Scarica Cassazione Civile, sentenza n. 6777/2012

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Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 4 maggio 2012, n. 6777
Svolgimento del processo
A..P. citò innanzi al Tribunale di Brindisi la srl Marino Auto per la risoluzione del contratto di
vendita di un'autovettura Ford Fiesta, assumendo che la stessa era stata fornita di gancio di traino
ma che la relativa carta di circolazione mancava della indicazione dell'omologazione di tale
accessorio, montato a cura della convenuta, che aveva venduto l'autoveicolo all'esponente. La
società, costituendosi, osservò che nella commissione d'ordine non era prevista la fornitura ed il
montaggio del gancio e che la decisione di essa venditrice di offrire anche quest'accessorio non
poteva considerarsi espressione di una volontà di integrare l'originario contratto; eccepì inoltre la
tardività della denunzia ex art. 1495 cod. civ.. L'adito Tribunale, con sentenza n. 1178/2003, accolse
l'eccezione, respingendo la domanda; la Corte di Appello di Lecce, con decisione n. 326/2007,
respinse l'impugnazione del P. osservando: che, contrariamente a quanto sostenuto da costui
nell'impugnazione, la domanda aveva ad oggetto l'accertamento dell'inidoneità del mezzo a montare
il dispositivo d'aggancio, deducendosi dunque la mancanza di una delle qualità promesse e non già
la denunzia della fornitura di un bene ontologicamente diverso o privo delle qualità essenziali per
l'uso per cui era stato progettato; che non vi sarebbe stato, da parte del venditore, un occultamento
del vizio - tesi sostenuta dall'appellante sul rilievo che sia il montaggio che la predisposizione della
documentazione relativa all'accessorio erano state curate dalla società venditrice -; che detta
fornitura non avrebbe formato oggetto dell'originario ordine e quindi non avrebbe potuto rientrare
nel novero delle "qualità promesse".
Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il P. sulla base di due motivi; la società
Marino Auto ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1 - Con il primo motivo parte ricorrente lamenta che la Corte del merito sarebbe incorsa in un
travisamento del fatto controverso, ritenendo che la domanda avesse ad oggetto il mancato
montaggio dell'accessorio mentre in realtà essa era rivolta a far constatare la carenza di
provvedimento di omologazione dello stesso : ciò avrebbe influito sulla stessa qualificazione della
domanda.
Il motivo è infondato.
1/a — Invero, pur se le espressioni usate dalla Corte distrettuale possono dare adito ad ambiguità
interpretative, appare chiaro che il punto controverso ineriva alla possibilità legale di montaggio del
gancio di traino, di tal che nella esposizione del primo motivo di appello viene esattamente riportato
il pensiero del P. e quindi esposti gli esatti contorni della fattispecie ("...le doglianze avevano
riguardato non una carenza del veicolo oggetto di vendita, ma piuttosto la mancata consegna,
doverosa ai sensi dell'art. 1477, 3, c.c., del documento di circolazione atto a consentire il legittimo
uso del bene, in ragione della mancanza dell'omologazione del collaudo del dispositivo
d'aggancio"); nella descrizione del secondo motivo viene vieppiù sottolineata tale linea difensiva,
("Osserva in proposito l'appellante che il materiale montaggio del gancio di traino da parte della
concessionaria ed, inoltre, il rilascio del documento atto a garantire la conformità di tale
installazione..." ) e nell'argomentazione della Corte territoriale non vi sono affermazioni contrarie a
tale riportata ricostruzione del fatto.
1/b — Va poi evidenziato che l'enunciato del giudice dell'appello, secondo il quale la "mancanza
del gancio di traino" non poteva qualificarsi come incidente sull'uso per il quale la cosa era
destinata (fol. 9 della impugnata decisione), introduceva un concetto utilizzabile sia nell'ipotesi di
assenza materiale dell'accessorio sia di sua non legittima utilizzazione.
1/c - Il quesito di diritto è infine eccentrico rispetto alle argomentazioni esposte nel motivo in
esame, in quanto è diretto a far formulare alla Corte una regula juris che non si pone come esito
logico finale della censura fino ad allora articolata bensì come riaffermazione della tesi in diritto in
precedenza sostenuta, vale a dire che la mancanza dell'annotazione della omologazione sul libretto
di circolazione dell'autovettura equivaleva all'inadempimento dell'obbligo di consegnare - ex art.
1477 cod. civ. - i documenti che necessariamente debbono accompagnare la vettura circolante su
strada; in ogni caso anche su tale aspetto la Corte del merito rispose - pur sempre utilizzando
l'ambigua espressione che si riferiva alla "mancanza del gancio di traino", da intendersi, come sopra
visto, come "mancanza di un gancio di traino legittimamente montato"- negando che la vettura, pur
se "priva" di tale accessorio, potesse ritenersi priva delle qualità identificatrici del genere.
2 — Con il secondo motivo viene svolta censura di omessa, contraddittoria ed erronea motivazione
sempre sul medesimo punto, sostenendosi che la Corte distrettuale non avrebbe esaminato tutte le
argomentazioni esposte.
2/a - In particolare il ricorrente lamenta che sia stato escluso che il gancio di traino fosse compreso
nella commissione d'ordine, non avvedendosi che questa conteneva l'annotazione della
concessionaria di aver montato l'accessorio correttamente, vale a dire in conformità delle
prescrizioni del costruttore del veicolo e dell'accessorio medesimo, sostenendosi al contrario che,
quanto meno perfacta concludentia, avrebbe dovuto ritenersi formato un consenso traslativo anche
su detto accessorio.
2/b — Censura poi il P. la ritenuta irrilevanza dell'assenza - nei termini più sopra precisati dell'accessorio ai fini della qualificazione dell’aliud pro alio, non considerando che il montaggio
dello stesso avrebbe comportato una modifica irreversibile delle strutture dell'autoveicolo.
2/c - Il motivo deve ritenersi inammissibile perché introduce una questione nuova - quella della
irreversibilità della modifica - per come emerge dai pur richiamati ampi stralci dei motivi di appello
in seno al ricorso (foll. 15/16) e comunque involgente un accertamento di mero fatto non
commissionabile alla Corte.
3 - Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come indicato nel dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità in favore della parte controricorrente, determinandole in Euro 1.700,00 di cui
Euro200,00 per esborsi, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.