, vela gigante nell’aria della sera.
Il messaggio della Sezione Sardegna:“CON NOI L’AQUILA VOLA”, rimane un forte presagio di speranza.
Dopo quasi dodici ore di sfilata, con l’ammaina bandiera e il passaggio della tradizionale stecca, dal sindaco de
L’Aquila a quello di Asti - prossima sede dell’adunata - il
grande evento può considerarsi ufficialmente concluso.
Gli alpini lasceranno L’Aquila con un rimpianto nel
cuore, perché le emozioni hanno preso il sopravvento
sulla dura “scorza” della loro anima.
Al rientro, fuori dalla città, un grande striscione, con la
scritta sullo sfondo della bandiera tricolore e del cappello
alpino, ricorda: SEMPER UBI NECESSIT. (“Sempre,
dov’è necessario”).
Recitato in latino, il messaggio si tinge di aulico!
Gli alpini di Genova riceveranno altresì un saluto
particolare dal sindaco Massimo Cialente, intervistato alla fine della Messa del sabato: “Grazie agli alpini, abbiamo ripreso coraggio e fiducia in noi stessi. Viva la Sezione di Genova”.
Grazie a Lei, Sindaco Cialente, per averci donato la
sua amicizia!
Enzo Valencich
L’ALPINO DARIO CIMBERLE “MOTORIZZATO A PIE’”
egnaliamo un episodio simpatico a margine
dell’Adunata Nazionale.
Dario Cimberle di Moncalieri (TO), iscritto al
gruppo di Edolo, sezione Vallecamonica in quanto
ha svolto lì il servizio militare nell’artiglieria alpina, da ormai 8 anni, partendo da Torino, raggiunge a piedi il luogo dell’adunata nazionale, chiedendo ospitalità ai gruppi alpini lungo il percorso.
Quest’anno si è fermato presso due gruppi
della nostra Sezione: Altavalpolcevera e Sestri
Levante; in entrambe le occasioni è stato accolto
con la consueta ospitalitò alpina.
A Pontedecimo, dove ha sede il gruppo Altavalpocevera (foto 1, Dario è il primo a sinistra) è stato accolto con grande piacere dal Capogruppo e
dal vice presidente sezionale Saverio Tripodi, oltre
naturalmente dagli Alpini del Gruppo ha potuto
rinfrescarsi, riposarsi, mangiare la cena insieme a
loro ed infine trascorrere la notte nella sede.
A Sestri Levante presso il Palazzo del Comune il Vicesindaco dott. Pietro Gianelli e il Consigliere Giorgio Crino, a nome dell’Amministrazione gli hanno donato una bella targa “personalizzata”, dopodiché rancio presso la sede alpina
(foto 2), brindisi finale alla salute di tutte le “penne nere”, e al mattino zaino in spalla e di nuovo
in marcia per L’Aquila.
S
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GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
21 GIUGNO A CAPANNETTE DI PEJ
QUELLA CHIESETTA A QUOTA 1500…
orreva l’anno 1965, riporto alcuni dati ripresi da
un vecchio n° di Genova Alpina, allorché fu formato il comitato per la costruzione in località Capannette di Pej a 1500 m di quota, punto di convergenza
delle 4 province Al, Pc, Ge e Pv, di una nuova chiesetta sul
luogo di una cappella vetusta e cadente.
La nuova chiesa, dedicata ai Caduti alpini delle quattro province, fu inaugurata il 5 maggio 1968 durante un
raduno alpino intersezionale, presenti autorità civili e militari nonché numerosi alpini accanto al parroco, già allora quello attuale, Don Enzo Manici che dell’iniziativa era
stato l’anima. La consacrazione della chiesa fu effettuata
dall’allora Vescovo della diocesi di Bobbio mons. Pietro
Zuccarino, entusiasta fautore dell’opera.
Il campanile fu costruito 20 anni dopo con la guida del
presidente della sez. di Genova ing. Renzo Less, su progetto dell’ing. P. G. Zuccarelli, a sua volta consigliere sezionale genovese, con ovviamente il contributo entusiasta,
economico e lavorativo, delle quattro sezioni interessate.
La dedica della chiesetta è incisa su una lapide posta
C
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
16
alla base del campanile:
“Alpino, in questa chiesetta
ti accoglie lo spirito degli alpini delle quattro province
confinanti caduti per la patria.
Ricorda il loro sacrificio, ti sia guida la loro fede”.
Oltre che provvedere alla manutenzione ordinaria e
straordinaria dei manufatti, ogni anno, normalmente la
terza domenica di giugno, a turno le sezioni in questione
organizzano un incontro a memoria e preghiera per i Caduti e per rinsaldare la reciproca amicizia alpina.
Il 21 giugno di quest’anno è di turno la sez. di Alessandria: ci si ritrova sul valico in località Capannette di Cosola, si scende alla chiesetta dove ci accoglie, puntuale ed
operoso quel sacerdote, don Enzo Manici, che ho avuto la
fortuna di conoscere quando si era giovani: ottimismo e
gioia di vivere contagiosi i suoi, le partite di pallone con lui
ottimo centravanti nonostante la non eccelsa statura, un
“centravanti di rapina”, direbbero i cronisti di oggi.
Don Enzo è impegnato da sempre sui vari fronti dell’altruismo: dedito a tenere accesa una fiaccola nella sua
val Boreca che soffre, forse più di altre, i guai comuni a tutte le nostre montagne, ha saputo anche guardare lontano,
fino al Brasile, con una iniziativa molto concreta tra i bambini orfani e/o abbandonati: un vero alpino potremmo dire rubando le parole alla signora Borrè, sindaco di questo
territorio, che nelle sue brevi parole di saluto“alpino”lo ha
definito per la sua dedizione e per il tener aperta ogni domenica, anche nel pieno dell’inverno di quota 1500, la nostra chiesetta.
Le cerimonie in programma filano via rapide sotto il
sole del solstizio che ora brucia ora gioca a nascondino
con le nuvole: ritrovarsi, sfilata, Alzabandiera, omaggio ai
Caduti, S. Messa ed è già ora di andare quando decido di
avvicinarmi alla chiesetta per una ultima foto: è allora che
scorgo una bambina accoccolata ai piedi del campanile
che pare accarezzare la corona di lauro ed i fiori posti
presso la lapide/dedica: una tenera immagine che mi è
parsa simbolica del passaggio di consegne tra generazioni, con la più viva speranza che in futuro non si debba mai
più aggiungere nomi sulle lapidi o tombe nei Sacrari.
Carlo Fontana
p.s.: Un neo che purtroppo ci ritroviamo puntuale
ogni anno presso la chiesetta: il fitto chiacchericcio di
troppi/e che disturba le cerimonie, la S. Messa in particolare ed i pur brevi discorsi finali (questa volta le
parole del presidente della sez. di Alessandria sono
state letteralmente soverchiate da tali gentili persone). Penso che i nostri Caduti, per loro siamo saliti fin
qui, non meritano questa non educazione.
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GENOVA ALPINA NUOVA 3/2014
LE OPERAZIONI SUL FRONTE
DELL’ISONZO NEL 1915
LA PRIMA BATTAGLIA DELL’ISONZO
(23 Giugno - 7 Luglio 1915)
erminate nella prima metà di giugno le operazioni iniziali, con le quali non si erano peraltro raggiunti tutti gli obiettivi prefissati, si presentò al
Comando Supremo l’esigenza di migliorare le nostre linee, specie sotto il profilo difensivo.
Il Generale Cadorna, infatti, era ben consapevole del
fatto che gli eventi sul fronte russo, ove gli Austro-ungarici, ma soltanto grazie al determinante concorso dell’alleato germanico, stavano incalzando le truppe dello Zar
- riconquistando man mano il terreno perduto durante
l’anno precedente - avrebbero potuto consentire, delineandosi ormai una pesante sconfitta dei Russi, il trasferimento di truppe sulla nostra fronte e l’avvio di una
massiccia offensiva. Egli riteneva pertanto necessario
costituire teste di ponte oltre Tolmino e a Gorizia ed
avanzare sulle alture del Carso sino al Vallone (di Doberdò) per essere in possesso di una “ancor più forte linea difensiva”. Rimanere inoltre inattivi dopo lo sbalzo offensivo iniziale non sarebbe stato giustificabile di
fronte agli Alleati, né di fronte a quella parte dell’opinione pubblica e della politica italiana che aveva caldeggiato l’intervento.
L’azione doveva svilupparsi, in base all’Ordine di
Operazioni n. 9 del Comando Supremo, con le seguenti
modalità:
un’azione sul medio Isonzo svolta dalla 2a Armata
(ten. gen. Pietro Frugoni ) che prevedeva la conquista del
Kuk q. 611 (monte Cucco di Plava) ed un attacco in direzione di Gorizia su tre direttrici, una frontale su Oslavia-Podgora e due alle ali, Monte Sabotino a nord e Savogna d’Isonzo a sud.
un’azione sul Carso, ad opera della 3a Armata (ten.
gen. Emanuele Filiberto Duca d’Aosta), con obiettivo la
linea Sagrado – Fogliano – Redipuglia a nord e Monte
Sei Busi, Vermegliano, Monte Cosich a sud est
Era inoltre previsto un attacco sull’alto Isonzo per la
conquista di Tolmino, ma che fu effettuato e - come vedremo - senza successo, soltanto a partire dal 3 luglio.
Si fronteggiavano sul campo le due predette armate
italiane per complessivi 250.000 uomini ed un’armata
austriaca, la 5a, al comando del generale Svetozar Boroevic con 115.000 uomini; la superiorità numerica italiana è evidente, ma del tutto plausibile, essendo il nostro esercito attaccante Le stesse proporzioni tra attaccanti e difensori si potevano infatti riscontrare anche su
altri fronti, quale quello occidentale. Inoltre gli austroungarici erano trincerati in posizioni dominanti, difese
da più ordini di reticolati e con una seconda linea muni-
T
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
18
ta di solidi ricoveri posti a immediato ridosso della prima.
L’azione su Plava, condotta dal II corpo d’armata - divisioni 32a e 33a - iniziò la mattina del 23 giugno e si
arrestò davanti ai reticolati posti di fronte all’abitato di
Globna, presso Plava; un secondo tentativo espletato il
giorno successivo su tre direttrici d’attacco verso Globna,
verso il Kuk 611 e verso quota 363, ebbe un parziale successo con l’occupazione dell’abitato di Globna, mentre le
forze che attaccavano lungo le altre due direttrici non
riuscirono a superare le munitissime difese avversarie.
Ulteriori tentativi svolti nei giorni successivi non diedero
risultato e l’azione fu definitivamente sospesa il 27 giugno
L’azione sulla linea Sabotino-Oslavia-Podgora fu affidata al VI Corpo d’Armata, divisioni 4a, 11a, 12a, 22a,
schierate tra il Sabotino e Monte Fortin, una modesta altura di 115 metri sulla riva destra dell’Isonzo e situata
pochi chilometri a sud di Gorizia.
L’azione consisteva in un attacco frontale alle posizioni tra Oslavia e Podgora al centro, impegnando nel
contempo alle ali le posizioni del Sabotino a nord e quelle tra Gorizia e Savogna d’Isonzo a Sud.
Conclusi i tiri di preparazione, iniziati nel pomeriggio
del 23 e proseguiti, sia pur con alcune interruzioni, sino
al primo pomeriggio del 24, la fanteria attaccò alle ore 17
dello stesso giorno. Ma anche qui le sistemazioni difensive avversarie, costituite da più ordini di reticolati, si rivelarono pressoché invalicabili ed i pochi nuclei che erano riusciti a penetrare nelle posizioni austriache furono
annientati o costretti a ritirarsi. Anche i ripetuti tentativi
effettuati il giorno successivo non ebbero successo.
E così avvenne anche per i tentativi di conquistare le
posizioni del Sabotino, i quali si esaurirono ben presto
per la presenza di reticolati ancora pressoché intatti, nonostante qualche stretto varco aperto dai tiri dell’artiglieria; e si dovette desistere.
Riordinati i reparti, l’azione riprese nei giorni tra il 5
ed il 7 luglio contro Podgora, ma anche qui le difese avversarie si rivelarono insormontabili a causa degli insufficienti mezzi impiegati per aprire i varchi nei reticolati.
I tubi di gelatina, infatti aprivano varchi relativamente ristretti, attraversando i quali i necessariamente esigui
gruppi di attaccanti restavano inesorabilmente falciati
dal fuoco nemico. Due ulteriori fattori si rivelarono
inoltre fatali per l’esito degli attacchi : l’esistenza, come
già detto, di una seconda linea ove le truppe austro – ungariche potevano ricoverarsi durante i nostri tiri di preparazione, per poi intervenire rapidamente a fronteggiare l’assalto della nostra fanteria, e l’abile mascheramento delle batterie avversarie, che ne rendeva pressoché
impossibile l’individuazione, consentendo loro di svol-
gere indisturbate i loro tiri d’interdizione contro gli attaccanti.
Le azioni sul Carso, affidate alla 3a Armata, si svilupparono, come già accennato, su due direttrici: all’alba del 23 giugno i corpi d’armata X e XI ( rispettivamente con le sole divisioni 19a e 21a) si avviarono ad attraversare l’Isonzo nei rispettivi settori d’attacco, la 21a
più a nord di fronte al San Michele e a San Martino del
Carso e la 19a verso Sagrado – Polazzo - Fogliano - Redipuglia, attraverso il Canale Dottori che gli austriaci
avevano fatto parzialmente tracimare per ostacolare il
movimento delle nostre truppe. E mentre la 19a veniva arrestata di fronte a Fogliano dall’intenso fuoco di
artiglieria proveniente da San Martino del Carso, la 21a
19
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
più a nord incontrava difficoltà nel passaggio oltre l’Isonzo, sia per la reazione austriaca, sia per la distruzione del ponte di Sagrado ad opera dell’artiglieria avversaria nella notte tra il 23 ed il 24 giugno. Nel frattempo i
reparti della 19a erano finalmente riusciti a schierarsi
sulla linea Polazzo – Redipuglia. Il 25 giugno la brigata
Bologna (19a divisione) attaccò ed occupò il paese di
Castelnuovo, mentre l’artiglieria dell’XI Corpo iniziò a
battere le posizioni austriache. Il giorno successivo
un’ulteriore avanzata verso San Martino del Carso ed il
San Michele dovette arrestarsi di fronte alle solide difese passive dell’avversario.
Anche ulteriori tentativi effettuati nei giorni 27 e 30
giugno non sortirono risultati: solo il 4 luglio si riuscì a
stabilizzare la linea di fronte al San Michele, mentre intorno a Castelnuovo la brigata Siena, ridotta alla metà
dell’organico, dovette resistere a insistenti contrattacchi
nemici e riuscì a consolidare la propria posizione, ricevuti i rinforzi, la sera del 5 luglio.
Il 6 luglio si ritentò l’azione nel settore San Martino
– San Michele, ma dopo limitati progressi ottenuti al
prezzo di reiterati attacchi e contrattacchi, si decise di
sospendere l’azione, una volta consolidata la linea, il 7
luglio.
Nel settore di attacco del VII corpo d’Armata il 23
giugno la 14° divisione avanzò verso Vermegliano (presso l’odierna Ronchi dei Legionari) e verso Selz, ma mentre il movimento verso la prima località venne bloccato
dalla tracimazione del canale Dottori, la seconda fu occupata dopo breve combattimento. Si tentò quindi, sen-
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
20
za successo l’attacco a Monte Cosich. Nei giorni successivi, prosciugatasi la zona attorno a Vermegliano, si poté
procedere all’occupazione di parte della località. Combattimenti si svolsero nei giorni seguenti a Selz, che venne persa e ripresa il 29 giugno. Ulteriori tentativi di attacco al monte Cosich non ebbero successo. Soltanto il 4
luglio fu messo in atto un tentativo contro il monte Sei
Busi impiegando la Brigata Cagliari, tentativo che, pur
non conducendo all’occupazione della cima, portò le
nostre fanterie a diretto contatto con la linea avversaria.
Il 4 luglio il comando del VII corpo d’Armata ordinava la
sospensione delle operazioni.
Nell’alto Isonzo si svolsero azioni dirette all’occupazione di Tolmino. Esse iniziarono, come già accennato
soltanto il 3 luglio e non condussero ad apprezzabili risultati: fallirono i tentativi di occupare sia le cime dello
Sleme e del Mzrli (dove si distinse la Brigata Salerno, in
tempo di pace già di stanza nella nostra città) sia di conquistare la piccola località di Santa Maria presso Tolmino. Le azioni furono definitivamente sospese su tutto il
fronte isontino il 6 luglio, anche a causa dell’ insufficienza delle munizioni per l’artiglieria.
Le perdite italiane ammontarono a 1.916 morti,
11.495 feriti e 1.536 dispersi (qui intendendosi prevalentemente caduti non identificati e prigionieri) ; gli austroungarici lamentarono perdite per circa 9.000 uomini tra
morti e feriti, oltre a 1.400 prigionieri, perdite in misura
percentuale sensibilmente maggiori delle nostre, se rapportate all’entità delle forze impiegate (9% contro il
5,9% delle nostre)
LA SECONDA BATTAGLIA DELL’ISONZO
(18 Luglio - 3 Agosto 1915)
Il 7 luglio si era tenuta a Chantilly la prima conferenza
interalleata, nella quale era stato richiesto all’Italia, così come agli altri alleati, di intraprendere al più presto una nuova offensiva.
Il Comando Supremo, non appena furono affluite sulla
fronte carsica ulteriori batterie di artiglieria, diede avvio alle operazioni. Obiettivo finale restava sempre la conquista
di Gorizia, ma lo sforzo principale si sarebbe ora sviluppato sulla linea San Martino - San Michele - Sei Busi, invece
che tra il Sabotino e il San Michele medesimo. Lo schieramento era sostanzialmente identico a quello della prima
battaglia. Le operazioni si svilupparono nel complesso in
due fasi:
nella prima tra il 18 ed il 23 luglio l’ala sinistra della 3a
Armata (XI Corpo) si impadronì di quota 170 sulle pendici
del S. Michele ed occupò parte di Bosco Cappuccio e Bosco
Lancia, siti a sud ovest del San Michele stesso. Frattanto, il
20 luglio, veniva conquistata la cima del San Michele (q.
277), dalla quale le nostre truppe, fortemente provate, dovettero ritirarsi in seguito ad un contrattacco austriaco scatenato il giorno successivo con truppe fresche. Si riuscì a
mantenere, nonostante la pressione del nemico, la quota
170, quale base di partenza per un nuovo assalto.
Nel frattempo a nord nel settore della II Armata venivano effettuati attacchi nella zona di Oslavia, a Globna, presso Plava, e sull’alto Isonzo e nel settore del IV Corpo d’Armata era stata occupata il 21 luglio con un’azione dei btg.
Alpini Intra, Val Toce e Val Orco la cima del Monte Rosso a
quota 2.163 a sud est del Monte Nero.
Sull’ala destra della 3a Armata si procedette all’attacco
del Monte Sei Busi con il concorso del X Corpo (19a divisione) e del VII Corpo (14a divisione), riuscendo ad avvicinarsi alle posizioni avversarie poste sulla cima a q. 118.
Le operazioni vennero sospese il 22 luglio per il riordino dei reparti, fortemente provati, e per consentire l’afflusso di nuove truppe e ripresero il giorno successivo. In questa seconda fase gli obiettivi nel settore della 3a Armata
erano costituiti dal completamento dell’occupazione di Bosco Cappuccio e dalla conquista del San Michele da parte
del XI Corpo nonché del Sei Busi da parte del VII Corpo.
Dopo alcuni giorni di accaniti combattimenti, il 26 luglio
venne ripresa la cima del San Michele, si avanzò nella zona
Bosco Cappuccio, Bosco Lancia, Bosco Triangolare e venne
raggiunto l’abitato di San Martino del Carso, mentre la cima del Sei Busi a quota 118 era ormai accerchiata e prossima a cadere.
Tuttavia il San Michele non poté essere tenuto a lungo
per una serie di sfavorevoli circostanze: il ferimento di numerosi comandanti di reggimento, frettolosamente sostituiti con ufficiali di grado meno elevato e meno esperti, determinò carenze nell’azione di comando ed i micidiali tiri
dell’artiglieria avversaria, ben posizionata e sempre di difficile individuazione, costrinsero i nostri già provati reparti ad
abbandonare per la seconda volta la cima conquistata a
prezzo di immensi sacrifici; si pensi che le azioni sul San
Michele erano costate sino a quel momento 304 morti, 1695
feriti e 959 dispersi. Anche l’abitato di San Martino del Carso dovette essere abbandonato di fronte ad un fulmineo
contrattacco nemico.
Il 28 luglio, le truppe austro -ungariche che presidiavano q. 118 del Monte Sei Busi furono costrette a ritirarsi, anche se l’occupazione di questo importante caposaldo, che
apriva la via alla conca di Doberdò, fu ostacolata dai continui tiri dell’artiglieria nemica. La cima restava così, anche
per questo motivo, zona “neutra”. Al centro nel settore del
X Corpo d’Armata, si avanzò comunque sino al margine
della Conca di Doberdò.
Nel Settore della 2a Armata si svolsero azioni prevalentemente dimostrative (1), che tennero impegnate le truppe
avversarie colà dislocate.
Le operazioni andarono scemando a partire dalla fine di
luglio e cessarono del tutto, per ordine del Comando Supremo, il 3 agosto.
Le perdite subite da entrambe le parti furono sensibilmente più elevate: 6.287 morti, 36.969 feriti e 4.357 dispersi da parte italiana, 7.702 morti, 26.645 feriti e 12.291 dispersi da parte austriaca, avuto peraltro presente il fatto che
la durata delle operazioni fu pressoché uguale a quella della prima offensiva.
LA TERZA BATTAGLIA
(18 Ottobre - 4 Novembre 1915)
Nei due mesi e mezzo successivi alle offensive d’estate il Comando Supremo dovette provvedere alla ricostituzione e al riordino dei reparti duramente provati, al rinforzo delle artiglierie, traendo batterie anche dalle altre armate operanti su fronti diversi, ed alla ricostituzione delle
scorte di munizioni. Non si poteva tuttavia differire ulteriormente l’inizio delle operazioni, sia per l’avvicinarsi
della stagione invernale, sia per la situazione generale sugli altri fronti: Francesi e Inglesi avevano infatti avviato a
fine settembre le offensive in Champagne e nell’Artois
mentre ai primi di ottobre era iniziata quella austro - tedesca contro la Serbia.
Il nostro esercito schierava 25 divisioni su 337 battaglioni e ben 1.363 bocche da fuoco, gli Austro-Ungarici 12
divisioni su 179 battaglioni e 785 bocche da fuoco, proporzione anche stavolta non dissimile (anzi forse più favorevole all’avversario, considerata anche la natura del
terreno) da quelle riscontrabili sul fronte occidentale.
L’obiettivo era sempre Gorizia attraverso un attacco alle ali su Plava a nord e sul Carso a sud ed un attacco frontale al centro tra il Sabotino e Rubbia.
A grandi linee lo schieramento era costituito dalla 2a
armata tra Tolmino e Podgora con (da nord) i corpi d’armata IV, VIII, II e VI e dalla 3° armata da Podgora al mare
con i corpi d’armata XIV, X e VII.
L’offensiva si svolse in due fasi dal 18.10 al 27.10 e dal
28.10.al 4.11
Dopo un’intensa preparazione di artiglieria, effettuata
dal 18. al 21.10 la 2a armata attaccò con il II corpo a Plava
verso il villaggio di Zagora ed Kuk 611, mentre la 3a rivolse le sue forze su tutta la sua fronte tra il San Michele ed
il monte Cosich; nel contempo l’ala destra della 2a arma-
21
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
ta impegnava le forze avversarie tra il Sabotino e Podgora.
Il II Corpo conseguì qualche vantaggio verso gli abitati di Globna e Zagora, mentre la sua ala destra con la 4a
divisione si insediò a prezzo di gravi perdite sulla quota
513 del Sabotino ad un centinaio di metri dalla vetta, così
come il VI corpo avanzò verso il M. Calvario presso Podgora. Sul fronte della 3a armata il XIV corpo occupò Peteano, prese e riperdette il San Michele, mentre qualche
lieve progresso fu registrato anche al centro (X corpo) e alla destra (VII corpo).
Nella seconda fase gli sforzi si concentrarono verso il
centro dello schieramento, sulla linea Sabotino, Osalvia,
Podgora : gli attacchi alle ali (Plava a nord e Carso a sud)
ebbero una funzione sussidiaria. Ulteriori attacchi al Sabotino non ebbero successo e ogni azione venne qui sospesa. Il VI corpo prese e riperdette Osalvia, il XIV raggiunse nuovamente la cima del San Michele ma non riuscì a mantenervisi. Azioni si svolsero anche nella zona di
Tolmino ad opera dell’ala destra della 2a armata ma con
risultati trascurabili.
Constatata la necessità di una sosta per il riordino dei
reparti, le operazioni vennero sospese la sera del
4.11.1915.
Le perdite furono ingenti da entrambe le parti: 67.000
uomini tra morti, feriti e dispersi da parte italiana (pari al
28% delle forze impiegate) e 39.000 uomini da parte austro-ungarica, (pari al 41%)
LA QUARTA BATTAGLIA
(10 Novembre - 2.Dicembre 1915)
Essa è in realtà ravvisata nella letteratura militare quale
diretta continuazione della terza e considerata dunque unitariamente, dato anche il breve intervallo di tempo intercorso tra la fine della terza offensiva e la ripresa delle operazioni..
Il concetto operativo non differiva sostanzialmente da
quello delle precedenti offensive per quanto riguarda gli
obiettivi; lo sforzo si ripartiva alle ali con azioni dimostrative sul Sabotino a nord e nella zona di Monfalcone a sud e
con un’azione risolutiva al centro verso la linea Oslavia,
Podgora, San Michele, San Martino, Sei Busi.
Anche in questo contesto si possono distinguere due fasi: la prima tra il 10 ed il 14 novembre e la seconda tra il 18
novembre ed il 2 dicembre.
Tra il 10 ed il 14.11. fu ripresa e riperduta Oslavia ed al
centro vennero conquistate e mantenute, dopo aver respinto numerosi contrattacchi, due importanti posizioni avversarie, divenute famose e denominate “Trincea dei Razzi” e
(2)
“Trincea delle Frasche” . Per questa azione la bandiera della Brigata Sassari, così come il suo comandante magg. gen.
Berardi, deceduto in seguito alle ferite riportate, vennero insigniti di medaglia d’oro.
L’azione venne ripresa il 18.11. con i medesimi obiettivi;
nel contempo iniziò il bombardamento di Gorizia, ove era
stata riscontrata la presenza di riserve nemiche acquartierate all’interno della città nonché di magazzini e depositi.
Dopo giorni di accaniti combattimenti venne occupata e
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
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questa volta mantenuta la zona di Oslavia e la cima del Calvario sul Podgora. Anche un tratto della dorsale del San Michele fu occupata e mantenuta.
Nel contempo anche nella zona di Tolmino, ancorché
non interessata dallo sforzo offensivo principale, venne
conseguito un significativo risultato con l’occupazione di
quota 1.360 del Mrzli, alla quale concorsero anche numerosi reparti alpini.
Le operazioni furono sospese, complice anche l’incombere della stagione invernale, il 2 dicembre 1915.
Nel complesso l’offensiva si risolse in una serie di
spinte che andarono ad intaccare in diversi punti le formidabili linee difensive avversarie, senza tuttavia riuscire a
spezzarle.
La forzata sosta nei mesi di agosto e settembre, indispensabile per ricostituire e riordinare i reparti, radunare
una più consistente massa di artiglierie e predisporre per
esse un adeguato munizionamento, consentì agli austro –
ungarici di ricostruire e rafforzare le loro già munitissime linee difensive e di perfezionare l’osservazione e l’esecuzione del tiro di artiglieria che si abbatteva inesorabile sulle
nostre fanterie, allorché esse raggiungevano le difese passive avversarie. Tutta la fronte giulia era stata trasformata
dall’esercito imperiale in una poderosa fortezza. Né i mezzi distruttivi a nostra disposizione si rivelarono sufficienti a
scardinare le difese nemiche, per una serie di fattori essenzialmente riconducibili alla limitata efficienza dell’artiglieria, spesso costituita da pezzi antiquati, e a deficienze organizzative nello schieramento delle batterie pesanti campali,
che agivano ai limiti della gittata, e nell’osservazione e controllo del tiro. Inoltre, come era avvenuto nelle prime due
offensive, l’artiglieria austro - ungarica era stata sapientemente occultata e sovente sfuggiva all’individuazione da
parte dei nostri osservatori.
Ad aggravare la situazione ed, in particolare, la condizione dei combattenti si aggiunse l’inclemenza della stagione
con piogge, che avevano spesso ridotto sia le nostre trincee,
sia le direttrici di accesso alle posizioni avversarie a torrenti
di fango - rendendo così penosa la permanenza in linea e
l’avanzata - e con temperature precocemente rigide.
Anche in questa offensiva le perdite furono notevoli :
49.000 italiani tra morti, feriti e dispersi e 30.000 austro-ungarici di cui 12.500 prigionieri.
Pier Giorgio Ponzio
(1) Per azione dimostrativa si intende un’operazione militare con cui
si attira il nemico in una zona diversa da quella in cui si intende
realmente attaccarlo
(2) La natura uniforme del terreno e l’assenza di particolarità topografiche da un lato e la necessità di individuare in modo univoco elementi della difesa avversaria dall’altro avevano imposto
una particolare toponomastica che faceva riferimento a caratteristiche evidenti della sistemazione difensiva del nemico. Oltre alle trincee dei Razzii e delle Frasche, si potevano annoverare ad
esempio le trincee dei Morti, dei Sassi Rossi, la trincea a Ipsilon,
la trincea delle Celle, il Groviglio.
FONTI
Emilio Faldella, La grande Guerra, vol. 1, Milano 1965
Ministero della Guerra, Comando del Corpo di Stato Maggiore, Ufficio Storico
L’Esercito Italiano nella Grande Guerra, volume II, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1929
Sito Internet : www. esercito.difesa.it
24 MAGGIO 1915: L’ITALIA ENTRA IN GUERRA
Le prime operazioni
e direttive del generale Luigi Cadorna, Capo di
Stato Maggiore del R. Esercito, prevedevano allo scoppio del conflitto “una improvvisa irruzione”oltre frontiera, per occupare posizioni più favorevoli alla difesa e da impiegare, successivamente, quali
“sbocchi offensivi”, ma allo stesso tempo, prescrivevano prudenza nell’avanzare in territorio nemico.
Uno studio accurato delle forze contrapposte e effettivamente disponibili lungo tutta la lunghezza “della fronte”, come si diceva allora, dal Passo dello Stelvio al Mare Adriatico, trovava in prima linea 195 battaglioni italiani, 45 in seconda linea e 59 di riserva.
I battaglioni nemici erano 127 in prima linea, 35 in
seconda linea e 49 di riserva. I battaglioni di riserva di
entrambi gli eserciti furono disponibili per le operazioni a partire dal 1°/6/1915.
La notevole superiorità numerica italiana era però
gravemente ridotta, nella sua efficacia, dal maggiore
addestramento delle truppe austro-ungariche e dalla
loro esperienza bellica a seguito dei combattimenti
sostenuti contro i serbi e contro i russi sin dal 1914.
Inoltre le posizioni tenute dal nemico erano più forti
per conformazione naturale e ulteriormente rafforzate dai lavori difensivi, in particolare dalla posa in opera di numerosi reticolati.
A questa situazione si sommò un comportamento
estremamente prudente dei vari alti comandi italiani,
che non seppero opportunamente sfruttare la debolezza nemica dei primissimi giorni di ostilità, che, al
1°/6/1915 era già notevolmente, anche se parzialmente, superata.
La 1^ Armata, schierata dal Passo dello Stelvio
(SO) al Passo Cereda (TN), al comando del tenente
generale Roberto Brusati, occupò facilmente il Monte
Altissimo e il Pasubio, che sorge tra le province di
Trento e Vicenza. Fu conquistato poi anche il Monte
Baldo, che si trova tra le province di Verona e Trento.
Nonostante ciò le nostre truppe avanzarono molto
lentamente nella Valle dell’Adige e soltanto il
27/5/1915 occupavano Ala (TN), dopo breve combattimento. L’avanzata continuò, sempre con grande lentezza, e solo il 5/6/1915 le difese austriache di Rovereto (TN), furono a tiro delle artiglierie italiane. Soltanto nel mese di giugno fu ampliata l’occupazione del
Pasubio, conquistato da una compagnia alpina, già il
24/5/2015, sino al Col Santo e oltre. Lenta fu anche
l’avanzata a ovest del Garda.
Sugli Altipiani le artiglierie aprirono il fuoco con-
L
tro le fortificazioni austriache, mentre il primo scontro
tra fanterie ci fu il 30/5/2015, quando un attacco austriaco fu respinto.
Anche in Valsugana (TN) e tra questa e la Val Cismon (BL) la penetrazione italiana fu lenta e ci vollero due settimane perchè gli italiani raggiungessero le
conche di Ospedaletti, Canal S. Bovo e Fiera di Primiero, località in provincia di Trento, benchè non incontrassero resistenza.
Sul fronte della 1^ Armata, quindi, furono occupate, ma non tutte, le posizioni che il nemico aveva rinunciato a difendere, impiegando tempo e forze superiori al necessario. Le previste, gravi difficoltà paventate non ci furono.
Ancora più lentamente si mosse la 4^ Armata, il
comandante della quale, tenente generale Luigi Nava,
aveva ordinato ai comandi dipendenti di operare con
grande prudenza. Questa Armata era schierata da
Passo Cereda (TN) al Monte Peralba (BL). Il IX Corpo
d’Armata, al comando del tenente generale Pietro
Marini, occupò i passi di S. Pellegrino e di Valles con
grande facilità come con facilità avrebbero potuto essere raggiunti altri passi, monti e posizioni. Solo a seguito di incitamenti di Cadorna, il 27/5/2015, la 4^ Armata si decise a muovere e attaccò Monte Piana (BL),
che nel frattempo era stato occupato dagli austriaci.
L’attacco fu respinto con gravi perdite. La conca di
Cortina (BL) fu occupata, invece, senza contrasto dal I
Corpo d’Armata del generale Ottavio Ragni, mentre il
IX Corpo d’Armata raggiungeva Monte Porè, Monte
Padon e il Passo di Fedaia, che mette in comunicazione la Val di Fassa con l’ Agordino. Tali movimenti erano stati sconsigliati dal comandante dell’ Armata.
Nel Trentino, il 28/5/1915, giungeva l’Alpenkorps
tedesco, a supportare gli austriaci, nonostante tra Germania e Italia non vi fosse ancora lo stato di guerra.
Dal 1°/6/1915 fu istituito il Comando Zona Carnia,
schierato da Monte Peralba (BL) al Monte Canin
(UD), al comando del generale Clemente Lequio. Tali
truppe avevano il compito di occupare la cresta delle
Alpi Carniche e attaccare i forti di Malborghetto (UD)
e del Passo del Predil, valico alpino delle Alpi Giulie.
Anche gli austriaci ritenevano assai importante conservare la cresta delle Alpi Carniche e per questo furono molto attivi in questo settore, sin dal primo giorno delle ostilità. L’ ordine di operazioni n° 1 del Comando Supremo prevedeva che l’azione delle nostre
forze in questa zona fosse tesa “...battendo col fuoco
23
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
la strada del Predil e pronunciando una minaccia offensiva...” a concorrere all’azione della 2^ Armata.
Molti obiettivi alla frontiera furono raggiunti ma non
si occupò il Monte Rombon, adesso in Slovenia, che
non era ancora difeso e che fu poi attaccato nell’agosto seguente, con scarsi risultati. Ricordiamo che tale
monte aveva enorme importanza per eventuali operazioni verso il Predil e la Conca di Plezzo.
Sul fronte isontino erano schierate la 2^ Armata,
da Monte Canin a Manzano (UD) e la 3^ Armata, da
Manzano all’ Adriatico. Il tenente generale Pietro Paolo Frugoni, comandante della 2^, fu l’unico comandante d’armata a prescrivere che il movimento oltre
frontiera dovesse essere condotto con “..energica e
improvvisa irruzione e dovrà essere perseguito con
grande impeto, sì da travolgere ogni resistenza.” Ma
gli ordini dati ai comandi di corpo d’armata IV e II non
assumevano tale decisa impostazione e furono attuati
con molta prudenza.
I battaglioni del Gruppo Alpini “B”, composto da
sei battaglioni di alpini e da due batterie da montagna, varcò il confine allo scoccare del 24/5/1915 e,
marciando rapidamente, raggiunse e superò la stretta
di Saga, occupando poi diversi paesi, località e monti,
ma fu poi fermato quando sarebbe stato possibile
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
24
avanzare ulteriormente e occupare, tra l’altro, anche la
dorsale del Monte Nero, che insieme ad altre posizioni era raggiungibile, a partire dal confine, con una
giornata di marcia.
Il 28/5/1915 il battaglione “Susa” e un battaglione
di fanteria della brigata “Modena”, attaccarono il
Monte Nero e il Monte Mrzli, le cui difese erano state
rafforzate e che respinsero l’attacco. Altro attacco di
tutta la “Modena”, nei giorni 29 e 30/5/1915, fallì con
gravi perdite.
Anche la Divisione Bersaglieri avanzò di pochi chilometri, senza trovare resistenza, occupando la Valle
del Natisone, Caporetto, la Conca di Bergogna, Luico,
Drezenca, Idersko, ma non fu autorizzata l’occupazione del Mrzli, ormai vicinissimo. Il 2 giugno il 12° Bersaglieri, reparti dell’ 89° Fanteria e il battaglione “Pinerolo” attaccarono questo monte, ma, anch’essi, come i
fanti e gli alpini nei giorni precedenti, furono respinti
dalla violenta reazione nemica.
La difesa della dorsale Sleme-Mrzli, a partire dalla
fine di maggio, era stata rafforzata dall’entrata in linea
della 3^ Brigata da montagna austriaca.
Reparti di bersaglieri raggiunsero il Monte Vrata, a
nord del Monte Nero, ma furono richiamati indietro.
Il 31/5/1915, per rioccuparlo, fu necessario l’interven-
to del battaglione “Susa”, che ebbe 2 morti e 19 feriti.
Il 25 e 26 maggio reparti della brigata di fanteria
“Livorno” raggiungevano il Monte Sabotino, ma furono respinti. La prudenza con la quale si mosse lo
schieramento italiano aveva fatto sì che, raggiunto l’Isonzo, le nostre divisioni dovettero fermarsi per la
mancanza di materiale da ponte.
Il 28 maggio compagnie di zappatori del Genio
provvedevano a procurarselo tagliando legname nei
boschi. Nella notte dall’ 8 al 9 giugno, quando ormai
il nemico si era rafforzato, i pontieri gettarono un
ponte a Plava, che le artiglierie nemiche distrussero.
La notte successiva un reparto di volontari passò il
fiume su piccole imbarcazioni e, nelle notti a seguire,
con lo stesso sistema, attraversò l’Isonzo tutta la brigata di fanteria “Ravenna”. Si accese una durissima
lotta per la conquista di quota 383, con numerosi attacchi e contrattacchi nella piccola testa di ponte, ai
quali parteciparono oltre alla “Ravenna” le brigate di
fanteria “Forlì” e “La Spezia”.
Nel settore della 3^ Armata, comandata dal tenente generale Vincenzo Garioni, il VI Corpo d’Armata, che
contava 25 battaglioni e 24 batterie, avanzò di pochi
chilometri e occupò Cormons, Medea, Versa. Identica
lentezza registrò l’avanzata della 1^ Divisione di Cavalleria e del “Distaccamento di S.Giorgio di Nogaro”
che pure si basavano su, rispettivamente, 20 e 10 squadroni di cavalleria, oltre a fanteria e artiglieria. Il “Distaccamento di San Giorgio di Nogaro” occupò Aquileia solo il 25 maggio. Giunsero poi in linea l’ XI Corpo
d’Armata, che il 5/6/1915 raggiunse Gradisca e Monte
Fortin, occupandoli, e il VII, che forzava l’Isonzo, attestandosi sull’altra riva con una testa di ponte. Furono
poi attaccate dal VI Corpo d’armata le alture del Grafenberg e del Podgora, mentre il VII attaccò il ciglione
del Carso. Ma gli attacchi fallirono. Ovunque gli austriaci si erano notevolmente rafforzati.
Il 15/6/1915 si ebbe, nel settore della 2^ Armata, il
successo più significativo di queste operazioni iniziali: la conquista del Monte Nero. Preceduta da due ardite azioni, compiute dagli alpini del “Susa” il 2 e il 5
giugno, che ci assicurarono il possesso di due importanti posizioni sul Monte Vrata, la conquista del Monte Nero avvenne nella notte tra il 15 e 16 giugno,
coordinando l’attacco da due lati.
Dal Vrata attaccò la 35^ Compagnia del battaglione “Susa”, che irrompeva nel trincerone austriaco di
quota 2138 e dopo duro combattimento costringeva
alla resa tutto il presidio nemico, composto da 12 ufficiali e da circa 200 militari ungheresi. Subito dopo
espugnava q. 2133. Contemporaneamente l’ 84^
Compagnia del battaglione “Exilles” attaccava da
Monte Kozliac, puntando verso la vetta del Monte
Nero (m. 2245). Superati i posti di vedetta e di guardia giungeva sul grosso del presidio, costringendolo
alla resa.
La conquista del Monte Nero ebbe vasta risonanza anche tra il nemico per l’abilità, l’audacia, la preparazione alla guerra in montagna che gli alpini avevano dimostrato.
Vogliamo ricordare che in queste giornate furono
presenti e attivi anche i battaglioni liguri.
Il 25 maggio il “Pieve di Teco”, con l’appoggio del
“Vall’ Arroscia” conquistò Sella Prevala.
Il 27 maggio la 3^ Compagnia del “Pieve” e la 203^
del “Vall’Arroscia” conquistarono la Sella del Rombon.
Nonostante queste buone prove, i risultati delle
prime operazioni furono molto deludenti, visto anche
i nove mesi che avevamo avuto a disposizione per
prepararci.
La responsabilità fu dei militari ma anche dei politici, che, con varie azioni diplomatiche, allarmarono
il Comando Supremo austriaco prima dell’entrata in
guerra, sprecando l’elemento sorpresa.
Ci fu anche un ritardo nella mobilitazione, sicché
alla frontiera, all’apertura delle ostilità vi era soltanto
una parte dell’Esercito, con i servizi ancora largamente incompleti e con scarsità di artiglieria pesante, soprattutto in certi settori. L’eccessiva prudenza dei comandanti d’Armata e di Corpo d’armata, se non di
tutti, di molti, fece sì che i guadagni territoriali fossero assai scarsi.
Vogliamo però ricordare, a titolo di consolazione,
che secondo autorevoli fonti, il nemico avrebbe sperato in una profonda penetrazione italiana nelle Alpi
Giulie, per poi attaccare l’Esercito italiano, non più
appoggiato, con la destra dello schieramento, al mare,
con un fronte molto esteso e con difficili problemi logistici, essendosi notevolmente allontanato dalla
frontiera.
Francesco Tuo
FONTI:
Faldella Emilio, “La Grande Guerra”, vol. I, ed. 1978;
Faldella Emilio, “Storia delle Truppe alpine”, ed. 1972;
Pisanò Giorgio, “Penna nera”, vol. I, vol. I, ed. 1967;
C.T.I., “Sui campi di battaglia- Il Cadore, la Carnia,
l’alto Isonzo”, 4^ edizione 1939.
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GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
PERSONAGGI E FATTI “MINORI”
DELLA GRANDE GUERRA
aggettivo “minori” inserito nel titolo ha un tono
volutamente provocatorio, perché in realtà l’argomento di questo articolo tratta alcuni personaggi e fatti molto importanti relativi al primo anno di
guerra alpina, che però corrono il rischio di essere poco
considerati, se non addirittura ignorati. Difatti, da quando sono iniziate le numerose cerimonie commemorative
del centenario un po’ in tutta Italia e spesso a cura di nostre Sezioni e Gruppi, non mi risulta (e mi auguro sinceramente di sbagliarmi) siano state previste iniziative significative dedicate ai due argomenti che esporrò.
Della figura di Luigi Pettinati (1864-1915) mi sono
già occupato diffusamente con un articolo pubblicato dal
nostro giornale qualche anno fa, al quale faccio rimando.
Per cui farò qui soltanto un riassunto. In quei convulsi e
purtroppo inconcludenti primi quaranta giorni di guerra
che vanno dal 24 maggio ai primi di luglio del ’15, nei
quali l’esercito italiano non aveva praticamente avversari
di fronte, salvo pochi riservisti male armati a difesa di linee e fortificazioni peraltro già predisposte per tempo
dagli austriaci, l’Italia si giocò (e perse) la possibilità di
conquistare sul confine importantissime posizioni, se
non addirittura di entrare decisamente in territorio nemico e vincere la guerra in pochissimi giorni. L’Austria
era impegnatissima ed in gravissime difficoltà sul fronte
orientale, con perdite impressionanti di uomini e mezzi:
il suo esercito, dimostratosi arretrato e male armato, era
stato falcidiato in quei primi nove mesi di guerra ed in
più di un’occasione venne salvato dall’alleato germanico.
Tra le numerose perdite, moltissimi italiani sudditi trentini e giuliani. Da parte nostra dunque, fu buttata al vento l’occasione di raggiungere Trento e Trieste senza quasi
colpo ferire, soprattutto a causa dell’immobilismo dei generali italiani comandanti dei vari settori di guerra, nonostante le continue sollecitazioni del comando supremo
(Cadorna). Emerse impietosamente la loro incapacità a
manovrare ed affrontare un nuovo tipo di guerra: non a
caso qualcuno li definì “generali da operetta”. A questa
grottesca situazione fanno eccezione però i reparti alpini,
ed in particolare il IV Corpo d’Armata comandato dal generale Mario Nicolis di Robilant, che già ai primi giorni
di guerra stava convergendo con i suoi vari reparti
(Gruppi Alpini A e B) nell’alto Isonzo ed in particolare
nella conca di Caporetto. L’ordine impartito dagli alti comandi era quello di avanzare per garantire sbocchi offensivi ad est dell’Isonzo, che in pratica significava conquistare la dorsale Vrsic – Vrata – Monte Nero e quindi i
monti Maznik – Rudecirob – Sleme – Mrzli, per far cadere l’importante settore di Tolmino. Lasciando il dettaglio
delle operazioni all’esauriente Storia delle Truppe Alpine
di Emilio Faldella (vol. I – pagine 204 e successive), mi li-
L’
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
26
mito a dire che dal 26 maggio venne costituito il comando dei due gruppi alpini A e B, affidato al generale Donato Etna; e che in quei concitati momenti iniziali alcuni
ordini, per la verità piuttosto sibillini, furono fraintesi,
per cui sfumarono clamorosamente le possibilità di conquistare quelle cime, allora pressoché deserte, senza colpo subire. Alla resa dei conti, la dorsale dal Maznik al
Mrzli non sarà mai conquistata; in particolare l’ancora
oggi poco conosciuto ed irrilevante dal punto di vista alpinistico Monte Mrzli sarà teatro di terribili combattimenti fino all’ottobre ’17, dei quali parlerà con espressioni attonite anche la famosa corrispondente di guerra
austriaca Alice Schalek nel suo celebre reportage dal titolo Isonzofront. Dal 28 maggio il comando del Gruppo
Alpini B fu assunto dal ten. col. Luigi Pettinati, fino allora comandante del btg Pinerolo. Da questo momento
comincia la sua elaborazione della conquista del Monte
Nero, partendo da quella preliminare dei monti Vrsic e
Vrata e Potoce che ad esso sono appoggiati: suo dunque
il progetto (contrariamente a quanto affermato sull’ultimo numero dell’Alpino a pag. 8, in cui si legge che l’idea
fu del generale Etna) di una serie di attacchi veloci, notturni e naturalmente di sorpresa, I reparti alle sue dirette dipendenze erano i btg alpini Ivrea, Val Cenischia, Pinerolo, Val Dora, Val Pellice, Exilles e Susa, che effettivamente con azioni ardite ed impensabili, dal Pettinati studiate e dirette, sorpresero il nemico, conquistando tra fine maggio ed i primi giorni di giugno l’impervia zona
Potoce, Vrsic e Vrata, tanto da mettere in serissimo pericolo tutto il settore difensivo nemico e da porre le basi
per la successiva conquista del Monte Nero. A detta di
molti esperti di arte militare, queste furono le prime e
probabilmente tra le poche azioni, su tutti i fronti della
Grande Guerra, studiate e realizzate con quell’acume
tattico che risultò purtroppo totalmente carente nella
predisposizione di tutti i successivi massicci, sanguinosi
ed inconcludenti scontri frontali che caratterizzarono i
combattimenti di quel conflitto. Da comandante energico e coscienzioso, dotato di grande umanità per i suoi
uomini, andava sempre di persona ad ispezionare le prime linee dei settori a lui affidati ed a riconoscere il terreno prima di intraprendere qualsiasi nuova azione (caratteristica comune al generale Cantore). Il giorno 9 giugno,
mentre visionato il fronte del settore di Monte Vrata si
apprestava a scendere nella zona di Planina (in lingua
slovena pascolo, alpeggio, malga) Za Kraju, venne colpito da un cecchino appostato in trincee sovrastanti, alle
pendici nord del Nero ancora in mani nemiche. Il colpo,
che attraversò il suo corpo ed andò poi a ferire al piede
un ufficiale che era con lui, risultò così devastante che a
nulla valsero le cure prestategli per ben dieci giorni nel-
l’ospedale di Caporetto; morì difatti il 19 giugno compianto da tutti i suoi alpini, che seguendo le sue istruzioni avevano nel frattempo espugnato il Monte Nero, con
irrilevanti perdite. Questa la motivazione della medaglia
d’oro alla memoria immediatamente conferita a Luigi
Pettinati, insieme con la promozione a colonnello:
“Con molta energia, singolare perizia e coraggio mirabile, superando difficoltà ritenute insormontabili, seppe
condurre le forze a lui obbedienti alla conquista dell’importantissimo, aspro impervio contrafforte Potoce – Vrata
– Vrsic, rendendo così possibile larga successiva operazione della conquista di Monte Nero. Gravemente ferito
da palla nemica, pochi giorni dopo decedeva. Potoce –
Vrata – Vrsic, 31 maggio e Za Kraju, 9 giugno 1915”.
Luigi Pettinati risulta essere la prima MOVM alpina
della Grande Guerra. Sepolto dapprima nel cimitero di
Caporetto accanto alla tomba del ten. col. Negrotto dei
Bersaglieri caduto pochi giorni prima sul Mrzli, dopo la
fine della guerra il feretro venne riesumato e trasportato
nel cimitero di Cavatore, suo paese natale che si trova
sulle colline di Acqui Terme, dove da allora riposa.
Il btg Pieve di Teco, 1° rgt Alpini, era presente nei
ruoli dell’Esercito Italiano fin dal 4 agosto 1886. Lo costituivano forti uomini dell’Appennino e delle Alpi liguri,
uomini avvezzi alle fatiche della montagna, anche se risiedevano a pochi chilometri dal mar Ligure. Di qui l’affettuoso appellativo che sarebbe stato loro dato di Batajun Anciua. Nell’estate del 1914 il battaglione viene inizialmente inviato a presidiare il confine italo francese,
quindi a seguito delle mutate relazioni tra i due Paesi, viene spostato sul confine austriaco nell’alto Tarvisiano, Valli Raccolana e Dogna, per la costruzione di strade militari ed appostamenti di artiglierie, in zone molto impervie.
Lo compongono la 2a, 3a ed 8a compagnia permanenti.
Si attesta tra Sella Nevea, Sella Robon e Sella Prevala, a
fianco del Monte Canin, ed in lontananza gli alpini riescono a vedere il Monte Rombon, contro il quale si dovranno scontrare, intuendo già le difficoltà cui andranno
incontro perché scorgono gli austriaci che vi stanno preparando postazioni difensive. Nei primi giorni di guerra
(anche qui sull’argomento sono fondamentali i testi del
Faldella, di Paolo Alassio ed una storica pubblicazione
della collana Gli Alpini di fronte al Nemico degli anni ’30)
la 3a deve scacciare gli austriaci che si erano impossessati di Sella Prevala, quindi dopo un periodo di calma apparente nel quale gli uomini sono stati impegnati in faticosi lavori di rinforzo della linea delle creste, giunto il
mese di agosto viene dato l’ordine di attaccare l’impervio
Rombon. Vengono costituiti due battaglioni speciali, il Bes
ed il Sassi, dal nome dei rispettivi comandanti. Nel Bes
confluisce la 3a che partecipa ai primi assalti in un clima
invernale, nonostante la stagione: conquista il monte
Cuckla che rimane a presidiare per qualche giorno, fino a
che ritorna in seno al Bes e parte per l’attacco risolutivo
alla cresta del Rombon. E qui si registra l’inizio del Calvario del Pieve di Teco: raggiunti quasi gli ultimi contrafforti del monte, gli uomini sono fatti oggetto di un
uragano di colpi di fucileria e scariche di pietre. Gli alpini non cedono, pur decimati e senza più ufficiali; la 3a,
contrattaccata in testa ed ai fianchi, è raggiunta dalle altre due compagnie 2a ed 8a, ma dopo tre giorni di resistenza senza armi e viveri e coi fucili spezzati chi è ancora in grado di muoversi (sono tutti più o meno gravemente feriti!) scende dal Rombon tra i compagni agonizzanti, i morti e gli sfracellati e torna alla base dell’attacco, sul Cuckla. Questo massacro è durato dal 23 al 27
agosto 1915. Ma non è ancora finita. Mentre la 3a distrutta deve essere ricostituita, viene dato incarico alla
8a, la più integra, di condurre un secondo assalto, cui comunque parteciperanno anche la 2a e la 3a di rincalzo.
Il Rombon fa sempre più paura, si vedono e si sentono
chiaramente i nemici al lavoro per il rafforzamento del
monte. L’attacco inizia all’alba del 12 settembre, senza
preavviso di artiglieria l’8a giunge fino a pochi metri dalla vetta per essere poi ricacciata semidistrutta. Anche le
altre due compagnie subiscono sensibili perdite; ai reparti italiani non resta che presidiare e difendere l’attiguo
monte Romboncino, quando alla sera viene dato l’ordine
di sospendere l’inutile massacro. Ancora una volta quel
che resta del Pieve è rimasto senza ufficiali. Il reparto
deve ora in terreno difficilissimo costituire le difese, l’inverno si avvicina. Ma mancano uomini specializzati per
costruire trincee e baracche, mancano anche i materiali.
E così i superstiti sono costretti a fare quello che possono dormendo sotto le tende a temperature che a novembre raggiungono già i -27°. Poi finalmente vengono sostituiti dal Bassano e scendono a Serpenizza per riposo e
riordino. Dato che praticamente l’originario Pieve di Teco non esiste più, viene costituito un nuovo battaglione
col nome di Pieve di Teco bis. Tale reparto tornerà in linea
tra il Romboncino ed il Cucka ai primi di gennaio del
1916, rimanendo però inattivo per l’abbondantissimo innevamento. Poi improvvisamente tra l’11 ed il 12 febbraio il Calvario del Pieve si completa: un improvviso attacco austriaco con gli uomini in mimetica bianca porta
alla perdita del Cuckla. Nonostante l’ammissione del
nemico stesso che ci fu cruenta battaglia e che di fatto il
reparto denunci una perdita di un migliaio di uomini,
l’irritazione dei comandi è altissima. E con un gesto incredibile, ritirati gli uomini e condotti sulla piazza della
stazione di Villa Santina, con provvedimento del generale Giardina viene disciolto il battaglione per chiari motivi disciplinari, mentre i suoi componenti sono assorbiti
da altri reparti. Gli alpini liguri continueranno comunque
a partecipare alla Grande Guerra dando sempre prova di
valore ed abnegazione. Soltanto nel 1925, dopo una revisione critica di quella decisione, il Pieve di Teco verrà ricostituito in Oneglia alla presenza del Principe di Piemonte, con la consegna del nuovo gagliardetto, offerto
dalla locale Sezione ANA, “A ricordo di gloria passata,
promessa di vittoria futura”.
Le vicende del nostro battaglione proseguiranno tra
gloria e disperazione nella Seconda Guerra Mondiale e si
concluderanno a Waluiki durante la ritirata di Russia, ed
anche questa storia costituirà un altro indicibile Calvario.
Giancarlo Militello
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L’ALPINO RICCARDO DI GIUSTO,
PRIMO CADUTO DELLA GRANDE GUERRA
l 24 maggio di cent’anni fa l’Italia dichiarò guerra all’Austria -Ungheria ed intorno alle due di notte del primo giorno di guerra reparti del Battaglione alpino Cividale, attestati sulla linea di confine, già penetravano in territorio nemico per alcune centinaia di metri e prendevano posizione sul
monte Colovrat in comune di Drenchia, provincia di Udine, altura che in quella zona segnava il confine tra il Regno d’Italia e l’Impero Asburgico.
Riccardo Di Giusto, inquadrato nella 16a Compagnia del
Battaglione Cividale, facente parte dell’8° reggimento alpini
della II Armata, faceva parte della colonna che aveva il compito di occupare la cima del monte Natpriciar, davanti a Tolmino.
La pattuglia passò in silenzio per il passo Zagradan, ma
subito dopo i quattordici gendarmi confinari imperiali disposti a presidio del valico di Solarie aprirono il fuoco contro il
reparto italiano. Un colpo di fucile sparato dal nemico colpì
di striscio il ventenne Di Giusto ma, sfortunatamente, rimbalzando sulla vanghetta metallica a corredo dello zaino, si
conficcò nella nuca dell’alpino che, immediatamente soccorso dai propri compagni, ebbe solo il tempo e la forza
d’invocare il nome della madre e poi spirò nel giro di pochi
minuti.
La salma venne successivamente trasportata ai piedi
dell’altopiano fino alla Chiesa di S. Volfango, benedetta da
Giovanni Guion, cappellano di detta Chiesa e tumulata nell’adiacente piccolo cimitero.
Solo nel 1923 si provvide alla traslazione nel Tempio Ossario di Udine della salma dell’eroico alpino, assurto a simbolo di tutti i 650.000 soldati italiani che daranno la loro vita per la Patria nei successivi 41 mesi del terribile conflitto.
Ma chi era l’alpino Di Giusto? Era un udinese, nato il 10
febbraio1895, che, rimasto orfano in giovine età, non potette
continuare gli studi, e lavorò fin da giovane come ferroviere fino al 1914, quando venne chiamato alle armi nel Corpo degli
Alpini, il 12 gennaio 1915, assegnato al Distretto militare di Sacile ed inquadrato nel Battaglione Cividale, di stanza nella zona del monte Colovrat, come oggi zona di confine. Difatti al confine orientale
delle valli del Natisone si sviluppa la dorsale di detto monte, alta circa mille metri, che si estende per
quattro chilometri, da dove oggi è possibile raggiungere, in un percorso costellato di camminamenti,
caverne e resti di trincee, in località Casoni Solarie, il monumento dedicato al primo Caduto della
guerra 15-18, l’alpino Riccardo Di Giusto, nelle immediate vicinanze di un’antica strada militare di arroccamento.
L’intero monte Colovrat venne trasformato dalla seconda Armata dell’Esercito Italiano in un vasto ed articolato sistema di difesa, la terza linea difensiva italiana, poiché i suoi rilievi costituiscono l’estremo fronte che impedisca la penetrazione del nemico nella pianura friulana.
Oggi la zona è diventata un museo transfrontaliero all’aperto ed è inserita negli itinerari della
Grande Guerra. Presso il monumento, a Casoni Solarie, ogni anno, la prima domenica di Giugno, il
primo Caduto viene commemorato con una solenne cerimonia, promossa dai locali Gruppi alpini ed
Autorità cittadine del territorio, sempre molto partecipata. Udine, la sua città natale, ha voluto ricordare, nel 1929, il suo giovane figlio caduto, assurto a simbolo di tutti i Caduti dell’immane tragedia della Grande Guerra, intitolandogli una via alla periferia Est cittadina, laterale di via Cividale.
I
V.L.
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
28
I “LUPI DI PAULARO”
SI RITROVANO A RECCO
ndici alpini della caserma Olivo Maronese di Paularo, i cosiddetti “Lupi di Paularo” si ritrovano dopo
46 anni, e tutti liguri! Begli incontri alpini! Bei ricordi di naja sbufferata in f.o (frontiera orientale)!
Sabato 30 maggio undici alpini genovesi, tutti in servizio alla caserma Olivo Maronese di Paularo nel lontano
1969, si sono ritrovati a Recco, presso il Ristorante Borgo
Antico.
All’epoca il Battaglione Mondovì, del 4°reggimento alpini, era aggregato per rinforzo all’ottavo reggimento alpini, di stanza a Tolmezzo, per servizi O.P, ovvero per motivi
d’ordine pubblico, in quell’epoca di attentati a tralicci, caserme etc..
Il battaglione Mondovì venne stanziato a Paluzza nella
mitica caserma Maria Plozner Mentil e due sue compagnie,
la decima e l’undicesima, vennero inviate rispettivamente ai
distaccamenti di Paularo e Forni Avoltri, entrambe unitamente ad una batteria di artiglieria da montagna del Gruppo Pinerolo, aggregato, per gli stessi motivi del Mondovì, al
3° Rgt. A. Mon. di Tolmezzo.
Questi undici alpini, come spesso succede, si erano un
po’ persi di vista, ma Antonio Rago, socio del Gruppo di Rivarolo, ideatore della bella rimpatriata, con tenacia e doti di
‘detective’ ha saputo rintracciare i suoi antichi commilitoni,
esattamente quindici, di cui 11 poi effettivamente partecipanti alla rimpatriata.
Tra i quindici, sette soci di Gruppi della nostra sezione,
Rago di Genova Rivarolo come già detto, Gianni Cecotto
del gruppo di Santa Margherita, Gino Consiglieri e Francesco Pastorino, entrambi del gruppo di Zoagli, Valter Lazzari
del gruppo di Chiavari, e Dondero e Ferretto, entrambi del
Gruppo di Torriglia.
A seguire altri otto commilitoni: Elio Masala, Nicola Tomellini, Carlo Reggiardo, Pino Narducci, Mario Poletti e
Giacomo Musante, Lizzeri e Toma inspiegabilmente, roba
U
da c.p.r., tutti non ancora iscritti all’A.N.A!
Presenti alla rimpatriata gli iscritti Rago, Cecotto, Pastorino, Consiglieri, Lazzari e i non ancora iscritti, Masala, Tomellini, Reggiardo, Narducci, oltre a Poletti e Musante, addirittura quest’ultimi due anche senza cappello alpino...!!!
Nel contempo, un pensiero affettuoso ai compagni di
naja carnica, Dondero e Ferretto del Gruppo di Torriglia e
Lizzeri e Toma, ancora non iscritti e non sappiamo se cappello-muniti o meno, i quali tutti e quattro non hanno potuto partecipare alla rimpatriata per motivi personali o familiari, pertanto senz’altro giustificati e che speriamo quindi, alla prossima occasione, di poter riabbracciare e festeggiare quali ‘prodighi’ tra i “lupi di Paularo”.
Venendo al nostro rancio alpino, ancora prima di sedersi a tavola e dopo la foto di rito, i sei lungo ‘dormienti’ , sono stati fortemente redarguiti dai vecchi commilitoni ed invitati ad iscriversi all’Associazione Alpini celermente oltre
che, in particolare Poletti e Musante, a munirsi di debito
cappello alpino, pena“sbrandamenti, gavettoni e“bottigliamenti”per tutti e sei con sana goliardia che ha riportato tutti gli undici presenti a quei bei anni verdi di gioventù spensierata.
Fraternamente ci siamo abbracciati e tra una portata e
l’altra dell’ottimo rancio i ricordi sono sgorgati inarrestabili
da ognuno di noi, con grande e sincera commozione; ti ricordi quel mulo con il fiocco rosso, Pilucca, che aveva scalciato due poveri conducenti? Ti ricordi il cuoco del ponente
ligure che nella vita civile faceva l’idraulico e che per motivi
misteriosi, oltre che per la mansione svolta, rifuggiva dall’acqua, per non parlare del sapone, ed era quello che preparava..ahimè...con le sue mani... il rancio alla mensa truppa? E via dicendo, aneddoti di quegli anni lontani, le lunghe
marce, gli interminabili turni di guardia, tutti i monti della
Carnia fatti a piedi dietro quell’ottimo ufficiale, Fulvio Todeschini, prematuramente andato avanti in servizio a 46 anni,
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GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
che era allora il Comandante della nostra Compagnia ed
un po’ il padre morale di tutti noi.
Il sottoscritto, allora Sergente A.U.C, non restò a Paularo l’anno intero come gli altri ma solo quattro mesi, chiamati allora ‘tirocinio pratico applicativo ai reparti’ in attesa
dell’agognata stelletta da Ufficiale e relativo trasferimento
per il servizio di prima nomina.
Periodo molto intenso comunque, più che sufficiente
per conoscere tutti gli alpini della Compagnia abbastanza
bene e, tra l’altro, con ben sei dei partecipanti al ritrovo,
Cecotto, Consiglieri, Masala, Narducci, Pastorino e Poletti,
fummo protagonisti assieme in una vicenda, in montagna,
che avrebbe potuto divenire tragica.
Difatti verso la fine di Aprile 1969 da Paularo ci eravamo trasferiti, una squadra di una quindicina di alpini al comando del Tenente Rocco Tornifoglia, il sottoscritto con
funzioni di vice, a Cima Sappada in Cadore ed eravamo saliti al rifugio Calvi, a lato del monte Peralba, con l’ordine di
Battaglione di recuperare delle corde rimaste in parete nel
corso dell’ultimo campo effettuato dalla 10a Compagnia.
Il rifugio, in quell’epoca ovviamente era chiuso e si recuperò la chiave dal gestore del rifugio stesso, la primavera
era piuttosto indietro e salimmo pertanto nella neve ancora alta e giunti al rifugio, di notte, si scatenò una tale bufera che, letteralmente, pareva che ci fossero fuori ad ululare
mille lupi. Calmatasi un po’ la furia degli elementi, alle sei
del mattino in marcia verso Passo Sesis su una coltre nevosa farinosa ci colse un’improvvisa raffica di forte vento che
provocò in cresta, sopra di noi, un’improvvisa slavina da
vento che con un soffio come di gigante investì la retroguardia della nostra squadra portando giù nel canalone
due nostri alpini!
Al primo scorgere della massa nevosa in movimento
noi tutti al comando del Tenente, ed anche istintivamente,
avevamo sciolto il cordino rosso anti-valanga, solo mezzo
empirico dell’epoca per agevolare la ricerca di eventuali se-
polti nella neve.
Gli strumenti sonar e satellitari di ricerca segnali dalla
massa nevosa erano ancora da venire per noi...il radiomarconista munito della vecchia CP300 a spalla, apparato
dal mitico fischio baffo, incalzato dal Tenente riuscì comunque ad inoltrare celermente la richiesta di soccorso al
Comando Truppe Alpine Carnia Cadore nella non distante
Sappada.
Tutto funzionò per il meglio ed in breve tempo l’elicottero in dotazione all’ora Generale di Divisione Ardizzi Zavattaro, Comandante delle Truppe Carnia e Cadore, atterrò
alla base della conca nevosa, in fondo al canalone, ed i soccorsi riuscirono ad estrarre velocemente dalla neve i due
sventurati alpini, fortunatamente solo feriti in modo non
grave in quanto scivolati per centinaia di metri su neve fresca di superficie ma miracolosamente senza incontrare rocce nella caduta.
Grande il timore per i due compagni, missione annullata, feriti in osservazione e cura al Centro sanitario del Comando di Sappada, rientro con il cuore in gola a Paularo.
E dopo 46 anni il sottoscritto è a Recco a ricordare la vicenda con altri sei alpini che erano con lui in quella giornata che nessuno di noi potrà mai dimenticare!
Al commiato, sui volti ormai datati di tutti noi, la commozione era evidente e diversi occhi erano più umidi del
solito, tutti alpini, al di là di vite e destini diversi per ognuno di noi, ora assieme abbracciati con l’orgoglio della penna che unisce per sempre chi l’ha conquistata con sacrificio
e poi portata con onore!
A presto cari amici ritrovati di anni lontani della gloriosa caserma Olivo Maronese, ma la prossima volta tutti con
tessera della Associazione nazionale alpini , della nostra
storica e gloriosa Sezione e... con almeno due cappelli alpini in più!
Valter Lazzari
CERVINIA
5 LUGLIO 2015
l Vessillo dell’Associazione Alpini
Paracadutisti con il Comandante
Colonnello Radizza del Quarto reggimento Ranger Alpini Paracadutisti e
il comandante di Battaglione Ten.Col.
Manzone, il neo Presidente dell’associazione Alpini Paracadutisti Maurizio
Venturin e il Consigliere Tecilla.
Presente anche un pezzo della nostra
Regione: l’alpino Paracadutista Fabio
Lorusso appartenente al Gruppo Alpini
Busalla Sezione Genova insieme al
suo Bocia Stefano.
Mai Strac
I
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
30
“FUARCE CIVIDAT”
GRANDE RADUNO ALPINO
DEL VENTENNALE
hiusaforte: deliziosa cittadina del tarvisiano, in
provincia di Udine, adagiata sulla riva destra del
fiume Fella e contornata dalle Alpi Carniche. Un
vero gioiello.
Il glorioso Battaglione Cividale, nato nel 1909 e inquadrato nell’8° Reggimento Alpini, dopo aver combattuto
eroicamente nelle due guerre mondiali, con campagne in
Grecia (1940-41) e sul Don, in Russia (1942) , l’ 11 novembre 1995 veniva definitivamente “colpito” ad opera del
“fuoco amico” ministeriale. Anche il Comando tedesco,
nel gennaio del 1943, aveva riconosciuto l’eroismo del Btg.
Cividale a seguito degli assalti per la conquista della quota 176.2 , nel settore russo KALITWA, ridando a tale monte il nome di “Quota Cividale”.
21 giugno 2015. Giornata di sole e piena di luce. Luce
che si riflette negli occhi dei tantissimi alpini convenuti
nella loro vecchia Caserma “P. Zucchi”. Nel grande cortile
delle adunate, in faccia al monumento ai Caduti, risuona
“forte e chiaro” il grido “Fuarce Cividat!”. Ci sono gli alpini “cividalesi” di più generazioni, della Compagnia Comando, della 20a, della “Terribile”, della “Tormenta”, della
“Bella”. Ci sono gli antichi Comandanti che hanno prestato servizio a Cividale, fino al 1963 e a Chiusaforte, fino
allo scioglimento. Ci sono numerosi Sindaci del territorio,
colleghi del Sindaco di Chiusaforte, Fabrizio Fuccaro, il
quale, nella sua allocuzione, fa presente che la caserma Zucchi è diventata il simbolo della cittadina e che
costituisce il “contenitore” ideale per
cerimonie e attività alpine. Del resto
è anche sede del locale Gruppo Alpini, con alla guida Eraldo Battistutti, anch’egli fervente (ed emozionato) oratore, nell’esporre la storia del
suo gruppo.
L’Alzabandiera, alle dieci in punto del mattino, è il primo atto ufficiale di questa domenica estiva. Sulla piattaforma del monumento si
susseguono gli esponenti di primo
piano del Battaglione. Arriva, in forma straordinaria il rappresentante
del Governo, Sottosegretario alla
Difesa, Domenico Rossi. La sua è
una voce accorata ai giovani, affinché prendano coscienza dei valori
radicati nella storia del“Cividale” e li
facciano propri.“La vera Italia è questa”, afferma senza retorica.
Il Presidente del “Fuarce CiviGrande affresco
C
Caserma Zucchi Monumento ai Caduti
sulla caserma Zucchi
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GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
Autorità: On. D. Rossi e Sindaco F. Fuccaro
dat”, Associazione di oltre novecento iscritti, Generale
Gianfranco Beraldo, espone con forte enfasi la storia del
Battaglione Cividale, sottolineandone l’eroismo, la lealtà,
l’attaccamento alla Bandiera, sia in pace che in guerra.“Un
atto estremamente inopportuno, inadeguato e fuori da
ogni contesto”, definisce la soppressione del Battaglione
Vessillo Fuarce Cividat e Presidente Gen. G. Beraldo
Cividale e del 15° Reggimento Alpini.
“Il nostro non vuole essere un ricordo
nostalgico, perché il “Cividale” vive nei
nostri cuori e costituisce una felice occasione per rinnovare i nostri sentimenti . L’appuntamento è fra dieci anni, per celebrare insieme il trentesimo
della ricorrenza. Fuarce Cividat !”
Il grido, ripetuto all’unisono dai
presenti, riecheggia nella vallata ed è
di buon auspicio per un ritrovarsi tutti
insieme alla caserma Zucchi, nel 2025.
Ci si avvia ora in corteo verso la
Chiesa Parrocchiale, ove don Guido
Genero, della diocesi di Udine, concelebrerà la Santa Messa, assieme a don
Raphael, in memoria di tutti i Caduti
del Battaglione Cividale. Il coro Monte
Nero, in una esecuzione toccante del
repertorio di canti alpini, farà da cornice alla cerimonia religiosa.
La sfilata per le vie del paese, in ordine di compagnia, prosegue fino alla
caserma Zucchi, con la sosta doverosa
al Parco della Rimembranza, in onore ai Caduti.
Il pomeriggio è ancora da vivere. C’è il rancio alpino, ci
sono i concerti dei cori e delle fanfare e, alle 17:30, l’Ammainabandiera conclude ufficialmente le tre giornate del
Grande Raduno. Già da venerdì 19 giugno erano iniziate
le attività del ricordo.
Partendo da Cividale era giunta a Chiusaforte la fiaccola della fratellanza, passando per i paesi della Carnia
colpiti tremendamente dal terremoto del 1976 e rinati grazie all’apporto degli alpini. Tarcento,
Gemona, Venzone, Moggio Udinese,
Resiutta avevano subito i danni maggiori.
Sabato 20 giugno, prima ancora
dell’Alzabandiera nel piazzale della
caserma Zucchi, si proponeva la
sgambettata per i più in forma: Sella
Nevea, sentiero n.635, Rifugio Gilberti
( m.1850). E poi ancora Forcella Sagata, Forte di Col Badin, tanto per riprendere il passo antico, così caro agli
alpini in questi luoghi carnici.
Le giornate del “riscatto e della sfida” alle decisioni che avevano cambiato la storia del Battaglione Cividale e
del concetto di naja, si sono celebrate
in un clima di festa e di riscoperta,
protagonisti non solo gli alpini, ma
tutta la popolazione della vallata del
Fella che mai ha dimenticato l’esperienza del Battaglione Cividale a Chiusaforte e che, in alto i cuori, grida ancora: “FUARCE CIVIDAT !”
Enzo Valencich
Alpino del BTG. Cividale
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
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NOTIZIE DAI SETTORI
SETTORE STURA PONENTE - GRUPPO DI MASONE
COMMEMORAZIONE CADUTI E DIPERSI DI RUSSIA
i è tenuta domenica 19 Aprile
2015 presso il Santuario della
Cappelletta in Masone, la solenne
commemorazione annuale dei caduti e dispersi in Russia da parte degli
alpini masonesi guidati dal capogruppo Piero Macciò.
Il ricordo è iniziato con la celebrazione della Santa Messa alle ore 11
presso il Santuario, officiata da Padre
Alberto Aneto, al cui termine ha avuto luogo la benedizione della targa
posta, a ricordo di tutti gli alpini caduti in Russia, in prossimità dell’urna
contenente la Terra del Don e del piccolo altare sul quale poggia l’effige
della Madonna del Don, protettrice
degli alpini in Russia. Alla commemorazione hanno partecipato alcuni
consiglieri sezionali e vari gruppi del
settore ponente, tra cui Sestri Ponente, di Campo Ligure, di Arenzano, il
S
reduce campese Santo
Oliveri, sempre presente
in queste solenni occasioni, il Sindaco di Masone Enrico
Piccardo, il
vicepresidente sezionale
Saverio Tripodi, le associazioni locali, i Carabinieri in congedo, il locale sottocomitato di Croce
Rossa. Una nota particolarmente
piacevole la partecipazione alla cerimonia dell’amico e alpino Salvatore
Bruzzone “Salva”.
Al termine della celebrazione i
partecipanti si sono trasferiti presso il
Cippo collocato lungo il viale che
conduce al Cimitero per recitare una
preghiera in memoria di tutti gli alpini caduti.
Ha concluso le celebrazioni il tradizionale rancio presso la sede del
Romitorio.
P. Macciò
FESTA DI SOLIDARIETA’ CON IL GRUPPO ALPINI
nche quest’anno si è svolta nella
giornata del 1° maggio, nella meravigliosa cornice del Parco del Romitorio di Masone, l’immancabile festa
di solidarietà organizzata dal locale
Gruppo Alpini che, come in passato
ha dedicato e dedica tutt’oggi, il loro
impegno alla solidarietà in favore di
Enti ed Associazioni. Nonostante la
copiosa pioggia ed il vento incessante,
la giornata si è svolta regolarmente ed
il ricavato è stato devoluto in favore
della “Gigi Ghirotti”, Associazione di
volontariato sorta nel 1984, che da oltre trent’anni, opera nel campo dell’assistenza ai malati terminali, svolgendo la propria attività prevalentemente a domicilio. Innumerevoli i
campi in cui opera l’Associazione che
dal 1994 ha esteso la propria attività
anche ai malati di AIDS e del 2002 gestisce due centri residenziali di ricovero rispettivamente a Genova Bolzaneto e a Genova Albaro per degenti che
non possono più ricevere cura ed assistenza a domicilio, mentre dal 2010
offre la propria assistenza anche ai pazienti affetti da SLA.
L’associazione ha presenziato alla
giornata di solidarietà con un proprio
A
stand e con l’intervento personale del
Presidente Prof. Franco Henriquet e
di alcuni volontari.
L’aspetto gastronomico è stato curato, con il consueto impegno, dagli
alpini masonesi che hanno preparato
pranzo a base di polenta con sugo di
salsiccia o cinghiale, farinata e “tigelle
dell’alpino”, con l’ormai classico focaccino per la merenda pomeridiana.
Programma religioso nel pomeriggio con la Santa
Messa celebrata
dal missionario
masonese Don
Paolo Pirlo con il
Parroco
Don
Maurizio Benzi,
accompagnata dal
canti del Coro
Rocce Nere di
Rossiglione, diretto dal maestro
Giancarlo Oliveri.
Al
termine
della giornata il
capogruppo Piero
Macciò ha ringraziato il vicepresidente sezionale di
Genova Saverio Tripodi, i collaboratori
e tutti i partecipanti per la presenza e
la buona riuscita delle festa nonostante le avverse condizioni atmosferiche,
che hanno reso impraticabile lo svolgimento della consueta camminata
mattutina al Monte Dente, ma che
non hanno, comunque, impedito lo
svolgimento della manifestazione ed il
buon fine dell’iniziativa di solidarietà.
P. Macciò
33
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
NOTIZIE DAI SETTORI
CERIMONIA DI CONSEGNA DEL RICAVATO ALLA “GIGI GHIROTTI”
corollario della “giornata della
solidarietà” svoltasi il 01/05/2015
al Romitorio, nella serata del 3 giugno 2015 si è tenuta la cerimonia di
consegna del ricavato della manife-
A
stazione in favore dell’Associazione
“Gigi Ghirotti”, alla presenza degli
esponenti della sezione di Genova,
Pietro Firpo – Presidente –, Saverio
Tripodi - Vicepresidente – del Consiglieri del locale gruppo, del Sindaco
di Masone Ing. Enrico Piccardo, del
Presidente e dei membri dell’Associazione.
La cerimonia
ha raggiunto il
culmine con la
consegna, da parte del capogruppo
Piero Macciò, avvenuta presso al
sede del Gruppo
alpini Masone, al
Prof. Franco Henriquet, dell’assegno di € 2.500
proveniente dal ricavato della festa
di solidarietà campestre del primo
maggio. Il ricavato è stato realizzato
in parte nel corso della giornata del
primo maggio, cui si è aggiunto il generoso contributo degli alpini sino a
raggiungimento della complessiva
somma.
Con i ringraziamenti di rito il Prof.
Henriquet ha espresso grande affetto
e stima da parte sua e di tutto il suo
staff per il locale gruppo alpini, con il
reciproco augurio che la collaborazione con l’Associazione e le iniziative
benefiche possano proseguire negli
anni, mentre il Presidente sezionale
Firpo ha sottolineato l’impegno degli
alpini masonesi nel sociale ed in favore della comunità. A chiusura degli
interventi il Sindaco che ha elogiato
al gestione del locale gruppo sempre
proteso alla beneficienza e alla solidarietà.
La serata è proseguita con la cena
e, a chiusura, gli immancabili canti alpini, che, per l’occasione sono stati
diretti dal Presidente Firpo in collaborazione con il Sindaco, splendida appendice a questa ammirevole occasione di volontariato.
P. Macciò
SETTORE STURLA – AVETO – GRUPPO DI MEZZANEGO
4 LUGLIO - RADUNO DEL SETTORE A SEMOVIGO
“Intimo”, quasi famigliare, non so come altrimenti definirlo l’incontro a
Semovigo (che quest’anno
fungeva anche da raduno di
settore): per me bergamasca, abituata ad incontri
oserei dire oceanici e rumorosi, una vera sorpresa fin
dalla prima volta.
Un breve applaudito
concerto del coro Soreghina
da il “la” al raduno.
Dopo l’Alzabandiera si ci
avvia sul “Sentiero di Vittorino”, un breve tratto di strada
nel bosco, un ruscello, castagni come colonne vive che
sostengono una volta di foglie tra le quali s’intravedono sprazzi di cielo: immersa
nella Natura una rustica edicola con un Cristo in croce,
stilizzato, tratto da una radice. Difronte una scritta: “non
ho altre mani che le vostre”:
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
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le mani oggi sono quelle degli alpini
che le prestano agli altri ovunque se
ne ravvisi il bisogno.
Fanno da contorno aiuole di magnifiche ortensie azzurre e bianche.
Intorno all’altare per la S. Messa si
schierano gli alpini con il Vessillo sezionale ed i gagliardetti, di lato folto il
gruppo delle donne, le “donne degli
alpini”quelle che li seguono ovunque,
magari lasciando a casa qualche innocuo mugugno.
Un po’ più in su il coro Soreghina
accompagna con i suoi canti la cerimonia che si conclude con la “preghiera dell’alpino”, recitata per tutti
dal presidente Firpo.
A seguire presso il piccolo cimitero frazionale il doveroso omaggio ai
Caduti.
Brevi parole del capogruppo Zappettini e del presidente Firpo e la consegna di un ricordo ad autorità, gruppi e benemeriti ed è subito il momento dell’Ammainabandiera.
NOTIZIE DAI SETTORI
Scarno nella sua essenzialità il
programma dell’incontro, ma vivo e
partecipato nel suo svolgersi.
E’ sera e resta
ancora una cosa da
fare: sedersi a tavola
e gustare quanto
hanno preparato le
donne e gli alpini
del gruppo di Mezzanego.
Quello di sedersi a tavola insieme
per persone che
condividono
gli
stessi valori, lo stesso “sentire” è un gesto che unisce, che rende “famiglia”, un modo
bello e “caldo” di chiudere l’incontro.
Donne ed alpini di Mezzanego:
promosse/i a pieni voti anche in cucina oltre che per l’organizzazione
in toto!
Giusy Asperti
SETTORE TIGULLIO - GRUPPO DI CARASCO
18 - 19 APRILE - RADUNO DEL GRUPPO
nche quest’anno il Gruppo di
Carasco, capeggiato da Giuseppe Rissetto, nuovo Capo Gruppo, ha
organizzato e realizzato un bel raduno con il fine di ritrovarsi alpinamente tutti assieme e di onorare la memoria di tutti gli alpini del Gruppo
“andati avanti, fin dall’ormai lontano
1956, anno della costituzione del
Gruppo stesso.
Peraltro le commemorazioni erano
già iniziate il giorno antecedente, sabato18 aprile ,presso la frazione Santa
Maria di Sturla, ove nel pomeriggio alla presenza del Sindaco alpino Massimo Casaretto, del consigliere
dell’A.N.A di Genova Valter Lazzari
con Vessillo sezionale, e di vari alpini
del comprensorio, era stato deposto
un mazzo di fiori al monumento ai
Caduti della citata frazione e recitata
una preghiera.
Al raduno di domenica 19 aprile
hanno presenziato varie Autorità cittadine, con in testa il primo cittadino
Massimo Casaretto, già più volte Capo
Gruppo degli alpini di Carasco, alcuni
Consiglieri comunali ed il Comandante della locale Stazione dei Carabinieri.
Da parte alpina, sono intervenuti,
in rappresentanza della Sezione di
Genova; Orazio Bellatti, Vice Presidente sezionale, Valter Lazzari, consigliere sezionale e coordinatore del
A
Settore Tigullio, Vittorio
Marchetti,
consigliere sezionale nonché coordinatore del vicino Settore Sturla-Aveto.
Altre Sezioni intervenute, La Spezia
e Cuneo.
La manifestazione ha avuto inizio nei pressi della
Sede sociale del
Gruppo ove s’è svolta la cerimonia
dell’alzabandiera, dopo la quale si è
formato un lungo corteo con in testa la
banda musicale “Tenente Raffo” di
Marina di Pietrasanta in Versilia, le Autorità con il Gonfalone cittadino ed a
seguire il Vessillo Sezionale di Genova
unitamente ai Vessilli di La Spezia e
Cuneo ed infine i numerosi Gagliardetti intervenuti e molti alpini al loro
seguito.
Il corteo si è snodato per le strade cittadine, attorniato da
ali di folla plaudente,
sempre abilmente
accompagnato dalle
note alpine della fanfara, e durante il percorso è stata deposta
una prima corona
d’alloro ai Caduti alla
lapide ubicata in via
Pontevecchio ed un’altra ancora al
monumento sito nei giardini di via IV
novembre, con tutti i presenti sull’attenti ed in riverente raccoglimento nei
momenti rituali dei comandi per gli
onori ai Caduti.
Allo scioglimento del corteo in
Piazza Umberto I, l’alpino Padre Lucio, Cappellano militare, ha officiato la
35
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
NOTIZIE DAI SETTORI
Santa Messa nell’adiacente bella chiesetta, letteralmente gremita di alpini e
bandiere ove, come da tradizione, il rito si è concluso con la recita della preghiera dell’alpino da parte del Consigliere sezionale Valter Lazzari.
All’esterno della chiesetta nell’a-
RITROVARSI
n occasione del raduno di Carasco si sono incontrati dopo 48
anni gli Alpini CADIO MASSONE di
Soglio di Orero (Ge) e ETTORE
AGNESE di Caraglio (Cn) che erano
entrambi al CAR, 3° scaglione leva
1947, nella Caserma Monte Fiore
(Mario Fiore) di Borgo San Dalmazzo nel 1967 e da allora non si
erano più incontrati.
I
diacente piazza
Umberto I, dopo un accorato
e significativo
intervento da
parte dell’ alpinissimo e stimatissimo capo
Gruppo di Lavagna, nonché
coordinatore
del Settore Val
Petronio, Piero
Bonicelli,
il
quale ha ricordato la solidarietà
alpina
messa in pratica proprio in zona in occasione della recente tragica alluvione
del novembre 2014, l’Assessore comunale alpino Aldo Gino Rissetto ha
poi provveduto alla premiazione degli
oltre 30 Gruppi intervenuti unitamente ai Vessilli sezionali di Genova, La
Spezia e Cuneo, quest’ultimo rappresentato dallo storico personaggio di
Carlo Re, da sempre amico del Gruppo di Carasco nonché Consigliere sezionale e Capo Gruppo di CaraglioValgrana, gemellato con il gruppo di
Cervasca, a sua volta gemellato con il
Gruppo di Carasco.
Alle tre Sezioni ed a tutti i Grup-
IL VESSILLO DELLA SEZIONE DI GENOVA
AL RADUNO DELLA A.N.CARABINIERI
al 25 al 31 Maggio u.s. si è
svolto a Chiavari il 1° Raduno
Interregionale del Nord-Ovest,organizzato dall’ispettorato regionale
della Liguria dell’Associazione Nazionale Carabinieri A.N.C., con
grandissima partecipazione di pubblico e migliaia di Carabinieri, di cui
molti in congedo.
Per venire a noi alpini, a questo
importante evento era presente il
Vessillo Sezionale, i Gagliardetti di
Chiavari e Cogorno e circa una ventina di alpini che magari potevano
essere anche di più ma la concomitanza della giornata elettorale in cui
erano impegnati diversi nostri soci
sia come Presidenti di Seggio od in
36
Roberto Biggio
SETTORE TIGULLIO - GRUPPO DI CHIAVARI.
D
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
pi è stato donato un gagliardetto ricordo raffigurante l’alpino Luigi Casaretto, padre dell’attuale Sindaco, in
divisa d’ordinanza del Battaglione
Pieve di Teco, fondatore del Gruppo
di Carasco e storico Capo Gruppo
per molti mandati.
In particolare, con l’occasione del
raduno, è stato consegnato all’alpino Agostino Scotto per i suoi 50 anni di fedeltà al Gruppo il bel distintivo d’oro previsto per tutti i soci, a parità di requisiti, dalla Sezione di Genova.
La sfilata e l’orologio che continuava a girare hanno un po’ accelerato l’abituale passo cadenzato alpino per poter più velocemente raggiungere la zona pranzo e per oltre
200 alpini e familiari al seguito è venuto finalmente il momento del rancio, ottimo ed abbondante secondo i
tradizionali canoni alpini, servito e
consumato nella bella apposita area
di recente attrezzata con dura fatica
dagli alpini di Carasco, adiacente il
torrente Entella in località Laguna, il
tutto, dagli antipasti al dolce e con
simpatica lotteria finale, allietato
dalla belle note dell’instancabile
fanfara.
qualità di scrutatori ha, inevitabilmente, limitato un po’ la presenza.
Al di là comunque di grandi numeri come partecipanti, durante la
sfilata, di frequente, si sono levate
dalla folla assiepata esclamazioni
verso la nostra rappresentanza, di
“Viva gli alpini”, che ci hanno, in
tutta onestà, fatto molto piacere.
E’ doveroso infine fare partecipi
tutti lettori di un gratificante aneddoto avvenuto all’ammassamento, il
Comandante Generale dell’Arma,
Generale. Del Sette, passando in
rassegna le varie Bandiere inquadrate per la sfilata, si sofferma davanti
al nostro Vessillo e mi apostrofa, essendo io di scorta allo stesso, ‘Capi-
NOTIZIE DAI SETTORI
tano, la vostra bandiera è molto decorata, complimenti!’ io allora prendo la parola e faccio presente al Signor Generale Comandante che la
Sezione di Genova è una delle più
antiche dell’intera Associazione nazionale alpini e senz’altro il nostro
Vessillo è fra i più decorati dell’Associazione.
Il Comandante prosegue dicendomi “Sa Capitano, nella mia famiglia gran parte dei parenti, vivi e
non, sono stati e sono alpini....al che
replico complimentandomi per tale
notizia e saluto l’alto Ufficiale cordialmente, ancorché debitamente
sull’attenti durante tutta la piacevole conversazione.
Non vi nascondo cari amici alpini che dopo questo colloquio inaspettato, per un attimo, ho sentito il
nostro bel cappello alpino pesarmi
in testa come fosse di pietra, alla
consapevolezza del peso della responsabilità che riviene dall’onore
ed il privilegio di portare tale cap-
pello, ma soprattutto dal cercare di
esserne sempre degni ed in ogni occasione!
V.L.
FORZE ARMATE A CHIAVARI DA 63 ANNI
na cerimonia semplice ma ricca
di significato quella che si è svolta Martedì 12 maggio u.s. Presso la
caserma “Giordano Leone” che ospita
da 63 anni la Scuola telecomunicazioni delle Forze armate.
Quest’anno la ricorrenza è stata
particolarmente sentita in quanto
l’Ente militare che aveva subito gravi danni alle strutture nella recente
alluvione del novembre 2014, grazie
all’aiuto del Comune di Chiavari e di
molte altre Istituzioni, fra cui anche
la protezione civile dell’A.N.A, è riuscito a superare il grave momento di
difficoltà.
Numerose le Autorità civili e militari, regionali e locali, che hanno
presenziato alla cerimonia, il Sindaco di Chiavari, Ing. Roberto Levaggi
ed il Vescovo diocesano, Sua Eccellenza Alberto Tanasini, oltre a numerosi Sindaci di Comuni del Comprensorio.
Per quanto ci riguarda, oltre il Vessillo sezionale scortato dal sottoscritto, i Gagliardetti di Chiavari, Sestri
Levante, Cicagna, Cogorno e Favale
di Malvaro, per un totale di 12 alpini.
Nel corso della cerimonia, il Comandante della Scuola, Capitano di
Vascello Vincenzo Luigi Ciriello, davanti ai reparti schierati ed ai rappre-
U
sentanti delle associazioni d’arma, ha
parlato di “una festa più grande poiché segno tangibile ed orgoglioso di
una piccola rinascita dopo quella tragica notte dell’alluvione” ringraziando tutti coloro che hanno portato
soccorso. Infine, sul versante alpino, è
da segnalare una bella novità per gli
alpini del Tigullio, gli alpini in servizio
facenti parte del ripristinato servizio
alla cittadinanza di Genova, ‘Strade
Sicure’ , ora per motivi logistici sono
ospitati e gestiti dal Comando Scuola
di T.L.C. di Chiavari da dove con appositi mezzi si recano a Genova per il
servizio.
Alpinamente, il sottoscritto e vari
Capi Gruppi presenti, al termine della manifestazione, si sono presentati
a detti alpini, una ventina, del 3° Reggimento artiglieria di Pinerolo che
poi, ci è stato riferito, a determinate
cadenze ruotano con altri reparti, e di
tutto cuore ci siamo messi a loro disposizione per qualunque cosa e
l’abbiamo invitati presso le nostre
Sedi, fornendo i nostri recapiti telefonici ai loro graduati, Maresciallo Di
Monaco e Sergente Gargiulo.
V. L.
37
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
NOTIZIE DAI SETTORI
SETTORE TIGULLIO - GRUPPO DI COGORNO
PROGETTO “PER RICORDARE: 1915/18-2015/18”
l primo giugno u.s. Il Comune di
Cogorno, nel centenario della
“grande Guerra 1915/1918, ha realizzato la prima parte del progetto ‘Per ricordare 1915/18-2015/18 che si svolgerà nell’arco di quattro anni con iniziative tese al coinvolgimento della
popolazione, delle Scuole e delle Associazioni del territorio e di illustri
ospiti per ricordare il terribile conflitto
mondiale e dare risalto al valore della
pace nel mondo.
Oltre duecento persone hanno
partecipato alla manifestazione, prima
parte del progetto ‘Per ricordare’, commemorante insieme sia l’inizio della
prima guerra, 24 maggio, che la proclamazione della Repubblica, il giorno
seguente, 2 giugno. L’evento ha avuto
luogo sul sagrato dell’Oratorio di San
Giovanni Battista, ove sono convenute Autorità civili e militari, fra le quali
citiamo: il Sindaco cittadino Enrica
Sommariva e l’ Assessore alle manifestazioni Franca Raffo, il Maggiore
Vito Casano, in rappresentanza della
Scuola di T.L.C., un Maresciallo della
G.D.F in rappresentanza della Compagnia di Chiavari, la Confraternita di
S. Giovanni ed i Soci dell’Accademia
della Ciappa e dei Testaieu.
Il Gruppo alpini di Cogorno, egre-
I
giamente capeggiato dall’attivissimo
Franco Ginocchio, era presente al
gran completo dopo aver concorso
molto alla stessa realizzazione della
bella manifestazione, unitamente ad
alcuni altri alpini del Settore e relativi
Gagliardetti.
Ospiti d’onore gli Insegnanti cittadini con i loro alunni ed il Coro ‘Voci
d’Alpe’ di S. Margherita Ligure che ha
sapientemente, come sempre, intrattenuto con le sue note canore l’uditorio, prima assorto e poi in visibilio. In
dettaglio, la serata è iniziata con l’Alza
bandiera a cura del Gruppo alpini locale con la partecipazione del trombettiere di Lavagna, Maestro Nicolò
Machetti, momento nel quale sono
stati ricordati, in silenzio riverente ed
uno ad uno, i 44 Caduti del Comune.
A seguire poi i saluti ai presenti da
parte dell’Amministrazione comunale
e breve relazione sul tema “le cause
che diedero origine alla prima guerra
mondiale”da parte del sottoscritto relatore Valter Lazzari, Consigliere della
Sezione A.N.A. di Genova e Coordinatore dei Gruppi alpini del Settore
Tigullio.
La serata è proseguita con il canto
dell’Inno nazionale da parte dei ragazzi dei plessi scolastici di Cogorno
con il coinvolgimento del pubblico
presente e la presentazione ed esibizione del Coro alpino ‘Voci d’Alpe’ di
Santa Margherita Ligure.
Parte finale della cerimonia è stata
l’ accorata lettura, da parte della professoressa Bruschi, di alcune struggenti lettere a casa, dal fronte, di soldati di Cogorno che, come una macchina del tempo, ci hanno fatto rivivere le trepidazioni per i propri cari
lontani, il senso di precarietà e le paure della dura vita di trincea con attacchi e contrattacchi continui, sentimenti così ben descritti dal grande
poeta Ungaretti che partecipò alla
grande guerra,‘qui si sta come le foglie
sugli alberi in autunno...!
La recita della preghiera dell’alpino, di cui ho avuto l’onore, egregiamente accompagnata dall’eccezionale
coro ‘Voci d’Alpe’, sul sagrato dell’Oratorio, ascoltata in religioso silenzio,
ha commosso visibilmente gli animi e
concluso più che degnamente la bella
serata.
Complimenti Amministrazione ed
Alpini di Cogorno, siamo ansiosi di
partecipare, nei prossimi tre anni, alle
altre fasi del vostro bel progetto ‘Per ricordare’.
V.L.
foto Andrea Larizza
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
38
NOTIZIE DAI SETTORI
SETTORE VALLESCRIVIA - GRUPPO DI BUSALLA
FESTA ANNUALE MONTE DEL CARMO A BASTIA
omenica 24 luglio 2015 in vetta alla cappelletta
della Madonna del Carmine si è svolta l’annuale
Festa del Gruppo Alpini di Busalla.
L’evento è iniziato alle ore 10,00 con il solenne Alzabandiera e alle 11,00 la Santa Messa celebrata da Padre
Francesco della Parrocchia di Busalla.
Al termine della funzione il Capo Gruppo Belgrano
ha ricordato tutti i caduti Alpini e ha ringraziato tutti i
partecipanti dei gruppi intervenuti e in particolare il rappresentante della Sezione A.N.A Genova.
D
accompagnato dai canti alpini.
Durante la festa ci ha reso omaggio un personaggio
noto nel mondo: il primo Astronauta Italiano andato
nello spazio, Franco Malerba, nativo di Busalla.
Ringraziamo tutti gli Alpini e amici volontari che
La festa è proseguita con il buon sapore ed il profumo dei piatti tipici della Valle Scrivia.
Sabato sera tutto esaurito nello stand gastronomico
per degustare il Minestrone alla genovese Alpino e lo
spezzatino con la Polenta.
Domenica dopo la Santa Messa si è proseguito con
il “Rancio Alpino”Antipasto di salumi, ravioli, bistecca e
salsiccia alla brace con contorno, formaggio,frutta e per
concludere il dolce. La musica non è mancata grazie a
Francesco Cavo che si è esibito con la sua fisarmonica
hanno contribuito a rendere possibile tutto questo e ci
diamo appuntamento all’anno prossimo!
Fabio Lorusso
39
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
NOTIZIE DAI SETTORI
SETTORE VAL PETRONIO - GRUPPO DI CASTIGLIONE CHIAVARESE
MOSTRA DELLA GRANDE GUERRA
n data 23 maggio è stata inaugurata nella frazione di Velva la mostra
della Grande Guerra, nella ricorrenza
del centenario, con il patrocinio del
Comune di Castiglione Chiavarese, e
curata dal Prof. Fausto Figone, Direttore del Museo Diffuso della Cultura
contadina di Velva, nella Casa padronale della famiglia Del Re.
All’iniziativa ha concorso fattivamente il locale Gruppo alpini di Castiglione, tra l’altro anche mettendo a
I
disposizione alcuni reperti e materiali esposti nella Mostra, nell’abituale
collaborazione con l’attiva Amministrazione Comunale; nella bella locandina pubblicitaria realizzata per
l’evento, tra il logo del Comune, della Pro loco e dell’Associazione culturale Veleura di Velva, fa bella mostra
di sé anche il logo della Associazione
Nazionale alpini.
Con l’occasione della Mostra, il
Prof. Figone, restando in tema, ha
presentato presso il vicino Oratorio
dei Bianchi, l’ultima sua fatica letteraria, un documentatissimo volume
dall’esplicito titolo “Dalla zappa al
moschetto”, ove con grande perizia e
dovizia di documentazione storica
racconta la storia dei numerosi cittadini di Castiglione delle varie classi di
leva, perlopiù umili agricoltori, coinvolti nell’evento epocale della “Grande Guerra”.
In qualità di autorevoli critici letterari sono intervenuti alla presentazione i professori Francesco De Nicola ed Osvaldo Raggio dell’Università degli Studi di Genova, i quali
hanno commentato positivamente la
qualità e ricchezza culturale del volume presentato.
Il Prof. Figone peraltro non è
nuovo a queste esperienze letterarie,
essendo già stato negli anni scorsi
autore di due ponderose opere concernenti il territorio: “Il Comune di
Castiglione tra ottocento e Novecento” e “ La miniera di Monte Loreto”.
All’inaugurazione dell’interessante Mostra era presente il Sindaco
di Castiglione, Giovanni Collorado, il
sottoscritto in rappresentanza della
Sezione di Genova, Elio Carlibetti,
Capo Gruppo degli alpini locali, molti altri alpini sia del Gruppo che del
comprensorio, tutti rigorosamente
con cappello alpino, oltre ad Autorità
locali ed un folto pubblico.
Dalle lettere dal fronte e dai cimeli dei soldati si evince una buona
componente alpina peraltro storica
nel territorio, in quei cittadini/soldati
di Castiglione Chiavarese che cento
anni fa, con grande coraggio, senso
del dovere e sacrificio, accorsero alle
armi per completare il processo di
unità della Patria, con la liberazione
di Trento e Trieste, subendo stenti e
patimenti inenarrabili per 41 lunghissimi mesi di guerra.
V.L.
SETTORE VAL PETRONIO – GRUPPO DI MONEGLIA
25° DEL GEMELLAGGIO DEL GRUPPO DI MONEGLIA (GE)
CON IL GRUPPO DI CELLORE (VR).
omenica 15 marzo u.s. il gruppo
di Moneglia, il Capo Gruppo e
numerosi soci, il Sindaco cittadino
Claudio Magro, il sottoscritto Consigliere sezionale con Vessillo, alpini
appartenenti ad altri gruppi del
comprensorio quali Castiglione
Chiavarese e Favale di Malvaro, unitamente a rappresentanti della Sezione A.N.A. di La Spezia e del
gruppo di Deiva Marina, si sono recati a Cellore nel Comune di Illasi, in
provincia di Verona, per festeggiare
“le nozze d’argento” tra i due gruppi
di Moneglia e Cellore.
Difatti a distanza di 25 anni da
D
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
40
quei memorabili 12 e 13 maggio
1990, i due gruppi hanno mantenuto nel tempo una sana amicizia alpina con frequenti reciproci incontri sia
nella costiera ligure del Levante che
nella bella vallata veronese dalle belle colline circostanti, alle pendici della catena montuosa prealpina dei
Lessini Orientali.
Peraltro, all’origine, il gemellaggio era nato da una bellissima storia
d’amore tra un alpino di Cellore e la
nipote di un socio di Moneglia e come si sa le storie d’amore, belle e vere, sono fondamenta solide destinate
a durare ed anche a generare altro
amore come quello, solidissimo, tra i
due gruppi gemellati.
All’arrivo presso la locale Baita
degli alpini di Cellore, grandi manifestazioni di genuino affetto tra i vari soci ed accoglienze, a dir poco, entusiastiche.
Passato il momento dei saluti e
consumata una colazione alpina, ci si
dispone per la sfilata cittadina, alla
presenza anche di diverse decine di
gagliardetti della sezione di Verona
nonché del generale degli alpini Tullio Vidulich di Bolzano, abituale
ospite del Gruppo di Cellore nonché
autore di una bella opera ”Storia de-
NOTIZIE DAI SETTORI
gli Alpini”, e s’ inizia una impeccabile sfilata attraverso le
vie cittadine, tutte imbandieratissime, tra ali di cittadini
festanti per il bell’evento.
Deposte, nel corso della
sfilata, alcune corone di fiori
ai vari monumenti ai Caduti,
il corteo si scioglie nella piazza antistantela chiesa parrocchiale ove viene officiata la
Santa Messa e ricordata la ricorrenza del gemellaggio che
ormai da 25 anni lega in comunità d’intenti ed affetti i
due gruppi.
Come tutte le cose belle,
anche la giornata del gemellaggio letteralmente vola e si
arriva fatalmente ai saluti ed
agli addii, ‘pardon’ arrivederci, poiché già fin d’ora gli
amici alpini di Cellore sono
tutti invitati alla festa dell’ottantacinquesimo dalla costituzione del gruppo di Moneglia, con benedizione di
nuovo Gagliardetto, che avrà
luogo nel prossimo anno,
con tutta probabilità in occasione del raduno sezionale
che il gruppo dovrebbe ospitare come da apposita richiesta ufficiale già presentata alla Sezione di Genova.
Tanti auguri alpini ai due
Gruppi così affiatati e visti i
precedenti, al prossimo incontro, con impazienza!
V.L.
41
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
NOTIZIE DAI SETTORI
SETTORE VALPOLCEVERA – GRUPPO DI RIVAROLO
60° ANNIVERSARIO DEL GRUPPO DI RIVAROLO
abato 28 marzo
2015 il Gruppo di
Rivarolo ha festeggiato solennemente il
60° anniversario della
sua fondazione.
Per la Sezione
hanno partecipato il
Vice Presidente Vicario Giancarlo Militello, il Vice Presidente
Orazio Bellatti ed il
Consigliere Valter
Lazzari.
Tutti i Gruppi
della Valpolcevera e quello di Celle
Ligure sono intervenuti con i rispettivi Gagliardetti e con un buon numero di alpini. Il ritrovo dei partecipanti è avvenuto presso la sede del
Gruppo.
Effettuato lo schieramento alle ore
9.00, si è onorato il Vessillo Sezionale
S
che, accompagnato dalla sua scorta è arrivato
ed ha assunto la posizione assegnata. E’ seguita la cerimonia dell’alzabandiera, con l’inno nazionale la cui musica è stata accompagnata dal canto dei presenti. Dopo il comando
del Riposo e il Rompete
le righe. Si è proceduto
alla classica colazione
alpina all’interno della
sede. All’ora fissata i
partecipanti si sono portati nella vicina
parrocchia del Borghetto per la santa
Messa officiata in stile prettamente alpino celebrata dal parroco Padre Giovanni, con i comandi alla voce la preghiera dell’alpino ed i commenti finali da parte del Parroco e del Vice Presidente Sezionale.
Al termine di questa cerimonia religiosa si è svolta la deposizione di una
corona d’alloro alla tabella viaria dedicata alla M.O.V.M. Capitano Silvio Sibona, nativo di Rivarolo, caduto sul
fronte russo il 20 gennaio 1943, titolare del gruppo.
Al termine delle varie manifestazioni, verso mezzogiorno, chi ha voluto si è portato per il rancio presso la
Trattoria Lombarda di Via Finocchiaro
Aprile a Genova. E “dopo aver mangiato – mangiato e ben bevuto”, al
rientro in sede in serata si è proceduto
alla cerimonia dell’ ammainabandiera.
Questo è il resoconto di quanto
fatto in modo semplice ma dignitoso
per festeggiare il 60° di fondazione del
Gruppo, che non si può concludere
senza un sentito ringraziamento a
quanti hanno con la loro presenza manifestato affetto agli Alpini di Rivarolo.
Pietro Garneri
I “100” DI EMILIO ZERBO
milio Zerbo, iscritto al gruppo di Genova Rivarolo dalla sua fondazione, ha raggiunto il traguardo dei 100
anni di vita essendo nato il 10 Maggio 1915.
Combattente col Btg. Valle Arroscia del 1° Rgt. Alpini
(Cuneense) e col Btg. Val Tagliamento dell’8° Rgt.Alpini
(Julia) sui fronti Occidentale e Greco-Albanese, prigioniero in Germania nel 1945. E’ stato festeggiato nella sala
del gruppo attorniato dai familiari e dagli alpini che hanno voluto onorarlo con la loro presenza.
Gli è stato fatto omaggio di una targa ricordo personale e del crest del gruppo.
Dopo lo spegnimento tradizionale della candelina
sulla torta è seguito un rinfresco alpinamente gioioso.
E
Il Capogruppo Giovanni Pastorino
GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
42
I
SCARPONCINI
ALTAVALPOLCEVERA – Luca, nipote
del socio Angelo Granzella.
ALTAVALPOLCEVERA – Leonardo, figlio del socio S.T. Ferrari Gregori e
della signora Florence Vivier.
BORZONASCA – Agnese, figlia di
mamma Sara Isetti e papà Michele
Cadermartori, figlio del Socio Luigi
Cademartori e cugino dei Soci Renzo Longinotti e Mauro Curotto.
CARASCO – Beatrice, nipote del socio Andrea Perazzo (nonno).
COGOLETO – Laura, nipote del socio Giuseppe Ciglione.
COGORNO - Daniele Sanguineti nipote del socio Mario Pichetto.
FAVALE DI MALVARO – Antonio, nipote del socio Sergio Ferretti.
MASONE - Nina, nipote dell’Amico
degli Alpini Emilio Siro.
PIEVE – SORI – Emma Benzi, nipote
del socio Giuseppe Paravidino.
SAN COLOMBANO CERTENOLI - Mariano, figlio del socio Pietro Torre, nipote del socio Mariano Torre e pronipote del socio Giovanni Raggio.
SANTA MARGHERITA - Gregorio, nipote del socio Gianni Ceccotto.
SANTA MARGHERITA - Nicolò Chierici, nipote del socio Antonio Maggiolo.
SANTO STEFANO D’AVETO – Pietro,
nipote dei soci Roberto Pareti (nonno) e Silvano Fugazzi (zio).
SANTO STEFANO D’AVETO - Camilla, nipote dei soci Giuseppe
Razzetti (nonno) e Giovanni Razzetti (zio).
SERRA RICCO’ - Giovanni, nipote del
socio Franco Timossi.
TORRIGLIA – Ines, terza nipote del
socio Pier Gardella.
*****
Ai genitori i più vivi rallegramenti e
gli affettuosi auguri da parte della
famiglia alpina.
*****
ALPINIFICI
ALTAVALPOLCEVERA – il signor
Paolo Rossi, figlio del socio Giuseppe, con la gentile signorina
Chiara Raggio.
COGOLETO – la gentile signorina
Laura, figlia del socio Mario Giusto,
con il signor Ermanno Bosio.
ORERO – il signor Mirco Debenedetti, figlio del socio Giuseppe Debenedetti e nipote del capogruppo
Marco Debenedetti con la gentile
signorina Sara Sturlese.
RIVAROLO – la gentile signorina
Lajla, figlia del socio Giorgio Benazzi, con il signor Simone Covaia, figlio del socio andato avanti Guerrino Covaia.
SAN COLOMBANO CERTENOLI – il
signor Enrico Costa, figlio del socio
Franco, con la gentile signorina Gabriela Biggio,
SANTO STEFANO D’AVETO – il signor Marco Dellacasagrande figlio
del socio Nico Dellacasagrande
con la gentile signorina Simona
Chioino.
*****
Da tutti gli alpini auguri di tanta felicità ai novelli sposi e … tanti bocia.
*****
LUTTI
SOCI
ALTAVALPOLCEVERA – il socio Ugo
Parodi, classe 1943, consigliere e
segretario del gruppo.
BOLZANETO – il socio Aldo Marchi,
classe 1934.
CAMPOLIGURE – Il socio Giuseppe
Leoncini (Stampa), classe 1920,
reduce di Russia.
CROCEFIESCHI – Il socio Cesare
Massarino, classe 1926.
ISOLA DEL CANTONE – il socio
Massimo Acerbo, padre del socio
Michele e zio del socio Renzo Acerbo.
MEZZANEGO – il socio Remo Gandolfo, classe 1934
MEZZANEGO – il socio Carlo Olmeda, classe 1943.
MONTOGGIO – il socio Feliciano
Bastianutti
NERVI – il socio Giorgio Casagrande
PIEVE – SORI – il socio Andrea Maine, classe 1914, reduce del fronte
occidentale.
RAPALLO – il socio Edoardo Fontana, classe 1939 già socio del gruppo di Recco.
RIVAROLO – il socio aggregato Bentivoglio Grandi.
SAN COLOMBANO CERTENOLI – il
socio Agostino Raggio, classe
1920, reduce di guerra, zio dei soci Giovanni, Stefano e Alberto
Raggio.
SANTOLCESE – il socio amico degli
alpini Giacomo Carossino.
SANTO STEFANO D’AVETO - la socia
aggregata Angela Cella, sorella dei
soci Olivo e Aldo Cella e zia dei soci Pellegro Rossi e Tilde Barattini.
SANTO STEFANO D’AVETO – il socio Antoni Guardincerri, classe
1936.
SERRA RICCO’ – il socio Luigi Davide Porcile
SERRA RICCO’ – il socio Giovanni
Bertolotti (Nan).
SESTRI LEVANTE – il socio Giuseppe Almori, classe 1935.
VALBRUGNETO – il socio Amico degli alpini Adamo Fraguglia, fratello
del socio Giovanni Fraguglia.
VOLTRI – il socio Dario Dellepiane
VOLTRI – il socio Colombano Macellari.
*****
FAMIGLIARI
ALTAVALFONTANABUONA – l’appuntato CC Almelindo De Vincenzi, padre del socio Alberto De
Vincenzi.
N
F
ALTAVALPOLCEVERA – la signora
Maria Luisa Scotto, sorella del socio Silvio Scotto e zia del socio Simone Scotto.
BOLZANETO - la signora Silvana
Bruzzese cognata del socio Claudio Poirè.
CAMPOLIGURE – la signora Maria
Puppo, suocera del socio Pietro Oliveri.
CAMPOLIGURE – il signor Gio Batta
Ferrari, cognato del socio Santo Oliveri.
CORNIGLIANO – il signor Giovanni
Benso, padre del socio Massimo
Benso
FAVALE DI MALVARO – la signora Agnese Fontana suocera dell’Amico
degli Alpini Franchino Boitano
GENOVA CENTRO – la signora Maria Rosa Firpo ved. Guerriero, sorella del Presidente Pietro Firpo.
GENOVA CENTRO - la signora Maria, madre del socio Andrea Truscello.
ISOLA DEL CANTONE – la signora
Maria Parodi, zia del socio Marco
Cornero.
MASONE - Suor Maria Pastorino,
sorella del socio Matteo Pastorino
e zia del socio Andrea Pastorino.
MASONE – la signoraCamilla Cavanna nipote del socio Domenico
Cavanna.
MASONE – la signora Angela Pastorini, madre del socio Mattia Ottonello.
MEZZANEGO – Don Carlo Ginocchio, fratello dei soci Giovanni e
Giuseppe Ginocchio.
MEZZANEGO – la signora Eugenia
Spinetto, suocera del socio aggregato Franco Federici.
ORERO - il signor Giuseppe Zanardelli, padre del socio Mario
Zanardelli
RAPALLO – il signor Giuseppe Puggioni, padre del socio Alessandro
Puggioni.
RAPALLO – la signora Ada Mattei
ved. Rossi, madre della socia Emmanuela Rossi.
SANTA MARGHERITA – la signora Adelina Vassallo, moglie del socio
Paolo Cuneo.
SANTO STEFANO D’AVETO - il signor Emilio Marubbio zio del socio
Giuseppe Cella.
SANTO STEFANO D’AVETO - il signor Luigi Fontana fratello del socio Enzo Fontana e cugino dei soci
Giampiero e Giuseppe Cella, Pietro
e Mario Fugazzi e Roberto Pareti .
SANTO STEFANO D’AVETO – la signora ANNA GAZZOLO suocera del
socio Gildo Carpanese.
SANTO STEFANO D’AVETO – il signor Luigi Pareti fratello del socio
Roberto Pareti e cugino dei soci
Giampiero e Giuseppe Cella, Pietro
e Mario Fugazzi e Enzo Fontana.
SANTO STEFANO D’AVETO – La signora Maria Canessa, suocera del
socio Nico Dellacasagrande.
SAVIGNONE - la signora Vittoria
A
M
I
G
L
I
A
Granara, madre del socio Marcello
Firpo.
SERRA RICCO’ – il signor Pasquale
Violi, suocero del socio Rinaldo
Ghiglino.
SESTRI LEVANTE – il signor Luigi
Conti, padre del socio Giovanni
Conti.
SESTRI LEVANTE – il signor Gino
Taddei, fratello del socio Angelo
Taddei.
SESTRI LEVANTE – il signor Bruno
Taddei, fratello del socio Angelo
Taddei.
TORRIGLIA – la signora Lina Ferro
ved. Campanella, suocera del socio Angelo Garbarino.
VALVERDE – la signora Rosa Rossi,
madre dei soci Mario e Francesco
Molinari, e nonna del socio Massimo Molinari.
VALVERDE – il signor Giovanni Cerruti, suocero del socio Alberto Soffiantini.
VALVERDE – la signora Ivana Franz
cognata del socio Sandro Sacco.
VALVERDE – la signora Marina Sacco, sorella del socio Sandro Sacco.
*****
A tutti i famigliari l’espressione del
più vivo cordoglio da parte delle
penne nere genovesi.
*****
ANNIVERSARI
NOZZE D’ARGENTO (25anni)
SANTO STEFANO D’AVETO - Il
socio Giuseppino Tosi con la gentile consorte signora Rosanna
Tosi.
NOZZE D’ORO (50 anni)
REZZOAGLIO – il socio Francesco
Fontana con la gentile consorte
signora Antonietta Vimercati.
SANTO STEFANO D’AVETO - Il
socio Sergio Giuffra con la gentile
consorte signora Maria Tilde
Pareti.
*****
Agli sposi le nostre sincere congratulazioni
*****
CENTENARI
RIVAROLO – il socio Emilio Zerbo,
classe 1915, reduce dei fronti
occidentale e Greco-albanese, e
prigioniero in Germania
*****
Auguri, vecio
*****
LAUREE
ALTAVALPOLCEVERA – la signorina Elisa Tacelli, nipote del socio
Romano Ghiglione, si è laureata
in Economia
*****
Congratulazioni, Dottoressa
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GENOVA ALPINA NUOVA 2/2015
I
N
F
A
M
I
G
L
I
A
GRUPPO DI BORZONASCA
GRUPPO DI BUSALLA
La Scarponcina Agnese, in braccio al felicissimo nonno Luigi
Cademartori. Agnese è figlia di mamma Sara Isetti e papà
Michele Cadermartori, figlio del socio Luigi Cademartori e cugino dei soci Renzo Longinotti e Mauro Curotto.
Il socio Giancarlo Percivale con la figlia Stefania e i nipoti Giorgia
e Filippo
GRUPPO VALBRUGNETO
Il socio Adriano Cavallino con le nipoti Nicole e Michelle
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GRUPPO DI CARASCO
GRUPPO ALTAVALPOLCEVERA
La piccola Beatrice in braccio al nonno, il socio Andrea
Perazzo.
UGO PARODI
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Classe 1943, socio, consigliere e segretario del
Gruppo Altavalpolcevera.
La sensazione di smarrimento per la perdita di Ugo
Parodi, “il maresciallo”, come lo chiamavamo in
ragione delle sue molteplici attività nel Gruppo è
troppo grande per essere efficacemente descritta a
parole.
Caro Ugo, della Tua umiltà, dedizione, competenza,
altruismo, Alpinità, ci rimane una tale e concreta
testimonianza che faticheremo non poco solamente
ad imitarti e per le tue attività di segretario, contabile, tuttofare, organizzatore, il Gruppo avrà enormi
difficoltà a sostituirti nelle tue mansioni.
Non ci hai mai fatto pesare la tua religiosità che
abbiamo visto testimoniata anche da tutti i “tuoi”
parrocchiani prima e durante il tuo funerale.
Ci raccomandiamo a quest’ultimo aspetto per chiederti, ora che sei nel Paradiso di Cantore, di vegliare, pregare, intercedere perché il nostro Gruppo sia
sempre dispensatore dell’ALPINITA’ che ci hai sempre testimoniato.
Il tuo Gruppo, che tanto amavi, ti stringe in un forte
abbraccio Alpino.
Silvio S.
GRUPPO DI ORERO
Mirco Debenedetti, figlio del socio Giuseppe Debenedetti e
nipote del capogruppo Marco Debenedetti nel giorno del matrimonio con la gentile signorina Sara Sturlese.
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GRUPPO SOPRALACROCE
AURORA MASSA
GRUPPO DI CAMPO LIGURE
E’ morta l’Aurora, l’amica di noi alpini! Siamo a
testa china. I ricordi vanno su e giù in un singhiozzo di emozioni e ricordi. Cammina Italia 1999 e
tante altre manifestazioni e il Pratomollo, sempre
in cucina, sempre disponibile: la casa sempre aperta per gli alpini. Avevamo fame ci ha dato da
mangiare, non sapevamo dove dormire ci ha dato
da dormire! Ci ha fatto amare Prato Sopralacroce.
Questa volta sono andato a Sopralacroce dall’Aurora per l’ultima volta al funerale, il tempo ha portato via le impronte della vita ma non i ricordi!
L’Aurora era la doppia mamma degli alpini. Non
era diversa, non era speciale, era una donna alpina. Il nostro ricordo oggi non può essere ricondotto
ad uno scarno necrologio quale socia aggregata. Aveva il grembiule che sapeva di sugo di tutti i sapori del mondo. Segreti della Rita e Carmelo. Storie e
altri personaggi. Amante del gusto.
Quando muore una donna “alpina” e senti il
suo ultimo battito, capisci che la vita è lontana da
ogni altro esempio quotidiano. Un’unica ragione
del cuore. Un solo uomo per il resto della vita. Avete sentito? Un solo uomo nel bene e nel male.
Brividi! L’unica cura per tutte le violenze dell’anima: la disponibilità e la fede.
Oggi era magra, scavata… si è spenta...ma sul
mio sorriso, sul nostro sorriso, nulla potrà essere
ombra o copia....basta fermarsi un attimo, sedersi,
prendere una mano con una mano, adagiarla sul viso e quel calore ritorna di luce...intima.
Ciao Aurora, Grazie Rita e Carmelo per quanto
avete fatto per Lei, un mondo di bene....
Noi alpini del vecchio corso non scorderemo
mai quanto fatto per questa Associazione....
Il 2 luglio 2015 è andato avanti Giuseppe Leoncini, “Stampa” , storico capogruppo dal 1969 degli Alpini di Campoligure.
Nato nella sua Campo
il 7 agosto 1920,chiamato
alle armi l’11 marzo del
1940,viene assegnato al
Battaglione Val Tanaro, Divisione Cuneense, partecipando a varie azioni di
guerra sul fronte occidentale. Partito col suo reggimento per la Russia il 5
gennaio del ‘43,destinazione Rossosch, giungendo al fronte il 10 gennaio
1943,persi i contatti con
la sua divisione, la Cuneense, è stato aggregato
alla divisione Tridentina,
prese parte anche alla battaglia di Nicolaiewka, sopravvissuto a queste innumerevoli vicende riesce a tornare, in patria, a casa.
La sua iscrizione all’ANA, corrisponde e coincide all’anno di fondazione del Gruppo Alpini di Campo Ligure, è il 1954.
Nel 1969 ne diventa il capogruppo, rimarrà tale per oltre un quarto di secolo.
Ho conosciuto lo Stampa e gli amici alpini di Campo agli inizi anni
‘80, infatti la mia prima iscrizione all’ANA risale al gennaio 1983 e la
mia tessera n.38828, porta in calce la firma di Giuseppe Leoncini.
La sede, intitolata alla M.A.V.M. Ten.Col. Vincenzo Mignone, allora
era in Vico Stura, l’inaugurazione dei locali offerti dal Comune, era
stata il 3 ottobre del 1982.
In quel periodo gli iscritti erano una cinquantina di alpini, anche
se già allora era notevole il numero dei simpatizzanti che partecipavano alla vita del gruppo. Nel periodo che copre il decennio degli anni
‘80/90, innumerevoli iniziative e manifestazioni hanno caratterizzato
la vita dl Gruppo sotto la guida dello Stampa, la più significativa è stata l’inaugurazione, era il 7 ottobre 1984,con una grande manifestazione per il numero dei partecipanti, del monumento “AI CADUTI E DISPERSI APPARTENENTI ALLE DIVISIONE ALPINE”, situato a fianco della cappella Mater Salvatoris, ricostruita dopo l’alluvione del 1977.
L’idea di questo monumento era nata durante una delle frequenti
riunioni che tenevamo alla sera presso la nostra sede, e tra uno o più
bicchieri di vino e/o di grappa, abbiamo pensato, disegnato e poi costruito, con le nostre mani, questo cippo, che ancora oggi è meta di
tanti alpini e no che visitano Campo Ligure.
Vari sono stati i riconoscimenti che Leoncini ha ricevuto per il suo
impegno nel sociale, e il 27 settembre del 2007, lui grande uomo di
fede, è stato insignito dal Vescovo di Acqui Terme dell’onorificenza di
Cavaliere della Chiesa.
Dal 1995 il Capogruppo è Gianfranco Casagrande, la nuova sede
è all’interno del Castello Spinola, Gianfranco sta portando avanti, tra
molte difficoltà ma con pari impegno quanto Stampa ha fatto per il
Gruppo Alpini di Campo Ligure.
Un particolare ringraziamento al figlio Giulio per la sua autorizzazione a pubblicare questo articolo.
Un saluto alpino a te caro capogruppo.
FRANCESCO CASSIERI
ALPINO PIERO BONICELLI
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GUSEPPE LEONCINI
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GRUPPO DI MEZZANEGO
REMO GANDOLFO
Remo eri uno dei soci più anziani, fiero alpino del Battaglione Ceva, del 4° Reggimento, sei andato avanti dopo più di cinquant’anni con noi, sempre pronto a dare un
mano fattiva in tutte le circostanze ed eventi alpini in cui il Tuo Gruppo è stato coinvolto.
La tua alpinità, con profondo senso del dovere e senso di solidarietà, è stata per tutti noi un continuo esempio che cercheremo di emulare sulla strada da Te tracciata.
Ti ringraziamo per quello che ci hai insegnato ed i valori alpini che ci hai trasmesso
e, stanne certo Remo, faremo di tutto per portare sempre con onore, anche nel Tuo ricordo, il nostro amato cappello alpino.
Ora, dopo le sofferenze terrene, Ti sappiamo felice nel Paradiso di Papà Cantore assieme ai Tuoi vecchi compagni di ‘naja’ e del nostro Gruppo, da lassù sorridici ed aiutaci ad essere alpini sempre degni di questo nome!
Alpino Remo Gandolfo!
Presente!
GLI ALPINI DEL GRUPPO DI MEZZANEGO
GRUPPO DI VOLTRI
DARIO DELLEPIANE
Dario, Vice Capo Gruppo degli Alpini di Voltri, alpino sciatore, il nostro grande
“capocantiere”, ci ha lasciato.
Instancabile nel lavoro, con la sua grinta, con il suo spirito combattivo dettava i tempi e ci spronava a portare avanti i lavori nella nuova sede: il muro a secco in pietra del monumento e del piazzale, il muretto di contenimento verso la
ferrovia, le intercapedini intorno alla casa e i numerosi lavori interni all’edificio.
Era bello vederlo passeggiare sicuro sui ponteggi nonostante la sua non più
giovane età.
Ricordo i suoi consigli, a volte burberi, per farci capire l’importanza del lavoro di squadra, ognuno doveva eseguire il compito ricevuto altrimenti non si potevano completare in tempo lavori programmati.
Il suo ultimo desiderio è stato la ristrutturazione del cippo dedicato agli alpini presso il Santuario di Nostra Signora dell’Acquasanta, in occasione del centenario del 1915/1918.
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